Il rinvio pregiudiziale delle alte corti alla corte di giustizia. il problema del c.d. “atto chiaro”

Maria Teresa Stile
24 Settembre 2022

Dal complessivo impianto argomentativo della sentenza del Consiglio di Stato, risulta evidente come il rinvio pregiudiziale si ponga come una sorta di “doppia garanzia”, da un lato per le parti in ordine alla precipua finalità di certezza del diritto, con particolare riferimento all'interpretazione dello stesso in un senso eurounitario, dall'altro, per lo stesso giudice, il quale pur in assenza di dubbi interpretativi, sul significato da attribuire alle disposizioni UE, è portato ad effettuare comunque, un rinvio pregiudiziale, laddove non possa provare - in maniera circostanziata e sotto un profilo oggettivo - che l'interpretazione fornita sia conforme a quella offerta dai giudici degli altri Stati membri.
I fatti all'origine della questione processuale

Il Consiglio di Stato, con la sentenza non definitiva in commento si pronuncia in merito all'impugnativa della sentenza del Tar Lazio, sez. In. 1903 del 16 febbraio 2021 , che aveva rigettato il ricorso dell'Associazione ambientale Raggio Verde, che aveva impugnato la valutazione positiva di compatibilità ambientale espressa dalla Direzione delle Politiche Ambientali della Regione Lazio, in ordine alla realizzazione del progetto di un impianto di discarica per rifiuti inerti da realizzarsi, da parte della società New Green Roma Srl, su un terreno sito a Roma in località Tenuta di Castel Malnome.

La sentenza, dopo aver specificamente analizzato tutti i motivi di appello e aver operato un'accurata disamina della normativa di settore, con particolare riferimento a tutta l'area della legislazione ambientale, rimette alla Corte di giustizia UE, ai sensi dell'art. 267, par. 3, TFUE, alcune questioni pregiudiziali: tre di metodo ed una di carattere sostanziale.

Va precisato che la sezione, nella sentenza non definitiva, si è già espressa in merito all'impugnativa proposta dall'associazione ambientale, valutando non fondati i motivi di appello, e ritenendo, comunque, necessario effettuare il predetto rinvio pregiudiziale per richiedere l'intervento della Corte di giustizia in merito ad alcune questioni di carattere procedurale e sistematico, prima ancora che interpretativo delle norme.

Il Collegio del Consiglio di Stato, richiama la nota giurisprudenza della Corte di giustizia, che a partire dalla sentenza CILFIT (1) del 1982, ha precisato che al fine di evitare il consolidarsi in qualsiasi Stato membro di una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme UE, qualora non sia previsto alcun ricorso giurisdizionale nazionale avverso la decisione definitiva del giudice di ultima istanza, quest'ultimo è tenuto, in linea di principio, a rimettere la questione alla Corte di giustizia, sospendendo il giudizio dinanzi ad esso pendente e chiedendo l'interpretazione delle norme di diritto UE rilevanti per dirimere il caso di specie, foriere di dubbi interpretativi.

Secondo la consolidata giurisprudenza, gli organi giurisdizionali di ultimo grado, non sono invece tenuti a disporre rinvio pregiudiziale allorché constatino che la questione non sia rilevante; che la disposizione del diritto dell'Unione sia già stata oggetto di interpretazione costante da parte della Corte, ovvero che l'applicazione del diritto UE si imponga con una evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi.

Con riferimento a tale ultima condizione, come indicato dalla Corte di giustizia nella citata sentenza CILFIT, il giudice nazionale dovrebbe mutuare il convincimento che la corretta applicazione del diritto UE si imporrebbe con tale evidenza anche nell'interpretazione dei giudici degli altri Stati membri. Solo in presenza della soddisfazione di tale requisito, il giudice nazionale di ultima istanza potrebbe astenersi dall'obbligo di remissione della questione alla Corte, risolvendola alla stregua della teoria dell'“atto chiaro” (2).

Invero, il limite di tale teoria risiede nella assenza di una puntuale nozione di “atto chiaro”. Risulta infatti particolarmente difficile che l'interpretazione di una norma non lasci adito a ragionevoli dubbi.

