L'ex coniuge beneficia dell'agevolazione prima casa se acquista una nuova abitazione?

Laura Catania
Sara Loi
03 Novembre 2022

L'ex casa familiare acquistata con l'agevolazione “prima casa” non permette al coniuge non assegnatario un nuovo acquisto agevolato.
Massima

In tema di agevolazioni "prima casa", il requisito della mancanza di titolarità su tutto il territorio nazionale del diritto di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà di un'altra casa acquistata col medesimo beneficio, di cui all'art. 1, nota II bis, lett. c, della parte I della tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, non può essere inteso, atteso il chiaro tenore letterale della disposizione, come mancanza di disponibilità effettiva di essa, sicché non sussiste ove l'immobile di proprietà del contribuente sia stato assegnato, in sede di separazione o divorzio, al coniuge separato o all'ex coniuge, in quanto affidatario di prole minorenne.

Il caso

In via preliminare, occorre riassumere i tratti fondamentali che hanno caratterizzato la vicenda decisa dalla Cassazione.

In sede di separazione veniva assegnata a uno dei coniugi la casa familiare, acquistata dall'altro fruendo dell'agevolazione fiscale c.d. “prima casa” prevista dall'art. 1, nota II bis della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/1986. Il coniuge non assegnatario decideva, quindi, di acquistare per sé un'altra abitazione dichiarandola come “prima casa”, detraendo di conseguenza ai fini IRPEF il credito d'imposta corrispondente all'imposta di registro versata a suo tempo in relazione all'acquisto agevolato della casa familiare.

Secondo l'Agenzia delle entrate, invece, il contribuente non poteva fruire un'altra volta dell'agevolazione “prima casa” in relazione al secondo acquisto, perché l'assegnazione della casa familiare in via esclusiva all'ex coniuge, in sede di separazione, non integra la condizione della “mancanza di titolarità” di altra abitazione richiesta dalla lettera c) della richiamata nota II-bis, motivando che – come oramai pacifico nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 17843/2016) – l'assegnazione della casa familiare attribuisce all'ex coniuge affidatario dei figli un diritto personale di godimento e non un diritto reale, onde la titolarità dell'immobile rimane, in via esclusiva o in comunione con l'ex, al proprietario originario.

Al contribuente venivano, pertanto, notificati due atti impositivi: un primo avviso avente ad oggetto la revoca dell'agevolazione fiscale di cui all'art. 1, nota II bis della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/1986; e un secondo avviso – fondato sul primo - di liquidazione e di irrogazione delle sanzioni per il recupero del credito d'imposta portato in detrazione ai sensi dell'art. 7 l. n. 448/1998.

Questo secondo avviso veniva tempestivamente impugnato dal contribuente, il quale, dopo essere risultato soccombente in entrambi i gradi di merito, decideva di proporre ricorso per cassazione.

La questione

La questione in esame, per quanto specifica, è suscettibile di interessare un'ampia platea di destinatari. Si tratta, infatti, di stabilire se il coniuge separato o divorziato, o il partner di una coppia di fatto, non assegnatario ma proprietario o comproprietario con l'altro della ex casa familiare, possa accedere all'agevolazione “prima casa” sul nuovo acquisto immobiliare, oppure - in ragione del permanere della titolarità (formale) sull'ex casa familiare – questa possibilità gli sia preclusa.

Le soluzioni giuridiche

Appare opportuno, prima di esporre le controverse posizioni interpretative della Cassazione sul tema dell'applicabilità dell'agevolazione fiscale “prima casa” al nuovo acquisto effettuato dal proprietario non assegnatario della casa familiare, richiamare brevemente, per ciò che interessa ai nostri fini, la normativa fiscale di riferimento.

L'art. 1, nota II-bis, Parte I della tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986, agevola l'acquisto della casa di abitazione con la riduzione delle imposte ordinariamente dovute sul trasferimento immobiliare, prevedendo l'applicazione dell'imposta di registro con aliquota del 2% in luogo di quella ordinaria al 9%, in presenza delle condizioni di cui alla richiamata nota II-bis.

