Il calcolo dell'anzianità di servizio del lavoratore deve prendere in considerazione le esperienze professionali maturate nei diversi stati membri dell'UE

23 Settembre 2022

L'articolo 45 TFUE e l'articolo 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale relativa al riconoscimento della carriera professionale nell'ambito del servizio sanitario di uno Stato membro che impedisca di prendere in considerazione, ai fini dell'anzianità del lavoratore, l'esperienza professionale acquisita da quest'ultimo presso un servizio sanitario pubblico di un altro Stato membro, a meno che la restrizione alla libera circolazione dei lavoratori che tale normativa implica risponda a un obiettivo di interesse generale, sia idonea a garantire la realizzazione di tale obiettivo e non ecceda quanto necessario per raggiungere quest'ultimo.
Il caso

Il caso in esame riguarda la controversia tra una infermiera e l'Amministrazione sanitaria regionale spagnola di Castiglia e León, in merito al rifiuto di quest'ultima di prendere in considerazione l'esperienza professionale acquisita dalla lavoratrice in Portogallo, ai fini del calcolo dell'anzianità di servizio.

Nel 2017 l'Amministrazione sanitaria regionale spagnola indiceva una procedura di selezione per il personale ad interim di lunga durata, al fine di accedere al grado I del sistema di carriera professionale. La domanda poteva essere presentata solo da coloro che attestassero un'esperienza professionale di cinque anni in qualità di membro del personale statutario e/o membro del personale non statutario di livello sanitario presso il Servizio sanitario di Castiglia e León. Tra le categorie di personale medico statutario elencate figurava quella di infermiere.

La ricorrente presentava la sua candidatura in tale categoria, facendo valere che, al 31 dicembre 2010, aveva effettuato dieci anni e tre mesi di servizio nella categoria professionale di riferimento. Tra detti servizi figuravano quelli forniti per un periodo presso un ospedale in Portogallo.

Con decisione del 2019 l'Amministrazione sanitaria spagnola stabiliva che, nel computo dei cinque anni di esperienza professionale richiesti, potevano essere presi in considerazione gli anni di servizio maturati nell'ambito del sistema sanitario spagnolo; rifiutando di tener conto del periodo durante il quale l'interessata aveva esercitato in Portogallo, in quanto il sistema di riconoscimento della carriera professionale istituito dalla Comunità autonoma di Castiglia e León non lo prevedeva. Tuttavia, tale periodo veniva preso in considerazione nell'ambito del calcolo degli scatti triennali di anzianità del personale statutario temporaneo.

La lavoratrice proponeva ricorso avverso le decisioni del 2017 e del 2019, affinché il periodo durante il quale detti servizi erano stati forniti nell'ambito del sistema sanitario nazionale portoghese fosse preso in considerazione ai fini del calcolo della sua anzianità nell'ambito del riconoscimento della sua carriera professionale.

Il Tribunale amministrativo spagnolo di Valladolid accoglieva il ricorso.

La Comunità autonoma di Castiglia e León appellava la sentenza davanti alla Corte superiore di giustizia spagnola. Quest'ultima, in qualità di giudice del rinvio, si domanda se la disposizione di cui trattasi nel procedimento principale configuri una discriminazione indiretta, una violazione del principio della libera circolazione dei lavoratori e del principio di parità di trattamento. O, se, viceversa, tale disposizione possa essere ritenuta fondata su considerazioni indipendenti dalla cittadinanza dei lavoratori interessati, giustificata dalla struttura e dai principi organizzativi del sistema sanitario nazionale nonché dagli obiettivi propri dell'organizzazione all'interno della quale vengono forniti i servizi sanitari, e proporzionata a tali obiettivi, dal momento che il trattamento differenziato potrebbe inoltre essere giustificato dalla mancanza di criteri di omologazione tra i diversi sistemi sanitari degli Stati membri.

In tale contesto, la Corte superiore spagnola di Castiglia e León sospende il procedimento sottoponendo il caso alla Corte di Giustizia.

La questione

La questione giuridica sottoposta alla Corte di Giustizia consente di riflettere sul tema della libertà di circolazione dei lavoratori all'intero dell'Unione europea.

Il diritto fondamentale alla libera circolazione dei lavoratori è sancito all'art. 45 TFUE , rappresenta una delle quattro libertà di cui beneficiano i cittadini dell'UE e include i diritti di circolazione e di soggiorno dei lavoratori, i diritti di ingresso e di soggiorno dei loro familiari e il diritto di svolgere un'attività lavorativa in un altro Stato membro, nonché di essere trattati su un piano di parità rispetto ai cittadini di quello Stato.

