Concordato liquidatorio semplificato: buona fede nelle trattative e comparazione con l'alternativa liquidatoria fallimentare

Chiara Ravina
21 Novembre 2022

Il decreto del Tribunale di Ivrea affronta alcune delle più rilevanti questioni interpretative relative all'istituto del concordato liquidatorio semplificato per la liquidazione del patrimonio, nuova procedura concorsuale introdotta dagli artt. 18 e 19 D.L. 118/2021 ed attualmente regolato negli artt. 25 sexies ss. CCII.
Le massime

Il requisito di ammissibilità della domanda di concordato liquidatorio semplificato ex art. 25 sexies CCII relativo allo svolgimento delle trattative “secondo correttezza e buona fede”, attestato dall'esperto nella sua relazione, deve essere interpretato nel senso che i creditori, in pendenza di composizione negoziata, devono essere stati effettivamente messi, con trasparenza, nelle condizioni di valutare una proposta di accordo effettivamente migliorativa rispetto all'alternativa liquidatoria tipicamente fallimentare, nell'alveo della quale, come noto, costituiscono un importante, ancorchè altamente aleatorio ed ipotetico, asset attivo, le eventuali azioni revocatorie, restitutorie e risarcitorie, che appartengono alla massa di azioni teoricamente esperibili dalla procedura fallimentare (nei confronti dell'imprenditore, dei terzi, degli stessi creditori).

Nella fase processuale di ammissione della domanda di concordato liquidatorio semplificato, la valutazione del Tribunale è unicamente rivolta alla valutazione della “ritualità della proposta”, fatta salva ogni ulteriore rivalutazione a seguito dell'udienza di omologa.

Laddove, da un preliminare esame dei documenti agli atti, la società debitrice risulti non aver debitamente scrutinato, secondo una logica di “buona fede e correttezza” di adeguata “disclosure,” la fattibilità delle azioni di massa, quale componente dell'alternativa liquidatoria, è necessario invitare la parte debitrice a fornire adeguati ragguagli circa i menzionati aspetti, che lo stesso Esperto avrà cura di adeguatamente sondare nel parere sui presumibili risultati della liquidazione e sulle garanzie offerte ed il nominando Ausiliario vagliare e verificare.

Il caso

Il decreto del Tribunale di Ivrea qui commentato affronta alcune delle più rilevanti questioni interpretative sorte in relazione all'istituto del concordato liquidatorio semplificato per la liquidazione del patrimonio, nuova procedura concorsuale introdotta dagli artt. 18 e 19 D.L. 24 agosto 2021, n. 118, conv. in L. 21 ottobre 2021, n. 147 ed attualmente regolato negli artt. 25 sexies e ss. del Codice della crisi.

La principale questione trattata è quella relativa al significato da attribuire al requisito dello “svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede”, che l'art. 25 sexies, comma 1, CCII richiede venga attestato dall'esperto, quale presupposto per l'accesso al concordato semplificato.

A latere di tale tematica, il decreto in commento offre altresì interessanti spunti di riflessione con riguardo ad alcuni aspetti di natura sostanziale e processuale relativi al nuovo istituto del concordato liquidatorio semplificato; e precisamente: il perimetro del sindacato del tribunale in fase di “ammissione” al concordato semplificato, rispetto alla valutazione che il tribunale dovrà effettuare nella successiva fase di omologa; con particolare riferimento al sindacato sulla relazione finale dell'esperto in punto di sussistenza del requisito dello “svolgimento delle trattative secondo buona fede e correttezza”.

La questione scaturisce da una vicenda processuale che può essere sintetizzata nei seguenti passaggi.

La società debitrice presenta una domanda di concordato liquidatorio semplificato all'esito di una composizione negoziata con esito negativo, che prevede l'alienazione di un ramo d'azienda ad un'altra impresa già previamente individuata (attuale affittuaria del medesimo ramo in forza di contratto d'affitto di azienda già stipulato, con impegno irrevocabile all'acquisto), la quale si impegna altresì ad acquistare gli ulteriori assets non inclusi nel ramo d'azienda ed a mettere a disposizione una somma a titolo di finanza esterna, da destinare al soddisfacimento del ceto creditorio chirografario nella percentuale dell' 1,60%.

Il Tribunale, in sede di valutazione della “ritualità della proposta”, acquisita la relazione finale dell'esperto sugli esiti della composizione negoziata (art. 25 sexies, comma 3, CCII), effettua lo scrutinio sulla sussistenza del requisito di ammissibilità del concordato previsto nel comma 1 dell'art. 25 sexies, ovverosia la presenza, nella relazione finale dell'esperto, dell'attestazione circa lo svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede nell'ambito della composizione negoziata.