In particolare, la nota II-bis dà rilievo alla tipologia dell'immobile, alla sua ubicazione e alla mancata titolarità di diritti reali su altre unità abitative (la cosiddetta “impossidenza”) in via esclusiva oppure “in comunione con il coniuge…nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare” (lett. b) della nota), o anche - ove l'acquisto abbia scontato il prelievo agevolato - “in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale” (lett. c) della nota).

Va rilevato, peraltro, che le lett. b) e c) della nota II-bis rispondono notoriamente ad esigenze differenti: la lett. b), che esclude dall'agevolazione chi già è titolare di altra casa nello stesso Comune dell'immobile da acquistare, sarebbe finalizzata al soddisfacimento di concrete esigenze abitative; la lett. c), che esclude dall'agevolazione chi ne abbia già fruito (e, dunque, a prescindere dall'ubicazione dell'altra casa agevolata), considererebbe la casa come forma di tutela del risparmio monetario.

Questa distinzione, che a prima vista potrebbe sembrare di poco conto, costituisce invece un punto fondamentale nel percorso argomentativo dell'ordinanza in commento, perché l'atto impositivo era stato emesso “in relazione al difetto della condizione di cui al comma 1, lett. c)”, mentre il contribuente aveva basato le proprie difese esclusivamente sull'eccezione di sopravvenuta esigenza abitativa conseguente all'assegnazione della casa familiare, rilevante per la condizione enunciata dalla lett. b), ma irrilevante – a detta dei giudici - per la lett. c) che “guarda alla casa come bene non necessariamente funzionalizzato al soddisfacimento di tali esigenze, quanto piuttosto come forma di tutela del risparmio monetario”.

Sul presupposto della differente finalità assolta dalla due condizioni enunciate alle lett. b) e c) della nota II-bis,la Suprema Corte, con l'ordinanza n. 27088/2022 in commento, e con l'ordinanza gemella n. 27001/2022, ha cassato il ricorso del contribuente, ribadendo il principio di diritto già espresso con l'ordinanza n. 14673 del 18 luglio 2016, secondo cui – stante il chiaro tenore letterale della lett. c), nota II-bis dell'art. 1, Parte I della tariffa allegata al d.P.R. n. 131/1986 – il requisito della “mancanza di titolarità su tutto il territorio nazionale del diritto di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà di un'altra casa acquistata col medesimo beneficio” non può essere inteso “come mancanza di disponibilità effettiva di essa, sicché non sussiste ove l'immobile di proprietà del contribuente sia stato assegnato, in sede di separazione o divorzio, al coniuge separato o all'ex coniuge, in quanto affidatario di prole minorenne”.

In conclusione, secondo la Corte, l'indisponibilità della ex casa familiare, che sia stata acquistata fruendo dell'agevolazione “prima casa”, non permette al proprietario non assegnatario di effettuare un nuovo acquisto agevolato, perché l'assegnazione e la conseguente indisponibilità dell'immobile non equivale a “impossidenza” ai sensi della lett. c) della nota II-bis.

Vale la pena sottolineare che, nella decisione commentata, è stata negata in modo reciso l'esistenza di “contrasti giurisprudenziali anche a livello di Suprema Corte di Cassazione” affermata, per contro, dal contribuente, rigettando in via consequenziale anche la richiesta di disapplicazione delle sanzioni per obiettiva incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione della lett. c) della nota II-bis.

