L'identità dei mezzi per fornire e ricevere servizi esclude la stabile organizzazione ai fini IVA

Pasqualina A. P. Condello
26 Ottobre 2022

Ai sensi dell'articolo 44 della direttiva 20067112/CE e successive modificazioni e dell'articolo 11 del regolamento di esecuzione 282/2011/UE, una società avente la propria sede legale in uno Stato membro non dispone di una stabile organizzazione in un altro Stato membro per il semplice fatto che tale società vi detiene una società figlia, che le mette a disposizione mezzi umani e tecnici in forza di contratti l'obbligano a fornire alla società madre, in via esclusiva, servizi di marketing, regolamentazione, pubblicità e rappresentanza idonei ad incidere direttamente sul volume delle relative vendite.
Il principio

Con sentenza 7 aprile 2022 in causa C – 333/20, Berlin Chemie A. Menarini s.r.l. , la Corte di Giustizia U.e. ha affermato che l'articolo 44 della direttiva 20067112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, e l'articolo 11 del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011 del Consiglio, del 15 marzo 2011, recante disposizioni di applicazione della direttiva 2006/112, devono essere interpretati nel senso che una società avente la propria sede legale in uno Stato membro non dispone di una stabile organizzazione in un altro Stato membro per il motivo che tale società vi detiene una società figlia che mette a sua disposizione mezzi umani e tecnici in forza di contratti con i quali essa le fornisce, in via esclusiva, servizi di marketing, regolamentazione, pubblicità e rappresentanza che sono in grado di avere un'influenza diretta sul volume delle sue vendite.

Il fatto

Nel giugno del 2011, la società tedesca Berlin Chemie AG concluse con la società figlia rumena un contratto di marketing, regolamentazione, pubblicità e servizi di rappresentanza, disciplinato dal diritto tedesco, con il quale la seconda si impegnava a promuovere i prodotti farmaceutici della prima in Romania, e, in particolare, a porre in essere attività volta a garantire che la controllante fosse autorizzata a distribuire i propri prodotti in Romania, a fornire assistenza negli studi clinici e in altre attività di ricerca e sviluppo, nonché a ricevere gli ordini di prodotti farmaceutici provenienti dai distributori all'ingrosso in Romania e a trasmetterli alla società tedesca, oltre che a trattare le fatture e trasmetterle ai clienti della controllante. La società tedesca, a fronte dei servizi forniti dalla società rumena, si obbligò a versare un corrispettivo mensile, da calcolarsi sulla base della somma di tutte le spese effettivamente sostenute, maggiorata del 7,5% per anno civile.

La società rumena, ritenendo che il luogo di prestazione dei servizi fosse situato in Germania, fatturò i servizi alla società tedesca al netto dell'IVA e, a decorrere dal 14 marzo 2013, il pagamento di tali servizi venne effettuato mediante la conclusione di accordi di compensazione tra le fatture di servizi emesse dalla società rumena nei confronti della società tedesca ed il mutuo a titolo oneroso concesso da quest'ultima alla società rumena, essendo identico il valore delle fatture e del mutuo.

L'amministrazione fiscale, in esito ad un controllo, ritenne che le prestazioni di servizi fornite dalla società rumena alla società tedesca fossero state da quest'ultima ricevute in Romania, ove questa aveva disposto una stabile organizzazione, tenuto conto dei mezzi umani e tecnici di cui la società rumena disponeva ed ai quali la società tedesca poteva accedere in maniera ininterrotta.

Emesso un avviso di accertamento che imponeva alla società rumena di pagare una somma corrispondente al supplemento di IVA relativo alle prestazioni rese, la società rumena agì in via giurisdizionale dinanzi alla Curtea de Apel Bucuresti, al fine di chiedere l'annullamento dell'atto impositivo, negando che la società tedesca disponesse di una stabile organizzazione in Romania.

