La preordinazione del delitto non è mai premeditazione
29 Settembre 2022
La vicenda e la condanna per omicidio volontario. Nel caso di specie, in esito a giudizio abbreviato, l'imputato veniva condannato alla pena di trent'anni di reclusione in quanto ritenuto responsabile di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, dalla premeditazione e dalla recidiva, nonché dei reati connessi di porto in luogo pubblico e ricettazione di un'arma clandestina. Più precisamente il soggetto attirava nei pressi di un bar la ex convivente e il suo nuovo amante per poi esplodere alcuni colpi d'arma da fuoco all'indirizzo di quest'ultimo che, immediatamente, si accasciava al suolo. Il personale del 118 constatava il decesso dell'uomo “per ferita d'arma da fuoco con otorragia bilaterale”. Le forze dell'ordine, intervenute nell'immediatezza del fatto, riuscivano a bloccare il tentativo di fuga dell'imputato che, in sede di udienza di convalida del fermo, ammetteva l'addebito dichiarando di aver commesso l'omicidio per orgoglio perché non poteva sopportare la vista della nuova coppia sul posto di lavoro.
La Corte di Assise, in sede di gravame, riconosceva la responsabilità dell'imputato per tutti i reati a lui ascritti argomentando in ordine alla riconosciuta sussistenza delle aggravanti della premeditazione, dei futili motivi e della recidiva, escludendo, invece, l'attenuante della provocazione.
Il giudizio d'appello. La Corte di Assiste d'Appello, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, escludeva l'aggravante dei futili motivi, confermando nel resto la pronuncia medesima. L'apparato motivazionale dei giudici d'Appello in punto di premeditazione si è basata essenzialmente su alcune testimonianze che avrebbero dimostrato il fatto che l'imputato avesse già deciso di uccidere il nuovo compagno della ex fidanzata, qualora non avesse accettato di cambiare lavoro, già prima di proporre l'incontro “chiarificatore” ai due; tant'è che aveva prelevato da casa la pistola e i proiettili caricando l'arma in tempo utile per recarsi sul luogo dell'appuntamento concordato con la vittima. Lo stesso Collegio ha giudicato irrilevante tanto il fatto che fosse stata la ex a decidere il luogo dell'incontro quanto la mancata predisposizione di una fuga.
Esclusa la premeditazione. L'imputato proponeva dunque ricorso per cassazione per quattro distinti motivi: tra questi vale la pena soffermarsi sulla violazione della legge penale e sul travisamento della prova in relazione alla mancata esclusione della circostanza aggravante della premeditazione. Secondo la prospettazione difensiva la Corte di Assise d'Appello avrebbe confuso gli elementi della premeditazione con quelli sintomatici di una mera preordinazione: gli eventi infatti si erano svolti nell'arco di poche ore e il reo non avrebbe avuto il tempo di progettare ogni dettaglio del delitto rimuginando sulla gravità e sulle conseguenze del proprio operato.
Inoltre, l'imputato era venuto a conoscenza dell'identità del nuovo compagno della ex fidanzata solamente la sera prima del delitto e si era procurato l'arma soltanto poco prima dell'incontro. L'azione criminosa doveva quindi qualificarsi come “una reazione istintiva maturata in una frenetica successione temporale” e il fatto che l'imputato avesse portato un'arma con sé era giustificabile con l'ottica di difesa per un'eventuale reazione violenta da parte della vittima.
La difesa sottolineava anche che la mancata progettazione di una fuga non potesse ritenersi irrilevante ai fini della configurabilità della premeditazione, costituendo infatti un elemento imprescindibile rispetto alla predisposizione ponderata di un iter criminis.
In conclusione, i fatti emersi nel corso del dibattimento non potevano stimarsi come sufficienti a integrare l'aggravante della premeditazione poiché difettava tanto l'elemento cronologico quanto quello ideologico consistente nella costante volontà di perseguire l'intento criminoso.
Gli elementi costitutivi dell'aggravante. La Suprema Corte ha accolto il ricorso proprio limitandosi al motivo dedotto in punto di configurabilità della circostanza aggravante della premeditazione. Com'è noto, è stato ripetutamente affermato che «elementi costitutivi della circostanza aggravante della premeditazione sono un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso, tale da consentire una ponderata riflessione circa l'opportunità del recesso (elemento di natura cronologica) e la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzione di continuità nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine (elemento di natura ideologica), dovendosi escludere la suddetta aggravante solo quando l'occasionalità del momento di consumazione del reato appaia preponderante, tale cioè da neutralizzare la sintomaticità della causale e della scelta del tempo, del luogo e dei mezzi di esecuzione del reato».
In tal senso, la consistenza minima dell'intervallo tra l'insorgenza del proposito delittuoso e il momento in cui il soggetto ha agito deve individuarsi in un tempo sufficiente da permettere all'agente di riflettere sull'azione criminosa da intraprendere e tale da consentirgli di attivare la controspinta inibitoria: l'istituto della premeditazione mira infatti a colpire con un più grave trattamento sanzionatorio proprio quei soggetti che abbiano aderito alla soluzione delittuosa dopo aver a lungo riflettuto sulla realizzazione del progetto illecito.
Più è ristretto l'arco temporale in cui il soggetto si è determinato ad agire, più deve emergere dalle modalità della condotta e dai mezzi impiegati nell'esecuzione del delitto l'adesione al piano criminoso.
La preordinazione del delitto non è sufficiente ai fini della contestazione dell'aggravante. La Corte, sulla scia di precedenti decisioni, ha poi precisato che «la mera preordinazione del delitto – intesa come apprestamento dei mezzi minimi necessari all'esecuzione, nella fase a questa ultima immediatamente precedente – non è sufficiente ad integrare l'aggravante della premeditazione, che, come detto, postula il radicamento e la persistenza costante, per apprezzabile lasso di tempo nella psiche del reo del proposito omicida – del quale sono sintomi il previo studio delle occasioni ed opportunità per l'attuazione, un'adeguata organizzazione di mezzi e la predisposizione delle modalità esecutive».
L'annullamento con rinvio. Ebbene, nel caso di specie il Supremo Collegio ha ritenuto che la Corte di Assise d'Appello non avesse fatto buon uso dei principi finora esposti, con particolare riferimento all'elemento cronologico dell'aggravante in esame.
Oltre ad evidenziare una carenza dal punto di vista della ricostruzione dei fatti per cui non sarebbe chiara l'insorgenza del proposito criminoso, la Corte ha sottolineato che in ogni caso l'imputato conosceva da un solo giorno l'identità del nuovo compagno della ex fidanzata e dunque, in ossequio ai principi sopra enunciati, l'esiguità dell'arco temporale doveva essere compensata dalla presenza di altri elementi sintomatici della forte adesione del soggetto all'azione delittuosa.
In tale ottica mancherebbe dunque il supporto probatorio necessario. Da un lato, il fatto che l'imputato avesse portato l'arma con sé è infatti compatibile con la mera preordinazione del delitto e, dall'altro, il breve lasso di tempo tra la messa a punto del reato e l'esecuzione dello stesso non è accompagnato da elementi che permettano di capire se il reo abbia avuto modo di riflettere sulla decisione adottata e di attivare la spinta inibitoria contraria alla volontà di delinquere.
*Fonte: DirittoeGiustizia |