Fascicolo di parte e fascicolo d’ufficio

Antonella Lariccia
21 Settembre 2022

La sempre maggiore digitalizzazione del processo, amministrativo e non solo, comporta la necessità di adeguare istituti e fattispecie nate “al tempo della carta” con le nuove caratteristiche imposte dall'evoluzione tecnologica.
Inquadramento

Contenuto in fase di aggiornamento autorale di prossima pubblicazione

Le significative evoluzioni che negli ultimi anni hanno caratterizzato il settore della tecnologia delle comunicazioni hanno prodotto un notevole impatto in campo processuale oltre che, più in generale, nell'ambito dei procedimenti amministrativi, determinando un sempre più deciso abbandono della carta in favore dell'utilizzo dell'informatica e più in generale una sempre maggiore digitalizzazione sia dei procedimenti che dei processi.

Il fascicolo informatico, secondo la definizione di cui all'Allegato 5 alle “Linee Guida sulla formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici” di Maggio 2021 dell'Agid, è un'aggregazione documentale informatica strutturata e univocamente identificata contenente atti, documenti o dati informatici prodotti e funzionali all'esercizio di una attività o allo svolgimento di uno specifico procedimento, il cui contenuto minimo è disciplinato dall'art. 41 del CAD; il fascicolo informatico deve essere costituito in modo da garantire l'esercizio in via telematica dei diritti previsti dalla legge n. 241 del 1990 e l'immediata conoscibilità, sempre per via telematica, dello stato di avanzamento del procedimento, del nominativo e del recapito elettronico del responsabile del procedimento; deve, inoltre, essere realizzato garantendo la possibilità di essere direttamente consultato ed alimentato da tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento e dagli interessati - ovviamente nei limiti ed alle condizioni previste dalla disciplina vigente, in specie in materia di tutela dei dati personali ed in maniera tale da assicurare comunque una corretta gestione documentale -, e deve osservare tutti i principi in tema di formazione, gestione, conservazione e trasmissione del documento informatico, ivi comprese le regole concernenti il protocollo informatico ed il sistema pubblico di connettività.

Punto nodale del procedimento amministrativo informatizzato è dunque il fascicolo informatico, che le Amministrazioni sono tenute a formare per ogni procedimento ed in cui confluiscono istanze, atti e documenti, nonché i dati del procedimento medesimo da chiunque formati.

Anche in campo processuale si è assistita alla trasformazione del tradizionale fascicolo cartaceo in fascicolo informatico; non a caso, secondo quanto previsto dalla lett. h)dell'art. 2 D.M. n. 44/2011 (recante il Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione), esso è la “versione informatica del fascicolo d'ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici, oppure le copie informatiche dei medesimi atti, qualora siano stati depositati su supporto cartaceo, ai sensi del codice dell'amministrazione digitale.”

L'art. 11 Provv. DGSIA 16.4.2014 (recante le Specifiche tecniche previste dall'articolo 34, comma 1 del decreto del Ministro della Giustizia in data 21 febbraio 2011 n. 44) precisa, fra l'altro, che il fascicolo informatico “raccoglie i documenti (atti, allegati, ricevute di posta elettronica certificata) da chiunque formati, nonché le copie informatiche dei documenti; raccoglie altresì le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo” (cfr. comma 1).

Per quanto invece riguarda il PAT (Processo Amministrativo Telematico), l'art 5 comma 1 disp.att. c.p.a. stabilisce che “Ciascuna parte, all'atto della propria costituzione in giudizio, consegna il proprio fascicolo, contenente gli originali degli atti ed i documenti di cui intende avvalersi nonché il relativo indice”, mentre il comma 3 della medesima norma prevede che “allorché riceve il deposito dell'atto introduttivo del giudizio, il segretario forma il fascicolo d'ufficio in formato digitale, corredato di indice cronologico degli atti e documenti delle parti, dei verbali di udienza per estratto, di ogni atto e provvedimento del giudice, dei suoi ausiliari e della segreteria“ ed il comma 3 bis stabilisce che “Nei casi in cui è previsto il deposito di atti e documenti in forma cartacea, il segretario forma un fascicolo cartaceo recante i dati identificativi del procedimento; nel fascicolo cartaceo, che si considera parte integrante del fascicolo d'ufficio, sono inseriti l'indice dei documenti depositati, gli atti legittimanti il deposito in forma cartacea e i documenti depositati. L'aggiornamento dell'indice è curato dal segretario ai sensi del comma 4”.

