Fine vita, forme di suicidio e soluzioni “fai da te”

Roberto Masoni
08 Agosto 2022

L'autore esamina la questione assai dibattuta e delicata del fine vita dalle origini del dibattere in giurisprudenza e dottrina allo stato attuale.
Liceita del suicidio e dell'eutanasia: il caso Cappato

La liceità del suicidio e dell'eutanasia dell'uomo è problema antico.

Già gli autori greci e romani avevano dibattuto la questione variamente considerando la liceità o l'illiceità del gesto autolesivo per antonomasia, mentre la valutazione negativa del suicidio costituisce un portato degli insegnamenti della Chiesa Cattolica, a partire da S. Agostino e fino a papa Francesco.

Le parole eutanasia e suicidio sono rimaste per anni argomento tabù.

Su tali condotte per molto tempo ha aleggiato la cupa, minacciosa ed incombente ombra del famigerato programma nazista che legittimava la morte caritatevole” e quindi la soppressione delle c.d. vite senza valore” degli antisociali, degli invalidi, degli inferiori e dei malati di mente.

Per rimuovere il ricordo ancora vivo dei crimini e delle aberrazioni compiute dai nazisti durante il secondo conflitto mondiale, è comprensibile la ragione del velo di silenzio che su queste tematiche è lungamente calato.

Da un punto di vista più generale, di eutanasia e suicidio assistito si sono sempre occupati i penalisti che hanno studiato il testo dell'art. 580 c.p., in tema di istigazione ed aiuto al suicidio, oltrechè quello dell'art. 579, dettato in tema di omicidio del consenziente.

La tematica è stata ampiamente trattata non solo dalla scienza penale, ma anche dalla civilistica.

A questo riguardo, il gesto suicidiario è stato sussunto nell'alveo dell'art. 5 c.c., in tema di atti di disposizione del corpo umano; tali atti sono leciti semprechè non determinino diminuzione permanente dell'integrità fisica dell'uomo.

Come è stato autorevolmente spiegato, un conto è il suicidio tout court, compiuto o tentato che può essere indizio di patologia mentale, ed un conto è la scelta consapevole effettuata dal paziente compos sui, ma afflitto da malattia incurabile e dolore insopportabile. In tal caso, il suicidio può costituire scelta disperata, seppur consapevole, per affrancarsi dalle “ferite del corpo”, dal dolore insopportabile, di un corpo divenuto prigione dell'anima.

Questa seconda tipologia di autosoppressione è stata analizzata dalla scienza bioeticista.

In quest'ottica, il suicidio medicalmente assistito trova diritto di cittadinanza nell'ordinamento giuridico a tutela del malato in fine vita, quale scelta effettuata da una medicina pietosa che, umanamente, è in grado di comprendere, condividere e “compatire” la scelta autosoppressiva del sofferente.

Quest'ultima figura è stata valorizzata solo di recente, in seguito alle pronunzie costituzionali rese sul caso Cappato (2018-2019), pronunzie che hanno avuto il merito di sdoganare tale espressione, suscitando ampio dibattito ed accesa discussione nella società civile.

Per legittimare il suicidio medicalmente assistito, le decisioni costituzionali hanno dichiarato parzialmente illegittimo il testo dell'art. 580 c.p., in presenza di quattro condizioni personali scriminanti la condotta, per quanto il tentativo di disciplinare in modo completo la tematica dell'aiuto al suicidio medicalizzato non abbia riscosso completo successo.

Posto che taluni passaggi ricostruttivi della condotta di aiuto al suicidio non potevano, istituzionalmente, essere concepiti da una pronunzia della giurisdizione costituzionale.

In seguito a tali rivoluzionari giudicati, si è registrato un tentativo delle corti di merito di garantire piena attuazione ai principi di civiltà affermati dalla Corte a favore di paziente afflitto da patologia incurabile e straziato da dolori insopportabili.

Tuttavia, i risultati interpretativi perseguiti da queste decisioni non si sono rivelati del tutto soddisfacenti, a causa della ritrosia mostrata dai giudicanti. Al punto che i pazienti che avevano adito la giustizia civile per legittimare le richieste di aiuto al suicidio, nella renitenza del sistema sanitario, attendono l'attuazione del loro diritto.

La via referendaria al fine vita

Con la pronuncia n. 207/2018, la Corte Costituzionale aveva sollecitato il Parlamento a legiferare in materia.

Data l'estrema delicatezza della tematica e i contrasti tra le forze politiche, nessun testo normativo era stato approvato, al punto che, a fronte della latitanza del legislativo, la Corte (con la pronunzia n. 242/2019) è pervenuta alla declaratoria di parziale illegittimità dell'art. 580 c.p.

Nell'intento di superare i veti incrociati posti dalle forze politiche, si comprende la richiesta di referendum parzialmente abrogativo dell'art. 579 c.p., norma dettata in tema di omicidio del consenziente.

Il tentativo referendario patrocinato dall'Associazione Luca Coscioni non ha riscosso successo.

La Corte Costituzionale ha avuto buon gioco nel dichiarare inammissibile la richiesta referendaria (Corte cost. sent. n. 50/2022).

