Reati del “codice rosso”, percorsi di recupero e sospensione della pena: molte questioni ancora aperte

31 Agosto 2022

Tra le innovazioni introdotte nel sistema dalla l n. 69/2019 – cd. Codice rosso- la previsione di corsi di recupero nel caso di sospensione condizionale della pena per soggetti autori dei reati contemplati dalla menzionata legge rappresenta un aspetto altamente positiva, la cui concreta applicazione sconta, nondimeno, difficoltà sul piano ermeneutico come su quello operativo e organizzativo, per le quali si impongono risposte efficaci e tempestive.
Premessa

Un ruolo certamente non secondario- in un'ottica di effettività della tutela- è stato riconosciuto dal legislatore, nell'ambito del cd. “codice rosso” alla previsione dei percorsi di recupero per gli autori dei reati presi in considerazione dalla l. n. 69/2019; una legge che ha profondamente innovato il quadro normativo sia sostanziale che processuale, in relazione alla trattazione delle variegate fattispecie riconducibili all'ampio genus della violenza domestica e/o di genere ovvero alla violenza in danno di minori.

Si tratta di reati normalmente associati ad un pericolo di recidivanza particolarmente intenso, rispetto ai quali, inoltre, concreta e verosimile risulta la possibilità che la ricaduta nel delitto si indirizzi nei confronti della stessa vittima del reato già giudicato. Un pericolo, pertanto, di recidiva non solo "specifica – id est relativa a reati omogenei a quello per il quale si proceduto - ma anche "personale", rivolta nei confronti della persona già colpita.

Per questa ragione, il legislatore è intervenuto sulla disciplina dell'art. 165 c.p. per porre in essere una prevenzione speciale diretta a incentivare la partecipazione degli autori di condotte di violenza domestica e di genere a programmi di recupero e reinserimento sociale. In tale ottica devono essere ricordati anche i programmi di prevenzione della violenza organizzati dai servizi socio-assistenziali del territorio rilevanti ai fini della valutazione che l'autorità giudiziaria procedente è chiamata ad operare nell'ambito della revoca o della sostituzione delle misure cautelari in esecuzione nei confronti dell'imputato. Al riguardo, l'art. 282-quater, comma 1, c.p.p., come modificato dal d.l, n. 93/2013, convertito nella l. n. 119/2013, prevede che «quando l'imputato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socio- assistenziali del territorio, il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pubblico ministero e al giudice ai fini della valutazione ai sensi dell'art. 299, comma 2».

Il concetto di base è semplice: per poter accedere al beneficio della sospensione condizionale, è indispensabile partecipare a specifici corsi di recupero finalizzati ad agevolare il superamento delle condotte violente. Il legislatore ha inteso, in tal modo, recepire le indicazioni contenute nell'art. 16 della Convenzione sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica adottata dal Consiglio d'Europa l'11 maggio 2011 (cd. Convenzione di Istanbul), laddove la stessa prevede che le Parti adottano le misure legislative e di altro tipo necessarie per istituire o sostenere:

  • programmi rivolti agli autori di atti di violenza domestica, per incoraggiarli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali, al fine di prevenire nuove violenze e modificare i modelli comportamentali violenti.
  • programmi di trattamento per prevenire la recidiva, in particolare per i reati di natura sessuale.

Nel realizzare tali obiettivi, è necessario garantire che la sicurezza, il supporto e i diritti umani delle vittime siano una priorità e che tali programmi, se del caso, siano stabiliti ed attuati in stretto coordinamento con i servizi specializzati di sostegno alle vittime.

Nello specifico, la previsione di carattere generale di cui all'art. 165 c.p. (Obblighi del condannato) in base alla quale la sospensione condizionale della pena può essere subordinata – tra l'altro - all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno o - salvo che la legge disponga altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato- è stata integrata dalla l. n. 69/2019 con una disposizione specifica in caso di condanna per i delitti di cui agli artt. 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis c.p. nonché agli artt. 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate ai sensi degli artt. 576, comma 1, n. 2, 5 e 5.1, e 577, comma 1, n. 1, e comma 2. La sospensione condizionale della pena «è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati».

Una disposizione indubbiamente di rilievo, la cui introduzione nel sistema ha determinato almeno tre ordini di problemi, che, allo stato, non posso ritenersi risolti in termini esaustivi.

Il primo riguarda la natura giuridica dell''obbligo introdotto dal legislatore. Il secondo verte sulla scansione procedurale dell'intervento dell'organo giudicante, che deve essere oggetto di approfondimento e valutazione, atteso che la legge ha lasciato ampi spazi che la giurisprudenza (e la stessa prassi operativa) dovranno colmare. Infine, sussiste la necessità di individuare sul territorio enti che presentino garanzie non solo formali, quanto anche sostanziali, sulla tipologia specifica di percorso di recupero e sulla capacità di adattare lo stesso alle caratteristiche (anagrafiche culturali, psicologiche e sociali) del soggetto interessato.