Tale ultima disposizione va raccordata con quanto previsto dal comma 2-bis dell'art. 136 c.p.a che espressamente prevede che, “i difensori, le parti nei casi in cui stiano in giudizio personalmente e gli ausiliari del giudice depositano tutti gli atti e i documenti con modalità telematiche”, salvo casi eccezionali, in cui ricorrano particolari ragioni di riservatezza legate alla posizione delle parti o alla natura della controversia, e gli altri casi di esclusione dell'impiego di modalità telematiche previsti dal (D.P.C.M. 16 febbraio 2016 ora) D.P.C.S. 28 luglio 2021; quanto a questi ultimi, si tratta delle ipotesi in cui l'esclusione dall'impiego delle modalità telematiche è connesso alla sussistenza di «specifiche e motivate ragioni tecniche», ovvero ai casi di «oggettività impossibilità di funzionamento del SIGA» che rendano impossibile il deposito telematico (art. 9, comma 8 e 9, dell'All.1 al d.P.C.S.), che si affiancano – pur differenziandosene –ai casi di eccezione ex lege dall'applicazione della disciplina del processo telematico (controversie di lavoro dei dipendenti DIS e segreto di Stato). Va aggiunto che il comma 2-bis del medesimo art. 136 c.p.a espressamente prevede che, salvi i casi eccezionali in precedenza richiamati, anche tutti gli atti e i provvedimenti del giudice, oltre che del personale degli uffici giudiziari, siano redatti in formato di documento informatico e sottoscritti con firma digitale, tanto è vero che l'art. 7 All 1 DPCS al comma 3 prevede espressamente che, l'unico caso in cui è consentito il deposito di un provvedimento redatto su supporto cartaceo e sottoscritto con firma autografa, è quando il responsabile del SIGA attesti che il sistema informatico non è in grado di ricevere il deposito telematico degli atti a causa dell'oggettiva impossibilità di funzionamento del SIGA; dal canto suo l'art. 5 dell'All.1 al d.P.C.S. prevede che il fascicolo processuale, tenuto sotto forma di fascicolo informatico, contiene tutti gli atti, gli allegati, i documenti e i provvedimenti del processo amministrativo in forma di documento informatico, ovvero le copie per immagine su supporto informatico dei medesimi atti.

Appare pertanto evidente come, a decorrere dal 1° gennaio 2017, in forza di quanto già da tempo stabilito dall'art. 13, comma 1-ter, disp. att. c.p.a., la previsione di cui al citato comma 3 bis dell'art 5 disp. att. non potrà che trovare applicazione nei soli limitatissimi casi in cui è ancora consentito il deposito degli atti in formato cartaceo.

Peraltro, con l'entrata in vigore del Patsi è avuta anche l'abrogazione della prescrizione normativa della c.d. «copia di cortesia» di cui all' art. 5, comma 2, disp. att. c.p.a., che tradizionalmente doveva essere depositata in un numero corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite, mentre l'art. 7, comma 4, del d.l. n. 168/2016, conv. in l. n. 197/2016, per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche nel periodo transitorio tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2017, aveva previsto l'obbligo del deposito di almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi (cd. “copia d'obbligo”), obbligo poi prorogato più volte e definitivamente venuto meno solo per effetto dell'art. 4 del d.l. 30 aprile 2020 n. 28, conv., con modificazioni dalla L. 25 giugno 2020 n. 70; va tuttavia detto al riguardo che, con nota prot.10397 del 3.07.2020, il Segretario Generale della G.A. ha previsto, come misura organizzativa in considerazione del venir meno dell'obbligo per gli avvocati di depositare la copia cartacea degli scritti difensivi depositati in formato digitale, che le Segreterie degli uffici giudiziari provvedano a stampare, all'atto del deposito, in primo grado, una copia del fascicolo digitale e, in secondo grado, del fascicolo di appello, al fine di assicurare comunque lo svolgimento delle udienze camerali e pubbliche, nei casi di gravi malfunzionamenti del SIGA-PAT.