Il giudice adito, osservando che la domanda sulla quale era chiamato a pronunciarsi imponeva la preliminare individuazione del luogo di imposizione dei servizi di marketing, regolamentazione, pubblicità e rappresentanza forniti dalla società rumena alla società tedesca e la preventiva verifica della esistenza di una stabile organizzazione della società tedesca in Romania, ha sospeso il procedimento e proposto questioni pregiudiziali vertenti sull'interpretazione dell'art. 44, seconda frase, della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e dell'art. 11, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 al fine di acclarare:

‹‹1) Se, per poter ritenere che una società che effettua cessioni di beni nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui ha la sede dell'attività economica abbia, ai sensi dell'articolo 44, seconda frase, della [direttiva IVA] e dell'articolo 11 del regolamento [di esecuzione n. 282/2011], una stabile organizzazione nello Stato in cui effettua le cessioni di beni, sia necessario che i mezzi umani e tecnici da essa impiegati nel territorio di quest'ultimo Stato le appartengono, o se sia sufficiente che tale società abbia accesso immediato e permanente a tali mezzi umani e tecnici attraverso un'altra società affiliata, da essa controllata in quanto detiene la maggioranza delle quote sociali;

2) Se, per poter ritenere che una società che effettua cessioni di beni nel territorio di uno Stato membro diverso da quello in cui ha la sede dell'attività economica abbia, ai sensi dell'articolo 44, seconda frase, della [direttiva IVA] e dell'articolo 11 del regolamento [di esecuzione n. 282/2011], una stabile organizzazione nello Stato in cui effettua le cessioni di beni, sia necessario che la presunta organizzazione stabile partecipi direttamente alle decisioni relative alla cessione dei beni o se sia sufficiente che tale società disponga, nello Stato in cui effettua la cessione di beni, di mezzi tecnici e umani messi a sua disposizione mediante contratti conclusi con società terze e aventi ad oggetto attività di marketing, regolamentazione, pubblicità, deposito, rappresentanza, attività che sono in grado di avere un'influenza diretta sul volume delle vendite;

3) Se, nell'interpretazione dell'articolo 44, seconda frase, della [direttiva IVA] e dell'articolo 11 del regolamento [di esecuzione n. 282/2011], la possibilità per un soggetto passivo di avere accesso immediato e permanente ai mezzi tecnici e umani di un altro soggetto passivo affiliato, da esso controllato, escluda che quest'ultima società affiliata possa essere considerata un prestatore di servizi per la stabile organizzazione in tal modo costituita››.

La Corte di giustizia U.e. ha risolto la questione nei termini riportati in premessa (punti da 27 a 57 della decisione).

La motivazione

1 – Nell'affrontare congiuntamente le tre questioni sottoposte al suo esame, la Corte osserva che, ai fini dell'individuazione del luogo delle prestazioni di servizi, l'art. 44 della direttiva IVA stabilisce, alla sua prima frase, che il luogo delle prestazioni di servizi rese ad un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, la seconda frase di tale articolo prevede che, se detti servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è quello in cui è situata la stabile organizzazione.

Secondo quanto già stabilito dalla giurisprudenza della stessa Corte, il punto prioritario di collegamento più utile per la determinazione del luogo di effettuazione delle prestazioni di servizi, sotto il profilo tributario, è dato dal luogo in cui il soggetto passivo dell'imposta ha stabilito la sede della propria attività economica: prendere in considerazione una stabile organizzazione del soggetto passivo costituisce una deroga a tale regola generale, sempre che siano soddisfatte determinate condizioni (cfr. i punti da 27 a 29 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

Con specifico riferimento alla questione dell'esistenza di una stabile organizzazione, nel significato inteso dal richiamato art. 44, seconda frase, la Corte ha ribadito che tale indagine deve essere condotta in funzione non più del soggetto passivo prestatore dei servizi, bensì del soggetto beneficiario al quale i servizi sono forniti (cfr. punto 30 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

A questo proposito, non discostandosi dalla posizione assunta con precedenti pronunce, ha precisato che, ai sensi dell'art. 11 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, la nozione di “stabile organizzazione” designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell'attività economica di cui all'articolo 10 di tale regolamento, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e da una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione (cfr. punto 31 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

Muovendo da tale premessa, la decisione procede all'esame dei criteri che codificano l'esistenza di una “stabile organizzazione” all'estero ai fini IVA tra società infra gruppo nei termini che di seguito si riportano.

