Ancora incertezze sull'ammissione al passivo dei crediti per garanzia prestata dal fallito per debiti non propri

19 Ottobre 2022

Con la decisione in commento viene rimessa alle Sezioni Unite la questione circa l'ammissione al passivo di debiti privilegiati derivanti da concessione di garanzia per debito altrui da parte del fallito.
Massima

Appare oggetto di contrasto giurisprudenziale e deve valutarsi se debba rimettersi al vaglio delle Sezioni Unite la questione a) se il terzo titolare di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento, in virtù di una garanzia costituita per un debito altrui, sia legittimato a far valere il proprio diritto con il procedimento di verificazione del passivo previsto dal Capo V della legge fallimentare, oppure possa ottenerne la soddisfazione mediante l'intervento nella fase di ripartizione del ricavato della vendita del bene gravato; b) se, ai fini della partecipazione al concorso, risulti sufficiente l'accertamento dell'opponibilità della garanzia ai creditori, oppure sia necessaria la verifica dell'esistenza e dell'entità del credito garantito; c) se tale verifica debba aver luogo con la partecipazione del debitore garantito, e con quali modalità; d) se ed in che modo la decisione adottata in sede di opposizione allo stato passivo possa incidere sull'esercizio del diritto alla rivalsa nei confronti del debitore garantito.

Il caso

La sentenza in commento è stata chiamata a decidere un caso che è divenuto rilevante nell'evoluzione del diritto concorsuale oggetto di controversia, laddove il giudice di merito (il Tribunale di Terni) aveva accolto l'opposizione di un creditore bancario che lamentava di essere stato escluso dal passivo in quanto titolare di garanzia su beni del fallito per un credito vantato non nei suoi confronti, bensì di un debitore a favore del quale il fallito aveva concesso garanzia reale di terzo, esclusione motivata non in funzione di ragioni inerenti all'esistenza o opponibilità della garanzia, bensì sul presupposto che il credito azionato, non essendo vantato verso il fallito, non attribuiva alcun diritto a partecipare alla verifica del passivo concorsuale.

La Suprema Corte, dopo aver dato atto del contrasto creatosi in seno alla giurisprudenza formatasi in parte sotto la previgente legge fallimentare, ma altresì ribadita a seguito dell'entrata in vigore della riforma concorsuale dettata dal D.Lgs. 5/2006, in merito alla possibilità di assoggettare alla verifica dei crediti anche il diritto di garanzia “senza debito” del fallito, giunge alla conclusione che le complesse questioni che discendono dall'una o dall'altra soluzione meritano di essere rimesse ad una decisione delle Sezioni Unite.

Ed invero, le problematiche che la sentenza in commento reputa necessario sottoporre alla disamina delle Sezioni Unite vanno al di là della scelta in merito alla necessità o meno che il creditore “estraneo” presenti domanda di ammissione al passivo, poiché si pongono altri problemi e precisamente: anzitutto, ci si chiede se per conseguire le ripartizioni sia sufficiente accertare l'esistenza e l'opponibilità della garanzia ai creditori, o se invece la verifica si possa estendere all'esistenza e dell'entità del credito garantito; da tale ultima ipotesi, poi, deriva anche il dubbio in merito alla (possibile ovvero necessaria) partecipazione del debitore garantito al procedimento di verifica, con il corollario di valutare in quale misura la decisione adottata all'esito di una eventuale giudizio di opposizione a stato passivo possa condizionare l'esercizio del diritto alla rivalsa nei confronti del debitore garantito.