Infine il successivo art 6 disp. att. c.p.a. reca la disciplina del ritiro dei fascicoli di parte e della trasmissione del fascicolo d'ufficio.

Fascicolo di parte e fascicolo d'ufficio

L'art 5 All. 1 D.P.C.S. stabilisce che il fascicolo informatico costituisce il fascicolo di ufficio ed è formato in modo da garantire la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi contenuti in relazione alla data di deposito, al contenuto ed alle finalità dei singoli documenti; il fascicolo d'ufficio deve recare l'indicazione: a) dell'ufficio titolare del ricorso, che sovrintende alla gestione del fascicolo medesimo e cura la correttezza e l'aggiornamento dei dati ivi inseriti, prevedendone altresì il contenuto necessario.

Per il caso di smarrimento, furto o distruzione del fascicolo d'ufficio o di singoli atti che lo compongano l'art 5 comma 5 disp. att. c.p.a. prevede che il presidente del tribunale o della sezione, ovvero, se la questione sorge in udienza, il collegio, ne dia comunicazione al segretario e alle parti al fine, rispettivamente, di ricerca o deposito di copia autentica, che tiene luogo dell'originale. Qualora non si rinvenga la copia autentica il presidente, con decreto, fissa una camera di consiglio, di cui è dato avviso alle parti, per la ricostruzione degli atti o del fascicolo. Il collegio, con ordinanza, accerta il contenuto dell'atto mancante e stabilisce se, e in quale tenore, esso debba essere ricostituito; se non è possibile accertare il contenuto dell'atto il collegio ne ordina la rinnovazione, se necessario e possibile, prescrivendone il modo.

A ben vedere questa disposizione, che mutua nel processo amministrativo la previsione dettata per il processo penale dall'art. 113 c.p.p. sembrerebbe essere destinata ad operare principalmente nei casi in cui sia ancora possibile il deposito di atti e documenti in formato cartaceo e, conseguentemente, prevista anche la formazione di un fascicolo processuale cartaceo ai sensi del citato comma 3 bis dell'art. 5 disp. att. c.p.a.; va infatti tenuto presente che, a decorrere dal 1 gennaio 2017, gli atti ed i documenti che compongono il fascicolo processuale sono atti o documenti informatici – cioè la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, di cui all'articolo 1, comma 1, lettera p), del CAD – ovvero copie informatiche di documenti nativi analogici di cui sia attestata la conformità all'originale mediante l'asseverazione di cui all'articolo 22, comma 2, CAD.

Orbene, è noto che una delle caratteristiche proprie dei documenti nativi digitali è la loro potenziale riproducibilità all'infinito e perfetta duplicabilità, tanto è vero che l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità del medesimo; non a caso l'art 20, comma 1-bis, CAD stabilisce che “il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall'AgID ai sensi dell'articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all'autore”, e le norme prevedono anche vari sistemi di validazione temporale al fine di assicurarne l'opponibilità ai terzi anche sotto il profilo temporale.

La questione che si può pertanto porre, in caso ad esempio di ipotetica corrosione di un singolo atto o documento informatico versato in un fascicolo processuale informatico ed in cui può ancora operare la disposizione in esame, è quella di individuare e/o acquisire una nuova copia del documento informatico corrotto che eventualmente ne mutui le caratteristiche di immodificabilità (ove presenti in origine), ovvero una nuova copia informatica di documento nativo analogico con relativa attestazione di conformità mediante l'asseverazione di cui all'articolo 22, comma 2 CAD, impregiudicata la questione dell'idoneità della procedura prescritta dalla norma in esame in caso di totale distruzione del fascicolo informatico — ipotizzabile, ad esempio, in caso di crash del sistema per attacco hacker o per altra causa -, in difetto dell'adozione di misure organizzative volte ad assicurare, se non la conservazione di una copia cartacea autentica dell'intero fascicolo processuale (e non soltanto del ricorso e degli scritti difensivi), almeno l'esistenza di una copia di backup dell'intero archivio documentale del SIGA PAT, ovviamente da conservare secondo le regole ed i requisiti stabiliti dal CAD e dalle Linee Guida Agid (cd conservazione a norma).

