L'integrazione europea e il valore dello stato di diritto

Giovanni Pitruzzella
24 Settembre 2022

Le garanzie dell'indipendenza e dell'imparzialità presuppongono delle regole, in particolare per quanto riguarda la composizione dell'organo e la nomina, la durata del servizio a le ragioni per l'astensione, la ricusazione e le dimissioni dei suoi membri, che siano tali da evitare qualsiasi ragionevole dubbio nella mente degli individui in ordine all'impenetrabilità da parte dell'organo giurisdizionale a fattori esterni e con riguardo alla sua neutralità con riguardo agli interessi che ha di fronte.

(*) Giovanni Pitruzzella, Professore ordinario di diritto costituzionale, Avvocato Generale presso la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, già Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

L'Unione europea sempre di più si caratterizza come “Unione di valori”. La “storica” sentenza della Grande Sezione del 27 febbraio 2018, Associazione sindacale dei giudici portoghesi (EU:C:2018: 117) ha ritenuto di “primaria importanza” preservare l'indipendenza degli organi giurisdizionali al fine di assicurare il principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell'Unione (ricavato dall'art. 19 TUE). La Corte di giustizia ha collegato i suddetti principi al valore dello Stato di diritto consacrato dall'art. 2 TUE e ha sottolineato come l'Unione si fonda su alcuni valori comuni agli Stati membri, tra cui, appunto, quello dello Stato di diritto.

L'art. 2 TUE, com'è noto, afferma che l'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'eguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti alle minoranze. Si tratta dei valori comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra uomini e donne.

Più recentemente, nelle sentenze del 2022 Ungheria c. Parlamento e Consiglio (Eu:C:2022:98) e Polonia c. Parlamento e Consiglio (EU:C:2022:98), i cosiddetti Conditionality Judgments, la Corte di giustizia, ha ritenute infondate due azioni di annullamento avviate dall'Ungheria e dalla Polonia contro il regolamento 2020/2022 che ha introdotto un meccanismo di condizionalità orizzontale. In tali sentenze la Corte ha sostenuto che “l'art. 2 TUE non è semplicemente una dichiarazione di linee guida politiche o di intenzioni, ma contiene i valori che… sono una parte integrante dell'identità dell'UE come ordine giuridico comune, valori che hanno una concreta espressione in principi, comprese delle obbligazioni vincolanti per gli Stati”.

Il riferimento esplicito ai valori su cui si fonda l'Unione non era presente nelle prime sentenze che hanno posto i capisaldi dell'architettura costituzionale europea, come quella riguardanti il principio dell'effetto diretto (van Gend & Loos) e quella sul primato (Costa c. Enel). La giurisprudenza recente, invece, contiene una forte sottolineatura del ruolo dei valori comuni come fondamento del diritto dell'Unione, e ciò è stato reso possibile dall'art. 2 TUE. Esiste un corpo ormai consistente di pronunce sull'indipendenza dei giudici che hanno collegato il suddetto principio al valore dello stato di diritto. Ma anche in altri campi i valori di cui all'art. 2 TUE sono utilizzati dalla Corte, che riconosce – per usare l'efficace espressione della Giudice Lucia S. Rossi – “il valore giuridico dei valori”.

Come ha osservato in sede extragiudiziaria il Presidente della Corte di giustizia Koen Lenaerts, l'Unione è “in primo luogo e soprattutto, una ‘Unione di valori'”. Ma quali sono le implicazioni dell'uso dei valori nel sistema costituzionale dell'Unione?

La teoria dei valori ha occupato un posto importante nel dibattito costituzionalistico novecentesco, specie in Germania e in Italia. Naturalmente non è questa la sede per effettuarne una sintesi. Piuttosto, schematizzando al massimo, possiamo cogliere in esso due opposti atteggiamenti. Da una parte, la “tirannia dei valori” teorizzata da Carl Schmitt, che, sulla scia di Max Weber, evidenziava la loro pulsione assolutistica, che ne può fare il propellente di scontri e conflitti non componibili pacificamente. Dall'altra, la teoria della costituzione come ordinamento del processo di integrazione di Rudolf Smend, che individuava l'essenza della politica, piuttosto che nella schmittiana contrapposizione amico-nemico, nella realizzazione dell'integrazione delle parti separate che compongono una società pluralistica. Vi è l'integrazione personale, basata sulla leadership che ha il compito principale di tenere unito il gruppo politico; vi è l'integrazione funzionale che si basa sulle procedure che non hanno uno scopo predeterminato, come le procedure elettorali e parlamentari; vi è infine l'integrazione materiale, basata sui valori. A differenza dei valori antagonisti di Carl Schmitt, qui si tratta di valori condivisi tra le parti e tra loro compatibili, che sono la base del processo di integrazione e che devono essere costantemente attualizzati.