2 – Esaminando il primo criterio, che richiede una struttura permanente e dotata di mezzi tecnici e di personale, la Corte, dopo avere chiarito che né l'art. 44 della direttiva IVA, né l'art. 11, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione offrono una risposta sulla questione prospettata dal giudice di rinvio – se i mezzi umani e tecnici debbano appartenere direttamente alla società destinataria dei servizi stabilita in altro Stato membro o se, piuttosto, sia sufficiente che tale società abbia accesso immediato e permanente a tali mezzi attraverso una società collegata che essa controlla – ha puntualizzato, in conformità ad una giurisprudenza consolidata, che una stabile organizzazione esige una consistenza minima, che presuppone la permanente presenza di mezzi umani e tecnici necessari per determinate prestazioni di servizi, cosicché deve escludersi una stabile organizzazione in assenza di una “struttura visibile”, che si concretizzi attraverso l'esistenza di mezzi umani o tecnici (cfr. i punti da 35 a 37 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

Con riguardo, poi, alla circostanza che una società, prestatrice di servizi, sia una società figlia di un'altra società, destinataria di tali servizi, stabilita in un altro Stato membro, la Corte ha ricordato che occorre tenere conto della realtà economica e commerciale complessiva, che costituisce un criterio fondamentale per l'applicazione del sistema comune dell'IVA, non potendo, quindi, la qualificazione di un'organizzazione come “stabile organizzazione” dipendere dal solo status giuridico dell'entità interessata. Con la ulteriore precisazione che, se è possibile che una controllata costituisca la stabile organizzazione della sua società controllante, una siffatta qualificazione dipende dalle condizioni materiali enunciate dal regolamento di esecuzione n. 282/2011, ed in particolare dall'art. 11, da valutarsi alla luce della realtà economica e commerciale. L'esistenza, sul territorio di uno Stato membro, di una stabile organizzazione di una società stabilita in uno Stato terzo non può, quindi, essere desunta dalla mera circostanza che tale società ivi possiede una società figlia (cfr. i punti da 38 a 40 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

Conseguentemente, ha posto in rilievo la Corte, benché non sia necessario possedere direttamente i mezzi umani e tecnici, per poter ritenere che un soggetto passivo disponga di una struttura avente un grado sufficiente di permanenza in un altro Stato membro, è comunque necessario che tale soggetto passivo abbia il potere di disporre di tali mezzi umani e tecnici come se fossero i propri, sulla base, ad esempio, di contratti di servizio o di locazione che consentano di mettere tali mezzi a disposizione del soggetto passivo e che non possano essere risolti a breve termine.

A tale approdo si perviene, prosegue la Corte, sia tenendo conto del contesto in cui si inseriscono l'art. 44 della direttiva IVA e l'art. 11, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011, sia degli obiettivi perseguiti da tali disposizioni. Infatti, l'art. 44 della direttiva IVA stabilisce il luogo di collegamento fiscale delle prestazioni dei servizi per evitare, da un lato, possibili conflitti di competenza da cui possano derivare doppie imposizioni e, dall'altro, per impedire la mancata imposizione di introiti (cfr. i punti 41 e 42 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

Considerato, infatti, che la ratio sottesa alle disposizioni riguardanti il luogo delle prestazioni di servizi esige che i beni e i servizi siano imponibili, per quanto possibile, nel luogo della loro fruizione, al fine di prevenire l'insorgenza di circostanze che possano compromettere il buon funzionamento del sistema comune dell'IVA, è stato previsto all'art. 44 della direttiva IVA che, quando il servizio è stato fornito a un soggetto che può essere qualificato alla stregua di una “stabile organizzazione” del soggetto passivo, si deve ritenere che il luogo delle prestazioni dei servizi forniti sia il luogo in cui tale stabile organizzazione è situata.

