Violenza domestica: la Corte EDU condanna l’Italia per violazione dell’art. 3 CEDU

La Redazione
26 Settembre 2022

Secondo la Corte EDU sussiste la violazione degli obblighi positivi di protezione discendenti dall'art. 3 CEDU, nell'ipotesi in cui, pur con una adeguato impianto normativo per la protezione delle vittime di maltrattamenti, nella specie di violenze domestiche, si riscontri l'inerzia delle autorità statali, sia nell'adozione di adeguate misure di protezione preventive per impedire il protrarsi delle condotte sia nel dare concreto seguito all'azione penale a seguito delle reiterate denunce.

La Corte EDU condanna l'Italia per violazione dell'art. 3 CEDU, rilevando l'inerzia e quindi la mancata protezione e assistenza da parte delle autorità.

Nella causa De Giorgi c. Italia (ricorso n. 23735/19) la ricorrente lamentava che, nonostante la presentazione di diverse denunce penali, le autorità italiane non le avevano offerto protezione e assistenza dopo aver subito violenza domestica per mano del marito.

La Corte EDU ha ritenuto sussistente la violazione dell'art. 3 CEDU (divieto di trattamenti inumani e degradanti). La Corte ha, difatti, ritenuto che le autorità italiane non avessero effettuato una valutazione della gravità dei maltrattamenti, violando il loro dovere proteggere la ricorrente e i suoi figli dagli atti di violenza domestica del marito. La Corte ha stabilito che le autorità italiane non avevano intrapreso alcuna azione e che, per la loro inerzia, avevano creato una situazione di impunità.

La Corte ha anche ritenuto che lo Stato avesse violato il suo dovere di indagare sui maltrattamenti ai danni della ricorrente e i suoi figli, e che il modo in cui le autorità nazionali avevano condotto anche l'azione penale nel caso si qualificava come inerzia giudiziaria e non poteva quindi essere considerata conforme ai requisiti dell'art. 3 della Convenzione.