Prime riflessioni sulla riforma Cartabia: registro delle notizie di reato, iscrizioni e controlli

18 Gennaio 2023

Approfondimento aggiornato al d.l. n. 162/2022 convertito con modificazioni nella l. n. 199/2022 (che ha introdotto modifiche a talune previsioni transitorie della riforma Cartabia penale). Tra gli obiettivi che la legge delega si è proposta di realizzare vi è quello di rafforzare il controllo giurisdizionale sull'attività del pubblico ministero, nonché l'effettività dell'esercizio del diritto di difesa nella fase delle indagini preliminari e nel momento dell'inizio dell'azione penale.
Premessa

Tra gli obiettivi che la legge delega (l. 27 settembre 2021, n. 134) si è proposta di realizzare vi è quello di rafforzare il controllo giurisdizionale sull'attività del pubblico ministero, nonché l'effettività dell'esercizio del diritto di difesa nella fase delle indagini preliminari e nel momento dell'inizio dell'azione penale. Obiettivo indispensabile per un “giusto processo” anche nella fase delle indagini preliminari, in cui i presidi della difesa sono pochi e i poteri di controllo del giudice sull'attività del pubblico ministero ridotti al minimo e, tra l'altro, non sempre in concreto esercitati con la autorevolezza e il rigore richiesti.

Il tema dei controlli sulle iscrizioni nel registro delle notizie di reato, che occupa queste prime riflessioni, è uno dei momenti di realizzazione di questo obiettivo. Ma non è il solo. Ve ne sono altri, non meno (taluni anzi più) importanti ed incisivi che potrebbero cambiare il volto di questa fase del procedimento, creare nuovi equilibri nei rapporti tra le parti, far maturare nei giudici la consapevolezza del proprio ruolo. Si pensi, ad esempio, al controllo sull'imputazione, destinato a dar vita ad una nuova fase dell'udienza preliminare e dell'udienza predibattimentale, della quale parti e giudice dovranno cogliere il valore fondamentale e per la quale tutti dovranno essere adeguatamente attrezzati. Si pensi, inoltre, alla nuova regola di giudizio, comune all'archiviazione e al non luogo a procedere nell'udienza predibattimentale o nell'udienza preliminare.

Notizie di reato e iscrizioni

a) Prima della riforma l'art. 335 c.p.p. prevedeva che il pubblico ministero dovesse:

  • iscrivere «immediatamente» nell'apposito registro la notizia di reato, pervenutagli o acquisita di propria iniziativa e il nome della persona alla quale il reato era attribuito (contestualmente o dal momento in cui risultava);
  • aggiornare l'iscrizione (non, quindi, procedere a nuova iscrizione) qualora, nel corso delle indagini preliminari, fosse mutata la definizione giuridica del fatto o il medesimo fosse risultato diversamente circostanziato (per una ricostruzione fino all'arrivo della legge delega, v. Merolla, La notizia di reato nella riforma Cartabia: contenuti della delega e scenari futuri, in Cassazione penale 2022, 1990).

La Corte di cassazione ha avuto un ruolo determinante nell'interpretazione dell'art. 335 c.p.p. La chiarezza di alcuni passaggi contenuti, ad es., in due pronunce delle Sezioni unite è sufficiente a giustificare le ragioni della riforma.

Cass. pen., sez. un., 21 giugno 2000, n. 16, Tammaro, aveva affermato che il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall'art. 407, al cui scadere consegue l'inutilizzabilità degli atti di indagine successivi, «decorre per l'indagato dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro delle notizie di reato, e non dalla presunta data nella quale il pubblico ministero avrebbe dovuto iscriverla» e che «l'apprezzamento della tempestività dell'iscrizione rientra nella esclusiva valutazione discrezionale del pubblico ministero ed è comunque sottratto, in ordine all'an e al quando, al sindacato del giudice»; conseguentemente «l'omessa annotazione della notitia criminis sul registro previsto dall'art. 335, con l'indicazione del nome della persona raggiunta da indizi di colpevolezza e sottoposta ad indagini “contestualmente ovvero dal momento in cui esso risulta», non determina l'inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti fino al momento dell'effettiva iscrizione, poiché, in tal caso, il termine di durata massima delle indagini preliminari, previsto dall'art. 407, al cui scadere consegue l'inutilizzabilità degli atti di indagine successivi, decorre, per l'indagato, dalla data in cui il nome è effettivamente iscritto nel registro di reato.