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull'interpretazione dell'art. 45 TFUE e dell'art. 7 del regolamento n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno dell'Unione.

In particolare, le domande pregiudiziali si articolano come segue:

“Se l' articolo 45 TFUE e l' articolo 7 del regolamento n. 492/2011 ostino a una disposizione nazionale, quale l'articolo 6, paragrafo 2, lettera c), del decreto n. 43/2009 , che esclude il riconoscimento del servizio prestato in una determinata categoria professionale in un servizio pubblico di un altro Stato membro dell'Unione europea.

In caso di risposta affermativa alla prima domanda: se il riconoscimento del servizio prestato nel sistema sanitario pubblico di uno Stato membro possa essere subordinato alla previa approvazione dei criteri generali per l'omologazione dei sistemi di carriera professionale del personale dei servizi sanitari degli Stati membri dell' 'Unione europea'.

Dunque, il giudice del rinvio chiede se l' art. 45 TFUE e l' art. 7 del regolamento n. 49/2011 deveno essere interpretati nel ruolo che ostano ad una normativa nazionale relativa al riconoscimento della carriera nell'ambito del servizio sanitario di uno Stato membro2 che deve assumere un ruolo professionale in considerazione, ai fini dell'esperienza professionale in considerazione, ai fini dell'esperienza professionale in considerazione acquisita da quest'ultimo presso un servizio pubblico sanitario di un altro Stato membro. Tale giudice si chiede inoltre se l'assenza, a livello dell'Unione, di un sistema di previa approvazione di criteri generali di omologazione delle carriere del personale dei servizi sanitari tra i diversi Stati sia pertinente al riguardo.

Preliminarmente, la Corte di Giustizia constata che la normativa di cui al procedimento principale costituisce una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori, vietata dall'art. 45 TFUE e dall'art. 7, par. 1, del regolamento n. 492/2011.

Invero, secondo consolidata giurisprudenza europea, eventuali misure nazionali che siano tali da ostacolare o rendere meno interessante l'esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato FUE possono essere giustificate solo a condizione che perseguano un obiettivo di interesse generale, che siano idonee a garantire la realizzazione di quest'ultimo e che non eccedano quanto è necessario per raggiungere l'obiettivo perseguito.

Con riferimento a quest'ultimo profilo, merita sottolineare che la questione di stabilire quali siano gli obiettivi effettivamente perseguiti dalla normativa nazionale rientra, nell'ambito di una controversia sottoposta alla Corte ai sensi dell'art. 267 TFUE, nella competenza del giudice del rinvio (sentenza Simma Federspiel, C-419/16 del 20.12.2017).

Le soluzioni giuridiche

Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che la normativa di cui al procedimento principale persegue l'obiettivo di interesse generale consistente nel garantire gli obiettivi e l'organizzazione del servizio sanitario nazionale. Il riconoscimento della carriera professionale del lavoratore non implicherebbe unicamente la presa in considerazione dell'anzianità, ma richiederebbe altresì che la prestazione di taluni servizi sia stata effettuata in una precisa categoria professionale e presso uno specifico servizio sanitario volto alla realizzazione degli obiettivi dell'organizzazione nell'ambito della quale tali servizi sono forniti. Per cui, sarebbe difficile valutare il grado di realizzazione di obiettivi perseguiti da un altro Stato membro.

Secondo l'Amministrazione sanitaria regionale di Castiglia e León, dal momento che le funzioni proprie della categoria professionale in cui vengono forniti i servizi in questione sono valutate ai fini del riconoscimento della carriera professionale e quelle svolte al di fuori del sistema sanitario spagnolo possono rispondere a norme di qualità o ad obiettivi inferiori a quelli richiesti da tale sistema sanitario, la presa in considerazione di queste ultime funzioni implicherebbe il riconoscimento della carriera professionale del personale che ha fornito servizi non rispondenti a tali standard normativi di qualità e risultato. La normativa di cui trattasi nel procedimento principale troverebbe la sua giustificazione nell'assenza di armonizzazione, a livello dell'Unione, riguardo le modalità di considerare l'esperienza professionale acquisita e nell'assenza di criteri di raffronto tra le norme che indicano gli standard di qualità, i principi ed i rispettivi obiettivi dei sistemi sanitari.