Il principio dell'atto chiaro, infatti, è stato applicato solo a contrario, ovvero per escludere interpretazioni la cui non correttezza non lasciava adito a dubbi (3).

Con riguardo alla teoria dell'acte éclairé, la Corte di giustizia ha precisato che, prima di giungere ad escludere la necessità del rinvio pregiudiziale, il giudice nazionale deve “maturare il convincimento” che la sua interpretazione, lontana da ogni ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata, sia condivisa anche dai giudici degli altri Stati membri e dalla stessa Corte di giustizia.

Giurisprudenza creativa sulle eccezioni all'obbligo di rinvio pregiudiziale

Orbene, ai fini della delimitazione della portata della teoria dell'atto chiaro, in via preliminare, è fondamentale distinguere i due piani su cui si pongono l'obbligo di rinvio pregiudiziale e le eccezioni a tale obbligo: da un versante, il dovere di rinvio per il giudice di ultima istanza è previsto all'interno del Trattato e dall'altro, le eccezioni a tale obbligo, rappresentano una creazione giurisprudenziale.

Tuttavia, il punto nodale della questione è rappresentato dalla qualificazione giuridica della “chiarezza” dell'atto in termini soggettivi od oggettivi, nell'interpretazione strutturale-sistematica della norma e nella sua conseguente applicazione (4) al caso concreto.

I criteri CILFIT difetterebbero - a parere di parte della giurisprudenza (5) - di chiarezza in ordine al carattere soggettivo od oggettivo riguardo all'esistenza di un “ragionevole dubbio” (6).

Non è precisato se debba trattarsi di un dubbio che sorge in capo al singolo giudice a quo con specifico riferimento al caso di specie, cd. dubbio soggettivo o, viceversa, se debba trattarsi di un dubbio interpretativo che tenga conto di circostanze oggettive, cd. dubbio oggettivo.

La chiarezza oggettiva dell'atto - a detta della Corte di giustizia - può essere individuata effettuando un raffronto tra l'interpretazione della norma UE per la risoluzione del caso concreto e l'interpretazione rinvenibile nei casi già decisi dalla giurisprudenza eurounitaria, al fine di impedire il consolidarsi, in uno Stato membro, di una giurisprudenza nazionale non conforme a quella formatasi negli altri Stati membri, ovvero in contrasto con il formante giurisprudenziale UE. E' da ciò che si desumerebbe l'“evidente” natura oggettiva dell'interpretazione, poiché riferita non già al caso di specie, bensì alla giurisprudenza generale.

Di contro, tuttavia, c'è chi sostiene (7) che tale qualificazione giuridica in termini “oggettivi” dell'interpretazione della norma UE si presenti quanto mai complessa, laddove in ogni interpretazione vi sarebbe, comunque, una “una buona dose di soggettivismo non accertabile e non riesaminabile”.

Il gravoso accertamento sulla sussistenza dei requisiti condizionanti l'eccezione all'obbligo ex art. 267, 3, TFUE

Nel caso in esame, il Collegio rileva come le condizioni poste dalla Corte di giustizia per escludere l'obbligo di rinvio pregiudiziale, gravante sul giudice di ultima istanza, ex art. 267, par. 3 TFUE, risultino di difficile accertamento.

Invero il Collegio pur essendo certo dell'interpretazione e della conseguente applicazione da dare al diritto eurounitario per la soluzione della controversia nazionale dinanzi ad esso pendente, non essendo in alcun modo in grado di provare che la detta interpretazione si imporrebbe con la stessa evidenza anche ai giudici degli altri Stati membri, rimette la questione alla Corte di giustizia.

Partendo da tali premesse, il Collegio, nell'ambito della stretta cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali degli Stati membri, ritiene necessario un chiarimento da parte della Corte di giustizia in ordine all'applicazione dei criteri CILFIT, con particolare riferimento all'atto chiaro e , dunque, alla “evidenza” interpretativa del diritto UE controverso.