Non può, dunque, subordinarsi l'esistenza di una stabile organizzazione alla condizione che il personale di tale organizzazione sia vincolato da un contratto di lavoro al soggetto passivo stesso e che i mezzi materiali gli appartengano direttamente, perché ciò porterebbe ad applicare in modo restrittivo il criterio previsto dall'art. 11, paragrafo 1, del regolamento di esecuzione n. 282/2011 e determinerebbe incertezza nella determinazione del luogo di collegamento fiscale delle prestazioni di servizi (cfr. i punti da 43 a 48 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

3 – Con riguardo al secondo criterio, secondo il quale l'esistenza della stabile organizzazione richiede una struttura idonea, in termini di mezzi umani e tecnici, a consentire di ricevere le prestazioni di servizi che vengono fornite e di utilizzarle per le esigenze proprie della sua attività, la Corte, sulla base del quadro fattuale esposto dal giudice di rinvio – dal quale risultava che i servizi di pubblicità e marketing forniti dalla società rumena alla società tedesca miravano ad informare, in Romania, i consumatori e gli operatori del settore sanitario in ordine alle caratteristiche dei prodotti farmaceutici venduti dalla società tedesca, limitandosi il personale della società rumena a ricevere ordini provenienti dai nuovi distributori all'ingrosso di medicinali in Romania e a trasmetterli alla società tedesca, senza partecipare alla vendita e senza assumere impegni nei confronti dei terzi in nome e per conto della controllante tedesca - ha spiegato che non è possibile individuare una stabile organizzazione nei casi di realizzazione di prestazioni di servizi quando i mezzi tecnici ed umani messi a disposizione della controllante sono i medesimi mezzi utilizzati dalla controllata per effettuare le prestazioni di servizi.

Così argomentando, la Corte addiviene, quindi, a ritenere, in punto di fatto, che non vi sia la disponibilità, da parte della società tedesca, di una stabile organizzazione in Romania, risultando, nel caso concreto, che i servizi forniti dalla società rumena venivano ricevuti dalla società tedesca, la quale poi utilizzava i propri mezzi umani e tecnici situati in Germania per concludere ed eseguire i contratti di vendita con i distributori dei suoi prodotti farmaceutici in Germania (cfr. i punti da 49 a 56 della decisione e la giurisprudenza ivi richiamata).

4 - La conclusione è, quindi, che una società avente sede legale in uno Stato membro non dispone di una stabile organizzazione in un altro Stato membro per il fatto che tale società vi detiene una società figlia che mette a sua disposizione mezzi umani e tecnici in forza di contratti con i quali essa le fornisce, in via esclusiva, prestazioni di servizi che sono in grado di avere un'influenza diretta sul volume delle sue vendite.

Considerazioni

1 – La decisione in rassegna, dando continuità ad un percorso argomentativo già intrapreso con precedenti pronunce, fornisce un ulteriore tassello utile a individuare i confini che delimitano il perimetro della stabile organizzazione ai fini IVA tra società infra gruppo.

Prendendo le mosse dalla lettura degli artt. 44 della direttiva IVA n. 2006/112/CE e 11 del Regolamento di esecuzione n. 282/2011, che si occupano di disciplinare il luogo delle prestazioni di servizi rese ad un soggetto passivo, la Corte si prefigge lo scopo di ribadire che, in ambito IVA, il ruolo della stabile organizzazione assume particolare rilievo, poiché consente, con riferimento alle prestazioni di servizi, di individuare il luogo di effettuazione dell'operazione, elemento rilevante ai fini della territorialità e della individuazione del soggetto debitore dell'imposta.

