Le novità del Codice della crisi in materia di sovraindebitamento

Fabio Cesare
18 Ottobre 2022

Il Codice della Crisi d'impresa, aggiornato con le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 83/2022, ha mutato profondamente gli istituti del sovraindebitamento, nonostante il precoce inserimento nella L. 3/2012 di ampie disposizioni mutuate dal codice della crisi. Le modifiche non sono solo definitorie: viene imposta la competitività alle vendite nelle procedure non liquidatorie e la liquidazione controllata viene aperta a terzi, ma con misura. L'esdebitazione “di diritto” non comporta più il vaglio della meritevolezza.
Introduzione

L'entrata in vigore del codice della crisi di impresa e dell'insolvenza (di seguito, anche “CCII”) verrà ricordata per l'esistenza di una giurisprudenza già formatasi su alcune disposizioni precocemente innestate sulla previgente legge 3/2012. Parallelamente, il testo del codice della crisi è stato studiato per circa tre anni subendo diverse modifiche, mentre era già oggetto di esame da parte degli operatori. Le difficoltà di approccio alla nuova disciplina sono acuite dal mutamento dei nomi di tutti gli istituti del sovraindebitamento: il piano del consumatore diventa ristrutturazione dei debiti del consumatore, l'accordo di composizione della crisi diventa concordato minore, la liquidazione del patrimonio muta in liquidazione controllata e l'esdebitazione diventa esdebitazione di diritto. Si salva solo l'esdebitazione dell'incapiente, perché recepita nella legge 3/2012 alla fine del 2020

Questo contributo intende attutire lo sgomento dell'interprete alla lettura delle nuove disposizioni in materia di sovraindebitamento che sembrano un esercizio di stile per rendere più difficoltoso l'approccio ai nuovi istituti.



La definizione di sovraindebitamento

Il nuovo art. 2 lett. c) definisce il sovraindebitamento come lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell'imprenditore minore, dell'imprenditore agricolo, delle start up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie.

Lo stesso art. 2 lett. a) definisce la crisi come lo stato del debitore che rende probabile l'insolvenza e che si manifesta con l'inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi. L'art. 2 lett. b) definisce l'insolvenza come lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti e altri fatti esteriori i quali dimostrano che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

La nuova definizione del sovraindebitamento appare più precisa e più scientifica rispetto al requisito oggettivo della legge 3/2012 e risponde a esigenze di natura sistematica: è in stato di crisi l'impresa non soggetta alla liquidazione giudiziale che non riporti flussi futuri sufficienti per coprire le obbligazioni nei successivi dodici mesi. La pendenza di una procedura esecutiva individuale, pertanto, può essere sicura spia di una crisi, come confermato dall'art. 268 CCII che pone come condizione di procedibilità dell'istanza di liquidazione controllata la pendenza di (almeno) una espropriazione forzata.

Viene poi confermata la natura complementare del sovraindebitamento: sotto il profilo soggettivo, vi possono accedere tutti i debitori tranne gli enti pubblici esplicitamente esclusi dall'art. 1, con una impostazione che vale come norma di chiusura e che attribuisce a tutti i debitori il diritto di regolare il dissesto con una procedura concorsuale: se non è previsto esplicitamente un istituto autonomo per la situazione soggettiva, si applica quindi il sovraindebitamento per esclusione dalla liquidazione giudiziale.



Le disposizioni comuni

Gli artt. 65 e 66 del CCII disegnano norme comuni agli istituti del sovraindebitamento. Per quanto qui interessa l'art. 65 richiama tutte le norme in tema di procedimento unitario regolate dal titolo terzo del CCII (art. 26 e ss.). Mi pare rilevante richiamare l'attenzione sulle misure protettive e cautelari degli artt. 40 e 54 CCII: se il debitore ne ha fatto richiesta nella domanda di accesso, dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese è disposto l'automatic stay ed è possibile richiedere le misure cautelari necessarie per assicurare il buon esito della procedura.

L'effetto del blocco delle azioni esecutive è tuttavia ricollocato al momento in cui il ricorso è pubblicato nel registro delle imprese e riguarda solo i beni e i diritti sui quali è esercitata l'attività di impresa. Appaiono pertanto esclusi tutti i debitori non iscritti, per i quali non è disposto nulla. Per questa categoria di debitori sarebbe possibile chiedere la protezione attraverso le misure cautelari poiché strumentali al provvedimento richiesto.

