Confine della cognizione del giudice dell'ottemperanza: esclusa la compensazione, essendo preclusi gli accertamenti diversi da quanto statuito in sentenza

Ida Raiola
24 Novembre 2022

Nella decisione in commento, il giudice amministrativo focalizza il tema della latitudine dei poteri cognitivi del giudice dell'ottemperanza nel processo amministrativo (artt.112 ss. c.p.a.), laddove, in particolare, sia chiamato a dare esecuzione ad una pronuncia dell'autorità giudiziaria ordinaria.
Massima

Il giudice dell'ottemperanza, nel dare esecuzione al giudicato civile di condanna al pagamento di somme di danaro, svolge una funzione meramente attuativa della statuizione giudiziale adottata dal giudice civile e non può, quindi, alterare o integrare il precetto della sentenza, non costituendo il giudizio di ottemperanza la sede per far valere eccezioni (nel caso deciso, un'eccezione di compensazione) aventi l'effetto di incidere sull'esistenza del credito azionato in ottemperanza.

Il caso

Nell'ambito di un giudizio di ottemperanza proposto per l'esecuzione di una sentenza del giudice ordinario, passata in cosa giudicata, limitatamente al capo di sentenza con il quale un ente comunale era stato condannato al rimborso, in favore della parte ricorrente, delle spese di giudizio, il Comune chiedeva che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere in virtù dell'avvenuta compensazione, operata d'ufficio ai sensi di un vigente regolamento comunale, tra il credito azionato in giudizio e un debito esistente a carico della parte ricorrente a titolo di tributi locali non versati.

La difesa del Comune precisava di aver dato notizia della rilevata posizione debitoria con nota trasmessa via pec al difensore della ricorrente e con la quale aveva preannunciato che, in caso di mancato pagamento del dovuto nel termine di trenta giorni, sarebbe stato completato l'iter, previsto e disciplinato dalla detta fonte regolamentare, per la compensazione reciproca dei crediti. Deduceva, inoltre, che, successivamente, aveva comunicato di aver dato corso alla procedura, segnalando poi, in riscontro alle osservazioni formulate dall'istante, di non aver mai ricevuto, per un “disguido tecnico”, la precedente comunicazione della parte ricorrente, con la quale questa aveva proposto ‘opposizione' alla preannunciata compensazione.

La difesa della ricorrente aveva replicato, che, in disparte dalla proposta opposizione alla compensazione dei reciproci debiti, l'Ente non avrebbe comunque potuto procedere alla compensazione del credito azionato in ottemperanza con il presunto debito per tributi locali, in primo luogo perché quest'ultimo difettava dei prescritti requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità; in secondo luogo, perché era intervenuto il pagamento di uno dei carichi indicati nell'attestazione della posizione debitoria rilasciata dalla società concessionaria per la riscossione e, infine, in ragione della mancata trasmissione della documentazione comprovante la notifica dell'accertamento riguardante un altro carico tributario, costituente il più rilevante degli importi riportati in detto documento.

La questione

Nella decisione in commento, il giudice amministrativo focalizza il tema della latitudine dei poteri cognitivi del giudice dell'ottemperanza nel processo amministrativo (artt.112 ss. c.p.a.), laddove, in particolare, sia chiamato a dare esecuzione ad una pronuncia dell'autorità giudiziaria ordinaria.

Nel caso di specie, il giudice era stato investito dell'eccezione di integrale ‘compensazione' sollevata dal Comune, per effetto della quale era stata invocata la declaratoria di cessazione della materia del contendere sul rilievo che il credito azionato in giudizio era stato compensato con i debiti per tributi locali rilevati a carico della ricorrente.

Il Tribunale amministrativo, oltre a rilevare plurime violazioni della disciplina regolamentare dell'Ente (che sarebbero state, in astratto, di per sé bastevoli a giustificare la reiezione dell'eccezione di compensazione), ha confermato il proprio orientamento, conforme, peraltro, all'indirizzo consolidato espresso anche da altri giudici amministrativi, secondo il quale “il potere del giudice dell'ottemperanza sul comando definitivo inevaso va esercitato entro i confini invalicabili posti dall'oggetto della controversia definita col giudicato e non può essere attributo un diritto o un onere nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire; l'amministrazione, dunque, non può sospendere il pagamento di un proprio debito a garanzia di eventuali crediti vantati a diverso titolo nei confronti dell'interessato, non consentendo il giudizio di ottemperanza al giudice altro accertamento che quello dell'effettiva portata precettiva della sentenza di cui si chiede l'esecuzione” (TAR Calabria, Reggio Calabria, 22 ottobre 2021, n.821).

Le soluzioni giuridiche

Ai sensi dell'art.112 c.p.a, il fine del giudizio di ottemperanza è quello di dare attuazione alle sentenze, anche non passate in giudicato, e agli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo, alle sentenze del giudice ordinario passate in giudicato, o agli atti alle stesse equiparati, ovvero ai lodi arbitrali divenuti inoppugnabili, quando dagli stessi discendono obblighi per la pubblica Amministrazione.

Volendo limitare il nostro sguardo alla sola esecuzione delle pronunce del giudice amministrativo e del giudice (civile) ordinario, può osservarsi che, se, dal punto di vista procedimentale, non si apprezzano, nel rito dell'ottemperanza, differenze dipendenti dalla natura della decisione da portare ad esecuzione, un importante tratto discriminante va colto, invece, con riguardo ai poteri che vanno riconosciuti al giudice dell'ottemperanza in un caso o nell'altro.