Sotto tale profilo, riprendendo principi già espressi, la Corte torna a precisare che il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica appare come punto di riferimento preferenziale, nel senso che la presa in considerazione di un altro centro di attività stabile a partire dal quale viene resa la prestazione di servizi entra in linea di conto solo nel caso in cui il riferimento alla sede non conduca ad una soluzione razionale dal punto di vista fiscale o crei un conflitto con un altro Stato membro (C.G.U.E. 4 luglio 1985, causa C-168/84, Berkholz, punto 17; C.G.U.E. 17 luglio 1997, causa C- 190/95, punto 15; C.G.U.E. Faaborg-Gelting Linien, C-231/94, punto 16; C.G.U.E. 16 ottobre 2014, C- 605/12, Welmory sp. z o.o., punti 53 e 56; C.G.U.E. 7 maggio 2020, C- 547/18, Dong Yang Electronics, punto 26). In altri termini, l'assunzione di un luogo differente, anche in ragione delle notevoli difficoltà accertative, opera solamente nel caso in cui il criterio della sede della propria attività porti ad un risultato non razionale con la tassazione del servizio in uno Stato membro, considerato che la presunzione che le prestazioni di servizi siano fornite nel luogo in cui il soggetto beneficiario ha stabilito la sede della propria attività economica consente di evitare, tanto alle competenti autorità degli Stati membri quanto ai prestatori di servizi, di svolgere ricerche complesse al fine di determinare il punto di collegamento fiscale (C.G.U.E. 16 ottobre 2014, C- 605/12, Welmory sp. z o.o., punto 55).

Assicurando continuità alla giurisprudenza unionale, la decisione in esame, pur non disconoscendo che, in via di principio, una società controllata possa assumere la natura di stabile organizzazione ai fini IVA della propria controllante estera, evidenzia in modo chiaro come tale circostanza debba essere valutata nel caso concreto, dovendosi tenere conto non solo dei legami societari tra le parti, ma soprattutto del ruolo svolto dalla società controllata in relazione allo specifico servizio reso alla società controllante estera. Segnatamente, nella prospettiva di svincolare l'individuazione della stabile organizzazione da una valutazione soggettiva, la Corte dà prevalenza a profili fattuali ed oggettivi rispetto a quelli giuridico formali, considerando che una società controllata possa integrare una stabile organizzazione della propria società madre solo laddove vi sia stato un positivo riscontro delle condizioni materiali previste dall'art. 11 del regolamento di esecuzione n. 282/2011, valutate alla luce della effettiva realtà economica e commerciale (C.G.U.E. 7 maggio 2020, C- 547/18, Dong Yang Electronics, punti 31 e 32).

Tale indagine, come suggerisce la Corte, deve essere condotta avendo riguardo non già al soggetto passivo che fornisce le prestazioni di servizi, ma piuttosto al soggetto beneficiario dei medesimi e la sussistenza di una stabile organizzazione dev'essere valutata sulla base della presenza di un grado sufficiente di permanenza della struttura e della disponibilità da parte di quest'ultima di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di fornire i servizi di cui assicura la prestazione, ovvero di ricevere ed utilizzare i servizi che le vengono prestati (cd. stabili organizzazioni passive), a prescindere dallo status giuridico dei soggetti coinvolti, che possono dunque anche essere due distinti soggetti passivi ai fini del tributo.

Escluso, dunque, che l'esistenza sul territorio di uno Stato membro di una stabile organizzazione di una società stabilita in uno Stato terzo possa evincersi direttamente dalla sola circostanza che tale società ivi possieda una propria controllata (C.G.U.E. 7 maggio 2020, C- 547/18, Dong Yang Electronics, punto 33), la decisione qui in esame offre criteri applicativi per individuare, o escludere, la presenza di una stabile organizzazione ai fini IVA, sollecitando che l'accertamento venga svolto sulla base della realtà economica e commerciale.

Invero, sebbene la società controllata possa assumere il duplice ruolo di soggetto giuridico autonomo o di stabile organizzazione ai fini IVA della società controllante estera, la Corte ha ben evidenziato che la verifica di questa seconda veste debba essere operata caso per caso in punto di fatto dal giudice di rinvio, avendo cura di osservare in maniera più organica, data la dinamica complessiva del rapporto commerciale, lo specifico ruolo svolto dalla società controllata in relazione al singolo sevizio reso o prestato. E ciò perché, indipendentemente dai legami societari che possono esservi tra le società, alla luce delle direttrici indicate dalla Corte, la società controllata, quando i mezzi tecnici utilizzati per erogare i servizi alla controllante estera siano gli stessi che vengono utilizzati per ricevere il medesimo servizio, non può essere considerata stabile organizzazione della controllante, venendo altrimenti meno la necessaria alterità soggettiva tra prestatore e committente.