La pronunzia ha chiarito che la parziale abrogazione del presidio penale avrebbe reso non protette “le persone più deboli e vulnerabili, in confronto a scelte estreme e irreparabili, collegate a situazioni, magari solo momentanee, di difficoltà e sofferenza, o anche soltanto non sufficientemente meditate”.

D'altro canto, ex post, la via referendaria al fine vita non appariva lo strumento più idoneo a regolare una tematica così sensibile e divisiva, soprattutto non era in grado di prevedere norme di dettaglio, che chiarissero senza ombra di dubbio quale condotta sia lecito e quale non lo sia in materia.

La via legislativa al fine vita

Falliti i percorsi interpretativi giurisprudenziali, come pure la via referendaria, la via maestra al fine vita resta quella legislativa.

È auspicabile che il testo sulla morte volontaria medicalmente assistita, che, nel mese di marzo scorso, ha ricevuto via libera da parte della Camera dei Deputati in prima lettura, possa ricevere approvazione definitiva dal Senato (s. 2553).

Così facendo, il nostro paese potrebbe condividere l'idem sentire che è ormai parte integrante della legislazione di sette nazioni europee, che hanno disciplinato i fenomeni dell'eutanasia e del suicidio assistito. Da ultimo anche la Spagna ha seguito questa direzione, se è vero che nel mese di marzo 2021 ha approvato la ley organica de regulacion de la eutanasia.

Solo introducendo per via legislativa il diritto alla morte volontaria medicalizzata a beneficio di paziente incurabile ed affetto da insopportabili sofferenze l'ottica della dignità esistenziale del malato sarebbe garantita nella sua integrale dimensione, riguardando gli ultimi momenti, cruciali, del fine vita, quelli del crepuscolo esistenziale.

D'altro canto, un ordinamento civile, fondato su premesse personalistiche, si misura proprio su questo terreno, senza dimenticare che la dignità umana va tutelata usque ad exitum vitae.

La novellata regolamentazione della materia in fieri non può che prendere atto del mutamento di valori di riferimento, rispetto a quelli che il codice penale del 1930 esprimeva.

Il valore dell'inviolabilità della vita umana (che nel codice penale viene presidiato da molteplici previsioni delittuose) deve oggi fare i conti con un sistema ordinamentale completamente rinnovato nelle scelte di fondo grazie alle nuove esigenze nel frattempo emerse; laddove l'ordinamento repubblicano valorizza la personalità umana in sé e per sé considerata, “nella sua irripetibile individualità, a prescindere dalla tutela di valori super individuali (quali quelli dello Stato e della famiglia, come prevedeva il codice del 1930 in ottica corporativa), “senza essere condizionato da finalità collettive di qualsiasi genere”.

Il sistema costituzionale si fonda su un delicato bilanciamento di valori; il diritto all'autodeterminazione individuale ed alla tutela della dignità esistenziale fino alla fine della vita, valori questi che vanno contemperati con quello all'inviolabilità della vita umana e della salute individuale.

Soluzioni fai da te

Il percorso legislativo al fine vita eviterebbe soluzioni “fai da te che, grazie alla fantasia dell'Associazione Luca Coscioni ed al fattivo contributo di sostenitori-donatori, sono state attuate per garantire la volontà del paziente terminale a più riprese espressa da “Fabio” (alias di Federico Carboni); volontà che il sistema giustizia, a cui lo stesso si era vanamente rivolto, non aveva inteso esaudire.

Quest'ultima soluzione, comprensibile da un punto di vista umano, non è però conforme a diritto, dato che potrebbe esporre chi presta aiuto al morente nel suo intento suicidiario ad una incriminazione grazie all'intervento di uno zelante p.m. In quanto tale forma di assistenza suicidiaria si attua senza ed anzi al di fuori della supervisione e delle garanzie del SS.NN. (nella specie della regione Marche, sul punto rivelatasi del tutto sorda alla richiesta di intervento, non avendo indicato il farmaco venefico e neppure predisposto il presidio di autosomministrazione) e perciò al di fuori dell'ombrello protettivo scriminante creato alla sentenza n. 242/2019 al delitto di aiuto al suicidio (art. 580 c.p.).

La mancanza di una legge che regolamenti compiutamente la materia può condurre ad estrose soluzioni “fai da te”.

Umanamente è però comprensibile il commento di Federico Carboni prima di congedarsi dalla vita, finalmente liberatosi da un corpo prigione e dal muro di gomma della burocrazia: “la vita è fantastica e ne abbiano una sola”, ma “ora sono finalmente libero di volare dove voglio

Riferimenti

DE CUPIS, I diritti della personalità, Milano, 1950.

MANTOVANI, I trapianti e la sperimentazione umana nel diritto italiano e straniero, Padova, 1974.

FIANDACA, MUSCO, Diritto penale, parte speciale, I delitti contro la persona, Bologna, V° ed., 2020, II.

CANESTRARI, Ferite dell'anima e corpi prigionieri, Bologna, 2021, ebook

LUCCIOLI, Le ragioni di un'inammissibilità. Il grande equivoco dell'eutanasia,in Giust. Insieme, 2022.

MASONI, Prima lettura del diritto alla morte volontaria medicalizzata nel testo approvato dalla Camera, inquesto Portale,19 aprile 2022.

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