Osservatorio sulla Cassazione – Ottobre 2022

La Redazione
La Redazione
09 Novembre 2022

Torna l'appuntamento mensile con l'Osservatorio, una selezione di alcune pronunce di legittimità depositate nel mese di Ottobre.

Equa riparazione e ragionevole durata della procedura fallimentare

Cass. civ., sez. II, 24 ottobre 2022, n. 31274 – ord.

In tema di equa riparazione è recente una pronuncia della Corte di Cassazione sull'eccessiva durata della procedura fallimentare. Il processo è stato instaurato da un creditore ammesso al passivo in seguito al rigetto dell'opposizione ex art. 5 ter l. n. 89/2001 e la chiusura del fallimento è avvenuta 14 anni dopo la relativa dichiarazione. Il creditore ammesso al passivo, pertanto, ricorrevain cassazione denunciando la violazione dell'art. 2 l. n. 89/2001. La ragionevole durata delle procedure fallimentari di elevata complessità non può superare i 7 anni, termine oltre il quale il danno patrimoniale derivante dall'eccessivo protrarsi del fallimento deve ritenersi esistente, ancorché non automatico e necessario, non essendo necessaria una specifica allegazione in ordine al pregiudizio, ma dovendosi rilevare solo eventuali circostanze concrete e particolari che facciano positivamente escludere che tale danno sia stato subito.

Finanziamento funzionale all'acquisto dell'azienda: se ceduta non va ammesso al passivo

Cass. civ., sez. I, 24 ottobre 2022, n. 31313 – ord.

Il contratto di mutuo non può dirsi inerente all'esercizio dell'azienda, perché è volto all'acquisizione di essa, e perciò si configura come atto di organizzazione, che va distinto dall'atto dell'organizzazione, al fine di scongiurare l'indiscriminata assimilazione dell'attività organizzativa a quella di produzione organizzata. Questa distinzione risalta viepiù nella specie, poiché si ha riguardo a un imprenditore individuale, che assume la qualifica, ai fini civilistici, solo in conseguenza dell'esercizio effettivo dell'attività anche di là dalla mera titolarità del compendio aziendale e del numero di partita iva.

Il fatto che il contratto di mutuo non sia inerente all'esercizio dell'azienda esclude in radice l'applicabilità dell'art. 2558 c.c., che disciplina la successione nei contratti d'azienda, aventi ad oggetto il godimento di beni aziendali non appartenenti all'imprenditore e da lui acquisiti per lo svolgimento dell'attività imprenditoriale, nonché in quelli d'impresa, i quali, pur non avendo ad oggetto beni aziendali, comunque attengono all'organizzazione dell'impresa, come nei casi, in via esemplificativa, dei contratti di somministrazione, dei contratti di assicurazione e di quelli di appalto. Resta esclusa, quindi, anche l'applicabilità dell'art. 2560 c.c., che si riferisce ai debiti inerenti pur sempre all'esercizio dell'azienda ceduta.

Concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale

Cass. pen., sez. V, 21 ottobre 2022, n. 40023 – sent.

Il terzo che distragga beni prima del fallimento, in accordo con l'imprenditore, è punibile a titolo di concorso nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale (artt. 216, comma 1, e 223, comma 1 , l.fall.) e non già per il delitto di ricettazione prefallimentare (art. 232, comma 3, n. 2, l. fall.), che si configura solo in mancanza di un accordo con l'imprenditore dichiarato fallito.

Liquidazione del compenso a più curatori succedutisi e rispetto del principio del contraddittorio

Cass. civ., sez. VI-1, 13 ottobre 2022, n. 30069 – ord.

Nell'ipotesi in cui il tribunale sia chiamato a liquidare il compenso di più curatori succedutisi nell'incarico , occorre che tutti partecipino al procedimento nel rispetto del principio del contradditorio.

Ai fini dell'applicazione del criterio di proporzionalità previsto dall' art. 39, comma 3, f.fall. è necessario precisare l'ammontare dell'attivo realizzato da ciascuno dei curatori succedutisi nell'incarico e determinare, all'interno dei valori così identificati, il compenso da attribuire a ciascuno, avuto riguardo alle attività espletate e ai risultati conseguiti da ciascuno, dovendosi pervenire ad una liquidazione avente carattere riconoscibilmente individualizzato.

Reclamo del provvedimento di cancellazione del pignoramento a seguito di omologa del concordato fallimentare

Cass. civ., sez. I, 12 ottobre 2022, n. 29793 – sent.

Non è reclamabile ex art. 26 l. fall. il provvedimento con cui, a seguito di omologa del concordato preventivo, il giudice delegato ordina la cancellazione del pignoramento trascritto prima del fallimento. La Suprema Corte, infatti, ha affermato che “non può ritenersi sussistente un interesse della reclamante, dalla stessa neppure allegato, alla permanenza della trascrizione di un pignoramento, già improcedibile ai sensi dell'art. 51 l. fall. per effetto della dichiarazione di fallimento, che non potrebbe essere proseguito neppure all'esito della chiusura del fallimento stesso per effetto dell'omologa del concordato fallimentare che ai sensi dell'art. 135 l. fall. è obbligatorio per tutti i creditori anteriori all'apertura del fallimento e, quindi, anche nei confronti della ricorrente".

Revoca del fallimento con provvedimento passato in giudicato e improcedibilità dell'opposizione allo stato passivo

Cass. civ., sez. I, 11 ottobre 2022, n. 29670 – ord.

Nel vigore della legge fallimentare anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. n. 5/2006 la chiusura e la revoca del fallimento determinavano il subentro dell'ex fallito al curatore anche nei procedimenti di opposizione allo stato passivo o di accertamento delle dichiarazioni tardive di credito pendenti e si riteneva, pertanto, che, nell'ipotesi di cassazione con rinvio della sentenza d'appello resa in sede di opposizione allo stato passivo, sia il fallito tornato in bonis, sia il creditore opponente fossero legittimati a riassumere il giudizio dinanzi al giudice del rinvio. Tale principio non si applica nel regime successivo al D.Lgs. n. 5/ 2006: Il giudizio di opposizione allo stato passivo ( art. 96 l.fall.) è infatti un procedimento strettamente connesso alla procedura fallimentare, teso ad accertare il credito ai soli fini dell'ammissione al passivo, con efficacia esclusivamente endo-fallimentare .

Sentenza di fallimento e prova dell'indebitamento complessivo della società fallita

Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2022, n. 29472- ord.

La questione sottoposta all'esame della Suprema Corte riguarda la prova dell'indebitamento complessivo della ricorrente fallita in relazione ai requisiti per la fallibilità previsti dall'art. 1, comma 2, lett. c), l. fall. In particolare, la ricorrente ritiene che la corte di merito al fine di verificare il superamento della soglia di indebitamento, abbia erroneamente tenuto conto non solo dei debiti conosciuti dal tribunale al momento della dichiarazione di fallimento, ma anche di quelli risultanti dalla relazione del curatore, al cui interno erano ricomprese obbligazioni emerse in epoca successiva.

La Cassazione afferma che la ricorrenza dei requisiti di fallibilità di cui alla legge fallimentare deve essere valutata solo con riferimento alla situazione esistente alla data del fallimento, ma la relativa prova ben può essere tratta, in sede di reclamo, da fatti anteriormente verificatisi ma emersi posteriormente all'emissione della sentenza dichiarativa.

Non era, pertanto, vietato alla corte del merito di accertare l'ammontare dell'indebitamento alla data data della dichiarazione di insolvenza sulla base della relazione del curatore e delle risultanze dello stato passivo.