Le questioni giuridiche e la soluzione

La pronunzia in commento riassume l'evoluzione delle tesi e delle m.otivazioni in forza delle quali la giurisprudenza di legittimità (sporadicamente contraddetta da alcune pronunzie di merito) si era in passato espressa in senso negativo circa l'obbligo, ed anzi anche il diritto, del creditore del soggetto terzo, a favore del quale il fallito avesse prestato garanzia reale di far accertare il credito nell'ambito della verifica del passivo. In sostanza, limitando il diritto a partecipare all'accertamento del passivo a chi sia creditore diretto del fallito, il beneficiario di ipoteca del terzo non potrebbe se non attivare il procedimento previsto dall'art. 602 c.p.c. per l'espropriazione a carico del terzo proprietario, peraltro con serie problematiche nel conciliare un'azione di natura esecutiva con il divieto previsto dall'art. 51 l.Fall. e, in ogni caso, con le preclusioni dettate a tutela dei creditori e possibili limitazioni alle facoltà del curatore di contestare la garanzia ed il diritto vantato sul realizzo del bene dato in garanzia dal fallito in assenza di un suo debito diretto.

Da tale presa di posizione discende, evidentemente, una risposta “semplice” anche alle altre questioni che la sentenza in commento si pone: se il credito del soggetto garantito non è soggetto a verifica, allora non vi è ragione per ipotizzare un interesse e neppure una legittimazione del debitore garantito ad interloquire nella procedura fallimentare, al fine di contestare l'esistenza del credito e, così ragionando, parrebbe che il curatore non possa sollevare contestazioni se non nell'ambito dell'attività di ripartizione dell'attivo, dando luogo, ove ne sussistano i presupposti, ad un contenzioso avente ad oggetto la sussistenza, la validità e l'opponibilità della garanzia prestata dal fallito. Semmai, il debitore verrà avvisato a norma degli artt. 602 ss. c.p.c. e farà valere in quelle forme i suoi diritti.

A fronte di tale corrente, in tempi più recenti, facendo leva sulla modifica apportata all'art. 92 L.Fall. dalla riforma del 2006, che ha introdotto in capo al curatore l'obbligo di inviare l'avviso anche “ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito” (cui fa da contraltare anche la modifica degli artt. 52, che nella versione modificata dal D.Lgs. 5/2006 sottopone all'accertamento concorsuale in generale tutti i diritti mobiliari ed immobiliari e dell'art.103 L.Fall. che non limita più alle “cose mobili” la disciplina delle rivendiche), la Suprema Corte (Cass. 30 gennaio 2019, n. 2657, in Fallim., 2019, 767, con nota adesiva di M. Cataldo, La verifica dell'ipoteca costituita dal fallito a garanzia di debiti altrui nel procedimento di formazione del passivo) ha rimeditato tale assunto, ipotizzando che anche quei soggetti siano facoltizzati e tenuti a richiedere l'ammissione al passivo, seppure solo ai fini di poter poi partecipare alla ripartizione del ricavato della vendita del bene ipotecato.

D'altro canto, a sostegno di tale revirement, si osserva anche non a torto che, in mancanza di un sindacato in sede di formazione dello stato passivo, al curatore sarebbe consentito solo in sede di riparto di sollevare in ambito endo-concorsuale eventuali eccezioni in tema di sussistenza, validità ed opponibilità della garanzia e quindi appare opportuno che tali contestazioni possano essere formalizzate anticipatamente nell'ambito del procedimento di verifica, anticipando in tal modo un contenzioso che sarebbe altrimenti destinato a sorgere nella fase di distribuzione del ricavato della vendita, così cagionando ritardi nell'attività satisfattiva dei creditori.

Diversa è la soluzione adottata nell'ipotesi inversa in cui sussista una garanzia prestata da un terzo in bonis a favore del debitore fallito: in questo caso, il creditore garantito può anche decidere di non insinuarsi al passivo (si vedano sul punto Trib. Roma, 14 aprile 2021; Cass. 21 gennaio 2021 n. 1067 e Cass. 4 agosto 2021 n. 22211, quest'ultima riferita all'ipotesi di azione esecutiva avviata a seguito del trasferimento del bene a carico dell'acquirente in bonis) e far valere i propri diritti espropriando il bene del soggetto garante.

