Omessa pronuncia sull'istanza di rinvio alla CGUE: le questioni deferite all'Adunanza Plenaria

Redazione Scientifica
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25 Ottobre 2022

Alla Plenaria i quesiti concernenti se e a quali condizioni possa configurarsi l'errore di fatto revocatorio nel caso di omissione di pronuncia sull'istanza di rinvio per l'incompatibilità delle disposizioni comunitarie con le norme da applicare al caso concreto.

Con l'ordinanza in esame la IV sezione del Consiglio di Stato ha sottoposto all'Adunanza plenaria alcuni quesiti concernenti l'omessa pronuncia sull'istanza di rinvio alla Corte di giustizia dell'Unione europea, considerato il contrasto tra decisioni della giurisprudenza amministrativa, diversamente orientate.

Le questioni deferite sono sorte in un contenzioso promosso per la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato di rigetto dell'appello proposto, a causa della “palese mancata percezione o errata lettura materiale dell'atto processuale”. Il giudice d'appello, fraintendendo la questione prospettata dalle parti, si sarebbe pronunciato su questione diversa dai motivi di appello, configurandosi, ad avviso del ricorrente, un errore di fatto revocatorio in termini di omessa pronuncia sulla compatibilità delle disposizioni nazionali applicabili alla controversia con quelle del diritto comunitario; il vizio di omessa pronuncia è stato esteso anche al travisamento del contenuto dell'istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione europea.

Ai fini dell'esame, la sezione remittente ha richiamato un consolidato orientamento espresso dall'Adunanza plenaria, cui la giurisprudenza successiva, anche recente, del Consiglio di Stato si è costantemente conformata. Secondo questa prima tesi interpretativa, sebbene l'omessa pronuncia su domande o eccezioni di parte costituisca una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e, dunque, un errore di diritto, che preclude l'ammissibilità del rimedio revocatorio, non può escludersi che tale violazione possa conseguire ad un errore di fatto revocatorio inteso come omesso esame e/o travisamento di un atto processuale.

Tuttavia, l'errore revocatorio è ammissibile solo se sia dipeso da un errore nella percezione dell'esistenza o del contenuto materiale dell'atto processuale, per il quale il giudice abbia fondato il suo convincimento su di un falso presupposto di fatto, e sia attinente ad un punto non controverso, sul quale la decisione non abbia espressamente motivato. Il vizio di omessa pronuncia su domande o eccezioni di parte, che delimitano il thema decidendum, deve emergere dalla motivazione della sentenza, laddove la questione posta dall'appellante non risulti esaminata e non ci sia corrispondenza logica tra la domanda e il contenuto della sentenza.

Il Collegio rileva che, in base all'impostazione in commento, l'omessa pronuncia su domande o eccezioni di parte è equiparata all'omessa pronuncia o al fraintendimento su questioni pregiudiziali di rilevanza comunitaria, perché con l'istanza di rimessione si domanda al giudice nazionale di deferire la valutazione di una questione all'unico giudice esclusivamente competente a fornire l'esatta e uniforme interpretazione del diritto europeo. Proprio a fronte della competenza esclusiva del giudice europeo, la rimessione, per il Consiglio di Stato quale Corte di ultima istanza, costituisce un obbligo giuridico, per cui sulla deduzione difensiva relativa all'interpretazione del diritto comunitario il giudice deve comunque pronunciarsi, così come sulla domanda e sulle eccezioni sollevate, rinviando la questione alla Corte di giustizia o motivando il diniego di rimessione.

Successivamente il collegio richiama un secondo, recente orientamento del Consiglio di Stato, che giungendo a conclusioni opposte al precedente, afferma che l'omessa pronuncia sull'istanza di rinvio pregiudiziale non integra l'errore di fatto revocatorio; il rimedio revocatorio non è esperibile nei casi in cui il giudice, anche di ultima istanza, abbia omesso il rinvio pregiudiziale alla Corte europea, pronunciandosi negativamente od omettendo la pronuncia. Sulla base del principio jura novit curia, l'esatta interpretazione delle norme per decidere la controversia rientra nella esclusiva disponibilità officiosa del giudice, per cui le deduzioni difensive delle parti non vincolano il giudice, se non nei limiti del thema decidendum, così come non condizionano la scelta in ordine al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.

Di conseguenza, l'istanza di rinvio pregiudiziale rappresenta una “mera sollecitazione al rilievo officioso”, che, sul piano formale, non può essere considerata una domanda o una eccezione, in relazione alla quale operi il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

Dunque, alla luce di questo secondo orientamento, non può esistere una pretesa tutelabile ex se a conoscere il punto di vista della Corte di giustizia; è escluso l'errore di fatto revocatorio della sentenza sia nel caso in cui la questione della incompatibilità con il diritto europeo sia stata sollevata ma nella sentenza non risulti esaminata, sia nel caso in cui il giudice d'appello abbia equivocato la questione di una incompatibilità con il diritto europeo delle norme da applicare al caso concreto.

In conclusione, considerato che i due orientamenti interpretativi forniscono una soluzione contrapposta sulla qualificazione dell'omessa pronunzia su questione interpretativa di diritto comunitario, sono sottoposte all'Adunanza plenaria le seguenti questioni:

a) se e a quali condizioni la condotta del giudice che ometta di pronunciarsi sull'istanza di rinvio alla Corte di giustizia dell'Unione europea formulata da una delle parti in causa ex art. 267 T.F.U.E. sia qualificabile come omissione di pronuncia dovuta ad errore di fatto con conseguente ammissibilità della revocazione della sentenza pronunciata ai sensi degli artt. 106 c.p.a. e 395, comma 1, n. 4), c.p.c.;

b) in particolare, se configuri l'omissione di pronuncia di cui sopra il caso in cui il giudice non si sia pronunciato sull'istanza di rinvio in conseguenza di un fraintendimento in cui è incorso in merito alla questione di possibile incompatibilità delle disposizioni interne da applicare per risolvere la controversia con il diritto dell'Unione europea prospettata dalla parte nei motivi di appello.