Il fascicolo di ufficio, oltre ad essere formato in modo da garantire la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi contenuti in relazione alla data di deposito, al contenuto ed alle finalità dei singoli documenti in esso presenti, deve avere anche la caratteristica dell'immodificabilità sino alla definizione dell'intero giudizio, come indirettamente testimoniato dalla norma da ultimo esaminata e dal successivo art 6 disp. att. c.p.a., che non a caso prevede che il ritiro degli atti e documenti prodotti dinanzi al tribunale amministrativo regionale che costituiscono il fascicolo di parte, sia subordinato al passaggio in giudicato della sentenza che ha definito il giudizio, mentre la trasmissione al giudice di secondo grado del fascicolo d'ufficio costituito dinanzi al tribunale amministrativo regionale è consentita solo in caso di proposizione di appello avverso la sentenza che definisce il primo grado di giudizio, ferma comunque la possibilità del giudice dell'appello, anche in tali casi, di richiedere la trasmissione del fascicolo d'ufficio ovvero di ordinare alla parte interessata di produrre copia di determinati atti prodotti in primo grado.

La norma in esame, al quarto comma, consente in ogni caso al Presidente della sezione di autorizzare la sostituzione di atti e documenti prodotti in originale con copie conformi predisposte dalla segreteria, su istanza motivata della parte interessata, mentre nei casi di appello proposto avverso ordinanze cautelari e avverso sentenze non definitive il fascicolo d'ufficio di primo grado non viene trasmesso al giudice dell'appello, essendo pertanto onere delle parti produrre dinanzi a quest'ultimo gli atti e/o i documenti ritenuti utili per la decisione.

La trasmissione del fascicolo di primo grado al giudice di secondo grado, nell'eventualità che la sentenza di primo grado sia stata impugnata, è un adempimento previsto per venire incontro all'esigenza del giudice d'appello di conoscere gli atti del primo grado.

Va tuttavia evidenziato che, per quanto nelle norme citate si parli di “trasmissione” del fascicolo di primo grado al giudice d'appello, l'art 11 comma 1 All. 2 D.P.C.S. prevede espressamente che la trasmissione dei fascicoli informatici di primo grado con modalità telematiche da parte dei tribunali amministrativi regionali e del Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino- Alto Adige al Consiglio di Stato o al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, avviene, tramite SIGA, mediante accesso diretto al fascicolo di primo grado da parte dei soggetti abilitati, senza che vi sia dunque alcun effettivo trasferimento di atti e documenti.

A ben vedere, tutta la disciplina di cui all'art. 6 disp. att. c.p.a. sia in tema di trasmissione del fascicolo di primo grado al giudice di appello che in tema di ritiro del fascicolo di parte sembra essere essenzialmente dettata per le sole residuali ipotesi di fascicolo cartaceo, mentre per i ricorsi depositati dopo il 1 gennaio 2017, in cui i documenti vengono depositati in forma di copia informatica di documento nativo analogico conforme all'originale che viene detenuto dal difensore ovvero direttamente quale duplicato informatico di documento nativo digitale, il deposito di documenti e atti con modalità telematiche appare difficilmente compatibile con il concetto di «ritiro», sia pur differito al momento del passaggio in giudicato della sentenza che ha definito il giudizio.

Il D.P.C.S. stabilisce infine che la trasmissione del fascicolo informatico o di suoi singoli atti, da e verso organi giurisdizionali diversi deve avvenire, invece, ogni stato e grado del giudizio, per via telematica con le modalità stabilite in virtù di apposite Convenzioni stipulate dal Segretariato Generale della Giustizia Amministrativa, e comunque mediante canale sicuro.

