Licenziamento ritorsivo e prova per presunzioni

La Redazione
08 Settembre 2022

Spetta al giudice del merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l'attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l'attitudine, anche solo parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche.

Secondo la Corte di cassazione, per accogliere la domanda di accertamento della nullità del licenziamento in quanto fondato su motivo illecito, occorre che l'intento ritorsivo datoriale abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà di recedere dal rapporto di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di una giusta causa o di un giustificato motivo di recesso, dovendosi escludere la necessità di procedere ad un giudizio di comparazione fra le diverse ragioni causative del recesso, ossia quelle riconducibili ad una ritorsione e quelle connesse, oggettivamente, ad altri fattori idonei a giustificare il licenziamento.

Dal punto di vista probatorio, l'onere ricade sul lavoratore in base alla regola generale di cui all'art. 2697 c.c., non operando la L. n. 604 del 1966, art. 5, ma esso può essere assolto anche mediante presunzioni.

Non è dubbio - prosegue la Corte - che il valutare nella concretezza della vicenda storica se il licenziamento sia stato o meno intimato per motivo di ritorsione costituisca una quaestio facti, come tale devoluta all'apprezzamento dei giudici del merito, con un accertamento di fatto non suscettibile di riesame innanzi a questa Corte di legittimità, con formali denunce di errori di diritto che, nella sostanza, mascherano la contestazione circa la valutazione di merito operata dai giudici ai quali è riservata.

Nè tanto meno, può criticarsi in questa sede, la sentenza impugnata - concludono i giudici di legittimità - per il ragionamento presuntivo operato, perché spetta al giudice del merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni, individuare i fatti certi da porre a fondamento del relativo processo logico, apprezzarne la rilevanza, l'attendibilità e la concludenza al fine di saggiarne l'attitudine, anche solo parziale o potenziale, a consentire inferenze logiche; va escluso che chi ricorre in cassazione in questi casi possa limitarsi a lamentare che il singolo elemento indiziante sia stato male apprezzato dal giudice o che sia privo di per sé solo di valenza inferenziale o che comunque la valutazione complessiva avrebbe dovuto condurre ad un esito interpretativo diverso da quello raggiunto nei gradi inferiori, spettando al giudice del merito l'apprezzamento circa l'idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell'id quod plerumque accidit.