Le misure sono letteralmente previste solo per le procedure maggiori, sicché gli istituti del sovraindebitamento non sarebbero contemplati dall'art. 54 CCII. Tuttavia l'art. 2 lett. p) che definisce le misure protettive, ne permette l'accesso a tutti i debitori, e non solo agli imprenditori, il che imporrebbe di aprirle anche ai non iscritti al registro imprese.

Le procedure familiari (art. 66) non subiscono particolari deviazioni rispetto all'art. 7-bis della legge 3/2012: i membri della stessa famiglia possono proporre un ricorso comunque se sono conviventi ovvero se il sovraindebitamento ha un'origine comune, purché le masse rimangano distinte. Secondo un principio generale, qualora i debiti siano di origine mista prevale la disciplina per i debiti di origine imprenditoriale e, pertanto, si applica il concordato minore.

La ristrutturazione dei debiti del consumatore

La procedura destinata alle persone fisiche che hanno contratto obbligazioni estranee all'attività imprenditoriale o professionale è anzitutto rigidamente riservata ai soli debitori che non riportino obbligazioni di natura imprenditoriale. Il CCII opera una rigida ripartizione tra concordato minore e ristrutturazione dei debiti del consumatore, quando, diversamente, il precedente accordo di composizione della crisi permetteva di accedere anche ai consumatori.

La domanda deve essere presentata al Tribunale attraverso un OCC del circondario del Tribunale competente, quello in cui il debitore ha il centro dei propri interessi principali (C.O.M.I.) non più necessariamente il luogo di residenza. Esso si presume coincidente salvo prova contraria con quest'ultima, ovvero con il domicilio, la dimora o il luogo di nascita. Se il luogo di nascita non è in Italia, la competenza è del tribunale di Roma.

La domanda deve essere depositata “tramite un OCC” e dunque senza l'assistenza obbligatoria di un difensore (art. 68 comma 1, CCII) che deve considerarsi facoltativa, anche se difficilmente il debitore sarà in grado di elaborare la proposta in autonomia.

La relazione del gestore deve indicare le cause dell'indebitamento, la valutazione della completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda nonché i costi della procedura.

Le condizioni ostative sono ancora più precise: non può accedere all'istituto chi sia stato esdebitato nei cinque anni precedenti o, comunque, per due volte, oppure se ha determinato il sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.

Sono invariate le disposizioni in merito alla cessione del quinto, al mutuo sull'abitazione principale, e al merito creditizio che, se violato, inibisce l'opposizione qualificata del finanziatore in punto convenienza del piano per il credito del finanziatore stesso.

Depositata la domanda, il giudice monocratico, verificata l'ammissibilità della domanda, dispone la pubblicità del ricorso (fissata precedentemente all'omologa) nell'area web del Tribunale e la comunicazione ai creditori. La pubblicità determina gli effetti del concorso, perché a partire da essa i pagamenti e gli atti anteriori non sono efficaci se non conformi al piano (

art. 71 comma 3

).

Il provvedimento di apertura conserva la possibilità di operare un blocco selettivo delle procedure esecutive, su richiesta, quando possano interferire con la fattibilità del piano.

Il contraddittorio con i creditori rimane eventuale poiché essi possono proporre contestazioni solo per iscritto e senza che vi sia un'udienza.

In questa sede, i creditori possono fare valere le contestazioni circa la convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria che, pertanto, vengono rappresentate indirettamente dal gestore e non direttamente al giudice.

Viene infatti assegnato un termine di 20 giorni dalle comunicazioni entro il quale i creditori possono articolare osservazioni e contestazioni indirizzandole all'OCC.

Nei 10 giorni successivi dalla scadenza del termine, l'OCC, sentito il debitore, riferisce al giudice proponendo eventuali modifiche al piano.

In caso di contestazione di convenienza, il Tribunale omologa la proposta con sentenza qualora la ritenga idonea a soddisfare il credito in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria.

In caso di rigetto, su istanza del debitore e, in caso di frode, su istanza del P.M. il tribunale apre la liquidazione controllata.