In particolare, è stato ritenuto non pertinente alla fattispecie normativa esaminata – perché relativo, appunto, al contesto applicativo della lett. b) – il riferimento alla inidoneità “giuridico-materiale” della casa familiare assegnata all'ex coniuge a soddisfare le esigenze abitative del proprietario non assegnatario, valorizzato dall'ordinanza n. 22490/2014 della medesima Corte in senso favorevole al contribuente accertato. In quest'ultima pronuncia – concernente il caso di due coniugi, acquirenti in comunione legale di un immobile con le agevolazioni prima casa, che a seguito della separazione erano divenuti titolari al 50% dell'immobile in comunione ordinaria – la Suprema Corte ha affermato che, al verificarsi della separazione legale, la comunione tra ex coniugi di un diritto reale su un immobile, sebbene originariamente acquistato in regime di comunione legale, va equiparata alla contitolarità indivisa tra estranei, compatibile con le agevolazioni prima casa (così, sempre con riguardo alla lett. b) della nota II-bis, anche Cass. n. 3931/2014 e n. 7069/2014, nonché le più risalenti Cass. n. 11564/2006, Cass. n. 2418/2003, Cass. n. 7686/2002, Cass. n. 6492/2000) motivando che “la titolarità della quota è simile a quella di un immobile inidoneo a soddisfare le esigenze abitative. A maggior ragione ciò è giustificato dal fatto che il tribunale aveva assegnato la casa coniugale al marito nella specie”.

È da notare, peraltro, che la fattispecie esaminata nell'ordinanza n. 22490/2014 rientrava chiaramente nell'ipotesi disciplinata dalla lett. c) – come eccepito dall'Erario “la contribuente comunque aveva fruito del beneficio in questione, e pertanto l'agevolazione non poteva più esserle riconosciuta, essendo essa prevista solamente una volta” – ciononostante il Collegio non ne ha tenuto conto, riconoscendo il diritto a fruire per la seconda volta dell'agevolazione de quo sulla scorta di un'interpretazione conforme alla ratio legis della lett. b). In tal senso si deve leggere l'affermazione della Suprema Corte, nell'ordinanza in commento, secondo cui “[non] è utile al ricorrente il richiamo all'ordinanza di questa Corte n. 22490/2014”.

Ed infatti, come ineccepibilmente chiarito da autorevole dottrina (cfr. A. Busani, La proprietà di immobili locati non osta all'acquisto agevolato della “prima casa”, in Corr. trib. 44/2018, 3412), secondo l'attuale prevalente orientamento della Cassazione (per tutte, Cass. n. 2565/2018), l'inidoneità soggettiva o oggettiva (anche dovuta a fattori giuridici) della casa preposseduta consente un nuovo acquisto agevolato (e cioè senza che si debba alienare la casa preposseduta) “qualora si tratti di una prepossidenza (non acquistata con l'agevolazione “prima casa” e) ubicata nel medesimo Comune nel quale è ubicata la casa oggetto del nuovo acquisto”; per contro, non permette un nuovo acquisto agevolato “qualora si tratti di una prepossidenza, ovunque ubicata, che sia stata acquistata con l'agevolazione “prima casa”.

In altri termini, la titolarità di una abitazione (ancorché inidonea all'uso abitativo in quanto locata a terzi o assegnata in godimento al coniuge collocatario della prole) ubicata nel medesimo Comune o altrove, che abbia scontato il prelievo agevolato come “prima casa”, impedisce in ogni caso l'avvalimento del trattamento agevolativo sul nuovo acquisto (a meno di non vendere la casa preposseduta prima del nuovo rogito d'acquisto o entro l'anno successivo).

Osservazioni

Alla luce degli orientamenti di Cassazione sopra riportati appare evidente come alla “Questione” posta inizialmente non sia possibile dare una risposta univoca, atteso che la possibilità per il coniuge non assegnatario di fruire dell'agevolazione “prima casa” dipende dall'aver fruito a suo tempo, o meno, della medesima agevolazione sull'acquisto della casa familiare, con la conseguenza che (data per presupposta la possidenza della sola ex casa familiare e non, anche, di altre abitazioni che potrebbero mutare il quadro impositivo) potranno profilarsi le seguenti tre ipotesi:

