È valida la decisione del Parlamento che nega l'accesso a documenti dell'indagine a carico dell’ex Primo ministro ceco

La Redazione
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29 Settembre 2022

La decisione del Parlamento di negare l'accesso a due documenti relativi all'indagine a carico del sig. Andrej Babiš, ex Primo ministro ceco, sull'uso improprio di fondi UE e potenziali conflitti d'interessi è valida. Il Tribunale, da un lato, constata la sopravvenuta mancanza dell'interesse ad agire della società Agrofert avverso la decisione di diniego di accesso ad una relazione che la Commissione aveva redatto in materia e, dall'altro, respinge il ricorso di tale società contro la decisione di diniego di accesso a una lettera inviata dalla Commissione al Primo ministro ceco.

La Agrofert, a.s., ricorrente, è una società holding ceca che controlla più di 230 società operanti in diversi settori dell'economia, come l'agricoltura, la produzione di alimenti, l'industria chimica o i media. Essa è stata inizialmente costituita dal sig. Andrej Babiš, il quale è stato Primo ministro della Repubblica ceca dal 2017 al 2021. In una risoluzione del Parlamento sulla riapertura dell'indagine a carico del Primo ministro ceco sull'uso improprio di fondi UE e potenziali conflitti d'interessi, si affermava che quest'ultimo aveva continuato a controllare il gruppo Agrofert dopo la sua nomina quale Primo ministro. Ritenendo inesatta tale affermazione e volendo conoscere le fonti e le informazioni di cui disponeva il Parlamento prima di adottare la risoluzione, la ricorrente ha presentato a quest'ultimo una domanda di accesso a diversi documenti. Nella sua risposta iniziale del 14 settembre 2020, il Parlamento ha individuato taluni documenti come accessibili al pubblico e ha negato l'accesso a una lettera inviata dalla Commissione al Primo ministro ceco e ad una relazione finale di audit della Commissione relativa ad un audit sul funzionamento dei sistemi di gestione e controllo in vigore nella Repubblica ceca per evitare conflitti d'interessi. In risposta a una domanda di conferma, il Parlamento, con decisione del 15 gennaio 2021, ha confermato in particolare il suo diniego di accesso ai suddetti due documenti sulla base dell'eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile prevista dal regolamento n. 1049/2001.

Investito di un ricorso di annullamento contro tale decisione, il Tribunale, da un lato, constata la sopravvenuta mancanza dell'interesse ad agire della ricorrente avverso la decisione di diniego, da parte del Parlamento, di accesso alla relazione finale di audit della Commissione e, dall'altro, respinge il ricorso contro la decisione di diniego di accesso alla lettera inviata dalla Commissione al Primo ministro ceco.

Giudizio del Tribunale

In un primo tempo, il Tribunale esamina se, in seguito alla pubblicazione da parte della Commissione della sua relazione finale di audit, la ricorrente abbia conservato il suo interesse ad agire, nei limiti in cui la sua domanda di annullamento verte sul diniego, da parte del Parlamento, di accesso a tale relazione.

Esso constata che, a seguito della pubblicazione di detta relazione, il diniego, da parte del Parlamento, di accesso a tale documento non ha più effetto poiché l'autore del documento, la Commissione, ha deciso di renderlo accessibile al pubblico, e che l'annullamento della decisione impugnata, nella parte in cui nega l'accesso a detta relazione, non comporterebbe alcuna conseguenza aggiuntiva rispetto alla divulgazione di tale documento e non potrebbe procurare alcun beneficio alla ricorrente. T

ali constatazioni non sono rimesse in discussione dal fatto che la Commissione non ha pubblicato la versione integrale della relazione finale di audit. Il Tribunale ricorda, infatti, che una domanda di accesso ha l'effetto di rendere il documento in questione accessibile al pubblico e può solo condurre alla divulgazione della sua versione pubblica. A tale riguardo, esso rileva che, al fine di decidere di non rendere accessibili al pubblico taluni dati contenuti nella relazione finale di audit, la Commissione non si è basata sull'eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile prevista dal regolamento n. 1049/2001, bensì sulle esigenze relative alla tutela di talune informazioni, quali i dati personali o i segreti commerciali. Esso ne deduce che l'annullamento della decisione di diniego, da parte del Parlamento, di accesso alla relazione finale di audit, sulla base dell'eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile prevista dal regolamento n. 1049/2001, non avrebbe l'effetto di rendere pubblici tali dati, poiché il Parlamento non è l'autore di detta relazione e non può quindi andare oltre la divulgazione concessa dalla Commissione, autrice di tale documento. Di conseguenza, per effetto della pubblicazione della relazione finale di audit, la ricorrente ha ottenuto il solo beneficio che avrebbe potuto procurarle il suo ricorso.