Successivamente Cass. pen., sez. un., 24 settembre 2009, n. 40538, Lattanzi, affermava: «il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui è attribuito, senza che al giudice per le indagini preliminari sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli eventuali ritardi indebiti nell'iscrizione, tanto della notizia che del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall'art. 407, comma 3, fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del pubblico ministero che abbia ritardato l'iscrizione».

b) Il Parlamento ha delegato il Governo a:

  • precisare i presupposti per l'iscrizione della notizia di reato e del nome della persona cui lo stesso è attribuito, in modo da soddisfare le esigenze di garanzia, certezza e uniformità delle iscrizioni.

Precisare, dunque, il contenuto delle parole “notizia di reato” (con le quali il legislatore ha denominato il titolo secondo del capo primo del codice) e stabilire quando possa dirsi individuata la persona alla quale il reato va attribuito.

Il Parlamento pretende che detti presupposti soddisfino, al fine di evitare arbitrii ed eccessi, esigenze di «garanzia, certezza e uniformità delle iscrizioni»: “garanzia” che l'indagine non può esserci se il fatto oggetto della notizia non integra una violazione costituente reato (l'inazione penale è obbligatoria e, in generale, l'eccesso di azione è “sconsigliato” in un sistema in cui l'obbligatorietà dell'azione penale si è, di fatto, smarrita); “certezza” dei tempi delle indagini; “uniformità” (parola che evoca stessi pesi, stesse misure e ideali di uguaglianza) nell'esercizio del potere.

Le indagini possono avere inizio solo se c'è una notizia di reato (la cui comunicazione-acquisizione origina l'obbligo a carico del pubblico ministero di immediata iscrizione) e servono per cercare gli elementi di prova e portare il pubblico ministero a decidere se archiviare la notizia o esercitare l'azione penale formulando l'imputazione;

  • prevedere che l'iscrizione non determini effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo.

c) Il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 attuativo ha modificato l'art. 335 c.p.p. (art. 15, comma 1, lett. a) e introdotto l'art. 335-bis c.p.p.(art. 15, comma 1, lett. a):

d) Quanto all'art. 335 c.p.p. le novità consistono nella modificazione del comma 1 e nell'inserimento di due nuovi commi (1-bis e 1-ter).

Con il comma 1, il legislatore delegato ha affermato che la notizia di reato è tale (e, quindi, va «immediatamente iscritta») se contiene «la rappresentazione di un fatto, determinato e non inverosimile, riconducibile in ipotesi a una fattispecie incriminatrice» e che il pubblico ministero deve indicare, nell'iscrizione, qualora risultino, le circostanze di tempo e di luogo del fatto.

Con il comma 1-bis si è stabilito che «non appena» risultino (contestualmente all'iscrizione della notizia di reato o successivamente) «indizi» a carico, il pubblico ministero deve provvedere all'iscrizione del nome della persona alla quale il reato è attribuito.

Non bastano sospetti, elementi vaghi, indeterminati, ma non è neppure necessario un particolare livello di gravità indiziaria per dar vita alla fase delle indagini preliminari e spazio alla sua funzione conoscitiva.

Il comma 1-ter disciplina, infine, l'eventualità che il pubblico ministero non abbia provveduto tempestivamente alle iscrizioni. Prevede, in particolare, che, all'atto di disporre la tardiva iscrizione, il pubblico ministero può indicare la data anteriore a partire dalla quale essa deve intendersi effettuata.

L'indicazione sembra facoltativa, ma, nella concreta sussistenza dei presupposti, il pubblico ministero deve procedere all'indicazione (si legge, nella Relazione illustrativa, che tale previsione è la trasposizione di una prassi già seguita da alcune Procure).

e) L'art. 335-bis c.p.p.stabilisce che la «mera» iscrizione nel registro delle notizie di reato non può, «da sola», determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito. La valutazione posta dal pubblico ministero a base dell'iscrizione deve restare circoscritta al procedimento penale.

Nondimeno, gli elementi (ad es. le circostanze di tempo e di luogo del fatto) valutati dal pubblico ministero per iscrivere possono essere utilizzati in sede civile o amministrativa.

Inoltre, altri fatti o atti che abbiano ad oggetto o comunque riguardino l'iscrizione potrebbero determinare effetti pregiudizievoli: la divulgazione mediatica dell'iscrizione, ad esempio, potrebbe ledere l'immagine della persona.