In evidenza

L'adozione del processo telematico, che prevede la creazione di un unico fascicolo, ha portato di recente anche la Corte di Cassazione ad interrogarsi sull'effettiva validità ad oggi della distinzione tra fascicolo d'ufficio e fascicolo di parte, pur nella persistenza di disposizioni (quali quella di cui all'art. 169 c.p.c.) che ancora espressamente contemplano il fascicolo di parte, disciplinando le modalità di ritiro dello stesso anche in corso di causa (laddove nel processo amministrativo l'art. 6 disp.att. c.p.a. prevede la possibilità di ritirare i documenti e gli atti prodotti davanti al tribunale amministrativo regionale solo una volta passata in giudicato la sentenza che definisce il relativo giudizio).

In particolare la Seconda Sezione civile, partendo dalla considerazione che nel processo telematico vi dovrebbe essere, per ciascun procedimento, soltanto un fascicolo digitale, una cartella all'interno di un archivio informatico nella quale confluiscono sia gli atti inviati telematicamente dagli avvocati dal proprio studio, sia tutti gli atti che si formano nel processo ad opera del giudice, dell'ausiliario e del cancelliere, con ordinanza n. 14534 del 9 maggio 2022 ha rimesso alle Sezioni Unite una serie di questioni così sintetizzabili:

1) se l'adozione del processo telematico, che prevede la creazione di un unico fascicolo e non contempla l'ipotesi del ritiro dei documenti in esso contenuti, comporti l'abbandono della distinzione tra fascicolo d'ufficio e fascicolo di parte ai sensi degli articoli 168, 169 c.p.c., e da 72 a 77 disp. att. c.p.c.;

2) se ciò determini il superamento della posizione interpretativa, fatta propria da questa Corte (S.U. n. 28498/2005 e n. 3033/2013), secondo cui l'appellante subisce le conseguenze della mancata restituzione del fascicolo dell'altra parte, quando questo contenga documenti a lui favorevoli che non ha avuto cura di produrre in copia e che il giudice d'appello non ha avuto quindi la possibilità di esaminare;

3) se tale superamento valga solo per le cause ove i documenti sono contenuti nel fascicolo informatico ovvero se, al fine di evitare irragionevoli differenze di trattamento, valga anche per cause ove i documenti siano ancora presenti in formato cartaceo nel fascicolo di parte.

L'accesso al fascicolo processuale telematico

È noto come il diritto di accesso agli atti di un procedimento amministrativo, e dunque anche al fascicolo amministrativo informatico in cui confluiscono tutti gli atti, documenti, dati del procedimento stesso, sia strettamente correlato alla tutela di situazioni stricto sensu sostanziali, abbiano esse consistenza di diritto soggettivo o di interesse legittimo, tanto è vero che la stessa nozione di legittimazione all'accesso, come prefigurata dall'art. 22, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990, richiede la titolarità di un interesse "diretto, concreto ed attuale"; accanto all'accesso documentale è stato introdotto dal legislatore anche l'ulteriore figura dell'accesso civico generalizzato, in cui la posizione sostanziale tutelata non si riduce al mero interesse o diritto all'informazione o trasparenza, concretandosi nello status di cittadino e nel correlato interesse al controllo sull'utilizzo delle risorse pubbliche e alla partecipazione al dibattito pubblico.

Ciò posto, va evidenziato che la schiera di coloro che possono esercitare l'accesso documentale ovvero l'accesso civico è sicuramente più ampia di quella dei soggetti legittimati ad accedere al fascicolo processuale telematico; ciò si spiega agevolmente se solo si considera che l'accesso al fascicolo processuale non è equiparabile all'accesso ai documenti amministrativi perché gli atti processuali non sono atti amministrativi; pertanto l'accesso al fascicolo processuale presuppone la qualità di parte attuale o potenziale (chi aspira a diventare parte o interveniente) del relativo giudizio, ovvero di ausiliare del giudice o membro del collegio giudicante.