Il debitore ha il compito di dare esecuzione alla sentenza di omologa sotto la vigilanza del gestore che deve riferire ogni sei mesi al giudice. La novità più rilevante è la necessità di sottoporre le vendite a procedure competitive: in questo modo finisce l'era delle procedure c.d. chiuse, che potevano costituire un vantaggio competitivo per la chiusura ai terzi nel vigore della legge 3/2012.

Eseguito il piano (art. 71), l'OCC presenta una relazione finale, circostanza che condiziona la liquidazione del compenso e che certifica l'esecuzione del piano; se il giudice non riconosce l'esatto adempimento indica i passaggi necessari per darvi esecuzione; se il debitore rimane ancora inerte dopo l'invito del tribunale, il Tribunale revoca l'omologazione.

Il concordato minore

L'erede dell'accordo di composizione della crisi ripete le condizioni di accesso del previgente istituto: esso è destinato ai debitori non consumatori e non soggetti alla liquidazione giudiziale che non sono stati esdebitati nei cinque anni precedenti la domanda e che non ne hanno beneficiato altre due volte. Inoltre, non devono essere riscontrati atti diretti a frodare le ragioni dei creditori.

La differenza rispetto al passato è costituita dalla ripartizione rigida tra procedura consumeristica e procedura destinata ai professionisti: mentre l'accordo di composizione della crisi poteva raccogliere anche i consumatori, il concordato minore è destinato a tutti i debitori diversi dal consumatore (art. 74).

La proposta può essere in continuità anche indiretta se garantisce la prosecuzione dell'attività imprenditoriale o professionale in senso oggettivo, secondo le definizioni rese dall'art. 84, terzo e quarto comma, in materia di concordato maggiore.

In alternativa, è possibile strutturare una proposta liquidatoria e, pertanto, votata alla dismissione e alla conseguente interruzione dell'attività; in quest'ultimo caso, deve essere garantito un apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori.

L'apprezzabilità della misura dovrà essere rapportata al valore di incremento fissato nel concordato maggiore nella misura del dieci per cento.

Un discorso più approfondito merita l'imprenditore minore, agricolo, o la start up cancellati, che letteralmente a norma dell'art. 33, quarto comma, CCII, non avrebbero accesso alla procedura minore.

Ritengo che la disposizione possa presentare qualche dubbio di costituzionalità sotto il profilo degli artt. 3 e 24 Cost., perché per ogni posizione soggettiva, dunque, anche per quella dell'imprenditore cancellato deve coesistere un quadro di ristrutturazione, accanto a una procedura liquidatoria. Tant'è che l'esistenza di un istituto di ristrutturazione diverso da quello liquidatorio è previsto come esercizio del diritto di difesa nella liquidazione controllata richiesta da terzi (artt. 268, comma 2, CCII e ). Se, infatti, viene richiesta da terzi la liquidazione controllata, il debitore esercita il proprio diritto di difesa chiedendo un termine per il deposito di un quadro di ristrutturazione preventiva (concordato minore o ristrutturazione dei debiti del consumatore) che risulta pregiudiziale rispetto alla liquidazione controllata (art. 271, co 1, CCII)

Ora, non si comprende perché l'imprenditore individuale cancellato non possa accedere al concordato minore quantomeno come forma di difesa rispetto alla liquidazione controllata, quando, invece, potrebbe essere aperta la sua liquidazione controllata.

La proposta può essere liberamente strutturata, ma deve indicare in modo specifico tempi e modalità degli adempimenti di piano e può prevedere altresì il soddisfacimento dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la suddivisione dei creditori in classi, obbligatoria per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi.

Cambiano i documenti da allegare alla domanda, che sono più analitici, ovvero il piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti, se l'attività ha avuto minor durata; una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria; l'elenco di tutti i creditori, con le rispettive cause di prelazione e l'indicazione delle somme dovute, nonché l'indicazione del domicilio digitale (la PEC); gli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi 5 anni; la documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l'indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa.

Invariata è la possibilità di prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti in termini non integrali, purché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione.

