Istanza di condono: la legittimazione ad agire del proprietario confinante

Laura Mastroianni
17 Ottobre 2022

Al proprietario confinante spetta la legittimazione ad agire avverso il silenzio serbato dall'amministrazione relativamente alla domanda di repressione di abusi edilizi realizzati sul terreno confinante, mentre non si ravvisa un interesse a ricorrere per l'applicazione delle sanzioni pecuniarie a seguito di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione.Circa il termine per provvedere su un'istanza di condono edilizio presentata nel 1986, l'art. 9, comma 1, L.r. Campania n. 10 del 2004 ha natura organizzatoria e non elide il generale obbligo di tempestiva conclusione del procedimento di cui all'art. 2 L. n. 241 del 1990.

Il tema affrontato dalla pronuncia in commento attiene alla legittimazione attiva ad impugnare il silenzio formatosi su un'istanza di rigetto della richiesta di condono edilizio presentata dal proprietario del fondo confinante, per ottenere l'accertamento dell'obbligo di provvedere con atto espresso, l'emissione dell'ordine di demolizione delle opere realizzate, nonché l'applicazione delle sanzioni pecuniarie per le opere edili eseguite sine titulo.

Secondo il Collegio, in capo al titolare di una proprietà confinante con l'immobile oggetto del presunto abuso edilizio, sussiste un interesse differenziato e qualificato, diretto all'esercizio dei poteri repressivi e sanzionatori spettanti all'amministrazione competente, e qualora questa non si pronunci sull'istanza-diffida del privato si configura un'ipotesi di silenzio rifiuto ex art. 31 c.p.a. L'amministrazione comunale ha infatti l'obbligo di provvedere in via espressa su tale istanza, come pure nell'ambito del procedimento di condono edilizio precedentemente avviato.

Trattasi, nel caso di specie, di una legittimazione distinta da quella della collettività, che poggia sul concetto di vicinitas e che vede il proprietario del fondo limitrofo vantare una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo.

Ai fini dell'ammissibilità del ricorso, tuttavia, il sistema processuale amministrativo impone al proprietario del fondo confinante di provare l'esistenza di un'ulteriore condizione dell'azione, l'interesse a ricorrere, che si manifesta nel pregiudizio concreto subìto da parte ricorrente a seguito dell'opera abusiva.

Un simile pregiudizio non è dato riscontrare nella domanda volta all'applicazione delle sanzioni pecuniarie per la mancata ottemperanza dell'ingiunzione di demolizione di quanto illecitamente edificato; esse non rappresentano difatti fonte di utilità alcuna per l'istante, ma solo una misura punitiva patrimoniale a carico di parte resistente. L'azione così intrapresa si tradurrebbe pertanto, similmente ad un atto emulativo, in abuso del diritto in sede processuale.

Le sanzioni pecuniarie hanno natura di sanzioni punitive per il trasgressore, e la loro applicazione non comporta alcun vantaggio per il ricorrente in quanto non garantiscono il ripristino dello status quo ante o il ristoro dal danno patito, né tantomeno perseguono l'interesse pubblico al rispetto della disciplina in materia di edilizia e urbanistica.

Relativamente, poi, alla domanda volta all'esecuzione del provvedimento di demolizione delle opere abusive, il collegio osserva che la presentazione di un'istanza di condono edilizio successivamente all'ordinanza di demolizione comporta l'inefficacia sostanziale del suddetto atto, dal momento che l'amministrazione procedente è chiamata ad esprimersi sull'istanza con un nuovo provvedimento riguardante l'opera illegittima.

Quanto infine al termine per provvedere su un'istanza di condono edilizio presentata nel 1986, l'art. 9, comma 1, L.r. Campania n. 10 del 2004, secondo cui le domande di sanatoria ancora pendenti alla data di entrata in vigore della legge sono definite dai comuni entro il 31 dicembre 2022, ha funzione acceleratoria nei confronti delle amministrazioni e non esclude l'obbligo di provvedere nel minor tempo possibile, specie se stimolato dai privati direttamente coinvolti.

Sicché il perdurante inadempimento colposo dell'amministrazione si pone in contrasto con il diritto ad ottenere un'espressa dichiarazione di volontà della parte pubblica, statuito agli artt. 2 L. n. 241 del 1990 e 97 Cost.