Correlativamente, è stata esclusa la possibilità per il privato, ancorché parte processuale, di esercitare il diritto di accesso ex l. 241/90 – il caso particolare riguardava un processo civile -, proprio perchè gli atti del processo civile non rientrano, al pari di tutti gli atti giudiziari o processuali, tra quelli ostensibili ai sensi della l. 7 agosto 1990 n. 241; è stato (condivisibilmente) osservato che l'accesso documentale al processo civile è regolato dall'art. 76 delle disposizioni attuative al c.p.c., per il quale le parti o i loro difensori muniti di procura possono esaminare gli atti e i documenti inseriti nel fascicolo d'ufficio e in quelli delle altre parti e farsene rilasciare copia dal cancelliere, osservate le leggi sul bollo e, all'infuori di questa ipotesi, non sembra possibile ottenere l'ostensione documentale di atti processuali civili e, comunque, lo strumento per perseguire l'interesse alla conoscenza di atti del fascicolo del processo civile non può essere che interno allo stesso processo (T.A.R. Molise sez. I, 17 aprile 2015, n.157).

Con riferimento al PAT, l'art 17 All.1 e gli art. 17 e 18 All.2 al d.P.C.S. espressamente prevedono che l'accesso al fascicolo processuale informatico è consentito al presidente o al magistrato delegato per i provvedimenti monocratici, a ciascun componente il collegio giudicante nonché agli ausiliari del giudice nel limite dell'incarico ricevuto e dell'autorizzazione concessa dal giudice, ai difensori muniti di procura ancorché non costituiti in giudizio, agli avvocati domiciliatari, alle parti personalmente nonché, previa autorizzazione del giudice, a coloro che intendano intervenire volontariamente nel giudizio.

Quanto alle modalità concrete con cui esercitare tale accesso, l'avvocato iscritto al Reginde che voglia visionare il fascicolo per conto di una parte non costituita deve utilizzare il modulo deposito atti, selezionare la tipologia “Istanza di accesso al fascicolo telematico della parte non costituita”, e allegare l'istanza di accesso completa di delega.

L'art 18 All. 2 prevede che il deposito dell'istanza abilita l'avvocato non costituito, legittimato ad accedere e perciò fornito di credenziali per l'accesso al Portale dell'Avvocato, ad accedere al fascicolo per il periodo massimo di 60 giorni. In mancanza di costituzione, trascorso questo periodo, il fascicolo non è più visibile.

La limitazione dell'accesso al fascicolo processuale alla sola parte o al suo avvocato, tenuto a segreto professionale, non può essere giudicata irragionevole, nell'ottica della tutela della privacy, considerato che l'accesso al fascicolo processuale consente di «entrare» nel contenzioso e leggere il contenuto integrale degli atti e documenti contenuti nel fascicolo processuale telematico (cfr T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 27 settembre 2018, n.9593); l'accesso al fascicolo processuale non va infatti confuso con “l'accesso ai dati essenziali identificativi delle questioni pendenti, resi ostensibili in modo tale da garantire la riservatezza dei nomi delle parti ai sensi dell'articolo 51 del Codice in materia di protezione dei dati personali” che a norma del medesimo art 17 All. 2 D.P.C.S. è consentito, senza necessità di autenticazione, a chiunque vi abbia interesse attraverso il sito istituzionale, proprio considerato che tale consultazione – a differenza del vero e proprio accesso al fascicolo processuale – ha ad oggetto unicamente le informazioni riguardanti udienza, calendario udienze, ruolo udienza, ricorsi, provvedimenti, peraltro resi accessibili in forma anonima; l'accesso al fascicolo processuale si distingue anche dall'accesso ai provvedimenti del giudice, che com'è noto è assicurato a qualunque cittadino tramite pubblicazione degli stessi sul sito web della giustizia amministrativa, ovviamente osservando le cautele imposte dalla normativa in tema di tutela della privacy.