La sentenza in commento, peraltro, sottolinea come dall'eventuale risposta positiva circa l'assoggettamento al procedimento di verifica del diritto del creditore garantito discendano ulteriori dubbi che riguardano, per un verso, l'estensione o meno del vaglio della curatela alla sussistenza del credito garantito e, per contro, l'efficacia dell'accertamento compiuto in sede endo-concorsuale rispetto al creditore ed al debitore principale, con il conseguente dubbio sulla necessità o meno che quest'ultimo sia chiamato a partecipare o quantomeno possa intervenire nell'accertamento del passivo; si tratta, infine, di valutare se e con quali modalità l'accertamento avvenuto in sede concorsuale valga a fondare il diritto di regresso nei confronti del debitore principale a favore della procedura che abbia soddisfatto in tutto o in parte il debito a seguito dell'escussione della garanzia reale.



Osservazioni

Muovendo dall'ultimo profilo cennato, le questioni sollevate dalla Suprema Corte appaiono di un certo rilievo anche in quanto la decisione sezionale si è premurata di enucleare tutte le problematiche che conseguono alla scelta, che, per le ragioni che di seguito esporremo, è destinata a divenire comunque quella normativamente più fondata, di ammettere il creditore estraneo a partecipare alla verifica del passivo.

Mi pare che sia, anzitutto, in linea con i principi concorsuali il consentire alla curatela di poter negare l'esistenza o la validità della garanzia invocata dal terzo; non solo, ma proprio la verifica del passivo sarà la sede più opportuna per eccepire l'inopponibilità o l'inefficacia della garanzia in quanto derivante da atto soggetto a revocatoria, ad esempio in quanto prestata a titolo gratuito nel biennio (art. 64 L.Fall.) oppure revocabile nei limiti ed ove sussistano i presupposti previsti dall'art. 67 L.Fall.

D'altro canto, a norma del primo comma dell'art. 95 L.Fall., è proprio in seno alla verifica dei crediti che il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l'inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione”, di modo che al curatore compete il diritto/dovere di far valere in sede di verifica del passivo tutte le eccezioni utili a precludere il consolidamento della garanzia, con l'effetto di ottenere una pronunzia endo-concorsuale che comporta l'esclusione della prelazione (arg. per tutte da Cass. 19 maggio 2020 n. 9136), accertamento che non potrebbe derivare da una presa di posizione del Giudice delegato in assenza, appunto, di una specifica eccezione del curatore (come statuisce Cass. 14 dicembre 2016 n. 25728).

Soprattutto, ciò che più rileva è se il curatore possa contestare non solo la garanzia prestata, ma anche la sussistenza del credito garantito: tale facoltà parrebbe concessa nei limiti previsti dagli artt. 2859 e 2870 c.c.; poiché, quindi, tale ultima norma prevede che “il terzo datore che non ha preso parte al giudizio diretto alla condanna del debitore può opporre al creditore le eccezioni indicate dall'articolo 2859”, laddove non sussista già un giudicato formatosi in capo al fallito, che risulti opponibile alla procedura, in merito all'esistenza del credito, il curatore potrà “opporre al creditore procedente tutte le eccezioni non opposte dal debitore e quelle altresì che spetterebbero a questo dopo la condanna”.

Soprattutto, la fattispecie può divenire rilevante allorchè il terzo beneficiario della garanzia rientri tra i soggetti ai quali è consentito di agire esecutivamente sul bene di proprietà del fallito, in forza della deroga prevista dall'art. 51 L.Fall., poiché in questo caso il creditore potrebbe anche ottenere il soddisfo al di fuori delle garanzie della verifica del passivo.

