Caratteri dell’illecito professionale comportante esclusione dalla gara

07 Settembre 2022

Ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. c), del d. lgs. n. 50/2016, la dimostrazione del grave illecito professionale – in presenza di circostanze di fatto di potenziale rilievo penale – non postula, a differenza di quanto accade nelle ipotesi, tassative, di cui al comma 1, ad effetto automaticamente espulsivo, la definitività del relativo accertamento, essendo solo rimesso alla stazione appaltante l'onere di puntuale ed adeguata acquisizione in sede istruttoria di adeguato apprezzamento di rilevanza, preceduta da effettivo contraddittorio endoprocedimentale con il soggetto interessato.Non è inoltre necessario che la condotta penalmente rilevante sia stata commessa dalla persona fisica per un interesse proprio o per avvantaggiare la società, spettando alla stazione appaltante valutare se l'illecito abbia o possa avere un riflesso sulla commessa pubblica.

Il caso. La controversia trae origine dall'impugnazione della revoca dell'aggiudicazione di una gara per l'affidamento del servizio di pulizia motivata in ragione dell'adozione, a carico del socio unico, legale rappresentante e presidente del consiglio di amministrazione della società aggiudicataria di una misura cautelare fondata sulla contestazione del reato di corruzione nell'ambito di una gara avente ad oggetto l'affidamento del servizio di pulizia indetta da altro Comune.

La società ha impugnato il provvedimento innanzi al TAR, che ha respinto il ricorso.

Per ottenere la riforma della sentenza la stessa società ha proposto appello.

In particolare, la società ha lamentato l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto legittima la “sovrapposizione”, senza specifica istruttoria e in difetto di autonomo e motivato apprezzamento, della valutazione amministrativa operata della stazione appaltante e di quella espressa dall'Autorità penale, con ciò facendo erroneamente coincidere la “gravità astratta” dei fatti integranti un reato con la “gravità concreta” postulata ai fini della imputazione, con esito espulsivo, dell'illecito professionale.

In secondo luogo, la società ha censurato la decisione di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto applicabile l'art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, a seguito di una vicenda penale occorsa ad un soggetto di cui al comma 3 dello stesso art. 80.

La soluzione: Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello, ricordando innanzitutto che l'art. 80, comma 5, lett. c), del d. lgs. n. 50/2016, ha natura di norma aperta, comprensiva, tra l'altro, delle situazioni già previste dal legislatore comunitario come specifiche cause di esclusione ai sensi dell'art. 57, comma 4, lett. c), della direttiva n. 24/2014/UE.

Per l'effetto, la dimostrazione del grave illecito professionale – in presenza di circostanze di fatto di potenziale rilievo penale – non postula, a differenza di quanto accade nelle ipotesi, tassative, di cui al comma 1, ad effetto automaticamente espulsivo, la definitività del relativo accertamento, essendo solo rimesso alla stazione appaltante l'onere di puntuale ed adeguata acquisizione in sede istruttoria di adeguato apprezzamento di rilevanza, preceduta da effettivo contraddittorio endoprocedimentale con il soggetto interessato, onere che, nel caso di specie, risultava pienamente assolto dalla stazione appaltante.

Sotto altro profilo, il Collegio ha ricordato che non è necessario che la condotta penalmente rilevante sia stata commessa dalla persona fisica per un interesse proprio o per avvantaggiare la società, spettando alla stazione appaltante, come in effetti occorso nella vicenda in esame, valutare se l'illecito abbia o possa avere un riflesso sulla commessa pubblica.

Del resto, tra le condanne rilevanti ai sensi dell'art. 80, comma 3, del codice dei contratti, ai fini dell'esclusione dalla gara, vanno incluse non solo quelle specificamente elencate ai commi 1 e 2 della norma, ma anche quelle comunque incidenti, ai sensi del successivo comma 5, sull'affidabilità dell'impresa.

Tali condanne non potranno che essere riferite agli esponenti dell'impresa per mezzo dei quali la stessa agisce sul mercato o comunque tenuti, in ragione dei propri poteri di controllo, ad assicurare che la relativa attività si svolga nel rispetto delle norme di diritto vigenti.

In questi termini, non rileva la circostanza che le condanne siano state irrogate ad un soggetto per fatti ed epoche in cui lo stesso era soggetto apicale di altra società, atteso che, ad avviso del Collegio, non è corretta la pretesa di distinguere concettualmente l'impresa (in quanto tale, un'entità puramente giuridica) dai soggetti - di cui all'art. 80 comma 3 - per il tramite dei quali, in ragione delle loro funzioni di amministrazione e controllo, la medesima impresa concretamente opera sul mercato. Deve quindi considerarsi l'intera esperienza professionale dei soggetti apicali mediante i quali la società opera, atteso che sono necessariamente questi a determinare il concreto comportamento dell'impresa sul mercato, pena l'elusione delle finalità di tutela pubblicistica perseguite dalla norma di legge (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70).

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