Vi sono quindi valori che dividono e valori che uniscono parti determinate di un assetto pluralistico. A quest'ultimo tipo appartengono i valori menzionati dall'art. 2 TUE e utilizzati dalla Corte. Sono i valori che fanno parte delle tradizioni costituzionali comuni e che sono stati accettati dagli Stati che sono entrati a far parte dell'Unione in fasi successive della storia dell'integrazione europea. La giurisprudenza sulla rule of law e l'indipendenza dei giudici, infatti, fa costantemente riferimento alle tradizioni costituzionali comuni e si è sviluppata in piena sintonia con quella della Corte Edu.

Integration through law è stata l'espressione fortunata che, a partire dagli studi fondamentali di Mauro Cappelletti, Monica Seccombe e Joseph Weiler (1986), è servita a caratterizzare il processo di integrazione europea, in cui il diritto è al tempo stesso l'oggetto e il mezzo dell'integrazione. Avere in comune i valori fondativi degli ordinamenti costituzionali nazionali e impegnarsi a tutelarli e a promuoverne la realizzazione significa creare dei vincoli di solidarietà tra i popoli e gli Stati membri ancora più forti di quelli che derivano dalla creazione di un mercato unico, di una moneta unica, di un'Area di libertà e di sicurezza e di giustizia comune, significa infatti approdare a quell'idem sentire de repubblica che è alla base di un'unione politica. La Costituzione normativa (espressa nei Trattati) dell'Unione si appoggia su una realtà politico-materiale fatta di valori condivisi tra i popoli europei, che sono divenuti giuridicamente vincolanti, che costituiscono il fondamento ultimo dell'integrazione e una fonte di legittimazione dell'Unione, ma anche il mezzo (uno dei mezzi) attraverso cui approfondirla, secondo un processo circolare.

Ma cosa comporta in pratica tutto ciò? E come conciliare la pretesa dei valori ad una piena realizzazione (la tirannia dei valori di Carl Schmitt) e il riconoscimento da parte dei Trattati dell'identità politico costituzionale degli Stati membri?

I valori tendono alla loro piena realizzazione. Essi sono dotati di un'intrinseca forza espansiva. Pertanto, i valori di cui all'art. 2 TUE orientano l'interpretazione delle disposizioni dei Trattati. In questo modo essi si concretizzano in determinati principi giuridici. Proprio perché espressione dei valori fondativi questi principi ne traggono forza in termini di inderogabilità e capacità espansiva.

Quanto detto trova conferma nella giurisprudenza della Corte. Quest'ultima afferma che l'art. 19(1) dà concreta espressione allo stato di diritto, imponendo agli Stati membri l'obbligazione di prevedere rimedi giurisdizionali effettivi nei campi coperti dal diritto dell'Unione (LM c Ministero della Giustizia e dell'Eguaglianza (Deficienze nel sistema di giustizia), EU:C:2018:586; analogamente Commissione c. Polonia (Indipendenza della Corte Suprema), EU:C:2019:924). Posto che esiste un nesso inscindibile tra rimedi effettivi e Corti indipendenti, l'art. 19(1) obbliga gli Stati membri a proteggere l'indipendenza delle loro Corti (Associazione sindacale dei giudici portoghesi (EU:C:2018: 117); LM c Ministero della Giustizia e dell'Eguaglianza (Deficienze nel sistema di giustizia), EU:C:2018:586). La Corte ha altresì affermato che l'indipendenza è “inerente alla giurisdizione” e forma “parte dell'essenza del diritto ad una protezione giudiziaria effettiva e del diritto fondamentale al giusto processo”, entrambi diritti tutelati dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali (Commissione c. Polonia (Indipendenza della Corte Suprema), EU:C:2019:924,106).

