Impugnazioni e dilazioni temporali: traiettorie di evoluzione e interpretazione pretoria post A.P. n. 12/2020

Gianluigi Delle Cave
17 Novembre 2022

Con riferimento alla cd. “dilazione temporale” per proporre ricorso in ipotesi di accesso, il dies a quo per articolare motivi di impugnazione prima non conoscibili inizia a decorrere necessariamente dall'esaudimento della pretesa ostensiva. La parentesi dovuta all'espletamento dell'accesso documentale comporta, in questo senso, una “dilazione” del termine decadenziale di impugnazione, pena la frustrazione del diritto alla difesa dell'interessata.

La vicenda in breve. La vicenda trae origine dall'impugnazione, da parte dell'operatore economico secondo classificato, degli esiti conclusivi della procedura ad evidenza pubblica indetta per l'affidamento di “servizi di pianificazione, acquisto, gestione e monitoraggio di spazi e tempi su mezzi offline e online mediante sottoscrizione di accordo quadro”. In particolare, per quanto qui di interesse, la comunicazione dell'esito della gara da parte della S.A. avveniva in data 07.06.2021. Successivamente, in data 21.06.2021 (14 giorni dopo la comunicazione dell'aggiudicazione), la società ricorrente presentava istanza di accesso agli atti, riscontrata dalla S.A. in data 07.07.2021. Ancora sulle coordinate temporali della vicenda de qua, il ricorso veniva, poi, notificato dalla seconda graduata in data 04.08.2021 (a distanza di quasi 2 mesi dalla comunicazione dell'aggiudicazione).

Quale “dilazione temporale”? L'interpretazione del TAR. Sull'eccezione di tardività del gravame principale - in quanto asseritamente proposto oltre il termine previsto di “30 + 15 giorni” (quest'ultimo individuato dall'Adunanza plenaria n. 12/2020 per la cd. “dilazione temporale” in ipotesi di accesso) dalla comunicazione di aggiudicazione -, il TAR ha preliminarmente evidenziato che «nel richiamare le riflessioni dell'Adunanza plenaria n. 12/2020, il Consiglio di Stato ha recentemente sostenuto […] che la dilazione temporale della quale il concorrente può giovarsi per proporre ricorso, qualora abbia proposto istanza di accesso, è fissata in quindici giorni, in applicazione della regola posta dall'art. 76, comma 2 del codice dei contratti pubblici, e dipende dal tempo che la stazione impiega a consentire l'accesso solamente nel caso in cui l'amministrazione rifiuti l'accesso o impedisca con comportamenti dilatori l'immediata conoscenza degli atti di gara, poiché, in tal caso, il termine per l'impugnazione comincia a decorrere solo da quando l'interessato abbia conosciuti gli atti».

Ne segue che, una volta avuta conoscenza del provvedimento di aggiudicazione, in una delle diverse modalità possibili, il concorrente pregiudicato «è tenuto nel termine di quarantacinque giorni a presentare istanza di accesso ai documenti e a proporre impugnazione, salvo l'ipotesi eccezionale di comportamento ostruzionistico tenuto dall'amministrazione. È chiaro, poi, che più tempestiva è l'istanza di accesso che il concorrente presenti una volta avuta conoscenza dell'aggiudicazione, maggiore sarà il tempo a sua disposizione per il ricorso giurisdizionale; quel che non può consentirsi è che il concorrente possa, rinviando nel tempo l'istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l'impugnazione dell'aggiudicazione» (tanto è stato confermato dal medesimo giudice con sentenza n. 747/2021).

Orbene, ai fini del computo del termine a disposizione per ricorrere avverso gli atti oggetto di ostensione documentale, come evidenziato in punto di ricostruzione pretoria dal giudice di prime cure, va peraltro tenuto conto sia dei ritardi della P.A., sia del comportamento eventualmente inerte del privato. Più in particolare, con riferimento al comportamento dell'operatore economico, «si presuppone comunque la ‘normale diligenza' dell'interessato. Questi deve infatti avere esperito tutte le azioni necessarie onde reperire ogni indispensabile informazione. Ci si deve trovare, in altre parole, dinanzi ad ‘un'offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente'. Di conseguenza, ogni eventuale giorno di ritardo del concorrente non aggiudicatario che intenda accedere agli atti deve essere computato, a suo carico, sul termine complessivamente utile per proporre gravame» (cfr. TAR Palermo, n. 2404/2019 e TAR Lazio, n. 13550/2020).

Tuttavia, secondo i giudici amministrativi bolognese, la “tesi” della cd. “sottrazione dei giorni” non sembrerebbe «essere un portato necessario dei principî affermati dall'Adunanza plenaria» (i.e. n. 12/2020) né “del tutto compatibile” con il principio dell'effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dal diritto nazionale (art. 24 Cost.) ed europeo in materia di ricorsi relativi agli appalti pubblici. Ciò in quanto «sostenere che dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni, individuato dall'Adunanza plenaria nella sentenza n. 12 del 2 luglio 2020 per la c.d. dilazione temporale in ipotesi di accesso, debbano essere sottratti i sei giorni che l'impresa concorrente ha impiegato per chiedere l'accesso agli atti significa porre a carico del concorrente l'onere di proporre l'accesso non solo tempestivamente, come certo l'ordinaria diligenza, prima ancora che l'art. 120, comma 5, c.p.a. gli impone di fare, ma addirittura immediatamente, senza lasciargli nemmeno un minimo ragionevole spatium deliberandi per valutare la necessità o, comunque, l'opportunità dell'accesso al fine di impugnare».