Ed, invero, non mi pare dubbio che sia concepibile un'ipoteca “fondiaria” per debito altrui ovvero scissa da un rapporto diretto tra finanziamento ed immobile ipotecato: sul punto, l'art. 38 D.Lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario) nella sua attuale formulazione (che ha sancito “l'avvenuta trasformazione del credito fondiario in un contratto di finanziamento a medio e lungo termine garantito da ipoteca di primo grado su immobili”, come precisa, per tutte, Cass. 22 maggio 2014 n. 11400), si limita ad indicare che “Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili”, senza precisare che debba trattarsi proprio dei beni per la costruzione, l'acquisto o la ristrutturazione dei quali viene chiesto il finanziamento, di modo che pare sottintesa la concedibilità della garanzia anche da parte e su beni immobili di soggetti diversi dal debitore finanziato (arg. da Cass. 5 giugno 2020 n. 10808; Cass. 12 marzo 2013 n. 6105; Trib. Udine, 24 maggio 2013, in Fallim., 2013, 1316; v. anche A. Aliotta, Il recupero del credito fondiario, tra esecuzione individuale e concorsuale, in Riv.Esec.Forzata, 2022, 223).

Il secondo aspetto, una volta risolta positivamente la prima questione, concerne le modalità di soddisfo. La giurisprudenza in tema di credito fondiario, infatti, condiziona il diritto dell'ente finanziario ad ottenere la distribuzione di quanto realizzato dalla vendita in executivis - avvenuta al di fuori dalle operazioni di liquidazione dell'attivo concorsuale - a che il credito finanziario sia stato accertato in sede di verifica del passivo, potendosi soddisfare solo nella misura in cui vi sia capienza nel rispetto della graduazione dei crediti (cfr. per tutte Cass. 20 aprile 2022 n. 12673; Cass. 13 dicembre 2017 n. 29972; Cass. 30 marzo 2015 n. 6377, in Fallim., 2015, 784, con nota di F. Casa, Appunti sul credito fondiario tra privilegio processuale e concorso formale); con la conseguente imposizione anche dell'obbligo di rispettare i termini previsti per l'insinuazione (arg. da Cass. 19 giugno 2018 n. 16103 che ha confermato l'esclusione dal passivo dell'istanza “ultratardiva” del creditore fondiario, cui era noto il fallimento).

Mi pare che la scelta di imporre anche al soggetto beneficiario di ipoteca o pegno concessi dal fallito a garanzia del debito altri di far valere tale diritto nelle forme previste dagli artt. 93 ss. L.Fall. sia coerente con tale esigenza, non foss'altro per la considerazione che, seguendo la tesi sino ad oggi prevalente in giurisprudenza, si corre il rischio che il creditore garantito possa avanzare praticamente in qualsiasi momento la propria pretesa di ottenere la ripartizione del ricavato della vendita, non essendo vincolato ai limiti temporali prescritti per la presentazione della domanda di ammissione (tant'è che la citata pronunzia Cass. 30 gennaio 2019 n. 2657 nasceva proprio dalla contestazione da parte della curatela di una pretesa avanzata, assai tardivamente, dal creditore ipotecario solo in sede di riparto) e quindi cagionando una disarmonia nella gestione delle attività concorsuali.



Questioni aperte e conferme tratte dalla riforma

Nell'ambito del Codice della Crisi entrato in vigore lo scorso 15 luglio 2022, la questione che la Prima Sezione ha ritenuto di sottoporre alle Sezioni Unite, pervero, mi pare sia stata già espressamente contemplata e risolta (rispondendo, in ciò, ad una espressa indicazione contenuta nella legge delega che esortava il legislatore ad affrontarla), laddove l'art. 201 CCI precisa che “Le domande di ammissione al passivo di un credito o di restituzione o rivendicazione di beni mobili o immobili compresi nella procedura, nonché le domande di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui, si propongono con ricorso da trasmettere a norma del comma 2, almeno trenta giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo”.

In sostanza, il legislatore ha chiaramente indicato che anche il soggetto che vanti un credito non nei confronti del fallito, bensì di un terzo, meramente garantito da un bene del fallito, deve presentare la domanda di ammissione al passivo, rectius la domanda che gli consentirà di partecipare al riparto delle somme ricavate dalla vendita del bene.

Precisazione utile che esclude in sostanza il soggetto garantito dal passivo vero e proprio e che conferma come sicuramente a costui non si applichi il disposto del primo comma dell'art. 220 CCI che prevede che nel progetto di riparto parziale “sono collocati anche i crediti per i quali non si applica il divieto di azioni esecutive e cautelari di cui all'articolo 150”, che vale a consentire all'ipotecario di percepire riparti parziali anche prima della vendita del bene garantito: il titolare di ipoteca di terzo, non è creditore in senso stretto e quindi non può non solo partecipare, ma neppure interloquire in merito all'attività di riparto.

Restano, invece, senza una esplicita risposta normativa alcune altre domande che pone la sentenza in commento: l'art. 201 CCI precisa che il creditore garantito debba indicare “l'ammontare del credito per il quale si intende partecipare al riparto se il debitore nei cui confronti è aperta la liquidazione giudiziale è terzo datore d'ipoteca”, il che sembra sottintendere, ma non disporre espressamente, che il curatore possa sollevare contestazioni anche inerenti all'esistenza e misura del credito garantito; d'altro canto, non viene chiarito se possa anche essere eccepita l'inesigibilità del credito, il che comporterebbe una situazione singolare, laddove – a meno di ipotizzare la reintroduzione della “separazione” del bene oggetto di garanzia dal patrimonio liquidabile (come suggerisce G. Bozza, Fallimento del terzo datore di ipoteca e il procedimento di verifica dello stato passivo del diritto reale di garanzia, in Fallim., 2021, 737), si potrebbe privare il creditore della possibilità di partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita del cespite (oltretutto purgato dall'iscrizione ipotecaria) sino all'accertamento del suo diritto verso il debitore principale.

Anche sull'efficacia del “giudicato endo-concorsuale” rispetto al debitore garantito non vi è una indicazione specifica nel CCI, ma l' art. 204 CCI sembra chiaro nel prevedere che “il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all'esito dei giudizi di cui all'articolo 206, limitatamente ai crediti accertati ed al diritto di partecipare al riparto quando il debitore ha concesso ipoteca a garanzia di debiti altrui, producono effetti soltanto ai fini del concorso”: ciò induce a concludere per l'indifferenza del debitore garantito rispetto al giudicato endo-concorsuale, che non potrà mai essere contro di lui invocato, così come non precluderà l'azione recuperatoria del creditore garantito verso il debitore. Il che non toglie che, alla stregua del nono comma dell'art. 207 CCI, che ammette l'intervento di “qualunque interessato”, il debitore garantito possa essere annoverato tra i soggetti ai quali è consentito costituirsi nel giudizio di opposizione per supportare o contestare il diritto del creditore garantito.

Vero è che, ad esempio, si è ammesso che si possa sollevare l'eccezione di revocabilità di una garanzia in sede di revocazione dei crediti ammessi (in tal senso, Cass. 27 febbraio 2013 n. 4959), ma si tratta di una iniziativa che comunque compete ai creditori, laddove il terzo garantito non ha tale veste e ci si chiede, d'altronde, con quale mezzo processuale si potrebbe estendere a costui il contraddittorio nell'ambito dell'eventuale giudizio di opposizione a stato passivo, nel quale si dibatta in merito (anche) alla sussistenza del credito garantito.

La mia opinione è che sia corretta la valutazione della sentenza in commento laddove ipotizza che, in ogni caso, l'eventuale accertamento sulla sussistenza del credito per il quale fu concessa garanzia di terzo dal fallito resti confinato nell'ambito concorsuale, come del resto sancito da altre pronunzie di legittimità (Cass. 16 ottobre 2020 n. 22611) di modo che non sarà necessaria la chiamata come litisconsorte del debitore garantito.

Tale soluzione ha, pervero, l'inconveniente di imporre alla curatela di avviare un'azione separata, che non parrebbe neppure rientrare tra quelle di competenza, a norma dell'art. 24 L.Fall., del foro fallimentare – per esercitare la rivalsa a carico del debitore garantito, senza poter invocare il “giudicato” derivante dall'accertamento del passivo, ma mi pare non si tratti di un vulnus così grave da giustificare il sovvertimento delle regole che limitano l'efficacia degli accertamenti rimasti nell'ambito del procedimento di verifica.

