Come può pagare il mantenimento a moglie e figli il percettore del reddito di cittadinanza?
30 Agosto 2022
Occorre premettere che il Reddito di Cittadinanza (RdC) è una misura introdotta con d.l. del 28 gennaio 2019, n. 4 per il contrasto alla povertà e rappresenta un sostegno economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all'inclusione sociale. Il beneficio economico si compone di due parti: - una integra il reddito familiare fino alla soglia di 6.000 euro moltiplicati per la scala di equivalenza (7.560 euro per la Pensione di cittadinanza), - l'altra, destinata solo a chi è in affitto, incrementa il beneficio di un ammontare annuo pari al canone di locazione fino ad un massimo di 3.360 euro (1.800 euro per la Pensione di cittadinanza). La scala di equivalenza è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare ed è incrementata di 0,4 per ogni ulteriore componente di età maggiore di anni 18 e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1, elevato a 2,2 in presenza di componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza. Il reddito di cittadinanza è, quindi, un beneficio economico disposto in favore di chi si trova in una comprovata situazione di difficoltà economica. Va precisato che il reddito di cittadinanza non influisce sugli adempimenti dichiarativi fiscali: va indicato nell'ISEE, come qualsiasi altra indennità, ma è esente IRPEF e quindi non soggetto al pagamento delle imposte. Ciò non toglie, tuttavia, che il Giudice della separazione e/o del divorzio, in un eventuale contenzioso tra i genitori, possa comunque tenere in considerazione il reddito di cittadinanza percepito da uno di questi per regolamentare le obbligazioni di mantenimento in favore di moglie e figli. Ritengo, infatti, che il percepimento del reddito di cittadinanza, seppur sintomatico di una condizione di difficoltà economica del soggetto che lo percepisce, non può comunque giustificare il venir meno degli obblighi di mantenimento della prole che incombono per legge in capo a entrambi i genitori (art. 30 Cost. art. 315-bis comma 1 c.c.; art. 316-bis comma 1 c.c.). Il non disporre di redditi sufficienti, nemmeno per il proprio sostentamento è, infatti, per consolidata giurisprudenza elemento non sufficiente a giustificare una pronuncia di esonero totale dall'obbligo di contribuire al mantenimento della prole economicamente non autosufficiente (Cass. pen. n. 17597/2013). Lo stesso dicasi per l'assegno in favore del coniuge separato (art. 156 c.c.) laddove sussistano ovviamente i presupposti per poterlo riconoscere. Certamente l'assegno verrà parametrato nel quantum tenuto conto dell'effettivo ammontare delle somme mensili percepite a titolo di RDC e di eventuali altri redditi percepiti. È compito del Giudice, qualora non ci sia un accordo fra le parti, valutare il caso concreto e trovare la soluzione più equa, con i provvedimenti provvisori o temporanei. Tale impostazione interpretativa è coerente tenuto conto che può trovare applicazione anche ragionando all'inverso. La giurisprudenza di merito è intervenuta sul tema chiarendo ad esempio che anche il coniuge beneficiario di un assegno potrebbe vederselo ridotto o revocato laddove sopravvenga successivamente il percepimento del reddito di cittadinanza (Cfr. Trib. Roma, luglio 2020; Tribunale di Imperia, gennaio 2021; App. Reggio Calabria, febbraio 2020; App. Roma, marzo 2020 secondo cui “ non si ha diritto all'assegno di divorzio se ci si trova in uno stato di disoccupazione volontaria e si hanno i requisiti per accedere al reddito di cittadinanza”: Cfr. anche Trib. Frosinone, 18 febbraio 2020 secondo cui “il reddito di cittadinanza va qualificato come fatto nuovo sopravvenuto che può giustificare una riduzione dell'assegno”. In conclusione, anche il percettore del reddito di cittadinanza dovrà “fare la sua parte” contribuendo al mantenimento dei figli in proporzione alle proprie sostanze.
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