Caduta su una pista da sci e pericolo “atipico”

15 Settembre 2022

La questione concerne la natura dell'obbligazione assunta dal gestore della pista di sci e l'ampiezza dell'obbligo che questi si assume di prevenire lo sciatore dai pericoli in cui possa incorrere svolgendo tale attività sportiva.
Massima

La responsabilità ex art. 2051 c.c. del gestore di piste da sci alpino presuppone la sussistenza di un nesso causale tra la caduta dello sciatore danneggiato e la presenza di un pericolo "atipico" sulla pista, da intendersi come ostacolo difficilmente visibile e, pertanto, non facilmente evitabile anche da parte di uno sciatore diligente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto responsabile il gestore per la caduta di uno sciatore, provocata dalla presenza di un accumulo di neve derivante da innevamento artificiale, scarsamente visibile e di rilevanti dimensioni, tale da impegnare una parte considerevole della pista e, pertanto, non riconducibile al normale utilizzo della stessa).

Il caso

Uno sciatore citava in giudizio il gestore di una pista da sci per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad un incidente sciistico, allorché il danneggiato, mentre sciava su una delle piste gestite dalla società convenuta, era caduto, riportando lesioni personali. In primo grado la domanda era rigettata, proposto appello il giudice di secondo grado accoglieva la domanda, sul rilievo che sulla scorta della attività istruttoria espletata era emerso che l'incidente era stato causato da un cumulo di neve, formatosi in prossimità di un cannone sparaneve, dell'altezza di circa un metro e mezzo e talmente ampio da ricoprire una vasta porzione della pista e da non potere essere evitato da chi arrivava dalla posizione del danneggiato.
Proposto ricorso in Cassazione da parte del gestore della pista da sci, i giudici di legittimità hanno rigettato il gravame evidenziando che l'accertamento dell'esistenza, su un'ampia porzione della pista, di un cumulo di neve scarsamente visibile, induceva a ritenere sussistente un pericolo anomalo, determinato da un ostacolo atipico (in quanto non riconducibile al normale utilizzo della pista), che, ove non rimovibile, avrebbe dovuto essere oggetto di specifica segnalazione.

La questione

La questione in esame è la seguente: in tema di responsabilità di danni da cose in custodia il pericolo "atipico" esclude la responsabilità del custode?

La soluzione giuridica

Il fondamento della responsabilità del gestore della pista da sci è molto discusso in dottrina e giurisprudenza: parte attrice ha al riguardo svolto una deduzione omnicomprensiva dei vari criteri di imputazione ipotizzabili.

Il più recente orientamento della Corte di Cassazione (Cass. n. 7417/2017) ha affermato la natura contrattuale della responsabilità, anche con riguardo ad eventi dannosi verificatisi nella fase di discesa, e non limitatamente alla fase di trasporto a monte mediante gli impianti di risalita, come già affermato da alcune pronunce di merito (Trib. Pinerolo, 18 ottobre 2000, n. 507) e, senza però trarne le necessarie conseguenze in tema di responsabilità.

La causa ravvisabile in tale negozio infatti è non tanto il trasporto, quanto l'attività complessiva che consiste nel poter salire e scendere, ovvero di un trasporto funzionale all'attività sciistica su piste sicure.

In particolare la Corte ha qualificato il rapporto negoziale intercorrente tra l'utente ed il gestore dell'area sciabile attrezzata, "nella misura in cui il gestore dell'impianto assume anche, come di regola, il ruolo di gestore delle piste servite dall'impianto di risalita" come contratto atipico di ski-pass, che "consente allo sciatore l'accesso, dietro corrispettivo, ad un complesso sciistico al fine di utilizzarlo liberamente ed illimitatamente per il tempo convenzionalmente stabilito" ed ha ravvisato l'obbligo a carico del gestore "della manutenzione in sicurezza della pista medesima e la possibilità che lo stesso sia chiamato a rispondere dei danni prodotti ai contraenti determinati da una cattiva manutenzione della pista, sulla scorta delle norme che governano la responsabilità contrattuale per inadempimento, sempre che l'evento dannoso sia eziologicamente dipendente dalla suddetta violazione e non, invece, ascrivibile al caso fortuito riconducibile ad un fatto esterno al sinallagma contrattuale" (nozione quest'ultima comprensiva, secondo la Corte, della autonoma determinazione del sinistro per grave imprudenza ed imperizia dimostrate dal danneggiato).

La ricostruzione operata dalla Cassazione trova conforto normativo nella (pur ermetica) disciplina della l. n. 363/2003, che regolamenta unitariamente gli obblighi dei gestori con riferimento all'intera area sciabile attrezzata.

La citata giurisprudenza, muovendo dalla medesima ricostruzione unitaria del fenomeno, ha ravvisato anche la sussistenza della responsabilità extracontrattuale per cose in custodia ai sensi dell'art. 2051 c.c., da intendersi in rapporto di cumulatività e non di alternatività rispetto a quella contrattuale.

In particolare, ha affermato la Corte di Cassazione che “il criterio di imputazione della responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre al custode spetta l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell'art. 1227 c.c., comma 1, e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull'evento dannoso, che può anche essere esclusiva” (Cass. n. 10188/2022).

