Il superiore interesse del minore quale criterio guida in tema di affidamento
28 Settembre 2022
Massima
In tema di affidamento, il criterio fondamentale è costituito dall'esclusivo interesse morale e materiale della prole, il quale, imponendo di privilegiare la soluzione che appaia più idonea a ridurre al massimo i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore, richiede un giudizio prognostico circa la capacità del singolo genitore di crescere ed educare il figlio, da esprimersi sulla base di elementi concreti attinenti alle modalità con cui ciascuno in passato ha svolto il proprio ruolo. La regola dell'affidamento condiviso può essere derogata solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l'interesse del minore, con la conseguenza che l'eventuale pronuncia dell'affidamento esclusivo dovrà essere sorretta da una motivazione non solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa ovvero manifesta carenza dell'altro genitore. Il caso
Tizio e Caia, dopo un periodo di frequentazione, intraprendono una convivenza e dalla loro relazione sentimentale nascono due bambine, la prima nel 2011 e la seconda nel 2017. Caia, a far data dal dicembre 2020, si trasferisce con le figlie, senza il consenso paterno, presso la casa dei genitori a Venezia (circa 70 km dalla casa familiare), per poi locare un appartamento distante 6 km dalla casa familiare. Il Tribunale di Treviso, adito da Tizio, affida le minori esclusivamente al padre, con stabile permanenza presso di lui nella casa familiare, incaricando i Servizi Sociali di monitorare il nucleo familiare. La Corte d'Appello di Venezia respinge il reclamo proposto dalla madre, ritenendo che le doglianze avanzate dalla donna non meritino accoglimento. In particolare, la Corte d'Appello reputa irrilevante la perizia di parte allegata da Caia, poiché atto unilaterale e non dirimente; sostiene che lo stato di sofferenza morale e psicologica di Caia non avrebbe potuto determinare una scelta unilaterale e grave, come quella posta in essere dalla reclamante, volta a determinare uno sradicamento delle minori dal consueto ambiente familiare, amicale e scolastico; ritiene non preoccupante la gestione delle minori da parte del padre perché presente una rete familiare che consente il superamento di eventuali problemi, sia perché non risulta che Tizio sia un padre inidoneo; ritiene che il maggiore attaccamento delle bambine alla madre non giustifica la grave ed unilaterale decisione assunta da quest'ultima. La Corte, anzi, afferma che la suddetta decisione della madre di allontanarsi con le bambine dalla casa familiare, senza essere stata a ciò autorizzata, giustifica l'affidamento esclusivo delle minori al padre e che il disagio delle minori potrebbe anche inserirsi nel contesto creato da Caia. Quanto, poi, alla doglianza della reclamante relativa al mancato ascolto della figlia più grande, la Corte ritiene che, avendo nove anni e dieci mesi, la minore non sia capace di preciso discernimento. Caia propone, allora, ricorso per Cassazione, deducendo quattro motivi: 1) l'assenza di alcuna indagine istruttoria al fine di verificare lo stato di sofferenza morale e psicologica della madre, stato che aveva portato la donna ad abbandonare la casa familiare con le figlie (non è stato ascoltato nessun testimone, non è stato disposto l'ascolto della minore, non è stata espletata una consulenza tecnica d'ufficio che avrebbe potuto indagare le capacità genitoriali e di accudimento di entrambi i genitori); 2) la decisione di affidare le figlie in via esclusiva al padre, senza avere preventivamente accertato l'idoneità genitoriale di quest'ultimo e senza che il servizio sociale avesse relazionato sulla situazione socio-ambientale paterna; 3) l'omissione nell'esaminare quali effetti traumatici potessero derivare alle minori dall'allontanamento dalla loro madre; 4) la violazione delle norme sovranazionali relativamente all'interesse delle minori. La questione
Quali sono le verifiche che il Giudicante deve necessariamente compiere prima di adottare la decisione di affidare i figli in via esclusiva ad uno solo dei genitori? Qual è il criterio che deve guidare sempre il Giudicante nelle decisioni che riguardano i minori? Le soluzioni giuridiche
