Sulla legittimità della c.d. clausola di “territorialità”

25 Ottobre 2022

Alle concessioni di servizi si applicano, per effetto del combinato disposto degli artt. 30 e 164 d.lgs. n. 50/16, i principi generali del Codice, tra cui quelli di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità. Non è conforme ai predetti principi ed è, pertanto, illegittima la c.d. clausola di “territorialità” prevista dall'avviso di gara che ammette alla partecipazione i soli “organismi giuridici senza scopo di lucro in forma singola o associata, aventi sede legale nel Comune di Ladispoli, costituite da almeno due anni”, atteso che la limitazione della partecipazione ai soli enti aventi sede legale in Ladispoli è priva di alcuna giustificazione oggettiva e, come tale, risulta in palese contrasto con i summenzionati principi.

Il caso. La ricorrente impugnava numerosi atti relativi ad una procedura di gara tra cui: la determinazione dirigenziale con cui il Comune indiceva la procedura per l'affidamento della concessione di uno spazio dedicato ad attività culturali, l'avviso di gara avente ad oggetto la disciplina dello svolgimento della procedura, la determinazione dirigenziale di approvazione del predetto verbale di gara e di aggiudicazione della procedura in favore della contro interessata e gli atti connessi, ivi compresi i verbali di gara. Lamentava l'illegittimità di una clausola di esclusione contenuta nel bando di gara in quanto lesiva del principio di concorrenza e non idonea a perseguire alcun fine pubblico.

La pronuncia del TAR Lazio. Il Tribunale, dopo aver dichiarato infondate le eccezioni del Comune, relative all'inammissibilità e all'irricevibilità del gravame per carenza di interesse e di legittimazione a ricorrere in capo alla ricorrente, ha accolto il ricorso.

Il motivo di censura, secondo il Collegio, è fondato alla luce delle seguenti specificazioni.

La procedura di gara ha ad oggetto l'affidamento in concessione della gestione di uno spazio comunale adibito allo svolgimento di attività culturali e di intrattenimento, per un periodo di 3 anni in cui, a fronte dell'obbligo posto in capo al concessionario di “custodia dell'area”, “manutenzione e pulizia dello spazio”, “servizio di informazione” e “gestione eventi”, l'aggiudicatario avrebbe avuto la possibilità di sfruttare economicamente l'area per l'organizzazione, in proprio, di eventi e trattenere i relativi introiti.

Tale rapporto è qualificabile come “concessioni di servizi” alla stregua di quanto previsto dall'art. 3 lettera vv) d. lgs. n. 50/16 secondo cui la concessione di servizi è “un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall'esecuzione di lavori di cui alla lettera l) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi”.

Alle concessioni di servizi si applicano, per effetto del combinato disposto degli artt. 30 e 164 d. lgs. n. 50/16, i principi generali del codice tra cui quelli di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità.

Il Tribunale ha ritenuto non conforme ai predetti principi e, pertanto, illegittima la c.d. clausola di “territorialità” prevista dall'avviso di gara che ammette alla partecipazione i soli “organismi giuridici senza scopo di lucro in forma singola o associata, aventi sede legale nel Comune di Ladispoli, costituite da almeno due anni”.

La limitazione della partecipazione ai soli enti aventi sede legale in Ladispoli è, secondo i giudici, priva di alcuna giustificazione oggettiva e, come tale, risulta in palese contrasto con i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità come ha avuto modo, in più occasioni, di precisare la giurisprudenza (Cons. Stato n. 3147/2019).

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