Sugli indicatori della sussistenza del requisito teleologico ai fini della configurabilità di un organismo di diritto pubblico

Tommaso Cocchi
16 Ottobre 2020

Il giudice amministrativo nega la sussistenza del requisito teleologico ai fini della qualificazione di una società come organismo di diritto pubblico, soffermandosi in particolare sugli indicatori idonei a dimostrare l'interesse commerciale dell'attività svolta.

Il caso. Una società a partecipazione pubblica, avente come azionista di maggioranza un Comune, e concessionaria del servizio pubblico di gestione del mercato agroalimentare locale, assegnava ad un'impresa alcuni magazzini. L'atto di assegnazione veniva impugnato dinanzi al giudice amministrativo da un'impresa concorrente.

La resistente eccepiva, per quel che qui rileva, difetto di giurisdizione, vertendo la controversia su una procedura di assegnazione svolta da una società operante sul mercato con metodo economico e perciò non riconducibile alla figura dell'organismo di diritto pubblico.

La soluzione del TAR. Il Collegio, al fine di delibare la preliminare questione di giurisdizione, dopo aver tratteggiato sinteticamente i riferimenti normativi e giurisprudenziali concernenti le caratteristiche dell'istituto dell'organismo di diritto pubblico, ha focalizzato il proprio iter motivazionale sull'analisi del requisito teleologico. Invero, posta la partecipazione a maggioranza pubblica della società in questione ‒ nonché la sua indiscussa personalità giuridica ‒ il Collegio ha inteso soffermarsi sulla disamina delle finalità perseguite dalla società al fine stabilire la sussistenza del requisito teleologico.

Sul punto, si è in primo luogo menzionato il principio affermato da una consolidata giurisprudenza ‒ sia nazionale che sovranazionale ‒ secondo cui per valutare la sussistenza del requisito teleologico devono essere presi in esame gli elementi fattuali e giuridici che connotano l'agire dell'ente. Ebbene, con precipuo riferimento al criterio di economicità si è ribadito che «è necessario, in primo luogo, che la società non fondi la propria attività principale su criteri dì rendimento, efficacia e redditività e che non assuma su di sé i rischi collegati allo svolgimento di tale attività i quali devono ricadere sull'amministrazione controllante (

Cass. n. 8225/2010

). In secondo luogo, il servizio d'interesse generale che ne costituisce l'oggetto non può essere rifiutato per ragioni di convenienza economica (cfr.

Cass., S.U., 28 giugno 2019, n. 17567

, che ha negato la natura di organismo di diritto pubblico dell'ente Fiera di Roma)».

Alla luce di tali principi il Collegio, prendendo in analisi l'attività svolta dalla società resistente, ha evidenziato gli elementi idonei ad escludere la configurabilità del requisito teleologico.

In particolare si è rilevato che la società, pur avendo quale azionista di maggioranza un socio pubblico:

«- agisce con metodo economico, alla stregua di un imprenditore privato;

- trae il proprio sostentamento da erogazioni di natura privatistica;

- opera con finalità lucrative e può quindi distribuire utili ai soci (art. 13 dello Statuto);

- è retta da uno Statuto che non attribuisce diritti particolari al socio pubblico, che è titolare dei soli poteri derivanti dal suo essere azionista di maggioranza;

- non prevede alcun meccanismo di copertura delle perdite mediante contributi pubblici».

Sulla base dei suddetti elementi il Collegio ha ritenuto che la società operasse sul mercato in regime concorrenziale, con conseguente carattere “commerciale” delle finalità da essa perseguite.

In ragione di ciò, il Collegio ha escluso che la società possedesse i requisiti di un organismo di diritto pubblico, a nulla rilevando né la sua natura di concessionaria pubblica né la partecipazione pubblica maggioritaria, essendo quest'ultimo solo uno degli elementi richiesti dalla legge.

Di conseguenza, il TAR ha ritenuto non applicabile la disciplina del Codice dei contratti pubblici e, per l'effetto, ha denegato la propria giurisdizione, ritenendo la questione appartenente alla giurisdizione ordinaria.