In particolare, per escludere ogni ragionevole dubbio da dare alla questione sollevata e, quindi, per ritenere derogato l'obbligo di rinvio pregiudiziale ex art. 267, par. 3 TFUE gravante sul giudice di ultima istanza, si chiede di chiarire se “il convincimento che la stessa evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte di giustizia”:

a) debba essere accertato in senso soggettivo, motivando in ordine alla possibile interpretazione suscettibile di essere data alla medesima questione dai giudici degli altri Stati membri e dalla Corte di giustizia ove investiti di identica questione; ovvero

b) se - come ritenuto da questo Consiglio, al fine di evitare una probatio diabolica e consentire la concreta attuazione delle circostanze derogatorie all'obbligo di rinvio pregiudiziale indicate da codesta Corte di giustizia - sia sufficiente accertare la manifesta infondatezza della questione pregiudiziale (di interpretazione e corretta applicazione della disposizione europea rilevante nel caso concreto) sollevata nell'ambito del giudizio nazionale, escludendo la sussistenza di ragionevoli dubbi al riguardo, tenuto conto, sul piano meramente oggettivo - senza un'indagine sul concreto atteggiamento interpretativo che potrebbero tenere distinti organi giurisdizionali - della terminologia e del significato propri del diritto UE attribuibili alle parole componenti la disposizione europea (rilevante nel caso di specie), del contesto normativo europeo in cui la stessa è inserita e degli obiettivi di tutela sottesi alla sua previsione, considerando lo stadio di evoluzione del diritto eurounitario al momento in cui va data applicazione alla disposizione rilevante nell'ambito del giudizio nazionale; ovvero

c) se – per salvaguardare i valori costituzionali ed europei della indipendenza del giudice e della ragionevole durata dei processi – sia possibile interpretare l'art. 267 TFUE, nel senso di escludere che il giudice supremo nazionale, che abbia preso in esame e ricusato la richiesta di rinvio pregiudiziale di interpretazione del diritto della Unione europea, sia sottoposto automaticamente, ovvero a discrezione della sola parte che propone l'azione, ad un procedimento per responsabilità civile e disciplinare.

Considerazioni conclusive

A parere di chi scrive, non vi è dubbio che l'evidenza interpretativa relativa alla norma UE debba rivestire il carattere non già soggettivo, bensì “oggettivo” tale, solo in questo caso, da imporsi ai giudici degli altri Stati membri. Il carattere soggettivo rientra nella discrezionalità (8) dell'autorità giurisdizionale ma non è sufficiente a costituire una esimente (secondo i menzionati criteri CILFIT), dall'obbligo di rinvio che ricade sui giudici di ultima istanza.

Ma posto che sulla base dei criteri CILFIT e della giurisprudenza consolidata e da ultimo ribadita dalla Corte di giustizia nella sentenza Catania Multiservizi del 6 ottobre 2021, C-561/2019, si precisa la centralità della motivazione, con cui il giudice di ultima istanza stabilisce di non effettuare il rinvio e di interpretare direttamente le norme di diritto UE, risulta, pertanto, necessario evidenziare non solo la scelta del mancato rinvio ma anche le precipue motivazioni sottese alla scelta stessa, al fine di non incorrere in responsabilità.

Risulta evidente che operare una tale contestazione in sede risarcitoria rappresenta un ulteriore aggravio ai fini dell'effettività della tutela giurisdizionale, allorché risulta alquanto oneroso per il danneggiato dimostrare che dall'omesso rinvio ne sia derivato un danno. Il risarcimento del danno, infatti, non può essere liquidato a seguito della mera violazione dell'art. 267, 3 c. TFUE, ma solo a seguito della dimostrazione in giudizio che il rinvio avrebbe comportato una sentenza della Corte di giustizia con un'interpretazione del diritto UE favorevole al danneggiato e che dalla conseguente applicazione della norma UE così interpretata pregiudizialmente avrebbe potuto ottenere il bene della vita a cui aspirava.

Va da sé che una tale dimostrazione, in assenza di una giurisprudenza consolidata sul punto, potrebbe rappresentare una probatio diabolica, configurandosi il diritto al risarcimento, quale mera perdita di chance.