Preliminare all'accertamento della sussistenza della responsabilità secondo i differenti criteri di imputazione ravvisati è la determinazione di quale sia l'ambito dell'obbligo di garanzia del gestore delle piste di sci, sotto il profilo sia dell'oggetto della sua obbligazione contrattuale, sia della individuazione dei limiti di estensione della "cosa" soggetta al suo potere e pertanto alla custodia. Va infatti precisato che, se la responsabilità ex art. 2051 c.c. si fonda non su di una presunzione iuris tantum di colpa, bensì sull'accollo al custode dei rischi dei danni non riconducibili al fortuito; quindi, su un criterio di responsabilità oggettiva dipendente dal rapporto eziologico secondo il criterio di causalità adeguata, è altresì necessario che la "cosa" che ha cagionato il danno sia soggetta alla signoria ed al conseguente potere/dovere di controllo del custode.

In altri termini, la responsabilità per le cose in custodia ai sensi dell'art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e necessita, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento e tale da prescindere dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussistere in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito (Cass. n. 13729/2022) ed alla sola condizione che il danneggiato adempia l'onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (Cass. n. 5910/2011), salva comunque la possibilità di valutare in concreto l'apporto (o il concorso) causale della condotta del danneggiato o di terzi.

Perciò, non è dispensato il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa (Cass. n. 7125/2013).

Osservazioni

L'art. 2051 c.c., stabilendo che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, contempla un criterio di imputazione della responsabilità che, per quanto oggettiva in relazione all'irrilevanza del profilo attinente alla condotta del custode, è comunque volto a sollecitare chi ha il potere di intervenire sulla cosa all'adozione di precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi (Cass. n. 41749/2021).

A tanto, peraltro, fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa. Quando il comportamento di tale secondo soggetto sia apprezzabile come incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito, che va bensì compiuta sul piano del nesso eziologico ma che comunque sottende un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela.

E perfino quando la conclusione sia nel senso che, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento, e ritenersi integrato il caso fortuito.

Sotto altro aspetto, occorre evidenziare come il sistema dei comprensori sciistici comprenda componenti naturali (il pendio, la neve, ecc.) ed artificiali (impianti di risalita che attraversano il tracciato di discesa, postazioni fisse e mobili di innevamento artificiale, manufatti di servizio o di deposito, ecc.) sicuramente soggetti alla manutenzione ed al controllo del gestore. Le piste, a loro volta, sono inserite nell'ambiente naturale, che può presentare, all'esterno dei tracciati sciabili, caratteristiche molto variabili (boschi, rocce, pendii, corsi d'acqua, e così via), e subiscono l'influsso della componente climatica tipicamente invernale (nevicate, vento, nebbia, spesso con mutamenti repentini).

Il potere di controllo, e conseguentemente la responsabilità del gestore, non può ritenersi esteso alle situazioni di rischio naturale “esterno” normalmente esistenti, ossia a quelle a cui lo sciatore accetta di esporsi nel momento in cui decide di praticare un'attività sportiva peculiare quale quella sciistica.

Ne consegue che, se deve ravvisarsi una sicura responsabilità nel caso di danno causato da inadeguata manutenzione della pista, ovvero dall'urto con ostacoli artificiali non adeguatamente segnalati e protetti (con reti, materassi, ecc.), non potrà ritenersi esigibile, sia sotto il profilo del corretto adempimento, sia dell'oggetto del potere di signoria da parte del custode, l'eliminazione dei rischi naturali c.d. tipici, quali la presenza di zone alberate ai fianchi del tracciato, la mutevolezza del pendio, la presenza di tratti nevosi di differente consistenza, ecc., essendo sufficiente la segnalazione nel caso di non immediata percepibilità. I criteri esposti trovano indiretta conferma nella l. n. 363/2003, che all'art. 3, 1° co., prevede che “i gestori [...] assicurano agli utenti la pratica delle attività sportive e ricreative in condizioni di sicurezza [...] I gestori hanno l'obbligo di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l'utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo”.

Precisa quindi l'art. 7 che “qualora la pista presenti cattive condizioni di fondo, il suo stato deve essere segnalato. Qualora le condizioni presentino pericoli oggettivi dipendenti dallo stato del fondo o altri pericoli atipici, gli stessi devono essere rimossi, ovvero la pista deve essere chiusa”.

Nella fattispecie in esame, il rischio conseguente alla presenza di un cumulo di neve, formatosi in prossimità di un cannone sparaneve, dell'altezza di circa un metro e mezzo e talmente ampio da ricoprire una vasta porzione della pista e da non potere essere evitato da chi arrivava dalla posizione del danneggiato, assume i connotati di atipicità, non potendo ritenersi estraneo al potere fisico di controllo del gestore sulla cosa in custodia, e pertanto ne consegue il dovere dello stesso, finalizzato ad impedire che la cosa produca danni a terzi.

Pertanto, il gestore dell'impianto e delle piste servite ha a suo carico l'obbligo della manutenzione in sicurezza delle piste medesime che gli deriva altresì dal contratto concluso con lo sciatore che utilizza l'impianto.

In conclusione, il pericolo da prevenire riguarda anche i pericoli atipici, cioè quelli che lo sciatore non si attende di trovare, diversi quindida quelli connaturati a quel quid di pericolosità insito nell'attività.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.