D'altro canto, in altra recente pronunzia, la Suprema Corte (Cass. 2 maggio 2022 n. 13810) ha sancito che il terzo che abbia acquistato un bene dal fallito sul quale un creditore abbia iscritto un'ipoteca non opponibile alla procedura, subirà l'espropriazione senza potersi giovare dell'inefficacia endo-concorsuale, situazione per certi versi opposta a quella in esame, ma che viene risolta in base ad un principio che mi induce a ritenere che viga lo stesso principio di indifferenza dell'accertamento compiuto in sede di verifica del passivo rispetto alla posizione di soggetti terzi, pur se è pacifico che anche il terzo acquirente potrà poi esercitare la rivalsa per il pregiudizio derivante dall'escussione del credito garantito da ipoteca.



Conclusioni

Alla luce di quanto ora osservato, la soluzione adottata dalla Suprema Corte pare destinata, anzitutto, a sollecitare una pronunzia interpretativa che potrà essere applicata alle fattispecie disciplinate dalla normativa anteriore all'entrata in vigore del Codice della Crisi, esigenza comunque effettivamente non superabile con l'utilizzo delle disposizioni dettate nel nuovo ordinamento concorsuale che, stante l'evidente “novità” della disciplina della crisi in vigore dallo scorso luglio, non potrebbero essere utilizzate a rigor di logica al fine di interpretare situazioni disciplinate dalla normativa antecedente, anche se ci si potrà pur sempre chiedere se le nuove norme abbiano natura innovativa o se, piuttosto, l'intento del legislatore – così come è avvenuto per altre disposizioni - sia stato proprio quello di recepire l'evoluzione interpretativa giurisprudenziale (anche se in questo caso minoritaria) e dottrinale su temi controversi, il che potrebbe consentire appunto l'utilizzo delle nuove disposizioni per determinare la soluzione accoglibile.

D'altro canto, si auspica che le Sezioni Unite estendano la loro analisi anche a tutte le altre questioni sollevate dalla sentenza in commento, fornendo un'interpretazione in merito alla valenza del “giudicato” endo-concorsuale e di conseguenza circa la posizione processuale del debitore garantito dal fallito e la possibilità per costui di interloquire nell'accertamento del credito per garanzia, nonché sulle modalità con le quali il beneficiario della garanzia potrà veder soddisfatto il proprio credito in sede di riparto.



Guida all'approfondimento

Le pronunzie che seguono la corrente che escludeva che il creditore beneficiario di garanzia reale su beni del fallito per debiti di terzi abbia diritto di insinuarsi al passivo sono numerose; per tutte: Cass. 9 febbraio 2016, n. 2540; Cass. 26 luglio 2012, n. 13289; Cass. 30 gennaio 2009, n. 2429.

La tesi opposta, sostenuta da Cass. 30 gennaio 2019, n. 2657, citata (e seguita, ad esempio, da Trib. Udine, 24 maggio 2013, in Fallim., 2014, 583) è stata da subito criticata da Cass. 12 luglio 2019, n. 18790 (in tema di pegno) che, peraltro, contiene la dubbia affermazione secondo la quale l'art. 92 L.Fall. non prevederebbe l'avviso al beneficiario di ipoteca di terzo (laddove, invece, la norma riformata nel 2006 lo prevede senza precisare che il terzo debba essere creditore) e la via “innovativa” è stata abbandonata anche da Cass. 21 gennaio 2021, n. 1067.

Anche la giurisprudenza di merito ha, ancora di recente, aderito alla tesi negativa: v. Trib. Roma, 14 aprile 2021, in Fallim., 2021, 1421 o comunque escluso la necessità di ammissione al passivo Trib. Ravenna, 7 febbraio 2019, in Riv.Esec.Forzata, 2019.