Del resto la sentenza in commento evidenzia come allo scopo di prevenire la proposizione dell'azione risarcitoria (9), il giudice nazionale sia portato a disporre un rinvio pregiudiziale anche quando – a suo avviso – non ci siano dubbi interpretativi sul diritto eurounitario che è chiamato ad applicare (10). E' chiaro che questa prassi, oltre a tradire la ratio stessa dell'art. 267 TFUE e dei criteri applicativi enucleati dalla giurisprudenza, finisce, oltretutto, per prolungare i tempi di risoluzione dei giudizi, in violazione del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, di cui all'art. 111, c. 2 Cost., e all'art. 47, c. 2, Carta dei diritti fondamentali UE (11).

Dal complessivo impianto argomentativo della sentenza del Consiglio di Stato, risulta evidente come il rinvio pregiudiziale si ponga come una sorta di “doppia garanzia”, da un lato per le parti in ordine alla precipua finalità di certezza del diritto, con particolare riferimento all'interpretazione dello stesso in un senso eurounitario (12), dall'altro, per lo stesso giudice, il quale pur in assenza di dubbi interpretativi, sul significato da attribuire alle disposizioni UE, è portato ad effettuare comunque, un rinvio pregiudiziale, laddove non possa provare - in maniera circostanziata e sotto un profilo oggettivo - che l'interpretazione fornita sia conforme a quella offerta dai giudici degli altri Stati membri.

Per il giudice, quindi, il rinvio pregiudiziale, in assenza di un denominatore oggettivo sull'interpretazione della norma, sarà, evidentemente, condotto a disporre rinvio pregiudiziale per prevenire un'azione di risarcimento del danno ai sensi dell'art. 2 comme 3 bis della L. n. 117/1988 e succ. mod. e int. (13), anche al malcelato scopo di evitare di essere coinvolto in un accertamento disciplinare ai sensi dell'art. 9, comma 1 della già citata legge.

Tuttavia, questa prassi potrebbe per certi aspetti -ed anche alla luce dei consolidati criteri CILFIT- rappresentare un uso distorto dello strumento del rinvio pregiudiziale che, da un lato, finirebbe per aggravare il carico giudiziario dinanzi alla Corte di Lussemburgo, anche rispetto all'assenza di dubbi nel convincimento del giudice nazionale e, dall'altro, comportare il mancato rispetto del principio della ragionevole durata del processo, pendente dinanzi al giudice nazionale, che verrebbe, anche immotivatamente, sospeso in attesa di una pronuncia confermativa ad opera della Corte di giustizia.

Note

(*) Maria Teresa Stile, Professore Associato in Diritto Pubblico; docente di Istituzioni di diritto pubblico; Istituzioni di diritto pubblico dell'ambiente e dei beni culturali; Diritto dell'Unione europea / Università Telematica Pegaso.

(1) Corte giust., sentenza 6 ottobre 1982, C-283/81, Srl CILFIT e a. c. Ministero della sanità, EU:C:1982:335.

(2) Con particolare riferimento alla teoria dell'acte clair, l'Avv. Generale Bobek, di recente, in maniera rivoluzionaria, si pronunzia con le proprie Conclusioni formulate per la causa Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, proponendo alla Corte di Lussemburgo una riconsiderazione dei criteri stabiliti con la giurisprudenza CILFIT, sostituendoli con tre novellati requisiti cumulativi, che più efficacemente soddisferebbero la ratio dell'art. 267 TFUE, v. in European Papers, 2021, p. 955; G. MARTINICO, L. PIERDOMINCI, Rivedere CILFIT? Riflessioni giuscomparatistiche sulle conclusioni dell'avvocato generale Bobek nella causa Consorzio Italian management, in Giustizia insieme, 17 giugno 2021; G. TULUMELLO, Il rinvio pregiudiziale fra mito e realtà (brevi note a primissima lettura della sentenza della Corte di Giustizia dell'U.E., Grande Sezione, 6 ottobre 2021 in causa C-561/19, Consorzio Italian management –Catania Multiservizi SpA/Rete Ferroviaria Italiana, in Giustizia Amministrativa.it, 2021; LUIGI DANIELE, Si può “migliorare” CILFIT? Sulla sentenza Consorzio Italian Management, Eurojus, fascicolo n. 2/2022.

