La revoca dell'assegno divorzile con un figlio maggiorenne a carico

Paola Silvia Colombo
07 Novembre 2022

È possibile la revoca dell'assegno divorzile nei confronti dell'ex-coniuge che non sia risposato e che abbia un figlio maggiorenne ancora a carico?

Assegno divorzile: Una volta riconosciuto il diritto all'assegno divorzile il coniuge pur non risposato con un figlio studente universitario quasi trentenne ancora a suo carico, potrebbe comunque perdere l'assegno per questioni economiche a seguito di richiesta di nulla potere o dovere più avanzata dall'ex-coniuge che ha perso il lavoro?

L'assegno divorzile è il contributo economico corrisposto periodicamente o una tantum da uno dei due ex-coniugi a favore dell'altro se questi non ha mezzi di sostentamento adeguati o non se li possa procurare per ragioni oggettive.

Secondo quanto stabilito dalle ultime sentenze della Corte di Cassazione a S.U. e in particolar modo nella pronuncia n. 26682/2021, l'assegno divorzile, oggi, assolve una funzione composita: da una parte assistenziale e dall'altra compensativa - perequativa.

Ciò sta a significare che, per la determinazione dell'assegno, il giudice dovrà valutare non solo la sproporzione reddituale tra le parti bensì anche il contributo endofamiliare fornito in costanza di matrimonio dal coniuge richiedente. Più specificatamente, la funzione assistenziale è oggi diretta a garantire il raggiungimento dell'indipendenza e autosufficienza economica dell'ex-coniuge richiedente, “intesa non quale pura sopravvivenza ma ancorata ad un criterio di normalità ovvero alla concreta situazione dell'ex-coniuge richiedente nel contesto in cui vive.” (Cass. Civ. ordinanza 28488/2022).

Diversamente, la natura perequativa – compensativa dell'assegno divorzile, assolve una c.d. funzione equilibratrice: non è finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita endoconiugale bensì al riconoscimento in concreto di un livello reddittuale adeguato al ruolo endofamiliare assunto nonché alle occasioni e aspirazioni professionali e reddituali realisticamente sacrificate dall'ex-coniuge richiedente - economicamente più debole – per la formazione dell'attuale patrimonio familiare (Cass. Civ. 15773/2020).

Fatta tale breve e doverosa premessa, è bene tuttavia precisare come l'assegno divorzile non rappresenti un istituto giuridico immutabile e perenne, bensì, anche in seguito ad una sentenza di divorzio passata in giudicato, il giudice può, a determinate condizioni, disporre una revisione del suo importo così come stabilirne la sua totale revoca.

A norma dell'art. 9, comma 1, della L. 898/1970: “l'assegno divorzile può essere revisionato (e quindi revocato) qualora sopravvengono giustificati motivi dopo la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio”.

Tra i “giustificati motivi” che determinano la revoca dell'assegno divorzile si annoverano: 1) la prescrizione dell'assegno;

2) il passaggio a nuove nozze;

3) il venir meno dei presupposti che ne giustificano la corresponsione ovvero il mutamento delle condizioni economiche di uno o di entrambi gli ex-coniugi. Il diritto all'assegno di divorzio può quindi venir meno qualora le circostanze sopravvenute o provate dalle parti, abbiano effettivamente alterato gli equilibri economici sanciti dall'assetto patrimoniale dato dalla sentenza di divorzio (Cass. Civile n. 21051/2022): ciò accade se, ad esempio chi è obbligato a versarlo vede sostanzialmente ridotto il proprio reddito.

Alla luce di quanto detto, nel caso in esame, si può affermare, seppur a livello teorico che, essendo ampiamente mutate le condizioni economiche dell'onerato, il beneficiario non abbia più diritto all'assegno divorzile, anche a fronte del fatto che, indipendentemente dalla assunzione di un ruolo trainante endofamiliare, quest'ultimo, abbia una propria, seppur irrisoria, capacità reddituale pari a 900 € mensili.

Detto ciò, l'onerato dovrà, in ogni caso, allegare al proprio ricorso i motivi che giustificano la propria domanda ossia: la prova effettiva che dimostri la perdita dell'attività lavorativa, il fatto che tale perdita non sia attribuibile ad un suo comportamento di noncuranza lavorativa e che la sua capacità patrimoniale non dipenda anche dalla sussistenza di risorse differenti rispetto alla sua occupazione, si pensi, ad esempio, ad entrate proveniente da un'eredità familiare o da proprietà immobiliari.

Al contempo però il beneficiario dell'assegno non potrà porre alla base delle proprie preteste il fatto che abbia altresì a proprio carico un figlio quasi trentenne. Tale circostanza non rappresenta difatti un esimente alla revoca dell'assegno divorzile stesso, a maggior ragione in seguito alle ultime pronunce della Cassazione a S.U. che hanno stabilito che: “qualora il figlio studente, per sua ingiustificata inerzia, non provvede a terminare gli studi, perde il diritto al mantenimento da parte dei genitori” (Cass. Civile 1858/2016) e che “il figlio trentenne che ha smesso di studiare da anni senza riuscire a inserirsi in modo stabile nel mondo del lavoro perde l'assegno di mantenimento” (Cass. Civile 32406/2021).