Dall'esame del decreto, non è dato sapere con esattezza se e cosa l'esperto avesse attestato nella sua relazione finale; sebbene il fatto che la società debitrice abbia presentato la domanda di concordato ed il tribunale l'abbia presa in esame induce a ritenere che l'attestazione del requisito in parola, da parte dell'esperto, fosse positiva.

Ad ogni buon conto, il Tribunale non pare “soddisfatto” di quanto emerge dalla relazione poiché, “all'esito di un primigenio esame dei documenti in atti”, afferma che la società debitrice non avrebbe svolto le trattative secondo buona fede e correttezza, nella misura in cui non avrebbe fornito ai creditori una comparazione del soddisfacimento derivante dalle soluzioni prospettate nella composizione negoziata, rispetto all'alternativa liquidatoria fallimentare, includendo in tale alternativa anche gli esiti delle azioni revocatorie, risarcitorie e restitutorie.

Alla stregua di tale premessa, il Tribunale invita (i) la società debitrice a fornire i dovuti ragguagli e (ii) l'esperto a valutare gli stessi nell'ambito del parere sui presumibili risultati della liquidazione e sulle garanzie offerte, che dovrà predisporre a mente del comma 4 dell'art. 25 sexies CCII.

Questioni giuridiche e osservazioni

Con riguardo alle incertezze interpretative sorte in merito al requisito dello “svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede” a mente del comma 1 dell'art. 25 sexies, il Tribunale di Ivrea ritiene che il requisito della buona fede nelle trattative sia soddisfatto laddove i creditori, nella fase di composizione negoziata della crisi, siano stati in concreto messi nelle condizioni di valutare una proposta di accordo effettivamente migliorativa rispetto all'alternativa liquidatoria fallimentare; alternativa in cui vanno considerati i possibili risultati delle azioni di massa (revocatorie, risarcitorie, restitutorie).

Il Tribunale adotta, dunque, un'interpretazione particolarmente rigorosa della formula, ponendosi nel solco di un “condivisibile orientamento dottrinale di primigenia applicazione” (ex multis Jorio, Qualche ulteriore considerazione sul D.L. 118/2021, e ora sulla Legge 21 ottobre 2021 n. 147, in ilcaso.it; Rossi, L'apertura del concordato semplificato, in Diritto della crisi, 18 marzo 2022), nonché di un recente arresto del Tribunale di Firenze (31 agosto 2022), i quali hanno ritenuto che il requisito della buona fede delle trattative non possa dirsi soddisfatto laddove l'imprenditore si sia limitato ad assolvere ai doveri “minimi” codificati – i.e.: (i) rappresentare la propria situazione all'esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati e partecipanti alle trattative; (ii) gestire il patrimonio e l'impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori (art. 16, comma 4, CCII); (iii) gestire correttamente l'impresa in pendenza delle trattative (art. 21 CCII) –; essendo, invece, necessaria un'effettiva e completa interlocuzione con i creditori interessati dal piano di risanamento/accordo, che devono aver ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'imprenditore; sulle misure di risanamento proposte (riconducibili ad una delle forme di cui all'art. 23, comma 1, CCII); aver potuto esprimersi su di esse; aver ricevuto una comparazione del soddisfacimento loro assicurato dalle predette soluzioni con quello che potrebbero ottenere da una liquidazione giudiziale.

Nel suddetto quadro, il Tribunale di Ivrea aggiunge che la comparazione con gli esiti della liquidazione giudiziale in tanto potrà dirsi effettuata con correttezza e buona fede, in quanto nell'ambito di tali esiti si sia tenuto conto dei possibili risultati delle azioni revocatorie, risarcitorie e recuperatorie esercitabili dal curatore nel contesto della liquidazione giudiziale.

La suddetta interpretazione del requisito in parola e, in particolare, la necessaria comparazione con lo scenario della liquidazione giudiziale, effettuata in un contesto di trattative svolte secondo criteri di trasparenza, buona fede e correttezza, si giustifica in considerazione delle particolarità procedurali del concordato liquidatorio, caratterizzato, tra l'altro, dalla mancanza della fase di approvazione mediante il voto dei creditori.

Come si è osservato in alcuni primi commenti al D.L. 118/2021, il legislatore ha ritenuto giustificata tale semplificazione procedurale in considerazione della precedente partecipazione dei medesimi creditori alle trattative condotte secondo correttezza e buona fede durante la composizione negoziata, nell'accezione più “rigorosa” sopra descritta. Del resto, solo così i creditori, privi di diritto di voto, possono assumere una consapevole scelta in ordine alla proposta di concordato ed alle eventuali scelte difensive a loro disposizione (opposizione).