La Corte, affermando che “gli stessi mezzi non possono essere utilizzati contemporaneamente per fornire e per ricevere gli stessi servizi”, puntualizza, in modo innovativo, che tale “sovrapposizione” conduce ad escludere la disponibilità, da parte della controllante, di una stabile organizzazione sul territorio dell'altro Stato membro, a nulla rilevando che la società controllata, in forza di un contratto, abbia messo a disposizione della prima mezzi umani e tecnici, con i quali le fornisce prestazioni di servizi e nonostante detti servizi abbiano o possano avere un'influenza diretta sul volume delle vendite della controllante.

2 – Sul piano del nostro ordinamento nazionale, il termine “stabile organizzazione” è richiamato sia dall' art. 7, comma 1, lett. d), del d.p.r. 633/72 (art. 7, comma 1, lett. d) del d.p.r. 633/72: ‹‹Agli effetti del presente decreto: […] d) per “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all'estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all'estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede effettiva”››), sia dagli artt. 17, 21, 38-ter e 40 dello stesso d.p.r. 633/72, ma non ne è definito il concetto, che neppure è ricavabile da altre disposizioni normative.

La nozione di stabile organizzazione agli effetti dell'IVA neanche può essere mutuata dalla normativa sull'imposizione diretta, avendo la nostra Corte di legittimità, già con pronunce non recenti (Cass. 10925/2002, Cass. 3368/2002), precisato che “in tema di IVA, la nozione di stabile organizzazione in Italia di società estera, delineata dall'art. 5 del modello O.C.S.E. di convenzione contro le doppie imposizioni, deve essere integrata alla luce della disciplina uniforme - più restrittiva - dettata in materia dalla sesta direttiva del Consiglio del 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE, il cui art. 9, n. 1, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, fa riferimento al concetto di "centro di attività stabile", il quale richiede l'impiego di risorse umane e materiali, non essendo sufficiente la presenza di impianti nel territorio in cui l'operazione è compiuta”.

La mancanza di una definizione normativa è stata colmata dalla giurisprudenza di legittimità che, nell'ambito di controversie in materia di IVA, recependo le indicazioni di quella unionale, riconosce alla stabile organizzazione l'accezione fornita dall'art. 11 del Regolamento di esecuzione n. 282/2011 (Cass. 27070/17, 12237/18, 12240/18, 32078/18, Cass. 22312/21, Cass. 8133/2022)..

In linea generale, la stabile organizzazione svolge un ruolo strumentale nell'applicazione dell'IVA perché assume la funzione di localizzare territorialmente l'attività d'impresa e, quindi, la sua esistenza risulta determinante ai fini dell'assoggettamento ad IVA delle prestazioni di servizi o della loro esclusione.

Mentre la disposizione contenuta nell'art. 7 del d.p.r. n. 633/73 ha la sola funzione di individuare un criterio di collegamento territoriale per le prestazioni di servizi, ai fini della individuazione del debitore d'imposta è necessario determinare se la stabile organizzazione partecipi o meno all'effettuazione dell'operazione posta in essere dalla casa madre.

L'art. 17 del d.p.r. 633/72, nell'individuare il soggetto passivo in capo al quale sorge il debito d'imposta, sia pure indirettamente, equipara la stabile organizzazione in Italia di un soggetto estero ad un soggetto passivo residente per ciò che riguarda gli acquisti e le cessioni di beni e servizi rilevanti in Italia.

Dalle disposizioni dell'art. 17 citato, lette anche alla luce dell'art. 192-bis della direttiva IVA, si evince che, per le cessioni e per le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, rese da soggetti stabiliti sia in Italia che in altro Stato membro, occorre distinguere l'ipotesi di soggetto estero con stabile organizzazione in Italia e quella di soggetto italiano con stabile organizzazione all'estero.

