Sulla normativa UE in materia di politica di remunerazione dei gestori di investimenti

La Redazione
02 Agosto 2022

Le prescrizioni derivanti dal diritto dell'Unione in materia di politica di remunerazione dei gestori di investimenti possono applicarsi al pagamento di dividendi da parte di tali gestori a taluni dei loro dipendenti azionisti i quali rientrano nell'ambito di applicazione ratione personae di detta politica. Ciò si verifica quando il modo in cui tali dividendi sono distribuiti può costituire un incentivo per tali dipendenti a un'assunzione di rischi che lede gli interessi degli organismi e dei fondi gestiti nonché gli interessi dei loro investitori, facilitando così l'elusione delle prescrizioni derivanti dalle disposizioni relative alle politiche e alle prassi remunerative.

Sintesi

Nel 2019, alla HOLD Alapkezelő Befektetési Alapkezelő Zrt. (in prosieguo: la «HOLD»), una società che esercita abitualmente l'attività di gestione di organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) e di fondi di investimento alternativi (FIA), è stata inflitta una sanzione pecuniaria dalla Magyar Nemzeti Bank (Banca nazionale d'Ungheria). La prassi che le viene addebitata riguarda il versamento di dividendi a taluni dei suoi dipendenti, che detengono, direttamente o tramite società da essi controllate, azioni da essa emesse. Si tratta, in particolare, di dipendenti che svolgono la funzione di direttore generale, di direttore degli investimenti o di gestore di portafogli.

Secondo la Banca nazionale d'Ungheria, i dividendi distribuiti ai dipendenti azionisti potevano comportare un interesse di questi ultimi a una generazione di profitti a breve termine da parte della HOLD e creare quindi un incentivo per i medesimi a un'assunzione di rischi non coerente con il profilo di rischio dei fondi di investimento gestiti da detta società, con il suo regolamento di gestione e con gli interessi dei detentori di quote dei fondi. Pertanto, le condizioni di pagamento di detti dividendi eluderebbero le norme relative alle politiche di remunerazione nel settore dei servizi finanziari.

Il ricorso della HOLD avverso la decisione adottata al riguardo dalla Banca nazionale d'Ungheria ha condotto ad adire la Kúria (Corte suprema, Ungheria). Tale giudice interroga la Corte sull'applicabilità delle prescrizioni delle direttive 2009/65 e 2011/61 relative alle politiche e alle prassi di remunerazione dei gestori di investimenti, quali recepite nel diritto ungherese, ai dividendi distribuiti nel caso di specie.

Adita in via pregiudiziale, la Corte precisa l'ambito di applicazione ratione materiae di tali prescrizioni. Essa dichiara che il pagamento di dividendi a taluni dipendenti può rientrare nelle disposizioni di cui alle direttive 2009/65 e 2011/61 relative alle politiche e alle prassi remunerative, sebbene i dividendi non siano erogati a titolo di corrispettivo dei servizi resi da tali dipendenti, bensì in virtù del diritto di proprietà di questi ultimi in quanto azionisti. Secondo la Corte, dette disposizioni si applicano a siffatti dividendi qualora la politica di pagamento di questi ultimi sia idonea a incentivare i dipendenti di cui trattasi a un'assunzione di rischi che lede gli interessi degli OICVM o dei FIA gestiti dalla loro società nonché gli interessi dei loro investitori, e a facilitare pertanto l'elusione delle prescrizioni derivanti dalle disposizioni in parola.

Giudizio della Corte

In primo luogo, la Corte interpreta le direttive 2009/65 e 2011/61 al fine di determinare l'ambito di applicazione ratione materiae delle politiche e delle prassi di remunerazione definite da dette direttive. Tali politiche si applicano a qualsiasi pagamento o a qualsivoglia altro beneficio erogato a titolo di corrispettivo dei servizi professionali prestati dai dipendenti delle società di gestione di OICVM o dei GEFIA che rientrano nell'ambito di applicazione ratione personae di dette politiche e prassi.