Il concetto di indipendenza secondo la giurisprudenza, a partire dal caso Wilson (Case C-506/04, EU:C:2006:587), ha due aspetti, uno interno ed uno esterno. Internamente essa assicura un level playing field alle parti della procedura. In questo senso indipendenza equivale a imparzialità (Banco di Santander, Case C-274/14, EU:C:2020:17). Esternamente l'indipendenza comporta la necessità di uno scudo nei confronti di qualsiasi influenza esterna o pressione che possa pregiudicare l'indipendenza di giudizio. Certamente essa esclude qualsiasi controllo politico sul contenuto delle decisioni giudiziarie (Asociatjia Forumul Judecatorilor din Romania e altri, EU:C:2021:393).

Inoltre, la Corte ha sottolineato l'importanza del legame che esiste tra la garanzia dell'indipendenza e dell'imparzialità e la garanzia dell'accesso a un tribunale precedentemente istituito per legge, prevista dall'art. 47 della Carta (Openbaar Ministerie (Tribunale stabilito per legge), Casi congiunti C-562/21 PPU e C-563/21 PPU, EU:C:2022: 100). Legame che esiste soprattutto con riguardo alle procedure di nomina dei titolari di organi giurisdizionali. Queste procedure, infatti, costituiscono un elemento per definire il concetto di “tribunale istituito per legge” e, altresì, un fattore alla luce del quale l'indipendenza dei giudici può essere “misurata” (Id, par. 57).

Fare parte dell'Unione significa aderire ad una ben definito paniere di valori e – possiamo aggiungere – di principi in cui essi si concretizzano. Il loro rispetto, come ha affermato la Corte di giustizia nei Conditionality Judgments, non è un'obbligazione che deve essere osservata al momento dell'adesione e che poi possa restare non adempiuta. Piuttosto è un obbligo che deve essere sempre rispettato dagli Stati membri. Il livello di protezione del valore dello Stato di diritto e dei principi in cui esso si concretizza che esisteva al momento dell'adesione dello Stato all'Unione è il punto di partenza e il trend delle riforme adottate dallo Stato deve essere sempre diretto al suo rafforzamento. Perciò – come la Corte di giustizia ha affermato nel caso Repubblika - uno Stato membro non può modificare la sua legislazione in maniera tale da portare ad una riduzione del livello di protezione del rule of law. In altre parole, l'ordinamento giuridico dell'Unione vieta la “regressione dei valori”.

Pertanto, nello spazio costituzionale europeo non c'è alcuna possibilità per depotenziare o addirittura sacrificare la rule of law. Democrazia e rule of law sono considerati non solamente compatibili, ma lo Stato di diritto è visto come una condizione della democrazia. Questo valore e i principi in cui si concretizza – come quello dell'indipendenza dei giudici - si oppongono a chi vuole rimanere al potere ad ogni costo, con la conseguenza che – come si ricava dalla sentenza Repubblika – le tendenze autoritarie non potranno in nessun caso essere tollerate. La “democrazia illiberale” è, in Europa, un ossimoro.

Attaccare il rule of law e l'indipendenza dei giudici nazionali, peraltro, equivale a bloccare gli ingranaggi principali del sistema costituzionale e giudiziario dell'Unione. il principio di indipendenza degli organi giurisdizionali è un presupposto indefettibile del loro funzionamento.

Com'è noto, l'architettura giudiziaria europea include non solo la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado, ma anche le corti degli Stati membri, che hanno giurisdizione per quanto riguarda l'applicazione del diritto dell'Ue. In forza dei principi del primato e dell'effetto diretto, il diritto dell'Unione è in ciascuno Stato the Law of the Land e i giudici nazionali sono anche giudici europei. Pertanto, le Corti nazionali sono una componente fondamentale dell'architettura costituzionale europea, dove svolgono tre ruoli essenziali. In primo luogo, in conformità all'art. 19 TUE, esse assicurano agli individui una protezione giudiziaria effettiva dei diritti che il diritto dell'Unione attribuisce loro.

In secondo luogo, le Corti nazionali cooperano con la Corte di giustizia, attraverso il rinvio pregiudiziale, che assicura l'uniforme interpretazione del diritto dell'Unione in tutti gli Stati membri; in questo modo viene garantito che il diritto dell'Unione abbia lo stesso significato normativo in tutti i Paesi dell'Unione assicurando l'eguaglianza degli individui e degli Stati membri. Per questa ragione la Corte di giustizia ha definito il meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 267 TFUE come “la pietra d'angolo del sistema giudiziario dell'Ue”. Infine, per far funzionare l'Area di libertà, sicurezza e giustizia, in cui è possibile il libero movimento delle decisioni giudiziarie, le Corti nazionali devono avere una fiducia reciproca in ordine al fatto che tutte siano egualmente impegnate nell'assicurare la protezione giudiziaria effettiva dei diritti attribuiti dall'Unione.