In relazione alla prima ipotesi, per le operazioni rese nei confronti di soggetti passivi residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, il debitore d'imposta va individuato nel cessionario o committente qualora la stabile organizzazione del prestatore non partecipi all'effettuazione della prestazione o nel cedente o prestatore laddove la stabile organizzazione del prestatore partecipi all'effettuazione dell'operazione. Per le operazioni rese nei confronti di cessionari o committenti non residenti, né stabiliti nel territorio dello Stato e per le operazioni rese nei confronti di cessionari o committenti non soggetti passivi d'imposta, debitore d'imposta è in ogni caso il cedente o prestatore. Quanto alla seconda ipotesi, non trovando applicazione la disposizione di cui all'art. 192-bis della direttiva 2006/112/CE, il debitore d'imposta deve comunque essere individuato nel cedente o prestatore.

In sostanza, l'art. 192-bis della direttiva IVA stabilisce che il soggetto estero che dispone di una stabile organizzazione nel luogo in cui è dovuta l'imposta si considera soggetto passivo non stabilito qualora abbia effettuato in tale luogo un'operazione imponibile senza la partecipazione della stabile organizzazione. Dal che si deduce che la situazione è diversamente disciplinata quando la stabile organizzazione partecipa all'operazione.

Ciò trova conferma nell'art. 53 del regolamento n. 282/2011 che, ai fini dell'art. 192-bis della direttiva IVA, chiarisce che vi è partecipazione quando il soggetto estero abbia utilizzato mezzi umani e tecnici della stabile organizzazione per operazioni inerenti alla realizzazione dell'operazione imponibile, con la precisazione che non rilevano, a tale fine, i mezzi utilizzati solo per funzioni di supporto amministrativo (come la contabilità, la fatturazione o il recupero crediti), e che, qualora venga emessa fattura con il numero identificativo dell'IVA della stabile organizzazione, si considera che essa abbia partecipato all'operazione. Qualora la stabile organizzazione abbia partecipato, nel termine indicato, all'operazione effettuata dal soggetto estero, essa assume gli obblighi di imposta ed è tenuta ad applicare il tributo nei modi ordinari.

In questo contesto, la decisione in rassegna fornisce un rilevante contributo interpretativo ai fini dell'applicazione del citato art. 17 d.p.r. 633/72.

In primo luogo, essa impone di escludere che possa intendersi che una società non residente disponga di una stabile organizzazione in Italia per il solo fatto che nel territorio nazionale operi una società da essa controllata, la quale, avvalendosi della propria struttura organizzativa, composta da mezzi e risorse umane, le fornisca prestazioni di servizi, trattandosi di circostanza che non costituisce elemento di per sé sufficiente per dimostrare l'esistenza di una stabile organizzazione. Da ciò si deduce, per un verso, che la presenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato non consente di considerare un determinato soggetto come “non residente” e, per un altro verso, che lo stesso soggetto è da considerare stabilito, ma solo per le operazioni che effettua tramite la stabile organizzazione.

In secondo luogo, la decisione individua un ulteriore elemento determinante per escludere la configurazione di una stabile organizzazione, non solo nei rapporti tra società madre e società figlia, ma in tutti i casi in cui la società residente fornisca servizi in favore della società non residente, quando i mezzi tecnici utilizzati dal prestatore per erogare i servizi sono gli stessi che vengono utilizzati per ricevere il medesimo servizio, non potendo esservi identità soggettiva tra prestatore e committente.

Spetterà al giudice nazionale, dunque, una verifica puntuale riferita al singolo servizio prestato, da effettuare mediante le chiavi di lettura indicate dal giudice unionale, dipendendo la corretta individuazione del debitore d'imposta dalla valutazione in merito all'esistenza di una stabile organizzazione del soggetto estero, nonché dall'eventuale intervento di quest'ultima nell'operazione oggetto di analisi.