21 Settembre 2022

Il Titolo III del Codice del processo amministrativo, che contiene le disposizioni sulle azioni e sulle domande che possono essere formulate dalle parti, si apre con un capo dedicato al contraddittorio e all'intervento. L'articolo 27 del Codice del processo amministrativo prevede che il contraddittorio è integralmente costituito quando l'atto introduttivo è notificato all'amministrazione resistente e, ove esistenti, ai controinteressati. Inoltre, aggiunge che se il giudizio è promosso solo contro alcune delle parti e non si è verificata alcuna decadenza, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre entro un termine perentorio. Nelle more dell'integrazione del contraddittorio il giudice può pronunciare provvedimenti cautelari interinali.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

L'integrità del contraddittorio è principio di valenza costituzionale (art. 111 Cost.: «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra l parti, in condizione di parità...») e deve essere garantita nei confronti dell'amministrazione (o soggetto equiparato) e dei controinteressati (comma 1).

Anche prima della modifica dell' art. 111 Cost. si riconosceva la valenza costituzionale del principio del contraddittorio, desunta anzitutto dal principio di uguaglianza sostanziale sancito dall' art. 3 Cost. e dall'art. 24 Cost. (Comoglio, La riforma del processo amministrativo e le garanzie del «giusto processo», in Riv. dir. proc. 2001, 633).

Per amministrazione resistente, nel giudizio di annullamento, si intende quella che ha emanato l'atto, mentre, nei giudizi sui rapporti, è l'amministrazione «nei cui confronti è fatta valere la pretesa» (Migliorini, Contraddittorio (principio del). III) Diritto processuale amministrativo, in Enc. giur., Milano, VIII, 1988, 58).

È controinteressato colui che è portatore di «un interesse analogo e contrario a quello che legittima la proposizione del ricorso» (Cons. St, .Ad. plen., 21 giugno 1996, n. 9).

Il giudice garantisce l'integrità del contraddittorio attraverso un ordine di integrazione nei confronti dei litisconsorzi necessari (comma 2).

È stato evidenziato che l'art. 27 è una disposizione che si limita a stabilire alcune regole di principio in materia di costituzione ed integrazione del contraddittorio. Quest'ultimo, invece, è regola ben più ampia, non limitabile al momento introduttivo del processo, investendo il giudizio nella sua globalità. Il principio del contraddittorio, ben riassunto nei brocardi latini dell'audi alteram partem o dell'audiatur et altera pars, impone che il giudizio si svolga, lungo tutto il suo percorso ed in tutte le sue fasi, in un ambito dialettico, per cui ogni parte deve essere messa nella condizione effettiva di interloquire con l'altra. In altre parole, il contraddittorio garantisce che il giudizio assuma la veste di giusto processo di parti, di modo che ognuna di queste sia messa nella condizione di partecipare effettivamente alla formazione del decisum di cui sarà destinataria. Detta partecipazione, affinché il principio del contraddittorio sia effettivo, deve essere assicurata in ogni sua fase e, quindi, non solo nella fase introduttiva. In questo ambito, l'effettiva attuazione del contraddittorio, nella sua dimensione globale, si pone come condizione di validità della decisione giurisdizionale (Bartolini, Contraddittorio e intervento, in Morbidelli (a cura di), Codice della giustizia amministrativa, Milano, 2015, 366).

In giurisprudenza è stato parimenti affermato che il principio del contraddittorio, intimamente connesso al diritto di azione costituzionalmente garantito, si correla, sul piano costituzionale, sia con la regola dell'uguaglianza affermata dall' art. 3 Cost., sia con il diritto di difesa, che, dichiarato dall' art. 24, comma 2, Cost. «inviolabile in ogni stato e grado del giudizio», involge gli aspetti tecnici della difesa e garantisce a ciascuno dei destinatari del provvedimento del giudice di poter influire sul contenuto del medesimo. Detto principio, perciò, non è riferibile solo all'atto introduttivo del giudizio, ma deve realizzarsi nella sua piena effettività durante lo svolgimento del processo (Cass. n. 26040/2005).

Va tuttavia rilevato come l'art. — 27 sia di mera attuazione del principio generale del giusto processo, di parità delle parti e del contraddittorio, contenuto nell'art. 2 (al cui commento si rinvia).

Nel codice vi sono una serie di disposizioni che attuano il principio del contraddittorio, sancito dall'art. 2: ad esempio, l'art. 114 ha codificato la necessaria notificazione del ricorso in ottemperanza, quando nel passato l'art. 90 reg. proc. Cons. St. si limitava a prevedere il deposito del ricorso presso la segreteria del giudice competente, senza imporre l'onere della previa notifica, benché la giurisprudenza lo avesse poi ritenuto necessario o l'art. 73 che consente ora alle parti di replicare per iscritto alle memorie di controparte.

Il contraddittorio non integro rende necessario un ordine di integrazione da parte del giudice (v. art. 49), che non paralizza però il potere del giudice di concedere misure cautelari interinali

Rispetto al sistema processualcivilistico, il processo amministrativo è caratterizzato da oneri di notificazione degli atti ai litisconsorzi necessari, previsti a pena di decadenza.

Il Codice ha, infatti, confermato che, in caso di mancata notificazione del ricorso di annullamento all'amministrazione o ad almeno un controinteressato individuato dall'atto, la decadenza dell'azione preclude l'ordine di integrazione del contraddittorio.