Se una misura nazionale pregiudica l'indipendenza degli organi giurisdizionali l'architettura costituzionale dell'Ue è minacciata. Come si ricava dalla giurisprudenza della Corte, senza indipendenza non ci può essere un'effettiva protezione giudiziaria dei diritti attribuiti dall'Unione; senza indipendenza degli organi giurisdizionali una corte nazionale non può impegnarsi in un dialogo, basato esclusivamente sul diritto, con la Corte di giustizia; senza indipendenza viene meno la fiducia reciproca tra le Corti mettendo a repentaglio l'Area di libertà, sicurezza e giustizia (Land Hessen, EU:C:2020:535).

Come si concilia quanto fin qui esposto con la tutela dell'identità politica e costituzionale degli Stati membri? Da una parte, sappiamo da una vasta letteratura che il rule of law è una nozione dai confini assai elastici e che non vi è comunanza di vedute sull'individuazione del suo esatto contenuto. Dall'altro, in applicazione del principio di attribuzione, la disciplina dell'ordinamento giudiziario non è affidata all'Unione ma rientra tra le competenze rimaste agli Stati membri. Allora non c'è forse il rischio che, applicando il rule of law e il principio di indipendenza, l'Unione esondi dagli argini posti alle sue competenze, pregiudicando l'identità politica e costituzionale degli Stati membri e in conclusione determini piuttosto che una maggiore integrazione una reazione ostile all'integrazione medesima?

La risposta è certamente negativa appena si considerano due aspetti della giurisprudenza della Corte di giustizia, entrambi evidenziati dal Presidente della Corte di giustizia. Il primo è che la rule of law costituisce un “framework of reference” che lascia spazio all'autonomia degli Stati. Il secondo è che nell'applicare il principio di indipendenza la Corte ha adottato un “law in context approch”.

L'integrazione tramite i valori non comporta l'adozione di un unico modello costituzionale. Come ha affermato la Corte di giustizia in Euro Box Promotion e altri e in Rs, il valore dello Stato di diritto non ha come obiettivo quello di imporre un determinato modello costituzionale. Infatti, l'imposizione di un unico modello costituzionale sarebbe in contrasto con l'art. 4(2) TUE che espressamente garantisce il principio del rispetto dell'identità degli Stati membri, inerente le loro fondamentali strutture politiche e costituzionali. Pertanto, la Corte di giustizia, nei Conditionality Judgments ha affermato che gli Stati membri godono di un certo grado di discrezionalità nell'implementare il principio del rule of law e che queste modalità possono variare da uno Stato membro all'altro. In conclusione, il case law della Corte di giustizia relativo allo stato di diritto e all'indipendenza dei giudici forma semplicemente un framework all'interno del quale gli Stati membri possono fare le loro scelte costituzionali. Queste scelte dovranno comunque garantire, come si è già osservato, di essere conformi al valore dello Stato di diritto e non devono mai costituire una regressione.

In ogni caso la verifica – analogamente a quanto fa la Corte di Strasburgo – riguarda l'esame del contesto in cui operano le regole in questione, sicché – per usare l'espressione del Presidente della Corte Edu, la garanzia riguarda non solo “l'indipendenza de jure”, ma anche “l'indipendenza de facto”. Come afferma la Corte di giustizia, le garanzie dell'indipendenza e dell'imparzialità presuppongono delle regole, in particolare per quanto riguarda la composizione dell'organo e la nomina, la durata del servizio a le ragioni per l'astensione, la ricusazione e le dimissioni dei suoi membri, che siano tali da evitare qualsiasi ragionevole dubbio nella mente degli individui in ordine all'impenetrabilità da parte dell'organo giurisdizionale a fattori esterni e con riguardo alla sua neutralità con riguardo agli interessi che ha di fronte (LM c Ministero della giustizia e dell'eguaglianza; Commissione c. Poloni; A.K. e altri; A.B. e altri (Nomina dei giudici della Corte Suprema) EU:C:2021:153). Tale valutazione richiede che la Corte esamini “lo specifico contesto nazionale legale e fattuale” (A.B. e altri).