Il Tribunale aggiunge che il fatto che la ricorrente abbia scelto di chiedere l'accesso alla relazione finale di audit al Parlamento e non all'istituzione che ne è l'autrice non può condurre a ritenere che la pubblicazione di tale documento da parte della Commissione costituisca una divulgazione da parte di un «terzo», dato che quest'ultima ne è l'autrice.

Esso conclude nel senso della perdita dell'interesse ad agire della ricorrente avverso la decisione impugnata nella parte in cui il Parlamento ha negato l'accesso alla relazione finale di audit.

In un secondo tempo, il Tribunale analizza, la domanda di annullamento parziale della decisione impugnata, nella parte in cui il Parlamento ha negato alla ricorrente l'accesso alla lettera della Commissione.

Anzitutto, esso respinge il primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell'eccezione relativa alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile prevista dal regolamento n. 1049/2001, in quanto il Parlamento non avrebbe dimostrato che fossero state rispettate le condizioni di diniego di accesso alla lettera della Commissione.

A tale riguardo, il Tribunale dichiara che, nel caso di specie, l'obiettivo dell'attività di indagine della Commissione, ossia assicurare la conformità dei sistemi di controllo e di gestione di uno Stato membro con il diritto dell'Unione, non era stato raggiunto con l'adozione della lettera di follow-up della Commissione. Tale obiettivo, infatti, non può essere limitato alla sola analisi dei sistemi istituiti dallo Stato membro interessato, poiché anche l'attuazione da parte di quest'ultimo delle raccomandazioni formulate dalla Commissione nella sua relazione di audit costituisce una tappa per la sua realizzazione. La tutela degli obiettivi delle attività di indagine garantita da tale eccezione non termina, pertanto, né con l'adozione di detta relazione né con quella della lettera di follow-up con la quale la Commissione si accerta del seguito dato alle raccomandazioni formulate nella detta relazione. In entrambi i casi, si aprono fasi di scambio di opinioni con lo Stato membro, una sulle raccomandazioni iniziali, l'altra su quelle che permangono aperte, che fanno parte delle attività di indagine ricomprese in tale eccezione.

Il Tribunale respinge altresì l'argomento della ricorrente secondo cui il Parlamento non ha dimostrato che la divulgazione della lettera della Commissione avrebbe potuto arrecare pregiudizio all'indagine. Infatti, da un lato, per stabilire il nesso tra la lettera della Commissione e l'indagine di audit in questione, il Parlamento doveva unicamente indicare che tale lettera faceva parte dei documenti relativi alle attività dell'indagine in corso. Dall'altro lato, la motivazione contenuta nella decisione impugnata è sufficiente per spiegare perché la divulgazione della lettera della Commissione poteva pregiudicare l'obiettivo delle attività dell'indagine di audit, tanto più che, essendo direttamente coinvolto il Primo ministro ceco, era importante rispettare la riservatezza del dialogo tra quest'ultimo e la Commissione.

Il Tribunale respinge poi il secondo motivo di ricorso, vertente sulla mancata presa in considerazione dell'esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione della lettera della Commissione. Infatti, è vero che l'esistenza dei diritti della difesa presenta di per sé un interesse generale, tuttavia, il fatto che tali diritti si manifestino nel caso di specie attraverso l'interesse soggettivo della ricorrente a difendersi dalle pesanti accuse formulate dal Parlamento nei suoi confronti implica che l'interesse su cui essa si fonda non è un interesse generale, ma un interesse privato, cosicché essa non ha dimostrato l'esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione della lettera della Commissione.

IMPORTANTE: Il ricorso di annullamento mira a far annullare atti delle istituzioni dell'Unione contrari al diritto dell'Unione. A determinate condizioni, gli Stati membri, le istituzioni europee e i privati possono investire la Corte di giustizia o il Tribunale di un ricorso di annullamento. Se il ricorso è fondato, l'atto viene annullato. L'istituzione interessata deve rimediare all'eventuale lacuna giuridica creata dall'annullamento dell'atto.

IMPORTANTE: Contro la decisione del Tribunale, entro due mesi e dieci giorni a decorrere dalla data della sua notifica, può essere proposta dinanzi alla Corte un'impugnazione, limitata alle questioni di diritto.