Il ricorrente deve, quindi notificare il ricorso per l'annullamento di un provvedimento amministrativo all'amministrazione che ha adottato l'atto e ad almeno un controinteressato; rispettata tale regola, ogni valutazione sull'integrità del contraddittorio passa al giudice, che deve verificare se esistono altri soggetti controinteressati e ordinare eventualmente l'integrazione.

Il già citato art. 41, comma 2, del Codice prevede che i controinteressati siano individuati nello stesso atto impugnato e, pertanto, qualora il ricorso sia stato notificato alla sola amministrazione e vi sono controinteressati, ma questi non sono stati individuati nell'atto impugnato, non si verifica alcuna decadenza, ma solo una ipotesi di necessaria integrazione del contraddittorio da parte del giudice.

L'integrazione del contraddittorio può riguardare i soli controinteressati privati, e non anche le pubbliche amministrazioni che sono invece contraddittori necessari nei casi in cui la richiesta impatti immediatamente sulla relativa sfera di attribuzione e a cui non si estende l'ambito di applicazione dell'art. 27 comma 2 (Cons. Stato, sez. IV, n. 2598/2013).

Se dopo l'ordine di integrazione da parte del giudice il contraddittorio non viene integrato nel termine indicato, il ricorso viene dichiarato improcedibile — ai sensi dell'art. 35, comma 2 — per l'omessa notificazione al controinteressato, trattandosi di termine perentorio.

La disposizione contenuta nel presente Libro è, comunque, una norma di principio, che poi trova la propria attuazione in altre parti del Codice.

Oltre alla già menzionata disposizione inerente la notificazione del ricorso, l'introduzione sia in relazione all'udienza cautelare che a quella di merito di precisi termini a difesa (anche di replica per l'udienza di merito) costituisce altro esempio di garanzia della parità delle parti e del contraddittorio.

La decisione in forma semplificata non può comunque essere assunta a contraddittorio non integro, atteso che con la nuova disciplina processuale (art. 27, comma 2, c.p.a.) il giudice deve ordinare l'integrazione del contradditorio nei casi in cui non siano già maturate decadenze, salva in ogni caso l'adozione di misure cautelari interinali (Cons. Stato, sez. VI, n. 2397/2012).

Le nullità conseguenti alla violazione del contraddittorio sono rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo, salve le preclusioni derivanti dal giudicato esplicito ed implicito formatosi sulla questione (Cass. n. 14089/2002; Cass. n. 5067/1998; Cass. n. 3061/1996).

Contraddittorio e poteri officiosi del giudice

Il principio del contraddittorio è stato rafforzato da diverse disposizioni del Codice; ad esempio, l'introduzione sia in relazione all'udienza cautelare che a quella di merito di precisi termini a difesa (anche di replica per l'udienza di merito) costituisce una garanzia dell'effettivo rispetto del contraddittorio.

Allo stesso scopo, una disposizione del tutto innovativa è stata introdotta con l'art. 73, comma 3, c.p.a. che stabilisce che il giudice, se ritiene di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio, deve indicarla in udienza dandone atto a verbale. Se la questione emerge dopo il passaggio in decisione, il giudice riserva quest'ultima e con ordinanza assegna alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie.

Il contraddittorio opera, quindi, anche rispetto ai poteri officiosi del giudice, in modo che le parti possano appunto contraddire sui presupposti per l'esercizio di tali poteri e sulla questione rilevata d'ufficio.

La soluzione individuata dal Codice era stata anticipata da un pronuncia del 2000 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, che però non aveva avuto piena attuazione da parte della successiva giurisprudenza; la Plenaria aveva già affermato, infatti, che il giudice amministrativo, prima di decidere una questione rilevata d'ufficio, deve indicarla alle parti, per consentirne la trattazione, in attuazione del principio del contraddittorio (Cons. Stato, Ad. plen., n. 1/2000; nella specie, il Consiglio di Stato, prima di rilevare d'ufficio l'irricevibilità dell'appello, aveva indicato in udienza la relativa questione e aveva assegnato alle parti un termine per presentare memorie in proposito)

In tale occasione, era stato osservato che in un sistema processuale come quello vigente fondato sul principio del contraddittorio la rilevabilità d'ufficio di una questione da parte del giudice non significa che, per ciò stesso, tale questione possa essere decisa d'ufficio senza esser sottoposta al contraddittorio delle parti.

In questa prospettiva, «rilevare d'ufficio» sta per «indicare d'ufficio alle parti» (arg. ex art. 183, comma 3, c.p.c., secondo cui il giudice richiede alle parti, sulla base dei fatti allegati, i chiarimenti necessari e indica le questioni rilevabili d'ufficio di cui ritiene opportuna la trattazione, ed ex art. 184, comma 3, c.p.c., secondo cui nel caso in cui vengano disposti d'ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi).

Il Codice ha codificato tale regola, in analogia con quanto previsto dall'art. 101 c.p.c. che prevede che «Se ritiene di porre a fondamento della decisione una questione rilevata d'ufficio, il giudice riserva la decisione, assegnando alle parti, a pena di nullità, un termine, non inferiore a venti e non superiore a quaranta giorni dalla comunicazione, per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione».