L’obbligo di impartire gli studi esclusivamente nella propria lingua deve essere necessario e proporzionato allo scopo di tutelare l’identità nazionale

La Redazione
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08 Settembre 2022

La Corte di giustizia, pronunciandosi in Grande Sezione, dichiara che l'articolo 49 TFUE non osta a una normativa di uno Stato membro che impone, in linea di principio, agli istituti di istruzione superiore l'obbligo di impartire i propri programmi di studi esclusivamente nella lingua ufficiale di tale Stato membro. Una siffatta normativa deve tuttavia essere giustificata da motivi connessi alla tutela dell'identità nazionale di tale Stato membro, vale a dire che deve essere necessaria e proporzionata alla tutela dell'obiettivo legittimamente perseguito.

Sintesi

La Latvijas Republikas Satversmes tiesa (Corte costituzionale, Lettonia) è stata adita da 20 membri del Latvijas Republikas Saeima (Parlamento, Lettonia), che hanno proposto un ricorso diretto ad accertare la costituzionalità di talune disposizioni della legge lettone sugli istituti di istruzione superiore.

Tale legge, come modificata nel 2018, mira a promuovere la lingua ufficiale della Repubblica di Lettonia, imponendo agli istituti di istruzione superiore di impartire i propri programmi di studi in tale lingua. Tuttavia, detta legge prevede quattro eccezioni a tale obbligo. In primo luogo, i programmi di studi seguiti in Lettonia da studenti stranieri e i programmi di studi organizzati nell'ambito della cooperazione prevista in programmi dell'Unione europea e in accordi internazionali possono essere impartiti nelle lingue ufficiali dell'Unione. In secondo luogo, un programma di studi può essere impartito nelle lingue ufficiali dell'Unione, ma soltanto fino ad un quinto del numero di crediti. In terzo luogo, i programmi di studi linguistici e culturali nonché i programmi relativi allo studio delle lingue possono essere impartiti in una lingua straniera. In quarto e ultimo luogo, i programmi di studi congiunti possono essere impartiti nelle lingue ufficiali dell'Unione.

Inoltre, la legge lettone sugli istituti di istruzione superiore non si applica a due istituti privati, che rimangono disciplinati da leggi speciali e possono continuare a proporre programmi di studi in altre lingue ufficiali dell'Unione.

Con il loro ricorso, i ricorrenti sostengono in particolare che, creando una barriera all'ingresso nel mercato dell'istruzione superiore nonché impedendo ai cittadini e alle imprese di altri Stati membri di fornire servizi di istruzione superiore in lingue straniere, la legge viola, segnatamente, la libertà di stabilimento garantita dall'articolo 49 TFUE.

La Corte costituzionale lettone esprime dubbi sulla questione se la normativa di uno Stato membro che impone, nel settore dell'istruzione superiore, anche nell'ambito degli istituti di istruzione superiore privati, l'uso della lingua ufficiale di detto Stato membro, pur prevedendo alcune eccezioni a tale obbligo, costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento. Pertanto, la stessa ha deciso di adire la Corte in via pregiudiziale, al fine di poter statuire sulla conformità della legge sugli istituti di istruzione superiore al diritto dell'Unione.

Nella sua sentenza, la Corte, pronunciandosi in Grande Sezione, dichiara che l'articolo 49 TFUE non osta a una normativa di uno Stato membro che impone, in linea di principio, agli istituti di istruzione superiore l'obbligo di impartire i propri programmi di studi esclusivamente nella lingua ufficiale di tale Stato membro. Una siffatta normativa deve tuttavia essere giustificata da motivi connessi alla tutela dell'identità nazionale di tale Stato membro, vale a dire che deve essere necessaria e proporzionata alla tutela dell'obiettivo legittimamente perseguito.

Giudizio della Corte

In via preliminare, la Corte ricorda che, ai sensi dell'articolo 6 TFUE, l'Unione ha competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l'azione degli Stati membri in particolare nel settore dell'istruzione. Sebbene il diritto dell'Unione non rechi pregiudizio a tale competenza degli Stati membri per quanto riguarda, da una parte, il contenuto dell'insegnamento e l'organizzazione del sistema di istruzione, nonché le loro diversità culturali e linguistiche e, dall'altra, il contenuto e l'organizzazione della formazione professionale, gli Stati membri devono nondimeno rispettare il diritto dell'Unione nell'esercizio di tale potere, in particolare le disposizioni relative alla libertà di stabilimento.

Nel caso di specie, la Corte rileva che, benché i cittadini di altri Stati membri possano stabilirsi in Lettonia e impartire programmi di studi a livello di istruzione superiore, una siffatta possibilità è, in linea di principio, condizionata dall'obbligo di impartire tali programmi soltanto nella lingua ufficiale di tale Stato membro. Orbene, un siffatto obbligo è idoneo a rendere meno interessante, per tali cittadini, l'esercizio della loro libertà di stabilimento in Lettonia e costituisce quindi una restrizione alla libertà di stabilimento.

Seguendo lo schema consolidato della propria giurisprudenza, la Corte esamina poi l'esistenza di una giustificazione della restrizione accertata e verifica il rispetto del principio di proporzionalità. Per quanto riguarda l'esistenza di una ragione imperativa di interesse generale, l'obbligo di cui trattasi mira a difendere e a promuovere l'uso della lingua ufficiale della Repubblica di Lettonia, il che costituisce un obiettivo legittimo tale da giustificare, in linea di principio, una restrizione alla libertà di stabilimento. Infatti, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 3, quarto comma, TUE nonché dell'articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, l'Unione rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e linguistica. Conformemente all'articolo 4, paragrafo 2, TUE, l'Unione rispetta parimenti l'identità nazionale dei suoi Stati membri, in cui è compresa anche la tutela della lingua ufficiale dello Stato membro interessato. Si deve riconoscere l'importanza che riveste l'istruzione ai fini della realizzazione di un siffatto obiettivo.

Per quanto riguarda la proporzionalità della restrizione accertata, quest'ultima deve, in primo luogo, essere idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo legittimamente perseguito dalla normativa di cui trattasi. A tal fine, detta normativa può essere ritenuta idonea a garantire l'obiettivo di difesa e promozione della lingua lettone solo se risponde realmente all'intento di raggiungerlo e se viene attuata in modo coerente e sistematico. Tenuto conto della loro portata limitata, le eccezioni all'obbligo di cui trattasi, in particolare per i due istituti di istruzione superiore il cui funzionamento è disciplinato da leggi speciali, non sono tali da ostacolare la realizzazione di detto obiettivo. Consentendo ad alcuni istituti di istruzione superiore di godere di un regime derogatorio, dette disposizioni si inseriscono in una logica di cooperazione universitaria internazionale specifica e perciò non sono tali da privare di coerenza la normativa in questione.

In secondo luogo, la restrizione non può eccedere quanto necessario per conseguire l'obiettivo perseguito. Perciò gli Stati membri ben possono stabilire, in linea di principio, un obbligo di utilizzare la loro lingua ufficiale nell'ambito dei programmi di studi a livello di istruzione superiore, purché un siffatto obbligo sia accompagnato da eccezioni le quali garantiscano che una lingua diversa da quella ufficiale possa essere utilizzata nell'ambito dei corsi universitari. Nel caso di specie, siffatte eccezioni dovrebbero, al fine di non eccedere quanto necessario a tale scopo, consentire l'uso di una lingua diversa da quella lettone, almeno per quanto riguarda i corsi impartiti nell'ambito di una cooperazione europea o internazionale e i corsi relativi alla cultura e alle lingue diverse dal lettone.

(Fonte: curia.europa.eu)