Eccezione di tardività della domanda riconvenzionale disattesa in primo grado

Redazione scientifica
20 Settembre 2022

Con riguardo alle eccezioni di rito, qualora esse siano state disattese espressamente o indirettamente dal primo giudice, non è dubbio che la parte soccombente su di esse, ma vittoriosa quanto all'esito finale della lite, si trovi in posizione di soccombenza. Ne deriva che se essa vuole ottenere che l'eccezione sia riesaminata dal giudice del gravame, investito dell'appello principale sul merito della controparte, deve farlo proponendo appello incidentale, non invece ai sensi dell'art. 346 c.p.c.

La questione di diritto che la Corte, nella sentenza in esame, è stata chiamata a risolvere è consistita nello stabilire se il giudice di appello debba e possa rilevare d'ufficio la tardività di una domanda riconvenzionale che il giudice di primo grado abbia rigettato nel merito, senza, tuttavia, pronunciarsi sulla tempestività della medesima nonché sull'eccezione di tardività pure sollevata dalle controparti in primo grado, ma non introdotta dalle stesse in appello se non in via di mera eccezione.

I giudici di legittimità, dopo aver rilevato che le soluzioni prospettate dalla giurisprudenza sul punto sono divergenti, si sono conformati all'orientamento secondo cui «il potere di rilievo “anche ex officio” dei vizi relativi all'attività processuale, attribuito dalla norma del processo o desumibile dallo scopo di interesse pubblico, indisponibile dalle parti, sotteso alla norma processuale che stabilisce un requisito formale, prescrive un termine di decadenza o prevede il compimento di una determinata attività, deve essere esercitato dal giudice di merito, in difetto di espressa autorizzazione normativa alla rilevazione "in ogni stato e grado" ed escluse le ipotesi di "vizi relativi a questioni fondanti (che rendono l'attività svolta del tutto difforme dal modello legale del processo), al più tardi entro il grado di giudizio nel quale il vizio si è manifestato, rimanendo precluso tanto al giudice del gravame, quanto alla Corte di cassazione, il potere di rilevare, per la prima volta, tale vizio di ufficio (o su eventuale sollecitazione della parte interessata all'esercizio di tale potere officioso), ove la relativa questione non abbia costituito specifico motivo di impugnazione, ovvero sia stata ritualmente riproposta, atteso che, qualora il giudice di primo grado abbia deciso la controversia nel merito, omettendo di pronunciare espressamente sul vizio (e nonostante la eventuale eccezione della parte interessata), la relazione di implicazione necessaria tra la soluzione - ancorchè implicita - adottata in ordine alla validità/ammissibilità della domanda/eccezione di merito (questione processuale pregiudiziale) e l'esame e la pronuncia espressa sulla domanda/eccezione (questione di merito dipendente), determina la intangibilità della decisione implicita sulla questione processuale ove non specificamente investita con i mezzi impugnatori, in applicazione del principio di conversione del vizio in motivo di gravame ex art. 161, comma 1, c.p.c., non trovando ostacolo nel carattere implicito della decisione la formazione del giudicato processuale interno».

In conclusione, con riferimento alle eccezioni di rito - come quella della tardività della domanda riconvenzionale, in quanto diretta a ottenere la dichiarazione di inammissibilità della medesima - qualora esse siano state disattese espressamente o indirettamente dal primo giudice, non è dubbio che la parte soccombente su dì esse, ma vittoriosa quanto all'esito finale della lite si trovi, dunque, in posizione di soccombenza. Ne deriva che se essa vuole ottenere che l'eccezione sia riesaminata dal giudice del gravame, investito dell'appello principale sul merito della controparte, deve farlo proponendo appello incidentale e non ai sensi dell'art. 346 c.p.c.