A questo proposito, occorre ricordare che spetta agli Stati membri stabilire il livello al quale essi intendono garantire la protezione della salute pubblica ed il modo in cui tale livello deve essere raggiunto. Poiché detto livello può variare da uno Stato all'altro, si deve riconoscere agli Stati membri un margine di discrezionalità in tale settore (sentenza Simma Federspiel, C-419/16 del 20.12.2017). Ne consegue che l'obiettivo menzionato dal giudice del rinvio nel presente procedimento, ossia garantire gli obiettivi e l'organizzazione del servizio sanitario nazionale, può, in quanto obiettivo di politica della salute pubblica connesso al miglioramento della qualità delle cure nell'ambito del sistema sanitario ed alla realizzazione di un livello elevato di tutela della salute, essere considerato come un obiettivo di interesse generale.

Sul punto, inoltre, la Corte precisa che, - se un siffatto obiettivo di interesse generale può essere ritenuto ammissibile – occorre, affinché la restrizione alla libertà di circolazione dei lavoratori derivante da tale disposizione nazionale possa essere giustificata, che sia idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo da essa perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguirlo.

Osservazioni

Ciò posto, e con riserva di una verifica da parte del giudice del rinvio, la Corte osserva che non risulta che il prendere in considerazione l'anzianità del sanitario, il suo livello di conoscenze, di esperienza nell'attività di cura, di insegnamento e di ricerca nonché di realizzazione degli obiettivi in materia di cure e di ricerca possa essere considerata una misura inadeguata per conseguire l'obiettivo della tutela rafforzata della salute.

Per quanto riguarda la valutazione da compiere in ordine al carattere strettamente necessario della normativa di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio dovrà tener conto di un duplice ordine di aspetti.

Da un lato, che il riconoscimento dell'esperienza professionale acquisita dal lavoratore nell'ambito del sistema sanitario nazionale di un altro Stato membro non può essere considerato, in generale, un ostacolo alla realizzazione di tale obiettivo; dall'altro, considerare la circostanza che il riconoscimento di detta esperienza professionale potrebbe essere effettuato secondo una procedura che offra all'interessato la possibilità di dimostrare l'equivalenza dell'esperienza acquisita in altri Stati membri, come è consentito ai fini dell'ottenimento degli scatti triennali di anzianità del personale statutario temporaneo.

Infatti, in una situazione che non rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2005/36/CE del 7.09.2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, ma che rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 45 TFUE, il che spetta al giudice nazionale verificare, lo Stato membro ospitante deve rispettare i suoi obblighi in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali (sentenza Sosiaali- ja terveysalan lupa- ja valvontavirasto - Formazione medica di base, C-634/20 del 3.03.2022).

Sul punto, mette conto evidenziare che la Corte di Giustizia ha affermato che le autorità di uno Stato membro – alle quali un cittadino dell'Unione abbia presentato domanda di autorizzazione all'esercizio di una professione il cui accesso, secondo la legislazione nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di esperienza pratica – sono tenute a prendere in considerazione l'insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, nonché l'esperienza pertinente dell'interessato, procedendo ad un confronto tra le competenze attestate dai titoli e dall'esperienza, da un lato, e le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale, dall'altro (sentenza Sosiaali - ja terveysalan lupa - ja valvontavirasto - Formazione medica di base, C-634/20 del 3.03.2022).

Ne consegue che, qualora l'esame comparativo dei titoli accerti che le conoscenze e le qualifiche attestate dal titolo straniero corrispondono a quelle richieste dalle disposizioni nazionali, lo Stato membro ospitante è tenuto a riconoscere che tale titolo soddisfa le condizioni da queste imposte.

Se, invece, a seguito di tale confronto emerge una corrispondenza solo parziale tra tali conoscenze e qualifiche, detto Stato ha il diritto di pretendere che l'interessato dimostri di aver maturato le conoscenze e le qualifiche mancanti (sentenze Brouillard, C-298/14 del 6.10.2015 e Lietuvos Respublikos sveikatos apsaugos ministerija, C-166/20 dell'8.07.2021).

Alla luce di quanto esposto, la Corte respinge l'argomento dell'Amministrazione sanitaria regionale di Castiglia e León vertente sull'assenza, all'interno dell'Unione, di un regime comune di organizzazione dei servizi sanitari degli Stati membri.