Rito sulla esclusione dalle elezioni: precluso l'incidente di costituzionalità

Giovanna Vigliotti
20 Ottobre 2022

La questione giuridica nella decisione in commento concerne l'incompatibilità logica e giuridica dell'incidente di costituzionalità con il rito elettorale preparatorio.
Massima

L'incidente di costituzionalità è logicamente e giuridicamente incompatibile con il rito di cui all'art. 129 c.p.a., non potendo la parte ottenere, dall'eventuale accoglimento della questione di costituzionalità, alcuna utilità in termini di conseguimento del bene della vita:

- vuoi in forma specifica, stante l'impossibilità, da parte del giudice che solleva l'incidente di costituzionalità, di sospendere interinalmente e cautelarmente il provvedimento di esclusione dalle elezioni per tale sola ragione, perché ciò integrerebbe gli estremi di un non consentito sindacato di costituzionalità diffuso;

- vuoi per equivalente monetario, in quanto: a) non è ipotizzabile un diritto al risarcimento monetario della perdita della chance di vittoria nelle elezioni, ove la lista fosse stata ammessa, mancando la colpa dell'amministrazione, che è esclusa in radice se il provvedimento applica la legge vigente, fintanto che la stessa vige, e prima della sua declaratoria di incostituzionalità; b) in caso di legge che contrasta con la Costituzione, non è ammesso il risarcimento del danno da illecito legislativo.

Il caso

La vicenda esaminata, in sede di appello, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana concerne l'impugnazione del provvedimento di ricusazione della lista elettorale presentata dagli appellanti per la partecipazione alla competizione elettorale del 25 settembre 2022 per l'elezione del Presidente della Regione e il rinnovo dell'Assemblea Regionale Siciliana.

La ricusazione oggetto di contestazione si fondava sull'irregolarità dell'autentica della firma del mandato alla presentazione della lista che era stata effettuata da un soggetto non legittimato secondo le disposizioni vigenti in materia, un avvocato in luogo di un notaio.

Gli appellati deducevano, in via principale, lo smarrimento del mandato autenticato dal notaio da parte del competente Ufficio elettorale e, in subordine, argomentavano circa la regolarità dell'autentica di firma da parte dell'avvocato anziché del notaio.

Secondo la ricostruzione proposta dalla difesa degli appellanti, l'autentica dell'atto in questione da parte di un avvocato sarebbe ammessa dalla legislazione statale e non da quella regionale, che imporrebbe l'autentica notarile, con evidente illegittimità costituzionale della normativa regionale che avrebbe legiferato in materia di “ordinamento civile” che ai sensi dell'art. 117 c. 2, lett. l), Cost., rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, pur confermando l'inammissibilità del ricorso in ragione dell'omessa notifica alla Prefettura competente, esamina per completezza anche il merito dello stesso per rilevarne l'infondatezza.

Il Collegio, dopo aver evidenziato il mancato assolvimento dell'onere della prova in capo all'appellante circa l'esistenza del mandato autenticato dal notaio che sarebbe stato smarrito dall'Ufficio elettorale, conclude per la legittimità della ricusazione della lista in ragione della necessità che la firma dell'atto oggetto della controversia (il mandato alla presentazione della lista) sia autenticata da un notaio e non anche da un avvocato.

Il Collegio chiarisce, peraltro, che sul punto non sussiste il lamentato contrasto della legge regionale con la legge statale in relazione al quale gli appellanti avevano sollevato questione di legittimità costituzionale.

Viene, in ogni caso, confermata a livello sistematico l'incompatibilità dell'incidente di costituzionalità con il rito elettorale preparatorio.

La questione

La questione giuridica di maggiore rilievo tra quelle affrontare nella decisione in commento concerne l'incompatibilità logica e giuridica dell'incidente di costituzionalità con il rito elettorale preparatorio.

Le soluzioni giuridiche

Il Collegio, in via preliminare, richiama i numerosi precedenti del Consiglio di Stato e del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana che hanno escluso la possibilità di sollevare incidente di costituzionalità nel rito ex art. 129 c.p.a. (Cons. Stato, Sez. III, 9 maggio 2019, n. 3031; Id., III, 18 maggio 2016 n. 2067; Id., V, 29 ottobre 2013 n. 5222; CGARS, 29 maggio 2017 n. 253; Id., 16 maggio 2011 n. 357), rilevando come anche l'Adunanza Plenaria si sia pronunciata sulla preclusione nel rito ex art. 129 c.p.a. di qualsivoglia incidente (Cons. Stato, Ad. Plen. 9 ottobre 2013, n. 22).

Non sarebbe, però, solo la celerità del rito ex art. 129 c.p.a. a rendere intrinsecamente incompatibile con esso l'incidente di costituzionalità, ma anche il suo oggetto circoscritto ai provvedimenti di esclusione e non estensibile alla proclamazione degli eletti.

Il Collegio ritiene, infatti, che l'incidente di costituzionalità sia logicamente incompatibile con il rito di cui all'art. 129 c.p.a. in quanto la parte non conseguirebbe alcun risultato utile da una eventuale rimessione della questione sollevata alla Corte Costituzionale, e la stessa Corte verosimilmente dichiarerebbe la questione inammissibile per difetto di utilità nel giudizio a quo.