La domanda deve essere formulata tramite un OCC costituito nel circondario del Tribunale in cui il debitore ha il centro dei propri interessi principali, e deve essere corredata dalla relazione particolareggiata dell'OCC con il medesimo contenuto previsto sotto il vigore della legge 3/2012 e descritto dall'art. 76,

comma

2. La difesa è obbligatoria, secondo il criterio stabilito in via generale dall'art. 9,

comma

2, CCII.

Il deposito sospende il corso degli interessi convenzionali o legali fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.

Se la domanda è ammissibile, il giudice dichiara aperta la procedura con decreto non soggetto a reclamo e dispone le pubblicità e le comunicazioni di rito a tutti i creditori a cura dell'OCC.

Il decreto di ammissione produce l'automatic stay solo se richiesto dal debitore, e non viene più fissata l'udienza; il contraddittorio è puramente eventuale e rimesso alle contestazioni da svolgere nel termine di 30 giorni dalla comunicazione e nello stesso termine i creditori sono chiamati ad esercitare il diritto di voto nella forma del silenzio assenso (art. 78).

Se è richiesto il blocco delle azioni esecutive (art. 78, c

comma

2, lett. d)

) è possibile la nomina di un commissario giudiziale che svolge le funzioni dell'OCC, quando risulta necessario per la tutela degli interessi delle parti, oppure è previsto il concordato in continuità oppure ancora lo richiede il debitore (

art. 78,

co

mma 2-bis, CCII)

Gli atti di straordinaria amministrazione compiuti senza l'autorizzazione del giudice sono peraltro inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto (art. 78,

comma

5, CCII), mentre non si sospendono più le prescrizioni e le decadenze, secondo quanto previsto dall'art. 10,

co

mma 4, L. 3/2012.

L'approvazione del concordato minore (art. 79) avviene mediante consenso scritto ad opera del 50% più uno degli aventi diritto (e non più il 60%), mediante il meccanismo del silenzio assenso; se un solo creditore detiene la maggioranza per valore dei crediti, questa deve essere espressa anche per teste. Se la proposta prevede la suddivisione in classi, la maggioranza deve essere raggiunta anche nella maggioranza delle classi.

Non sono ammessi al voto i portatori di un conflitto d'interessi qualificato: il coniuge, il convivente, i parenti e gli affini fino al quarto grado, la controllante e le controllate e le società soggette a comune controllo, nonché i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno.

Cambia anche l'omologazione del concordato da dichiarare con sentenza.

Il Tribunale in composizione monocratica omologa, verificata l'ammissibilità giuridica e la fattibilità del piano, nonchè il raggiungimento delle maggioranze, in mancanza di contestazioni.

Se un creditore contesta la convenienza del concordato, il giudice procede all'omologa se il credito è soddisfatto dall'esecuzione del piano in misura non inferiore all'alternativa liquidatoria.

Inalterato anche il cram down fiscale: il giudice omologa anche in caso di adesione negata dall'amministrazione finanziaria o degli enti di previdenza o assistenza obbligatorie, quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza se la proposta di soddisfacimento degli stessi è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria (art. 80, comma 3)

Il creditore, anche dissenziente, che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento, non può presentare opposizione in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta (art. 80,

comma

4). Dunque, anche i creditori-finanziatori che hanno concesso credito senza considerare il merito creditizio del debitore non possono sollevare opposizione all'omologa per ragioni di convenienza (così come già previsto dall'art. 12,

comma

3 ter L. 3/12).

In caso di rigetto dell'istanza di omologa, il giudice provvede con decreto motivato reclamabile, dichiarando inefficaci le misure protettive accordate.

Su istanza del debitore (art. 80,

comma

5) o, in caso di frode, su istanza del terzo o del Pubblico Ministero , il giudice dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata, ai sensi degli artt. 268 e ss.

Il piano omologato deve essere eseguito a cura del debitore sotto la vigilanza dell'OCC che risolve le eventuali difficoltà da sottoporre al giudice e collabora con il debitore per le eventuali vendite da effettuarsi, tramite procedure competitive, come previsto per la ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 81,

comma

1).

L'OCC ha poi il compito di redigere una relazione ogni sei mesi sullo stato dell'esecuzione (art. 81,

comma

1); infine, una relazione finale (art. 81,

comma

4), il cui contenuto e le cui conseguenze sono sovrapponibili alla ristrutturazione dei debiti del consumatore (alla cui disciplina si rinvia).