- se la casa familiare assegnata all'ex è stata acquistata con l'agevolazione si rientra chiaramente nel perimetro della lett. c), ciò che esclude per il proprietario non assegnatario la possibilità di fruirne nuovamente (fintanto che perdura la titolarità su tale immobile);

- se la casa familiare assegnata all'ex non è stata acquistata con l'agevolazione sarà consentito al proprietario non assegnatario di avvalersi dell'agevolazione “prima casa” sul nuovo acquisto ubicato nel medesimo Comune, in considerazione dell'inidoneità abitativa – come interpretata dall'attuale prevalente orientamento di Cassazione alla luce della ratio legis della lett. b) – della casa oggetto del provvedimento di assegnazione;

- se la casa familiare assegnata all'ex non è stata acquistata con l'agevolazione e la nuova abitazione è ubicata in altro Comune, non si rientra nel perimetro delle lett. b) e c), pertanto sarà sempre possibile usufruire dell'agevolazione “prima casa”.

Ebbene, posto che l'art. 337-sexies c.c.. sancisce in modo solenne che “il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli” e prosegue stabilendo che “dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolamentazione dei rapporti economici tra i genitori, considerando l'eventuale titolo di proprietà”, appare evidente come la norma codicistica, così come le norme speciali - anche fiscali - collegate, debbano trovare la propria ratio tanto nella tutela dell'habitat dei figli, quanto nel valore economico che l'assegnazione della casa familiare ha nelle dinamiche di divisione del nucleo familiare.

Tale attenzione è altresì confermata dall'applicabilità dell'art. 19 l. 74/1987 all'accordo patrimoniale a favore della prole e dell'ex coniuge/partner quando il trasferimento mobiliare/immobiliare sia elemento funzionale e indispensabile ai fini della risoluzione della crisi coniugale o della famiglia di fatto.

Proprio l'esenzione ex art. 19 l. 74/1987, che trova la propria ratio nella necessità di favorire la definizione dei rapporti evitando che la pretesa fiscale possa incidere negativamente su coloro che vivendo la crisi del rapporto devono superare le difficoltà regolando reciproci rapporti patrimoniali, potrebbe infatti attenuare gli effetti e le criticità di un orientamento della Suprema Corte così restrittivo in ordine alla ”possidenza” di altre unità abitative al fine di poter beneficiare del “beneficio prima casa”.

Il proprietario non assegnatario, privato per un tempo indefinito della casa agevolata, in sede di regolamentazione della crisi familiare, potrà trasferire all'ex coniuge/partner o ai figli il proprio diritto di proprietà:

l senza incorrere in sanzioni attinenti la vendita prima dei 5 anni dell'abitazione ”agevolata” anche se non riacquista altra abitazione entro l'anno successivo;

l al fine di dare soluzione al tema del mantenimento prevedendo un trasferimento immobiliare interamente satisfattivo di tale obbligo in luogo cioè della corresponsione di un assegno periodico. Tale soluzione raggiungibile in sede giudiziaria, tanto per l'ex partner quanto per i figli minori, dovrà essere ovviamente valutata dal Tribunale e dal Giudice Tutelare che dovrà autorizzare tale acquisto da parte del minore avente diritto al mantenimento da parete di entrambi i genitori;

Il non assegnatario si potrebbe così “spogliare” della titolarità della casa familiare acquistata con il beneficio prima casa e potrà quindi utilizzare nuovamente l'agevolazione prima casa non essendo più intestatario di altra abitazione beneficiata.

Dall'esame contestuale delle due discipline agevolative, come interpretate dalla giurisprudenza di legittimità, è possibile pertanto individuare delle possibili soluzioni alle problematiche di ordine fiscale.

Riferimenti

A. Turchi, Acquisto e godimento dell'abitazione familiare tra norme di favore e imposizione patrimoniale, in Innovazione e diritto, 2/2015, 235-300;

M.C. Fregni, Agevolazioni fiscali ‘‘prima casa”: trasferimento della proprietà all'ex coniuge, in Giurisprudenza italiana, 2/2016, 308-309.