(3) A titolo esemplificativo si ricorda il caso Lucchini, CGUE 18 luglio 2007, C-119/05, per un commento si rinvia a M.T. STILE, La sentenza Lucchini sui limiti del giudicato: un traguardo inaspettato?, in Dir. com. sc. internaz., n. 4/2007, 733 ss.; in dottrina, ex plurimis, P. BIAVATI, La sentenza Lucchini: il giudicato nazionale cede al diritto comunitario, Rass. Trib., 2007, 1591; C. CONSOLO, Il primato del diritto comunitario può spingersi fino ad intaccare la “ferrea” forza del giudicato sostanziale?, Corriere giuridico, 2007, 1189 ss; G. PERONI, Il diritto comunitario prevale sul giudicato sostanziale, Dir. comm. Int., 2008, 1 ss; E. SCODITTI, Giudicato nazionale e diritto comunitario, Foro it., 2007, 532 ss; B. ZUFFI, Il caso Lucchini infrange l'autorità del giudicato nazionale nel campo degli aiuti di stato, Giur. it., 2008, 382 ss.; ed anche il caso Olimpliclub, CGUE 3 settembre 2009, C- 2/08, su cui M.T. STILE, La pronuncia della Corte di giustizia come evento sopravvenuto di interruzione dell'efficacia del giudicato nel tempo, pubblicato in Riv. Dir. com. e sc. internaz., n. 4/2010.

(4) Come si evince dalle Conclusioni dell'Avv. Gen. LAGRANGE, nel noto caso Costa c. Enel., C- 6/64, in www.giustizia.eu.int, “tracciare il confine tra applicazione e interpretazione è senza dubbio uno dei problemi più complessi sollevati dall'art. 177” (attuale art. 267 TFUE). Ed ancora, V. ONIDA, A cinquanta anni dalla sentenza Costa/Enel. Riflettendo sui rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario alla luce della giurisprudenza, in B. NASCIMBENE (a cura di), Costa/Enel: Corte costituzionale e Corte di giustizia a confronto, cinquant'anni dopo, Milano, 2015, 46.

Sull'attività interpretativa ed il valore dei testi giuridici, cfr. G. TARELLO, L'interpretazione della legge, Milano, 1980, 101-104; N. IRTI, I cancelli delle parole, Torre del greco, 2015, 31. Sui vocaboli tecnico-giuridici, cfr. F. MODUGNO, Interpretazione giuridica, Padova, 2009, 318, 105-144; e come efficacemente evidenziato da M. LUCIANI, Interpretazione conforme a costituzione, Enc. Dir. Ann., IX, 2016, Milano, 434, nota 350: il testo non è solo il punto di partenza dell'interpretazione, ma ne delimita anche l'orizzonte di senso. Non vi è dubbio che attraverso il canone sistematico e quello della coerenza con l'intero sistema normativo (specie costituzionale) il testo può essere adeguato al contesto, ma non si può affermare che sia possibile “leggere nella disposizione quello che non c'è, anche quando la Costituzione vorrebbe che ci fosse”. A questo punto “deve entrare in campo la Corte costituzionale per mezzo della questione di legittimità”, in argomento, cfr. G. ZAGREBELSKY e V. MARCENO', Giustizia costituzionale, vol. II, Oggetti, procedimenti, decisioni, Bologna, 2018, 219; ed ancora, in argomento, v. M. RUOTOLO, Quando il giudice deve fare da se', Questione giustizia, 22 ottobre 2018.

(5) Catania Multiservizi, cit. – Conclusioni Avv. Gen. Bobek, volte, come accennato, a ridefinire i criteri CILFIT. Per la dottrina, in argomento, ex plurimis, cfr. F. FERRARO, Corte di giustizia e obbligo di rinvio pregiudiziale del giudice di ultima istanza: nihil sub sole novum, in Giustizia Insieme; P. DE PASQUALE, Inespugnabile la roccaforte dei criteri CILFIT (causa C-561/19), in BlogDUE; D. PETRIĆ, How to Make a Unicorn or ‘There Never Was an “Acte Clair” in EU Law': Some Remarks About Case C-561/19Consorzio Italian Management, in CYELP2021, p. 307-328; L.S. ROSSI, “Un dialogo da giudice a giudice”. Rinvio pregiudiziale e ruolo dei giudici nazionali nella recente giurisprudenza della Corte di giustizia, in I Post di AISDUE, IV (2022), aisdue.eu, Sezione “Articoli”, n. 4, 23 maggio 2022, Quaderni AISDUE, ISSN 2723-9969, p. 50 ss.