In definitiva, secondo il TAR Bologna, «il dies a quo per articolare motivi di impugnazione prima non conoscibili inizia a decorrere necessariamente dall'esaudimento della pretesa ostensiva», non già dalla comunicazione dell'aggiudicazione (nonostante, in ipotesi di accesso, il più ampio termine di impugnazione pari a 45 giorni, “30 + 15”); quindi, la parentesi dovuta all'espletamento dell'accesso documentale «comporta in altri termini una “dilazione” del termine decadenziale di impugnazione, pena la frustrazione del diritto alla difesa dell'interessata».

Riflessioni e dubbi (interpretativi/temporali) a margine. Nonostante l'articolata ricostruzione effettuata dai giudici amministrativi emiliani sul punto, la suddetta interpretazione non persuade, ciò per almeno due ordini di motivi, di seguito brevemente esplicitati.

In primo luogo, apparentemente frustrando proprio quella “diligenza” richiamata dallo stesso TAR Bologna, non viene considerata (rectius viene lasciata sullo sfondo) la ratio del termine di “45 giorni” pure individuato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, n. 3127/2021 e n. 2525/2022), dal momento che, a seguire l'interpretazione pretoria qui descritta, il termine per proporre impugnazione in ipotesi di accesso sarebbe comunque, sempre, di 30 giorni a partire dall'ostensione documentale (prescindendo, quindi, sia dal tempus di proposizione dell'istanza di accesso alla S.A. sia dai “comportamenti” della P.A. riferibili a tale istanza). Detta lettura, peraltro, sembrerebbe collidere con quanto affermato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 204 del 2021), che, nel confermare quanto già evidenziato dall'Adunanza Plenaria n. 12/2020, ha chiarito come il testo dell'art. 120, comma 5, c.p.a. «è compatibile con un'interpretazione, come quella da ultimo seguita dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, secondo la quale il dies a quo per proporre il ricorso principale ed i motivi aggiunti decorre dalla comunicazione dell'aggiudicazione […], fermo il già descritto meccanismo di dilazione temporale - vale a dire i 15 giorni da sommare ai 30 giorni già previsti dalla norma - per denunciare i vizi che emergano a seguito dell'accesso agli atti di gara».

In secondo luogo, quanto al tema della “sottrazione” dei giorni, pare opportuno evidenziare come, nella materia dei contratti pubblici, non può consentirsi, in generale, che il concorrente possa, rinviando nel tempo l'istanza di accesso agli atti di gara, posticipare a suo gradimento il termine ultimo per l'impugnazione dell'aggiudicazione. Come pure evidenziato in via pretoria, infatti, l'operatore economico dovrebbe giovarsi, semmai, “di un termine per proporre impugnazione depurato del tempo necessario all'accesso” (Cons. Stato, n. 7141/2021). In sostanza, quindi, andrebbe comunque sottratto dal termine di impugnazione il tempo impiegato dal concorrente - si badi - “non diligente” per attivare la richiesta di accesso. Ciò in quanto, nel rito che ci occupa, devono necessariamente e sapientemente essere combinati i doveri di ufficio delle stazioni appaltanti con gli oneri di diligenza facenti carico agli operatori economici. Pertanto, se è vero che il termine per l'impugnazione può coincidere con l'acquisizione dei dati necessari ad individuare profili di illegittimità posti successivamente ad oggetto dei motivi di ricorso, è altrettanto vero che la concreta operatività di detta acquisizione (alla cui realizzazione l'ordinamento predispone una serie variegata di strumenti) e della conseguente dilazione temporale «è in diversa forma e misura affidata […] alla diligenza del concorrente». In sintesi, se il concorrente non procede all'immediata presentazione dell'istanza di accesso, il relativo ritardo determina una progressiva “erosione” dei giorni a disposizione per l'impugnazione, atteso che l'inerzia dell'interessato non può costituire un mezzo per dilatare ad libitum i termini di legge (cfr. in giurisprudenza, TAR Catania, n. 602/2022, Cons. Stato, n. 7178/2021, TAR Lazio, n. 4249/2021; TAR Perugia n. 736/2021, TAR Lazio, n. 12480/2020. Interpretazione “indirettamente” confermata anche in Cons. Stato, n. 1792/2022, ove si specifica che, in caso di accesso, il termine per l'impugnazione dell'aggiudicazione è di «45 giorni decorrenti dalla conoscenza dell'aggiudicazione» e «dal complessivo termine di 30 giorni + 15 giorni […] sarebbe irragionevole sottrarre gli ‘esigui giorni' che l'operatore economico ha impiegato per chiedere l'accesso agli atti»; si badi che, nella fattispecie al vaglio dei giudici di Palazzo Spada, l'istanza di accesso era stata presentata dopo “6 giorni” dalla conoscenza dell'aggiudicazione, quindi nel rispetto di quel canone di “ordinaria diligenza” che la materia impone al fine di non incorrere nella “erosione” dei giorni a disposizione per presentare impugnazione).

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