Il legislatore delegato ha introdotto (art. 41, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 150/2022) l'art. 110-quater disp. att.

In esso si legge che le disposizioni da cui derivano effetti pregiudizievoli in sede civile o amministrativa per l'indagato devono intendersi nel senso che esse si applicano comunque alla persona nei cui confronti è stata emessa una misura cautelare personale o è stata esercitata l'azione penale.

In altre parole, in altre parole le disposizioni che facciano derivare dalla mera iscrizione effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo, inapplicabili in virtù dell'art. 335-bis, sono, invece, applicabili all'indagato (quindi, spazio agli effetti pregiudizievoli) nei cui confronti sia stata emessa una misura cautelare personale o sia stata esercitata l'azione penale (trasformandolo in imputato).

Il controllo sull'iscrizione

a) Il Parlamento ha invitato il Governo a sottoporre a controllo l'attività del pubblico ministero, concentrandosi sulle iscrizioni tardive e mancantie sul controllo del potere del pubblico ministero.

Alla base c'è il principio (da tutelare) che le indagini devono avere un termine di durata delimitato e prestabilito e che l'indagato deve avere certezza sui tempi investigativi.

Le direttive del Parlamento sono state precise. Prevedono che il giudice debba:

  • su richiesta motivata dell'interessato, accertare la tempestività dell'iscrizione nel registro della notizia di reato e del nome della persona alla quale lo stesso è attribuito e retrodatare l'iscrizione nel caso di ingiustificato e inequivocabile ritardo;
  • anche d'ufficio, ordinare l'iscrizione qualora ritenga che il reato sia da attribuire a persona individuata, sempre che il pubblico ministero ancora non vi abbia provveduto.

Lo schema procedimentale deve garantire il confronto tra richiedente e pubblico ministero. La richiesta dovrà essere proposta entro un termine, stabilito a pena di inammissibilità della stessa, decorrente dalla data in cui l'interessato ha facoltà di prendere visione degli atti che avrebbero imposto l'anticipazione dell'iscrizione della notizia a suo carico; la richiesta di retrodatazione dell'iscrizione della notizia di reato dovrà contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione delle ragioni che la sorreggono.

b) L'intervento del legislatore delegato è racchiuso nei nuovi artt. 335-ter e 335-quater (art. 15, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 150/2022).

c) L'art. 335-ter c.p.p.disciplina il potere del giudice di ordinare l'iscrizione del nome dell'indagato, stabilendo, nel comma 1, che il giudice per le indagini preliminari, quando deve compiere un atto del procedimento, se ritiene che il reato per cui si procede debba essere attribuito a una persona che non è stata ancora iscritta nel registro, ordina, con decreto motivato, al pubblico ministero, dopo averlo «sentito», di provvedere all'iscrizione.

Il pubblico ministero deve provvedere all'iscrizione, indicando la data a partire dalla quale decorrono i termini delle indagini.

Sono stati, di conseguenza, soppressi il secondo periodo del comma 2 e il comma 2-bis dell'art. 415 c.p.p. che prevedevano che, nel procedimento contro ignoti, il giudice per le indagini preliminari a cui era chiesta l'archiviazione ovvero l'autorizzazione a proseguire le indagini, qualora avesse ritenuto che il reato era ascrivibile ad una persona già individuata, doveva ordinare d'iscriverne il nome nel registro.

La nuova disposizione è applicabile anche nei procedimenti contro indagati noti, qualora il giudice individui altre persone da iscrivere.

Resta salva la facoltà dell'indagato di proporre la richiesta di retrodatazione cui all'art. 335-quater.

d) L'art. 335-quater c.p.p. tratta della richiesta di retrodatazione, intesa a promuovere l'accertamento della tempestività dell'iscrizione nel registro.

La richiesta, le cui modalità di presentazione sono indicate nei commi 6 e 7, deve essere proposta entro venti giorni da quello in cui l'indagato ha avuto facoltà di prendere conoscenza degli atti che dimostrano il ritardo nell'iscrizione (comma 3) e deve indicare le ragioni che la sorreggono e gli atti del procedimento dai quali è desunto il ritardo (comma 1). Il tutto a pena di inammissibilità della richiesta.

Al deposito della richiesta segue un contraddittorio cartolare, sempre che il giudice non ritenga necessario un contraddittorio orale, nel qual caso si svolgerà un'udienza camerale nella quale difensore e pubblico ministero possono essere sentiti (comma 6).