L'omologa può essere revocata dal giudice - d'ufficio, su istanza di un creditore, del P.M. o di qualsiasi altro interessato – entro 6 mesi dalla presentazione della relazione finale da parte dell'OCC (art. 82,

comma

1 CCII). Su istanza di parte (art. 83,

comma

1) o in caso di frode e di inadempimento, anche su istanza dei creditori o del Pubblico Ministero il tribunale apre la liquidazione controllata (art. 83,

comma

2)

La liquidazione controllata e l'esdebitazione di diritto

La nuova liquidazione controllata, disciplinata dagli artt. 268 ss. CCII, concentra la maggior parte delle innovazioni rispetto alla legge 3/2012.

La domanda di liquidazione può essere depositata dal debitore tramite l'OCC, quanto dai creditori solo in caso di insolvenza, e solo se dall'istruttoria del procedimento unitario risulti un monte complessivo di debiti scaduti superiore a € 50.000 (art. 268, comma 2, CCII), e non € 20.000 come previsto nella versione del CCII precedente al d.l. 83/2022.

Il corredo documentale è assai scarno ed è descritto dall'art. 39 CCII: scritture fiscali e contabili, dichiarazioni dei redditi degli ultimi te anni, situazione patrimoniale aggiornata, stato estimativo delle attività, certificazione dei debiti fiscali, contributivi e per premi assicurativi, elenco dei creditori con i rispettivi crediti e cause di prelazione ed elenco di coloro che vantano dei diritti reali.

L'innalzamento della soglia di improcedibilità deve verosimilmente ricondursi all'obiettivo di deflazionare il flusso di liquidazioni di procedure minori e prive di fondi, rese appetibili anche come forme di recupero dei crediti a buon mercato, rispetto alle procedure monitorie.

Il DL 83/2022 ha poi abrogato la disposizione che prevedeva la legittimazione del P.M. a presentare domanda di liquidazione controllata per l'imprenditore in stato di insolvenza.

Se l'istanza è richiesta dai creditori, evidentemente senza la collaborazione di un OCC, il debitore può contrastarla con una eccezione in senso proprio e stretto se l'OCC attesta che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l'esercizio di azioni giudiziarie (art. 268, comma 3, CCII). La facoltatività dell'eccezione di incapienza, che può essere sollevata solo su istanza del debitore e non evidentemente d'ufficio, conferma che la nuova liquidazione può essere aperta anche senza attivo da distribuire, mentre la liquidazione del patrimonio non era considerata ammissibile senza alcuna prospettiva di realizzo.

Se infatti il debitore decide di non sollevare la questione di incapienza, il giudice dovrebbe aprire comunque la liquidazione anche laddove non risultino beni.

Del resto, l'impostazione va confermata dall'art. 2 lett. C) del codice della crisi, fa ricomprendere nel sovraindebitamento tutti i creditori non assoggettabili a una procedura concorsuale, e dunque anche i creditori immeritevoli privi di beni che non possono accedere all'esdebitazione dell'incapiente ma che non possono rimanere privi di una procedura concorsuale per la natura tendenzialmente universale del codice della crisi, incompatibile con una categoria di soggetti esclusi da una procedura concorsuale.

Come accennato, il debitore può contrastare l'istanza del creditore chiedendo di accedere ad un'altra procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento (ristrutturazione dei debiti del consumatore o concordato minore).

La domanda va depositata con ricorso al tribunale competente costituito nel circondario del Tribunale in cui il debitore ha il centro dei propri interessi principali, il c.d. C.O.M.I. di cui si è detto, senza necessità di assistenza legale, ma con l'“assistenza” dell'OCC, che deve allegare un relazione sulla sola completezza e attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda.

Poiché la legge non indica un elenco minimo di documenti da depositare, la completezza e l'attendibilità devono essere predicati della documentazione che il debitore ritiene di voler porre a disposizione.

Non è più richiesta la verifica degli atti in frode, nemmeno letteralmente, quale requisito di apertura della procedura controllata.