La negazione del voto ai creditori nel concordato liquidatorio semplificato non si giustifica, quindi, sulla base di mere esigenze di semplificazione del procedimento (semplificazione che ben avrebbe potuto essere ottenuta adottando modalità analoghe a quelle previste per il concordato fallimentare: i.e. assenza dell'adunanza dei creditori e silenzio – assenso), bensì sulla circostanza che gli stessi abbiano già avuto la possibilità di esercitare il diritto di voice nel corso delle trattative, ma questa possibilità non abbia consentito il conseguimento della risultato della soluzione negoziale della crisi (così, Rossi, op cit., 14: Potrebbe cioè ritenersi che il concordato semplificato presupponga che i creditori abbiano già giocato la loro partita nel corso delle trattative coadiuvate dall'esperto, ma l'abbiano giocata male, e questo spiegherebbe perché, chiusa senza esito positivo la fase della composizione negoziata, nel corso della procedura di concordato semplificato l'interlocuzione avvenga esclusivamente tra imprenditore e tribunale, con l'esclusione di una partecipazione attiva dei creditori, fatta sempre salva la facoltà di opposizione all'omologazione spettante ad ogni creditore”; in senso analogo, Censoni, Il concordato semplificato: un istituto “enigmatico”, in Ristrutturazioni Aziendali, 22 febbraio 2022, 3).

Nel suddetto quadro, il riferimento alla “comparazione con gli esiti della liquidazione fallimentare” (includendo gli esiti delle azioni di massa) appare fondamentale, posto che la buona fede e correttezza dell'imprenditore in fase di trattative della composizione negoziata – che giustifica, come detto, il mancato voto dei creditori - presuppone che il debitore abbia offerto ai creditori una soluzione negoziale (riconducibile a quelle indicate all'art. 23, comma 1, CCII), idonea ad assicurare un soddisfacimento almeno equivalente a quello rinvenibile nel contesto di una liquidazione fallimentare, sì che il diniego di questi ultimi risulterebbe irrazionale.

Il requisito della “correttezza e buona fede” delle trattative come “contrappesoad una situazione di “coazione” dei creditori non è del resto nuovo nel nostro ordinamento. Si pensi all'istituto degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 182 septies l. fall. e 61 CCII), tra i cui presupposti di ammissibilità vi è la circostanza che tutti i creditori appartenenti alla medesima categoria (i.e. anche i non aderenti a cui verranno estesi gli effetti dell'accordo) siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative in buona fede, ovverosia informati dell'avvio delle stesse e messi al corrente, con un'illustrazione esauriente e completa, della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società debitrice. Il tutto al fine di consentire a tali creditori di “assumere una consapevole scelta in ordine alla proposta ed alle eventuali scelte difensive (opposizione) da adottare” (così Trib. Milano, 11 febbraio 2016).

Venendo all'ulteriore questione giuridica che emerge dalla decisione in commento - ovverosia l'ampiezza del sindacato del tribunale nella fase che precede l'emissione del decreto di cui al comma 3 dell'art. 25 sexies CCII; con particolare riferimento al sindacato sull'attestazione dell'esperto circa la sussistenza del requisito di ammissibilità relativo allo “svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede” – il Tribunale di Ivrea, dopo aver premesso che “nella presente fase processuale la valutazione del Tribunale è unicamente rivolta alla valutazione della «ritualità della proposta», fatta salva ogni ulteriore rivalutazione a seguito dell'udienza di omologa” procede alla verifica della “ritualità della proposta” e, in tale ambito, del presupposto di ammissibilità di cui al comma 1 dell'art. 25 sexies, concernente l'attestazione dell'esperto sullo svolgimento delle trattative.

Al riguardo, sebbene nel decreto non si faccia espresso riferimento a quanto l'esperto aveva dichiarato sul tema delle trattative, alla luce del contenuto complessivo del provvedimento in commento pare che il Tribunale non si sia limitato a prendere atto “acriticamente” di quanto affermato dall'esperto nella sua relazione finale, bensì abbia verificato la ricorrenza del requisito di ammissibilità in parola sulla base di un esame e di una valutazione anche della documentazione agli atti; passaggio “non scontato”, se si considera che, almeno formalmente, il requisito di ammissibilità di cui al primo comma dell'art. 25 sexies (attestazione dell'esperto circa lo svolgimento delle trattative secondo buona fede e correttezza ndr) non sembra avere ad oggetto un dato obiettivo, bensì un giudizio dell'esperto.

Più precisamente, a mente dell'art. 25 sexies CCII, il Tribunale pare formalmente chiamato solo a verificare, nell'ambito della valutazione sulla “ritualità della proposta”, che l'esperto, nella relazione finale, abbia attestato lo svolgimento in buona fede e correttezza delle trattative, ma non anche che tale attestazione sia veritiera e corretta. Sulla base del dato normativo letterale, il legislatore pare aver posto un requisito di ammissibilità della procedura, senza però prevedere formalmente una fase di accertamento dei requisiti di ammissibilità in capo al tribunale fallimentare.

Sul punto, i primi commentatori della riforma si sono divisi tra chi ha ritenuto che il Tribunale potrebbe, di fatto, solo limitarsi a prendere atto di quanto dichiarato dall'esperto, perché –anche volendo ammettere che possa verificarne il merito – non sarebbe prevista una fase di accertamento dei requisiti di ammissibilità (così, Bozza, Le modifiche apportate dalla legge di conversione del d.l. n. 118/2021 al concordato semplificato, in Diritto della Crisi, 2022: “[…] seppur si consentisse al tribunale un controllo sulla veridicità del giudizio dato dall'esperto sulla meritevolezza del debitore nella fase iniziale, non essendo prevista, né compatibile con la struttura organizzativa della procedura, alcuna istruttoria che possa far emergere come si sono svolte le trattative in una fase estranea alla procedura in corso, tale controllo si limiterebbe ad una presa d'atto del parere dell'esperto, che egualmente impedirebbe al tribunale di nominare l'ausiliario e fissare l'udienza, salvo anche qui eclatanti ed evidenti incongruenze del giudizio negativo dell'esperto […] l'accesso alla procedura di concordato semplificato è lasciato alla dichiarazione che l'esperto rende sulla buona fede e correttezza del debitore nella fase della composizione negoziata”) e chi, invece, ha ritenuto non condivisibile un'interpretazione riduttiva dell'art. 18 D.L. n. 118/2021 (vigente pro tempore) che limiti la funzione giudiziale al mero recepimento della dichiarazione dell'esperto sul corretto svolgimento delle trattative, sul presupposto che il tribunale debba “valutare, fruendo eventualmente anche di indagine affidata all'ausiliario, se effettivamente le trattative in sede di composizione negoziata siano state condotte con correttezza e buona fede […] (così, Jorio, op. cit., 130 e 131).

Nel quadro sopra delineato, la posizione assunta dal Tribunale di Ivrea si pone in senso confermativo del secondo orientamento dottrinale sopra citato e conferma l'idea per cui la semplificazione procedurale propria del concordato liquidatorio semplificato in tanto si giustifica, in quanto il sindacato del Tribunale sulla “ritualità” della proposta non si limiti ad un mero controllo “notarile” e prima facie sulla ricorrenza dei presupposti di ammissibilità, ma debba estendersi ad una valutazione sostanziale della ricorrenza o meno dei presupposti di ammissibilità dell'istituto. Ciò a tutela, anzitutto, dei creditori stessi che, come detto, non hanno diritto di voto sulla proposta e “subiscono” una procedura liquidatoria che non presenta i ”presidi” tipici del concordato preventivo liquidatorio (i.e. il decreto di ammissione; il fondo spese; il commissario giudiziale; il voto dei creditori).

Come osservato da altri in dottrina, infatti (Vitiello, Il concordato semplificato: tra liquidazione del patrimonio e continuità indiretta, in ilfallimentarista.it, 26 aprile 2022), la semplificazione procedimentale tipica del nuovo istituto trova il suo contrappeso in una maggior intensità del controllo giurisdizionale. Controllo che, quindi, ragionevolmente dovrà estendersi anche al “merito” dell'attestazione dell'esperto sullo svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede, posto che, come detto, è questo il presupposto di fatto che, più di tutti, giustifica la mancanza della fase di approvazione della proposta.

Guida all'approfondimento

Oltre ai riferimenti di giurisprudenza e dottrina indicati nel corpo dell'articolo, si richiamano i seguenti contributi di dottrina sul concordato liquidatorio semplificato: Lamanna, Nuove misure sulla crisi d'impresa del D.L. 118/2021: Penelope disfa il Codice della crisi recitando il "de profundis" per il sistema dell'allerta, in questo portale, 25 agosto 2021; Id., Composizione negoziata e nuove misure per la crisi d'impresa, Il civilista, Giuffrè, 2021; Id., Il Codice della crisi e dell'insolvenza dopo il secondo correttivo, Milano, Giuffrè Francis Lefebvre, 2022; Galletti, Breve storia di una (contro)riforma “annunciata”, ivi, 1 settembre 2021; Pacchi, Le misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale (ovvero: i cambi di cultura sono sempre difficili), in Ilcaso.it, 9 agosto 2021; Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 5 ottobre 2021. Morri, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in questo portale, 24 agosto 2021; Guidotti, La crisi d'impresa nell'era Draghi: la composizione negoziata e il concordato semplificato, in Ilcaso.it, 8 settembre 2021; Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in Dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021; Farolfi, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, ivi, 6 settembre 2021.

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