La dottrina sulla questione controversa non è mai stata univoca, laddove ancor prima della riforma del 2006 venivano sollevate perplessità sull'indirizzo della Suprema Corte: v. S. Marchetti, Ammissione al passivo dei non creditori del terzo datore di ipoteca, in Fallim., 1990, 745; F. Lamanna, Tutela della nuda prelazione nel fallimento del terzo proprietario o datore, in Fallim., 1995, 995; S. Bonfatti, L'accertamento del passivo e dei diritti mobiliari, in Ragusa Maggiore-Costa, Le procedure concorsuali. Il fallimento, vol. III, Torino, 1997, 187 ss., che sottolinea il paradosso di una tesi che esclude l'onere di partecipare al concorso per un soggetto che, tuttavia, non può non essere soggetto al divieto di soddisfare il proprio diritto al di fuori del concorso stesso. . La corrente che propende per l'onere del creditore di far valere il proprio diritto in sede di verifica è diventata via via più forte con le modifiche apportate agli artt. 52 e 92 L.Fall. ed altresì con la nuova disciplina dettata dal Codice della Crisi: v. G. Bozza, L'esclusività dell'accertamento del passivo, in Jorio-Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, Milano, 2014, 696 ss.; ID., Fallimento del terzo datore di ipoteca, cit. (che difende la tesi tradizionale, escludendo che il soggetto non creditore possa acquisire i diritti derivanti dall'ammissione al passivo e limitando la portata innovativa del testo dell'art. 52 L.Fall. ai diritti immobiliari per crediti propri del fallito); M. Cataldo, Ipoteca iscritta sui beni del fallito a garanzia di crediti verso terzi, in Fallim., 2009, 1405; V. Cederle, Titolarità di garanzia ipotecaria sui beni del fallito e partecipazione al concorso, in Fallim., 2011, 830; M. Falagiani, Il fallimento del terzo datore di ipoteca: l'accertamento dei diritti del titolare di prelazione, in Fallim., 2016, 1219; E. Forgillo, Concorso dei creditori, in Nigro-Santulli-Santoro (a cura di), La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 777; G.P. Macagno, Accertamento dei diritti del titolare di garanzia nel fallimento del terzo datore: l'orientamento della S.C. non appare in sintonia con il Codice della crisi d'impresa, in Fallim., 2021, 528; G. Milano, Ipoteca per debito altrui secondo la nuova legge fallimentare, in Fallim., 2014, 584; S. Sanzo, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Cagnasso-Panzani (a cura di) Crisi di impresa e procedure concorsuali, vol. I, Torino, 2016, 1095; E. Staunovo Polacco, La verifica delle garanzie reali dei beni del terzo fallito tra vecchio e nuovo fallimento, in Fallim., 2013, 308; C. Trentini, Terzo datore d'ipoteca ammesso al concordato preventivo e divieto di azioni esecutive, in Fallim., 2021, 1422; G. Villanacci, I crediti nel fallimento, Padova, 2015, 301.

Sulla disciplina introdotta dal Codice della Crisi e dell'insolvenza quanto all'accertamento dei crediti derivanti da garanzie per debiti altrui: F. Lamanna, Il Codice della crisi e dell'insolvenza dopo il secondo correttivo, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2022, 638; G. Bozza, L'accertamento del passivo nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in Fallim., 2019, 1203; G. Guerrieri, Il nuovo Codice della Crisi e dell'insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14), in NLCC, 2019, 809; A. Monteverde, Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza - Le fasi della liquidazione giudiziale, in GI, 2019, 1943; S. Sanzo - D. Burroni, Il nuovo Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, Bologna, 2019, 221; si veda anche G. Bozza, L'accertamento del passivo nella procedura di liquidazione giudiziale, in Fallim., 2016, 1063, che commenta le “raccomandazioni” contenute nella legge delega sul punto.

Sull'efficacia (limitata) dell'accertamento endo-concorsuale: A. Farolfi, Brevi note sull'efficacia (esclusivamente) endofallimentare delle risultanze dello stato passivo, in Fallim., 2021, 175; M. Fabiani, L'efficacia dello stato passivo, in Fallim., 2011, 1093.


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