La natura dell'istituto

Il confronto tra la previsione introdotta con il comma 5 dell'art 165 c.p. e quanto già previsto dalla medesima norma al comma 4 impone una riflessione. Nel primo caso l'obbligo da adempiere prevede una condotta continuativa e non si perfeziona in un'unica soluzione, analogamente a quanto accade per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità; per altro, il percorso terapeutico è condizione obbligatoria sin dalla prima condanna - e non, quindi, a fronte di una seconda concessione di sospensione- e a prescindere da una manifestazione di volontà del reo.

Deve essere, poi, correttamente delineato il concetto di partecipazione ai corsi, ossia se tale partecipazione:

  • debba sussistere al momento della condanna, (dovendo in tale caso l'organo giudicante verificare il rilievo attribuire al tempo trascorso ed alla efficacia del percorso seguito)
  • sia da intendere come impegno a una partecipazione futura (ossia come impegno a intraprendere, nel caso di condanna, un percorso di recupero, indicando la struttura individuata per lo stesso)
  • se, infine, possano essere ammesse entrambe tali ipotesi, nella prospettiva di favorire comunque la massima “estensione” dell'ambito operativo della disposizione.

Tesi , quest'ultima , che pare preferibile in chiave teleologica, considerato che «il generico riferimento alla "partecipazione" ai percorsi di recupero per la fruibilità della sospensione condizionale va interpretato in modo da garantire un più esteso ambito operativo della nuova norma, alla luce del favor legis rispetto alla scelta di intraprendere i suddetti percorsi, ovvero nel senso che la sospensione condizionale della pena può essere concessa sia in caso di avvenuta o perdurante partecipazione, sia per le partecipazioni successive alla condanna.» (così il Decreto 65/2021 del Tribunale di Nola, con oggetto “Progetto percorsi di recupero destinati agli autori di reati di violenza domestica e di genere e per il successivo monitoraggio”).

Le indicazioni procedurali

Sul piano della scansione procedurale e delle forme della richiesta di ammissione al beneficio, si rileva che l'accesso allo stesso deriva da una richiesta che deve essere sottoscritta dall'indagato o dall'imputato e depositata tramite il difensore. Conseguentemente, il beneficio non potrà essere mai applicato di iniziativa dall'organo giudicante, dovendo necessariamente l'interessato manifestare un consenso.

Consenso che deve essere corredato dalla documentazione comprovante il rapporto avviato con un ente o associazione idoneo e dall'accettazione del percorso stabilito da quest'ultima. Nel caso di richiesta di applicazione della pena, il consenso del p.m. alla richiesta dell'indagato/imputato deve potersi esprimere anche con riguardo al corso di recupero e alla modalità dello stesso, così che nell''istanza ex art 444 c.p.p. tali aspetti dovrebbero essere esplicitati nel dettaglio, in quanto il p.m. prima e il tribunale in seguito sono chiamati a valutare il contenuto astratto del programma, in relazione alle specifiche caratteristiche del soggetto che allo stesso sceglie di partecipare. Resta, inoltre, il problema di valutare professionalità e affidabilità dell'ente indicato, tema sul quale si rinvia infra.

Sul punto sono recentemente intervenute le S.U. della S.C.

Le questioni sono state discusse nella camera di consiglio del 27 gennaio 2022, e il 15 giugno 2022 è stata depositata la sentenza Cass. pen., n. 23400/2022, che ha espresso il seguente principio: «Nel procedimento speciale di cui all'art. 444 c.p.p., l'accordo delle parti sulla applicazione di una pena detentiva di cui viene richiesta la sospensione condizionale deve estendersi anche agli obblighi ulteriori eventualmente connessi ex lege alla concessione del beneficio, indicandone, quando previsto, la durata, con la conseguenza che, in mancanza di pattuizione pure su tali elementi, la sospensione non può essere accordata e, qualora al suo riconoscimento sia stata subordinata l'efficacia della stessa richiesta di applicazione della pena, questa deve essere integralmente rigettata».

L'organo giudicante, laddove ravvisi gli elementi costitutivi del reato contestato e ritenga sussistenti i requisiti per la concessione del beneficio, deve pronunciare sentenza di condanna a pena sospesa, subordinando la definitività della statuizione alla condizione dell'espletamento del percorso di recupero entro il termine stabilito dal giudice in sentenza.