(6) Specificamente, cfr. F.MUNARI, Il dubbio ragionevole» nel rinvio pregiudiziale, in Federalismi.it, 13 luglio 2022.

(7) Specificamente, Conclusioni Avv. Gen. Bobek, del 15 aprile 2021, nella causa Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, cit.; cfr. anche giurisprudenza Hoffmann - La Roche, Corte giust., sent. del 24 maggio 1977,C – 107/76, EU:C:1977:89, in argomento v. A. ROSANO, F. Hoffmann - La Roche LTD e altri: le informazioni ingannevoli possono nuocere alla salute…e alla concorrenza, in wwweuropeanpapers.eu.

(8) In argomento si rinvia a M.T. STILE, Discrezionalità legislativa e giurisdizionale nei processi evolutivi del costituzionalismo, Editoriale Scientifica, 2020.

(9) In argomento si rinvia a M.T.STILE, La responsabilità dello Stato-Giudice e del magistrato tra garanzie costituzionali e moniti europei, Editoriale Scientifica, Napoli, 2016.

(10) Efficacemente sottolinea parte della dottrina che “… l'istituto del rinvio pregiudiziale non può subire una mutazione genetica a causa di possibili azioni risarcitorie alle quali risulta esposto il giudice nazionale di ultima istanza, cfr. R. COSIO e R. COSIO, La violazione dei principi espressi nelle sentenze della Corte di giustizia e i suoi rimedi, in questa Rivista, 2022, 10.

(11) In argomento, v. ampiamente, R. MASTROIANNI, O. POLLICINO, S. ALLEGREZZA, F. PAPPALARDO, O. RAZZOLINI, (a cura di), in AA.VV., Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, Milano, 2017; R. BIFULCO, M. CARTABIA, A. CELOTTO, (a cura di), Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, Bologna, 2001, 14 ss.; per una visione più ampia, v., inoltre, A. LUCARELLI, A. PATRONI GRIFFI, (a cura di), Dal Trattato Costituzionale al Trattato di Lisbona. Nuovi studi sulla costituzione europea, Napoli, 2009; A. VON BOGDANDY, J. BAST, (a cura di), Principles of European Constitutional Law, Oxford – Portland,2006, XVIII ss.

(12) Sull'interpretazione conforme v. ampiamente in dottrina, R. COSIO, L'interpretazione conforme al diritto dell'unione europea, in G. BRONZINI e R. COSIO (a cura di), Interpretazione conforme, bilanciamento dei diritti e clausole generali, Milano, 2017, 48 ss) e la necessità di interpretazione “alla luce del diritto comunitario nel suo complesso” (CGUE 11 marzo 2015, nelle cause riunite da C-464/13 a C-465/13) rende più complessa la c.d. interpretazione conforme; v., inoltre, E. LAMARQUE, L'interpretazione conforme al diritto dell'Unione secondo la Corte costituzionale italiana, in A. BERNARDI (a cura di), L'interpretazione conforme al diritto dell'Unione europea: Profili e limiti di un vincolo problematico., Napoli, 2014, Jovene Editore,91-108; ed esaustivamente A. RUGGERI, L'interpretazione conforme e la ricerca del “sistema dei sistemi” come problema, in Rivista AIC, n. 2/2014. Amplius per una ricostruzione generale sulla produzione del diritto durante l'emergenza epidemiologica, v. S. STAIANO, Né modello, né sistema. La produzione del diritto al cospetto della pandemia, in Consulta Online, 16 giugno 2020.

(13) Sulla legge n. 117/1988 e sulla successiva legge di riforma n. 18/2015, si rinvia a M.T. STILE,La riforma sulla responsabilità civile dei magistrati tra incertezze interpretative e profili di costituzionalità, I Quaderni della Gazzetta Forense / 4, Giapeto Editore, Napoli, 2016.