Verificata la sussistenza dello stato di sovraindebitamento e l'inassoggettabilità alla liquidazione giudiziale, il Tribunale dichiara con sentenza l'apertura della liquidazione controllata (art. 270, comma 2, CCII), che produce i suoi effetti anche nei confronti degli eventuali soci illimitatamente responsabili e, come per una qualsiasi pronuncia di liquidazione giudiziale:

a) nomina il giudice delegato;

b) nomina il liquidatore confermando l'OCC o, per giustificati motivi, scegliendo nell'elenco dei gestori della crisi;

c) ordina al debitore il deposito, entro sette giorni, dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell'elenco dei creditori;

d) assegna ai terzi che vantano diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall'elenco, un termine non superiore a 60 giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, devono trasmettere al liquidatore la domanda di restituzione, rivendicazione o di ammissione al passivo;

e) ordina al debitore la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione salvo che non ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzarne l'utilizzo;

f) dispone l'inserimento della sentenza nel sito internet del Tribunale o del Ministero della giustizia e, se il debitore svolge attività d'impresa, anche la pubblicazione presso il registro delle imprese;

g) ordina la trascrizione della sentenza presso gli uffici competenti se vi sono beni immobili o mobili registrati.

Vengono risolti molti dubbi sorti per la liquidazione del patrimonio grazie all'introduzione di norme, che richiamano le disposizioni della liquidazione giudiziale per rinvio oppure direttamente ispirate dalla procedura maggiore in via diretta ma semplificate. E' prevista ad esempio una disciplina dei rapporti pendenti che si sospendono fino a quando il liquidatore non dichiari di volervi subentrare ovvero di sciogliersi; il creditore può però chiedere al giudice di assegnare un termine al liquidatore perché questi decida sul subentro (270, comma 6, CCII).

Tramite il rinvio prescritto dall'art. 270, co. 5, delle disposizioni di cui agli artt. 143, 150 e 151 CCII i processi si interrompono, le procedure esecutive e cautelari si arrestano e si apre il concorso dei creditori.

Con l'apertura si determina uno spossessamento completo dei beni del debitore salvo che per i beni impignorabili (art. 268, comma 4, CCII) e per i beni che il Giudice ritenga, in presenza di gravi e specifiche ragioni, di autorizzare il debitore o il terzo a utilizzare temporaneamente (art. 270, comma 2, lett. e), CCII): potrebbe essere il caso dell'abitazione principale oppure dell'autovettura necessaria per lavoro. Va osservato che la sentenza di apertura non fissa più il limite del mantenimento, che deve considerarsi dunque fissato nella relazione e recepito nel piano di liquidazione che il gestore, una volta confermato liquidatore, dovrà redigere. Ciò consentirà una maggiore certezza nella fissazione della frazione del reddito mensile da versare alla procedura perché il gestore fisserà un valore che verrà concordato con il debitore prima del deposito del ricorso.

Dopo l'apertura, l'attività del liquidatore giudiziale è ora precisata in modo analitico:

a) entro 30 giorni dalla comunicazione della sentenza, aggiorna l'elenco dei creditori (art. 272, comma 1);

b) entro 90 giorni dall'apertura della liquidazione, completa l'inventario dei beni del debitore e redige un programma in ordine a tempi e modalità della liquidazione (art. 272, co. 2), che deve assicurare la ragionevole durata della procedura. Il programma è depositato in cancelleria e approvato dal giudice delegato;

c) scaduti i termini per la proposizione delle domande (fissati dal giudice nella misura massima di 60 giorni dalla sentenza), predispone un progetto di stato passivo e lo comunica ai creditori che, nel termine di 15 giorni, possono proporre osservazioni (art. 273, co. 1 e 2);

d) in assenza di osservazioni al progetto, forma lo stato passivo, lo deposita in cancelleria e ne dispone l'inserimento nel sito web del Tribunale o del Ministero della giustizia (art. 273, comma 3);

e) in caso di osservazioni che ritiene fondate, predispone entro 15 giorni un nuovo progetto di stato passivo che comunica nuovamente (art. 273, comma 4);

f) in presenza di contestazioni non superabili, rimette gli atti al giudice il quale provvede alla definitiva formazione del passivo con decreto motivato (art. 273, comma 5);

g) forma un progetto di riparto da sottoporre all'autorizzazione del giudice, per la distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione secondo l'ordine di prelazione risultante dallo stato passivo, previa comunicazione al debitore e ai creditori, con termine non superiore a 15 giorni per eventuali osservazioni (art. 275, co. 5).