Nel caso di partecipazione a un corso in epoca antecedente alla presentazione dell'istanza, la stessa dovrà essere depositata unitamente alla documentazione attestante la partecipazione e le modalità della stessa, onde consentire la valutazione del percorso seguito. Laddove il corso non sia stato ancora seguito, con la sentenza di condanna o di applicazione pena a pena sospesa, la sentenza dovrà indicare il termine entro il quale dovrà essere concluso il percorso. In questo caso, la parte dovrà depositare entro il predetto termine la prova dell'avvenuta partecipazione al percorso e la relazione in merito ai contenuti e agli esiti del percorso seguito.

L'esito potrà assumere una duplice forma:

  • in esito alla conclusione positiva del corso, il Tribunale dovrà trasmettere alla Procura della Repubblica l'estratto esecutivo della sentenza per consentire l'iscrizione di quest'ultima con indicazione della pena sospesa
  • a fronte di specifiche criticità (interruzione o mancata partecipazione al corso, esito negativo dello stesso, omesso e ingiustificato deposito della relazione dell'ente individuato) la Procura dovrà promuovere incidente di esecuzione per ottenere la revoca della sospensione condizionale disposta.

Sul fatto che l'indicazione della partecipazione al corso di recupero sia assolutamente necessaria è intervenuta la S.C., con una decisione che non lascia spazio a dubbi (Cass. pen. sez. II, 27 gennaio 2020, n. 11611): «La sentenza di applicazione della pena con la quale sia stata concessa, all'imputato che ne abbia già usufruito, la sospensione condizionale della pena senza subordinare il beneficio all'adempimento degli obblighi di cui all'art. 165, comma 1, c.p., come previsto dal secondo comma della medesima norma, è affetta da nullità nel suo insieme e non solo nella parte relativa alla sospensione, per avere il giudice omesso di verificare la concedibilità del beneficio, rigettando, in presenza di condizioni ostative, la richiesta di patteggiamento a norma dell'art. 444, comma 3, c.p.p.».

La scelta e la valutazione degli enti

Il legislatore non ha fornito specifiche indicazione su un aspetto fondamentale dell'art. 165 comma 5 c.p., non indicando criteri e parametri per valutare l'idoneità di enti e associazioni menzionati dalla norma. Nulla è diretto - direttamente o con un rinvio alla normazione secondaria- in ordine:

  • alle caratteristiche del personale degli enti
  • agli obblighi di aggiornamento professionale e alla tipologia di offerta che dai medesimi può essere fornita
  • alla necessità di personalizzare quanto più possibile i percorsi di recupero.

Non è neppure richiesta obbligatoriamente la presenza di figure fondamentali quali psicologi e psicoterapeuti. Non sono previsti e disciplinati controlli da parte dell'apparato pubblico sulle attività svolte da privati nel settore e non sono previste le modalità con le quali i singoli enti devono specificamente attestare il percorso seguito dal soggetto che ha seguito il corso e l'esito espresso di quest'ultimo. Si tratta, verosimilmente, dalla criticità di maggiore momento dell'intera disciplina dell'istituto.

In linea teorica, ovviamente, né l'organo dell'accusa né il Tribunale dovrebbero o potrebbero suggerire o indicare enti o associazioni alle quale l'indagato/imputato dovrebbe rivolgersi. Nondimeno, perché la partecipazione al corso non costituisca un mero fatto formale, l'idoneità del percorso non può che essere oggetto dalla valutazione sull'ente/associazione e sulla capacità di questi ultimi di proporre, eseguire e verificare esito di un percorso personalizzate.

Sussiste, verosimilmente, un'unica possibilità logico-organizzativa per ovviare alle difficoltà sopra descritte; una via che il legislatore non ha tracciato ma che si sta manifestando in vari sedi giudiziarie, seppure con forme differenti.

Gli uffici giudiziari – autonomamente o in accordo con gli enti pubblici territoriali - possono individuare in termini generali e astratti i presupposti per il riconoscimento dell'idoneità di enti e associazioni, predisponendo un albo contenente quelli ritenuti in possesso delle caratteristiche necessarie, vigilando, infine, sull'attività degli stessi. Al riguardo, vale la pena di citare il già menzionato Decreto 65/2021 del Tribunale di Nola. Presso tale sede, una commissione composta da psicologi e magistrati del Tribunale ha elaborato una "Proposta di Progetto" idonea a «garantire l'affidamento a strutture qualificate della gestione dei servizi di accoglienza e sostegno destinati agli autori di reati di violenza domestica e di genere e finalizzati alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, attraverso la predisposizione di linee guida di carattere terapeutico ed economico, la previsione di un conseguente meccanismo di convenzionamento con gli Enti che offrano adeguate garanzie in ordine al rispetto degli standard predeterminati dal Tribunale con l'ausilio dell'Istituto Campano di Psicologia Giuridica». Sono state raccolte le disponibilità degli enti e per quelli ritenuti idonei da una apposita Commissione si è provveduto alla pubblicazione sul sito internet del Tribunale e messo a disposizione dell'ufficio di cancelleria di uno specifico elenco, così direttamente fruibile da parte dei soggetti pubblici e privati. pubblicato

Il documento menzionato contiene altri spunti certamente condivisibili. In primo luogo, l'invito a informare l'imputato e il difensore della possibilità di ottenere il beneficio in oggetto solo in caso di partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, nonché dell'esistenza di Enti convenzionati con il Tribunale per lo svolgimento dei suddetti percorsi, con un richiamo all'elenco sopra indicato.