Il ragionamento logico-giuridico operato dalla Corte di Cassazione prende avvio con l'enunciazione dei principi che devono sempre guidare il Giudicante nelle decisioni che coinvolgono soggetti minori d'età: 1) l'interesse morale e materiale del minore che, come disciplinato dall'art. 8 Cedu, esprime sia un diritto sostanziale, cioè il diritto del minorenne a che il proprio superiore interesse sia valutato e considerato preminente quando si prendono in considerazione interessi diversi, sia un principio giuridico interpretativo fondamentale, che impone l'inclusione nel processo decisionale della valutazione sul possibile impatto della decisione sul minorenne; 2) il principio che impone, al fine della pronuncia dell'affidamento esclusivo, non solo la valutazione in positivo sull'idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sull'inidoneità o manifesta carenza dell'altro genitore. Inoltre, la Corte – riprendendo le numerose pronunce sul tema (cfr. Cass. n. 9691/2022; Cass. n. 28723/2020; Cass. n. 9764/2019; Cass. n. 18817/2015; Cass. n. 11412/2014) – afferma a chiare lettere che, nell'interesse del minore, va assicurato il rispetto del principio della bigenitorialità, da intendersi quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, precisando che si tratta di un diritto del minore prima ancora dei genitori. Secondo la Suprema Corte, i giudici dell'appello non hanno fatto corretta applicazione dei principi sopra enunciati, dal momento che il provvedimento impugnato esprime una visione solo parziale del migliore interesse del minore. In particolare, viene sottolineata la mancata analisi della questione della sottrazione improvvisa delle due bambine alla madre e dei potenziali traumi che queste potrebbero subire. A tale proposito, i Giudici ricordano che – come evidenziato dalla dottrina – ogni decisione che si ponga il problema se privilegiare l'interesse del minore in prospettiva futura, al prezzo di produrgli una sofferenza immediata, deve compiere un bilanciamento difficilissimo, che impone di fare prevalere la prospettiva futura solo qualora sia altamente probabile che questa dia esito positivo nel lungo periodo e che la scelta opposta non causi un danno elevato, tale da lasciare strascichi traumatici. Nessuna valutazione in tal senso è stata operata dalla Corte d'Appello, così come nessuna valutazione è stata fatta con riferimento all'idoneità genitoriale paterna: l'affidamento esclusivo delle minori al padre è stato disposto esclusivamente sulla base della presunta inidoneità della madre, inidoneità peraltro non dimostrata né attraverso una indagine peritale, né desunta dalle relazioni dei Servizi Sociali, ma derivata unicamente dalla condotta materna che, per quanto innegabile, a giudizio della Suprema Corte, non avrebbe dovuto escludere la necessità di una concreta verifica sulla idoneità genitoriale sia della madre sia del padre. La Corte di Cassazione accoglie, quindi, il ricorso presentato dalla madre e rinvia la causa alla Corte d'Appello in diversa composizione per il nuovo esame del caso concreto sulla base dei principi enunciati. Osservazioni
La sentenza in commento è da tenere in considerazione, non solo perché riporta i principi fondamentali che devono essere rispettati quando si assumono decisioni che coinvolgono minori, ma anche e soprattutto perché abbandona le formule astratte per porre l'attenzione sulle conseguenze che da tali decisioni possono derivare e abbattersi nella vita concreta dei bambini. La Corte d'Appello non si è neppure posta il problema della sofferenza che l'allontanamento dalla figura materna avrebbe causato nelle bambine, abituate – da sempre – ad essere accudite dalla loro mamma, così come non si è dilungata nell'analizzare l'idoneità di entrambi i genitori in maniera puntuale. Una consulenza tecnica d'ufficio era quanto mai necessaria, così come le relazioni del Servizio Sociale sul monitoraggio del nucleo familiare; indagini che la Corte, invece, non ha ritenuto di acquisire. L'astrattezza del ragionamento, l'assenza di approfondite indagini, la mancata analisi delle conseguenze sulla vita delle bambine rendono la decisione impugnata in contrasto con il principio che impone di privilegiare il miglior interesse del minore, che – al contrario – sarebbe stato garantito attraverso una valutazione ad ampio raggio, magari svolta da professionisti (psicologi, neuropsichiatri infantili). Nessuna critica può, dunque, essere avanzata nei confronti della pronuncia della Suprema Corte, che pone al centro l'interesse delle minori (sul piano pratico) ed indica i criteri per riformare una decisione manifestamente lesiva dei diritti delle stesse. |