È noto che, dal punto di vista storico, il giudizio di ottemperanza è nato in stretta correlazione con l'attribuzione al giudice ordinario del potere di disapplicare l'atto amministrativo illegittimo, istituto, quello della disapplicazione, che risponde alla duplice funzione, da un lato, di garantire all'amministrato una più incisiva tutela rispetto al provvedimento illegittimo e, dall'altro, di preservare il principio della separazione dei poteri.

Originariamente, quindi, l'obbligo in capo all'Amministrazione di conformarsi al giudicato era stato concepito come obbligo dell'Amministrazione di annullare l'atto amministrativo disapplicato, essendo tale annullamento precluso al giudice ordinario in virtù del richiamato principio di separazione dei poteri.

A seguito dell'estensione del rimedio anche alle sentenze del giudice amministrativo, secondo la regola ora contenuta nell'art. 112 c.p.a., il giudizio di ottemperanza ha visto accentuarsi la funzione, strettamente connessa al riconoscimento della giurisdizione di merito, di sostituzione dell'Amministrazione (inottemperante) al fine di assicurare l'adempimento della pronuncia giurisdizionale, pur nella consapevolezza che detta sostituzione non avviene nell'esercizio del potere di cura dell'interesse pubblico attribuito dalla legge, ma solo con riferimento al decisum ottemperando”.

Naturalmente, l'obbligo di attuazione assume connotati differenti a seconda del tipo di interesse fatto valere in giudizio, ossia se di natura oppositiva, pretensiva oppure procedimentale, dato che, nel primo caso, la pronuncia del giudice dovrà essere idonea a soddisfare pienamente la posizione giuridica del ricorrente vittorioso, senza necessità di altri interventi dell'Autorità amministrativa, laddove, con riguardo agli interessi di natura pretensiva o procedimentale, che richiedono una ulteriore attività amministrativa per essere soddisfatti, risulterà determinante la collaborazione dell'Amministrazione per consentire all'istante di conseguire il bene della vita oggetto della sua pretesa.

In questa prospettiva, si discorre in dottrina della natura polisemica del (sintagma) giudizio di ottemperanza, in ragione delle sue caratteristiche, volta per volta, di tipo esecutivo, attuativo, di cognizione, risarcitorio, conformativo.

È proprio il principio di effettività della tutela giurisdizionale a fondare una interpretazione polisemica del giudizio di ottemperanza, in vista della garanzia dell'attuazione del dictum giudiziale nella misura più fedele (ed effettiva) possibile, in tal modo assicurando la pienezza della tutela giurisdizionale. Tuttavia, come è stato puntualmente affermato, la pienezza e l'effettività della tutela giurisdizionale non possono essere assolutizzate al punto da consentire, nello svolgimento del giudizio di ottemperanza, di derogare a tutti gli altri principi, anche di rango costituzionale, che reggono il processo, sia amministrativo che civile (tra cui, il diritto di difesa, di cui all'art. 24, secondo comma, Cost.; il principio del contraddittorio di cui all'art. 111, secondo comma, Cost.; il divieto di ultrapetizione, il principio della separazione dei poteri e la cd. riserva di amministrazione).

Ciò posto, va, però, considerato che il principio di separazione organica o strutturale, anche se non funzionale, della giurisdizione impedisce, in ogni caso, al giudice amministrativo di integrare il comando giudiziale contenuto nelle sentenze dei giudici appartenenti ad un altro plesso e che il principio di separazione dei poteri (e la correlata riserva di amministrazione) pongono dei limiti alla conformazione dei tratti ancora liberi dell'attività amministrativa e rispetto ai poteri non ancora esercitati, rimasti impregiudicati dalla pronuncia giurisdizionale.

Osservazioni

L'interesse della pronuncia in commento, in disparte dalle peculiarità della vicenda concreta e dall'esistenza di violazioni procedimentali che avrebbero comunque impedito l'operatività della eccepita vicenda estintiva del debito (compensazione tra il credito azionato dall'amministrato in ottemperanza e il credito vantato dall'Ente territoriale a titolo di contributi non versati) è nella chiarezza con la quale, rispetto al giudicato civile, il confine della cognizione del giudice dell'ottemperanza, sancendo, a carico di quest'ultimo, la preclusione a svolgere nuove valutazioni in fatto e in diritto su questioni che non siano state specificamente dedotte o trattate nel giudizio definito con la sentenza del giudice civile da ottemperare, la cui cognizione, nel caso di perdurante contrasto fra le parti, spetta al giudice ordinario.

Guida all'approfondimento

A. De Vita, Il giudizio di ottemperanza, 14 dicembre 2018, in giustizia-amministrativa.it.

C. Felicetti, Sui limiti e poteri del giudice dell'ottemperanza in ordine al giudicato civile di condanna, nota a Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione siciliana, 28 giugno 2021, n. 623.

F. Manganaro, Il giudizio di ottemperanza come rimedio alle lacune dell'accertamento, in F. Francario-M.A. Sandulli (a cura di), La sentenza amministrativa ingiusta ed i suoi rimedi, Napoli, 2018, 119 e ss.

A. Storto, Il giudizio di ottemperanza come rimedio alle lacune dell'accertamento, in F. Francario-M.A. Sandulli (a cura di), La sentenza amministrativa ingiusta ed i suoi rimedi, Napoli, 2018, 139 e ss.

A. Police, Giudicato amministrativo e sentenze di Corti sovranazionali. Il rimedio della revocazione in un'analisi costi benefici, F. Francario-M.A. Sandulli (a cura di), Napoli, 2018, 181 e ss.

G. Montedoro, Esecuzione delle sentenze CEDU e cosa giudicata nelle giurisdizioni nazionali, F. Francario-M.A. Sandulli (a cura di), La sentenza amministrativa ingiusta ed i suoi rimedi, Napoli, 2018, 199 e ss.

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