Inoltre, nel caso di concessione del beneficio e in assenza di una preferenza espressa dall'imputato e/o dal suo difensore, l'indicazione di individuare l'Ente presso il quale dovrà essere svolto il percorso di recupero tra quelli convenzionati con il Tribunale, come da elenco pubblicato sul sito internet del Tribunale e messo a disposizione dell'ufficio di cancelleria.

Infine, «nell'ipotesi di partecipazione ad un percorso di recupero perdurante o successiva alla condanna, di fissare un termine non inferiore a due mesi e non superiore a otto mesi per l'adempimento dell'obbligo di cui all'art. 165, comma 5, c.p. e di disporre la trasmissione della sentenza all'Ente incaricato, onerando quest'ultimo:

  • di comunicare quanto prima all'A.G. procedente la presa in carico del condannato, il piano individualizzato, la calendarizzazione degli incontri e le eventuali violazioni degli obblighi posti a carico dello stesso;
  • di trasmettere ogni quattro mesi relazioni periodiche sull'andamento del percorso di recupero;
  • di inviare all'esito del percorso una relazione, che documenti il raggiungimento o meno degli obiettivi prefissati, alla quale dovrà essere allegata l'autovalutazione del progetto seguito effettuata dal soggetto preso in carico».
I riflessi sull'ordinamento penitenziario

Non si deve dimenticare un ulteriore aspetto: la l. n 69/2019 è intervenuta anche sull'ordinamento penitenziario. In questo senso è stato prevista la concessione dei benefici penitenziari (rassegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione) alla positiva partecipazione da parte dei soggetti condannati per i delitti di cui agli artt. 600-bis, 600-ter c.p., anche se relativo al materiale pornografico di cui agli artt. 600-quater1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies c.p., nonchè agli artt. 572, 583-quinquies, 609-bis, 609-octies e 612-bis c.p. a un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno. La partecipazione a tale trattamento è valutata ai sensi dell'art. 4-bis, comma 1-quinquies, l. n 69/2019 ai fini della concessione dei benefici previsti dalla medesima disposizione", come stabilito dall'art. 13-bis1. ord. penit.

Tale norma, inoltre, prevede che «le persone condannate per i delitti di cui al comma 1 possono essere ammesse a seguire percorsi di reinserimento nella società e di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti enti o associazioni e gli istituti penitenziari».

Le prospettive di riforma

Del tema di occupa anche Disegno di legge 3 dicembre 2021 «Contrasto alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica» presentato dal Ministro per le pari opportunità e la famiglia dal Ministro dell'interno e dal Ministro della giustizia comunicato alla presidenza il 16 febbraio 2022. Il Disegno, integrando le disposizioni dell'art. 165 c.p., aggiunge al comma quinto «Al fine di individuare gli enti o le associazioni e gli specifici percorsi di recupero di cui al periodo precedente, il giudice si avvale degli uffici di esecuzione penale esterna. Qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero, ivi compresa una sola assenza, costituisce inadempimento rilevante ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168, comma 1, n. 1 c.p.».

Inoltre, all'art. 18-bis r.d. n. 601/1931, - disposizioni di coordinamento e transitorie per il codice penale, il citato Disegno Aggiunge, dopo il primo comma, il seguente comma: « Nei casi di cui all'art. 165, comma 5, c.p., la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza la trasmette, al passaggio in giudicato, all'ufficio di esecuzione penale esterna, che accerta l'effettiva partecipazione del condannato al percorso di recupero e ne comunica l'esito al pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza. Gli enti o le associazioni presso cui il condannato svolge il percorso di recupero danno immediata comunicazione di qualsiasi violazione ingiustificata degli obblighi connessi allo svolgimento del percorso di recupero all'ufficio di esecuzione penale esterna, che ne dà a sua volta immediata comunicazione al pubblico ministero, ai fini della revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168, comma 1, n. 1, c.p.».

Riferimenti

P. Di Nicola Travaglini e F. Menditto, Codice Rosso. Il contrasto alla violenza di genere: dalle fonti sovranazionali agli strumenti applicativi, Giuffrè, 2020.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario