L’impatto del reddito di cittadinanza sull’assegno di divorzio

Michol Fiorendi
09 Novembre 2022

Si può chiedere la revoca ovvero la riduzione dell'assegno di divorzio (o di mantenimento) se il coniuge richiedente già percepisce il reddito di cittadinanza?
Massima

Il reddito di cittadinanza è da considerarsi una componente effettiva del reddito individuale del coniuge richiedente l'assegno di divorzio, pertanto beneficiare di tale forma di sussidio potrà incidere sulla liquidazione dell'assegno medesimo, essendo il reddito di cittadinanza da considerarsi a tutti gli effetti un contributo che comporta il mutamento della capacità patrimoniale del soggetto richiedente.

Il caso

Il Tribunale di Avellino, con sentenza, dispone la separazione personale di due coniugi, ordinando l'affidamento condiviso della figlia con collocazione prevalente presso la madre, alla quale viene assegnata la casa coniugale.

Sotto il profilo economico, in considerazione della sperequazione reddituale, il Tribunale dispone che il ricorrente provveda al versamento mensile di una certa somma a favore della moglie e di ulteriore somma a favore della figlia (da poco maggiorenne), anche in ragione del fatto che il signore è un dipendente di banca che percepisce una retribuzione mensile fissa, mentre la moglie svolge servizi di collaborazione domestica percependo una retribuzione (in nero) nettamente inferiore al marito.

Il signore propone ricorso contro tale decisione chiedendo al Tribunale di poter cessare il pagamento della contribuzione mensile nei confronti della moglie.

In una prima fase del giudizio, il Tribunale respinge la richiesta del marito, confermando così quanto stabilito nelle condizioni di separazione.

A mezzo delle memorie conclusionali, il marito evidenzia che la moglie percepisce un reddito di cittadinanza tale da consentirle, insieme all'attività lavorativa svolta, seppur in nero, una certa autonomia e indipendenza.

Il Tribunale dispone la cessazione del matrimonio dei coniugi e il giudizio prosegue limitatamente alla disamina della questione inerente l'assegno di divorzio (e del mantenimento della figlia).

Con sentenza il Tribunale di Avellino, in composizione collegiale, revoca ogni contribuzione del marito nei confronti della moglie (e conferma il mantenimento verso la figlia).

La questione

Si può chiedere la revoca ovvero la riduzione dell'assegno di divorzio (o di mantenimento) in ragione del fatto che il coniuge richiedente già percepisce il reddito di cittadinanza, considerando tale forma di sussidio un beneficio economico di chi lo riceve a modifica della sua situazione reddituale?

Le soluzioni giuridiche

Andiamo a percorrere l'iter logico-giuridico che, nel caso di specie, ha condotto il Collegio giudicante a pronunciarsi a favore della revoca dell'assegno di divorzio percepito dalla moglie.

L'analisi parta dall'art. 5, comma 6 l. 898/1970, nel testo modificato dall'art. 10 della legge 74/1987 che stabilisce che con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale, tenuto conto delle posizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno per la conduzione familiare, ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

La celebre sentenza n. 18287/2018 della Corte di Cassazione, Sezioni Unite, chiamate a risolvere l'annoso contrasto giurisprudenziale sul punto, stabilisce che all'assegno di divorzio debba attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa, da un lato escludendosi che l'assegno possa essere attribuito semplicemente rapportandolo al tenore di vita e, dall'altro, escludendo che l'assegno debba cessare semplicemente con la pronuncia di divorzio, ritenendo che vada comunque considerato il contributo fornito dalla moglie alla conduzione della vita familiare, contributo che costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi.

In sostanza, tale pronuncia stabilisce che, ai fini del riconoscimento dell'assegno, si deve adottare un criterio composito il quale, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico/patrimoniali, dia particolare rilievo ad alcuni fattori in particolare quali il contributo fornito dall'ex coniuge richiedente l'assegno alla formazione del patrimonio comune personale in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future e all'età dell'avente diritto.

Il tutto secondo i normali canoni che regolamentano l'onere della prova laddove, ad esempio, prevede che il coniuge richiedente, per i principio di auto responsabilità economica, è tenuto a dimostrare la propria personale condizione di non indipendenza o autosufficienza economica sulla base degli “indici orientativi”, salvo altri aspetti rilevanti nelle singole fattispecie, del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, della capacità e possibilità effettive di lavoro personale in relazione alla salute, all'età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo, della stabile disponibilità di una casa di abitazione.

Nel caso qui in commento, i dati emersi e che il Tribunale considera al fine di disporre la cessazione di ogni contribuzione divorzile devono tener conto di due importanti fattori: innanzitutto, che il matrimonio, nella fattispecie, ha avuto la durata di soli due anni.

Inoltre, non risulta al Tribunale che la moglie abbia cooperato al rafforzamento della situazione patrimoniale del marito che, in qualità di dipendente bancario, ha sempre percepito un reddito mensile fisso non suscettibile di miglioramenti o comunque dipendente dalla sua volontà.

Si aggiunga che, nel caso specifico, la moglie ha sempre lavorato come collaboratrice domestica; da tale risultanza non si può ricavare alcuna rinuncia da parte della signora a qualsivoglia aspirazione professionale che, a causa del matrimonio, sarebbe stata compromessa.

Infine, la moglie ha dichiarato di percepire un certo importo a titolo di reddito di cittadinanza e tale elemento, unitamente alle riluttanti dichiarazioni sui suoi introiti come collaboratrice domestica, peraltro difficilmente provabili nella loro reale entità data la pacifica ammissione della signora di lavorare a nero, conducono il Tribunale, in forza dei richiamati principi giurisprudenziali, a orientarsi verso la revoca dell'assegno di divorzio.

Osservazioni

Innanzitutto, pare opportuno rammentare che il reddito di cittadinanza, introdotto con d.l. 28 gennaio 2019, n. 4 come misura di contrasto alla povertà, è un sostegno economico finalizzato al reinserimento nel mondo del lavoro e all'inclusione sociale, che va pertanto (e auspicabilmente) a caratterizzare una situazione di passaggio del soggetto che ne beneficia, il quale poi dovrà trovare risposte maggiormente soddisfacenti nel reperimento di un lavoro che possa modificare in maniera più sostanziale la sua situazione reddituale.

È infatti importante sottolineare che il reddito di cittadinanza è concesso per un periodo massimo di 18 mesi, trascorsi i quali può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, presentando la nuova domanda a partire dal mese solare successivo a quello di erogazione della diciottesima mensilità.

In relazione alla specifica questione che qui ci occupa, si considera come la scadenza naturale o la revoca della percezione di tale beneficio potrebbero, quindi, portare a una ripresentazione della situazione reddituale precedente del coniuge economicamente più svantaggiato, comportando quindi un ritorno del suo diritto all'assegno di mantenimento o di divorzio.

Come ulteriore spunto di riflessione, si evidenzia che la sola opportunità di ricevere il sussidio del reddito di cittadinanza potrebbe non essere sufficiente a giustificare la revoca o la riduzione dell'assegno di mantenimento o di divorzio, laddove non siano contemporaneamente presenti variazioni sostanziali della situazione patrimoniale del beneficiario.

Il nostro sistema legislativo, peraltro, non prevede espressamente gli eventuali effetti che il reddito di cittadinanza può avere sull'assegno di mantenimento o di divorzio, lasciando così ampio spazio ai Giudici di analizzare e valutare le specificità del singolo caso familiare sul quale sono chiamati a pronunciarsi e sulla possibilità di revocare o ridimensionare l'importo di detto assegno.

Una volta introdotto il giudizio per la modifica delle condizioni di separazione o divorzio spetterà dunque al Giudice valutare la possibilità di accogliere la domanda di revoca o riduzione dell'assegno alla stregua di una serie di elementi tra i quali, in generale, la situazione patrimoniale del beneficiario ma, più nel dettaglio, ogni altra utilità suscettibile di valutazione economica.

Possiamo, quindi, constatare come la percezione del reddito di cittadinanza da parte del coniuge beneficiario del mantenimento o dell'assegno di divorzio possa essere inclusa tra i giustificati motivi sopravvenuti che alterano in meglio le condizioni economiche del medesimo e che, di conseguenza, possa legittimare una riduzione ovvero la revoca dello stesso.

In taluni casi, però, l'assegno di mantenimento o di divorzio e il Reddito di cittadinanza possono pure coesistere: può capitare che il coniuge, già percettore dell'assegno di mantenimento o di divorzio, avanzi richiesta per ottenere il reddito di cittadinanza poichè avente i requisiti reddituali imposti dalla legge per ottenere tale aiuto; in altri casi – invece - può accadere che il coniuge che percepisce l'assegno di mantenimento, verosimilmente piuttosto contenuto, decida di rinunciarvi proprio per avere accesso al Reddito di cittadinanza.

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