Il CCII ammette poi le domande tardive previa dimostrazione che il ritardo è dipeso da causa non imputabile e purché l'istanza venga depositata entro 60 giorni dal momento in cui è cessata la causa che ne ha impedito il deposito tempestivo (art. 273, co. 6).

Come in precedenza, il liquidatore può esercitare o proseguire le azioni, previa autorizzazione dal giudice delegato per il recupero dei beni compresi nel patrimonio del debitore e per la dichiarazione di inefficacia degli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori secondo le norme del cod. civ. (art. 274).

Il programma di liquidazione è eseguito dal Liquidatore, che ogni 6 mesi riferisce al giudice delegato e, al termine, deposita il rendiconto (art. 275). Il mancato deposito delle relazioni semestrali costituisce causa di revoca dell'incarico del liquidatore ed è negativamente valutato ai fini della liquidazione del suo compenso.

Se approva il rendiconto, il giudice liquida il compenso del liquidatore, ovvero indica le opportune rettifiche ed integrazioni da apportare e fissa un termine per il loro completamento, decorso il quale, se non adempiute, provvede alla sostituzione del liquidatore e ne tiene conto nella liquidazione del suo compenso (art. 275, comma 4).

La procedura si chiude con decreto con cui il giudice, su istanza del liquidatore, autorizza il pagamento del suo compenso e lo svincolo delle somme eventualmente accantonate.

Va segnalato che la procedura si arresta anche laddove non vi sia la possibilità di pagare i creditori in alcun modo, in virtù del richiamo all'art. 233 da parte del 276 CCII, a conferma che la liquidazione controllata può essere aperta anche senza beni da liquidare e senza diritti da esercitare.

Chiusa la liquidazione controllata, l'esdebitazione del sovraindebitato opera di diritto a seguito del decreto di chiusura della procedura o comunque decorsi tre anni dalla sua apertura, con decreto motivato del Tribunale e reclamabile dal P.M. o dai creditori nel termine di trenta giorni dalla comunicazione (art. 282, comma 1).

L'esdebitazione ex art. 280 CCII è, però, esclusa se il debitore ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode o se ha riportato condanna per bancarotta o per delitti connessi con l'attività d'impresa, se ha ostacolato o rallentato lo svolgimento della procedura, se ha beneficiato nei 5 anni precedenti di altra esdebitazione o comunque se ne ha già beneficiato per 2 volte. Non è più prevista la meritevolezza, quale requisito per la trasformazione delle obbligazioni concorsuali in obbligazioni naturali.

Nessuna novità invece per l'esdebitazione dell'incapiente, posto che l'art. 283 CCII è esattamente sovrapponibile all'art. 14 quaterdecies L. 3/2012.

Conclusioni

La nuova fisionomia del sovraindebitamento supera gran parte delle incertezze sorte nella vigenza della legge 3/2012, ampliando le maglie dell'esdebitazione e rendendo assai più deformalizzato l'accesso alla liquidazione controllata, sostanzialmente priva di requisiti diversi dallo stato di sovraindebitamento e dall'inassoggettabilità alle procedure maggiori.

Non è difficile ipotizzare che le maggiori difficoltà previste per gli istituti di composizione del debito minori incrementeranno le liquidazioni controllate. Il successo dei nuovi istituti dipenderà tuttavia da come verranno interpretate le nuove disposizioni nella pratica e da quanto impegno verrà richiesto ai gestori della crisi, chiamati a svolgere anche il compito di liquidatori e sorveglianti del debitore nella fase di esecuzione del concordato minore e della ristrutturazione dei debiti del consumatore (senza che il compenso sia adeguato all'impegno e anzi potrebbe addirittura essere solo eventuale se il rendiconto non viene approvato e il liquidatore giudiziale viene sostituito; e mi sembra però velleitario aumentare gli adempimenti del gestore e confidare che il sistema operi lo stesso anche se chi lo dovrà far funzionare non viene retribuito per l'incremento di attività a suo carico).



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