Determinazione dell'assegno di mantenimento: rileva anche l'assegnazione della casa familiare

02 Novembre 2022

In che misura l'assegnazione della casa coniugale incide nella determinazione dell'assegno dovuto da un coniuge all'altro per il suo mantenimento e/o per quello dei figli?
Massima

In tema di separazione personale tra i coniugi, deve attribuirsi rilievo anche all'assegnazione della casa familiare che, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e del suo interesse a permanere nell'ambiente domestico, indubbiamente costituisce un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, anche quando il coniuge separato assegnatario dell'immobile ne sia comproprietario, perché il godimento di tale bene non trova fondamento nella comproprietà dello stesso, ma nel provvedimento di assegnazione, opponibile anche a terzi, che limita la facoltà dell'altro coniuge di disporre della propria quota e si traduce in un pregiudizio economico valutabile ai fini della quantificazione dell'assegno dovuto.

Il caso

La Corte d'Appello di Reggio Calabria ha rigettato l'impugnazione proposta da Tizio contro la decisione di primo grado del Tribunale della stessa città, il quale aveva pronunciato la separazione personale dei coniugi con addebito al marito e posto a suo carico l'obbligo di contribuire al mantenimento della moglie e della figlia minore con un assegno mensile di € 350 ciascuna.

L'abitazione, in comproprietà tra le parti, era stata assegnata alla moglie Caia stante il collocamento della ragazza presso di lei.

Tizio proponeva così ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi e Caia resistenza con controricorso.

La questione

In che misura l'assegnazione della casa coniugale incide nella determinazione dell'assegno dovuto da un coniuge all'altro per il suo mantenimento e/o per quello dei figli?

Le soluzioni giuridiche

Tizio aveva proposto il ricorso per cassazione, articolando quattro motivi e aveva lamentato, in ordine:

- l'omessa o insufficiente motivazione sulla intollerabilità della convivenza posta a fondamento della domanda di addebito;

- l'omessa o insufficiente motivazione sulla quantificazione dell'assegno stabilito in favore della moglie;

- la mancata valutazione della ricerca di lavoro da parte della moglie solo dopo che Tizio ne contestava l'inerzia ingiustificata;

- l'omessa, insufficiente e contradditoria motivazione sulla condanna al pagamento delle spese di lite, stante anche la soccombenza di Caia.

Il Supremo Collegio ha accolto parzialmente il secondo motivo e, assorbito il quarto, ha dichiarato inammissibili le altre censure. Per questo motivo la sentenza impugnata è stata cassata, seppur con dei limiti precisi, e la causa è stata rinviata alla Corte d'Appello di Reggio Calabria in diversa composizione.

Più precisamente, con riferimento al primo ed al terzo motivo, Tizio aveva prospettato la presenza di una motivazione insufficiente o apparente ma in realtà aveva operato una generalizzata critica di inadeguatezza valutata inammissibile al pari di quanto sostenuto nei confronti delle risultanze istruttorie contenute nella sentenza.

Circostanze non sindacabili in cassazione perché riservate “in via esclusiva all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito” e per cui non è possibile procedere ad una “richiesta di rivisitazione di fatti e circostanze come definitivamente accertati in sede di merito” (v. Cass. civ., n. 20553/2021; Cass. civ., n. 17446/2017).

Il secondo motivo, invece, è stato ritenuto in parte inammissibile – ove Tizio lamentava un vizio motivazionale e contestava le valutazioni di merito – e in parte fondato per la censura riferita alla violazione dell'art. 156 c.c.

I giudici di secondo grado non avevano considerato, infatti, l'utilità dell'assegnazione della casa familiare in comproprietà tra i coniugi ritenendola una statuizione posta nell'esclusivo interesse dei figli, ma ai fini della determinazione delle statuizioni economiche “deve trovare spazio anche l'eventuale godimento della casa familiare, la cui assegnazione, pur essendo finalizzata alla tutela della prole (…) costituisce indubbiamente un'utilità suscettibile di apprezzamento economico, sotto il duplice profilo del risparmio assicurato al coniuge convivente con i figli, rispetto alla spesa che dovrebbe sostenere per procurarsi un alloggio in locazione, e dell'incidenza del relativo uso sulla disponibilità dell'immobile, con la correlata limitazione delle facoltà di godimento e di disposizione spettanti al proprietario” (v. Cass. civ., n. 20858/2021; Cass. civ., n. 25420/2015).

Occorre considerare che si discorre di “utilità” da valutare, quindi, unitamente agli “altri elementi di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell'onerato, suscettibili di incidere sulle condizioni patrimoniali delle parti” (v. Cass. civ., n. 9915/2007) e che l'assegnazione della ex casa coniugale al genitore affidatario o collocatario dei figli “non può valere a soddisfare in via diretta l'obbligo di contribuzione al mantenimento che grava sull'altro genitore, comproprietario dell'immobile” (v. Cass. civ., n. 1642/2022).

Osservazioni

La vicenda in esame ci permette di analizzare diverse questioni, a partire dal controllo sulle eventuali anomalie motivazionali delle sentenze.

In particolare, la riformulazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5), disposta con il d.l. n. 83/2012, art. 54 convertito con modificazioni dalla l. n. 134/2012, secondo cui è deducibile esclusivamente l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, “deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 disp. prel. c.c., come riduzione al minimo costituzionale del sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità, per cui l'anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (v. Cass. civ., sez. un., n. 19881/2014).

Nell'ordinanza in oggetto si legge, infatti, che “a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull'esistenza e sulla coerenza”: da qui l'inammissibilità di alcune delle censure presentate da Tizio.

Quanto all'assegnazione della casa familiare, essa è disciplinata dall'art. 337-sexies c.c., secondo cui “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli”. Dopo un primo contrasto giurisprudenziale poi risolto (v. Cass. civ., sez. un., n. 11297/1995), è ormai pacifico sia in dottrina sia in giurisprudenza che si possa procedere ad assegnazione solamente se vi sono figli conviventi, siano essi minorenni o maggiorenni non ancora autosufficienti economicamente, e che di conseguenza, in assenza di figli, non possa ottenere l'assegnazione il coniuge economicamente più debole, quale forma di prestazione in natura, ancorché parziale, del mantenimento.

Si osserva che in presenza di figli, minorenni o maggiorenni ancora non autosufficienti, si preferisce impiegare l'espressione “casa familiare”, anziché “casa coniugale” perché la destinazione della casa a residenza della famiglia non solo perdura fino a quando sussiste il nucleo familiare, ma persiste nella sua eventuale disgregazione (v. Coccia, La “casa familiare”: qualificazione giuridica e “diritti” del coniuge, in Dir. fam. e pers., 1985, 722 ss.; Cubeddu, La casa familiare, Milano, 2005, 35 ss.).

Pare opportuno sottolineare, infine, che anche in mancanza di un'espressa previsione da parte del giudice, la casa debba intendersi assegnata con tanto di arredamento (v. Cass. civ., n. 878/1986): evidente, pertanto, il sacrificio economico subito dal genitore che perde l'uso dell'immobile, sia egli proprietario in via esclusiva o comproprietario con l'altro coniuge. Basti dire che l'assegnazione comporta un notevole risparmio per il genitore assegnatario, a cui corrispondono tutti i costi di una nuova casa per l'altro genitore, a partire dal canone e dalla cauzione se in locazione oppure dai costi di un acquisto (v. A. Gragnani, Casa familiare: assegnazione, in Ius Famiglie).

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