Le considerazioni di cui sopra poggiano sul rilievo che al giudice non è consentito disapplicare la legge, salvo i casi di contrasto con il diritto eurounitario, ragion per cui il giudice che solleva incidente di costituzionalità non può interinalmente e cautelarmente sospendere il provvedimento amministrativo per la sola ragione che si fondi su una legge sospetta di incostituzionalità.

Una siffatta sospensione equivarrebbe, ad avviso del Collegio, a sospensione giudiziaria della legge nelle more della decisione della Corte, così integrandosi un non consentito sindacato di costituzionalità diffuso.

Nonostante, come riconosciuto dalla stessa decisione in commento, esistano dei precedenti in cui il giudice amministrativo, contestualmente alla remissione della questione di legittimità costituzionale, ha sospeso in via cautelare i provvedimenti basati sulla legge sospetta di incostituzionalità, il Collegio ritiene che nella fattispecie in nessun caso potrebbe trovare accoglimento la richiesta di parte appellante di sospensione dei provvedimenti impugnati e riammissione alle elezioni della lista esclusa nelle more dell'incidente di costituzionalità.

Pertanto, anche in caso di ipotetico accoglimento della questione di legittimità costituzionale da parte della Corte Costituzionale, alla parte non potrebbe derivarne alcun vantaggio.

La parte appellante, infatti, non potrebbe conseguire l'annullamento delle elezioni nell'ambito del giudizio definito con la sentenza in esame in quanto il suddetto giudizio riguarda solo le esclusioni di liste e candidati, e non la proclamazione degli eletti, che in nessun caso potrebbe essere impugnata con successivi motivi aggiunti.

Parimenti, l'eventuale annullamento del provvedimento di esclusione non potrebbe avere un effetto automaticamente caducante delle elezioni e della proclamazione degli eletti, essendo quest'ultimo un atto autonomo che necessita di specifica impugnazione.

La parte non potrebbe nemmeno conseguire il bene della vita per equivalente, ossia mediante risarcimento monetario della perdita della chance di vittoria nelle elezioni ove la lista fosse stata ammessa, perché il risarcimento del danno da provvedimento amministrativo richiede la prova della colpa dell'Amministrazione (fuori dalle materie disciplinate dal diritto eurounitario), e tale colpa è esclusa in radice se il provvedimento applica la legge vigente, fintanto che la stessa vige, e prima della sua declaratoria di incostituzionalità.

Inoltre non è ammesso, da univoca giurisprudenza, il risarcimento del danno da illecito legislativo, in caso di legge che contrasta con la Costituzione.

Sulla base delle considerazioni di cui sopra, tenuto conto del fatto che la parte nel rito ex art. 129 c.p.a. non potrebbe conseguire, in caso di accoglimento della questione di costituzionalità, né il bene della vita in forma specifica né il bene della vita per equivalente monetario, il Collegio conclude affermando l'incompatibilità logico-giuridica dell'incidente di costituzionalità con il rito ex art. 129 c.p.a.

Osservazioni

Sebbene le considerazioni svolte nella sentenza in commento circa l'incompatibilità sia logica che giuridica dell'incidente di costituzionalità con il rito elettorale preparatorio siano pienamente condivisibili ed in linea con i precedenti sulla questione, non può dirsi altrettanto per le affermazioni di carattere generale concernenti l'impossibilità per il giudice amministrativo di sospendere, in via interinale e cautelare, il provvedimento amministrativo per la sola ragione che si fondi su una legge sospetta di incostituzionalità contestualmente alla remissione della prospettata questione di legittimità costituzionale alla Corte.

Come noto, infatti, pur essendo stata in passato molto dibattuta la questione relativa all'erogazione della tutela cautelare in caso di incidente di costituzionalità, la dottrina e la giurisprudenza prevalente ritengono che in ossequio al principio di effettività della tutela giurisdizionale, il giudice amministrativo che ritenga sussistente il requisito del fumus boni iuris in relazione alla questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente, possa accordare una tutela cautelare interinale nelle more della definizione dell'incidente di costituzionalità.

Sul punto si ricorda il pronunciamento dell'Adunanza Plenaria, n. 2/1999, secondo cui: “al fine di conciliare il carattere accentrato del controllo di costituzionalità delle leggi ove ne ricorrano i presupposti con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, non può escludersi, quando gli interessi in gioco lo richiedano, una forma limitata di controllo diffuso che consente la concessione del provvedimento di sospensione”.

La stessa Corte Costituzionale ha espressamente aderito all'orientamento in parola, evidenziando come il giudice comune ben può sollevare questione di legittimità costituzionale in sede cautelare, sia quando non provveda sulla domanda cautelare, sia quando conceda la relativa misura, purché tale concessione non si risolva, per le ragioni addotte a suo fondamento, nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale in quella sede il giudice fruisce: con la conseguenza che la questione di legittimità costituzionale è inammissibile – oltre che, ovviamente, se la misura è espressamente negata (ordinanza 2 marzo 2005, n. 82) – quando essa sia concessa sulla base di ragioni, quanto al fumus boni juris, che prescindono dalla non manifesta infondatezza della questione stessa (sentenza 20 dicembre 1993, n. 451).

La Corte ha poi precisato che la potestas judicandi non può ritenersi esaurita quando la concessione della misura cautelare è fondata, quanto al fumus boni juris, sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, dovendosi in tal caso la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato ritenere di carattere provvisorio e temporaneo fino alla ripresa del giudizio cautelare dopo l'incidente di legittimità costituzionale (ordinanza 23 gennaio 2006, n. 25).