Per quanto riguarda i dividendi di azioni di una società di gestione di OICVM o di un GEFIA, è vero che essi sono corrisposti non a titolo di siffatto corrispettivo, bensì in virtù di un diritto di proprietà sulle azioni della società. Tuttavia, ai sensi delle direttive 2009/65 e 2011/61, occorre evitare che la remunerazione variabile venga erogata tramite strumenti o secondo modalità che facilitano l'elusione delle prescrizioni di tali direttive disciplinanti le politiche e le prassi di remunerazione.

Qualora la politica di pagamento di siffatti dividendi incoraggi un'assunzione di rischi non coerente con i profili di rischio, i regolamenti o gli atti costitutivi degli OICVM o dei FIA gestiti da tale società o GEFIA, o sia lesiva degli interessi di detti OICVM o FIA e delle persone che vi hanno investito, e faciliti quindi l'elusione delle prescrizioni derivanti dalle disposizioni delle direttive 2009/65 e 2011/61 relative alle politiche e alle prassi remunerative, il pagamento in parola dovrà essere soggetto ai principi disciplinanti le politiche e le prassi remunerative. In tale contesto, il giudice del rinvio è tenuto a verificare, in particolare, se, tra i profitti realizzati dagli OICVM e dai FIA, quelli realizzati dalla società interessata e gli importi versati a titolo di dividendi, esista un collegamento tale per cui i dipendenti abbiano un interesse a che gli OICVM e i FIA realizzino a breve termine i maggiori profitti possibili. Ciò si verificherebbe, segnatamente, nel caso di un versamento da parte dell'OICVM o del FIA di una commissione legata al rendimento alla società interessata non appena venisse superato un rendimento atteso nel corso di un determinato periodo di riferimento e laddove detta commissione fosse ridistribuita, in tutto o in parte, dalla medesima società, sotto forma di dividendi, ai dipendenti di cui trattasi o alle società da essi controllate, indipendentemente dai risultati conseguiti dall'OICVM o dal FIA dopo tale periodo e, in particolare, dalle perdite subìte dall'OICVM o dal FIA. Altri elementi da verificare sono, in particolare, l'entità e il tipo di partecipazioni detenute dai dipendenti di cui trattasi, i diritti di voto ad esse connesse, la politica e il processo decisionale per la distribuzione degli utili della società nonché l'eventuale esiguità, in relazione ai servizi professionali prestati, dell'importo della retribuzione fissa versata ai dipendenti.

In secondo luogo, la Corte precisa che l'interpretazione delle direttive così ottenuta è conforme all'articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), che sancisce il diritto di proprietà ed è applicabile alla proprietà di azioni e al diritto di percepire dividendi quali quelli di cui trattasi nel caso di specie.

La Corte constata che l'interpretazione delle direttive 2009/65 e 2011/61 non ha l'effetto di rimettere in discussione il diritto di proprietà dei dipendenti interessati sulle azioni della società per la quale essi lavorano e non determina, pertanto, una privazione di proprietà, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, seconda frase, della Carta. Resta il fatto che l'applicazione, correlata a detta interpretazione, dei principi disciplinanti le politiche e le prassi remunerative a dividendi di azioni costituisce una regolamentazione per legge dell'uso dei beni, ai sensi dell'articolo 17, paragrafo 1, terza frase, della Carta. Siffatta regolamentazione è idonea a pregiudicare l'esercizio del diritto di proprietà e, segnatamente, la possibilità per i dipendenti azionisti di trarre profitto da tale proprietà.

Tuttavia, le limitazioni ai diritti degli azionisti che ne deriverebbero rispettano le condizioni richieste dalla Carta. Esse sono infatti previste dalla legge, ossia dalle direttive 2009/65 e 2011/61 e dalla normativa nazionale di trasposizione delle medesime, non pregiudicano la sostanza stessa del diritto di proprietà, e rispondono a obiettivi di interesse generale riconosciuti dall'Unione, vale a dire la tutela degli investitori e la stabilità del sistema finanziario, rispetto ai quali appaiono proporzionate.

(Fonte: curia.europa.eu)