In evidenza

Secondo l'indirizzo maggioritario in giurisprudenza ove l'interesse attuale e concreto all'accesso (finalizzato ad intervenire) risulti lampante, il presidente della sezione può provvedere sull'istanza con decreto ammettendo il terzo richiedente a visionare il fascicolo, diversamente la sussistenza dell'interesse dovrà essere oggetto di valutazione da parte del Collegio, essendo eccezionali i poteri di decisione attribuiti all'organo monocratico, e considerato che i documenti attinenti al procedimento non sono soggetti alla disciplina dell'accesso di cui alla Legge 241/1990 e sono soggetti a particolari criteri di riservatezza (Tar Milano, Sez. IV, 22 gennaio 2020, n. 1158; C.G.A.R.S., Sez. I, d.p. n. 150/2020; T.A.R. Campania – Salerno, Sez. II, d. p. n. 902/2018, T.A.R. Lazio, Sez. III-bis, 24 marzo 2021, n. 3553). Proprio per questo è stato anche sottolineato come la richiesta del terzo di accesso al fascicolo telematico inter alios motivata genericamente dall'intento di proporre intervento ad adiuvandum senza specifiche sulla posizione legittimante e l'interesse non possa trovare accoglimento (Cons. giust. amm. Sicilia, 25/03/2022, n.24)

In particolare è stato recentissimamente osservato che anche la circostanza che nessun rimedio giuridico sia previsto contro il provvedimento che nega l'accesso al fascicolo processuale non reca alcun vulnus al richiedente in quanto:

a) eventuali documenti amministrativi contenuti nel fascicolo processuale sono accessibili secondo le regole e i limiti del diritto di accesso a documenti amministrativi presso l'Amministrazione depositaria;

b) gli atti processuali privati non sono suscettibili di accesso perché nessuna norma lo prevede, e il soggetto interessato può acquisirli dal privato che li ha formati solo con il suo consenso, secondo le regole del diritto civile (cfr CGARS decr. dell'08 giugno 2022 n 168).

Tali principi sono vieppiù condivisibili proprio quando il preteso accesso al fascicolo processuale telematico riguarda un processo già definito con sentenza, e provenga da un soggetto che non ha partecipato al giudizio o da un nuovo difensore subentrato al precedente, considerato che l'accesso al fascicolo processuale è comunque un trattamento di dati personali delle parti che hanno partecipato al giudizio stesso; per tale motivo è stato negato al difensore subentrante l'accesso al fascicolo d'ufficio del giudizio di primo grado motivato dalla necessità di proporre appello e di “di approntare la migliore difesa per la propria assistita” atteso che gli atti e i documenti di cui si necessita possano essere acquisiti dai precedenti difensori, sui quali in tal senso incombe il preciso obbligo giuridico e deontologico (T.A.R. Lazio Roma, 4 novembre 2019, n. 12567) .

Non sfugge, peraltro, come in una siffatta ipotesi l'accesso al fascicolo di primo grado già definito con sentenza si tradurrebbe anche in un controllo da parte del difensore subentrato sulla condotta e strategia processuale del precedente difensore.

Conclusioni

L'utilizzo delle tecnologie informatiche e telematiche si configura oggigiorno non solo come fondamentale strumento di ausilio e gestione del procedimento amministrativo, che diventa sempre di più un procedimento amministrativo digitalizzato, ma ormai rappresenta l'unico strumento di svolgimento dello stesso processo amministrativo che è, salvo poche eccezioni, ormai un processo telematico a tutti gli effetti, anche considerato la recente introduzione dell'udienza da remoto, che è diventata – in virtù del combinato disposto del comma 4-bis dell'art. 87 c.p.a. e dell'art. 13-quater disp. att. c.p.a. - l'unica modalità di svolgimento delle udienze straordinarie dedicate allo smaltimento dell'arretrato; la completa informatizzazione del processo è un obiettivo perseguito ed in parte realizzato anche negli altri plessi giurisdizionali.

Ovviamente, il passaggio dalla “carta” al “telematico” comporta la necessità di adeguare regole ed istituti nati in una realtà ormai superata alle nuove problematiche anche alle nuove esigenze di tutela in specie della privacy che comporta la digitalizzazione dei processi, che può nondimeno essere considerata un fenomeno ormai irreversibile.

Sommario