Il giudice che procede o, nel corso delle indagini preliminari, il giudice per le indagini preliminari (comma 4) oppure il diverso giudice (ad es. il Tribunale del riesame) che deve adottare una decisione con l'intervento del pubblico ministero e dell'indagato, sempre che la retrodatazione sia rilevante ai fini della decisione (comma 5), decide con ordinanza, disponendo la retrodatazione solo quando il ritardo è inequivocabile e non è giustificato (comma 2) e indicando la data nella quale deve intendersi iscritta la notizia di reato e il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito (comma 8); altrimenti respinge la richiesta o, nei casi previsti, la dichiara inammissibile.

Ulteriori richieste sono ammissibili soltanto se proposte nello stesso termine sopraindicato e fondate su atti diversi, in precedenza non conoscibili (comma 3).

La parte soccombente (in caso di accoglimento, il pubblico ministero e la parte civile; in caso di rigetto, l'imputato) può, a pena di decadenza, chiedere che la questione sia nuovamente esaminata prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manca, entro il termine previsto dall'art. 491, comma 1 c.p.p. («subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti»), ma, nel dibattimento preceduto da udienza preliminare, la domanda di nuovo esame della richiesta di retrodatazione può essere proposta solo se già avanzata nell'udienza preliminare (comma 9).

L'ordinanza del giudice dibattimentale può essere impugnata nei casi e nei modi previsti dai primi due commi dell'art. 586 c.p.p. (comma 10): in altre parole, l'impugnazione può essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l'impugnazione contro la sentenza. L'impugnazione è ammissibile anche se la sentenza è impugnata soltanto per connessione con l'ordinanza ed è giudicata congiuntamente a quella contro la sentenza.

L'art. 88-bis del d.lgs. 150/2022, introdotto dalla l. 30 dicembre 2022, n. 199, di conversione del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (art. 5-sexies) prevede disposizioni transitorie.

Stabilisce, in particolare, che le disposizioni dell'art. 335-quater c.p.p. non si applicano (comma 1), nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del d.lgs. (30 dicembre 2022)

  • in relazione alle notizie di reato delle quali il pubblico ministero ha già disposto l'iscrizione nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.;
  • in relazione alle notizie di reato iscritte successivamente

quando ricorrono le condizioni previste dall'art. 12 c.p.p. (vale a dire quando si ha connessione di procedimenti);

quando ricorrono, se si procede per taluno dei delitti indicati nell'art. 407, comma 2, c.p.p. (se ne è parlato in Prime riflessioni sulla riforma: durata delle indagini e controlli, in questa rivista), le condizioni previste dall'art. 371, comma 2, lett. b) e c), c.p.p. [indagini collegate: b) per reati in connessione occasionale, consequenziale-sostanziale, per reciprocità e consequenziale-probatoria; c) in connessione probatoria piena].

Tuttavia, le disposizioni dell'art. 335-quater si applicano in ogni caso in relazione alle iscrizioni che hanno ad oggetto notizie di reati commessi dopo la data di entrata in vigore del d.lgs. (comma 1).

e) In conclusione, la retrodatazione dell'iscrizione può portare a risultati travolgenti; riprende vitalità l'inutilizzabilità degli atti ex art. 407, comma 3 c.p.p., per decorrenza dei termini di indagine, comma riscritto in questi termini: «Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, non possono essere utilizzati gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine per la conclusione delle indagini preliminari stabilito dalla legge o prorogato dal giudice».

Le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale

Ancora poche parole, solo per segnalare:

  • l'introduzione dell'art. 110-ter disp. att. (art. 41, comma 1, lett. m), d.lgs. n. 150/2022) che prevede che il pubblico ministero, quando presenta una richiesta al giudice per le indagini preliminari, deve sempre indicare la notizia di reato e il nome della persona a cui è attribuito;
  • la sostituzione dell'art. 127 disp. att. (art. 41, comma 1, lett. n) che disciplina la comunicazione, da parte della segreteria del pubblico ministero, «delle notizie di reato al procuratore generale».

La nuova disposizione, molto articolata, vuole che il procuratore generale sia a conoscenza di tutte le possibili criticità. In estrema sintesi, la segreteria del pubblico ministero deve trasmettere ogni settimana al procuratore generale i dati (sul reato, sull'indagato, sulla persona offesa, sui difensori) relativi ai procedimenti nei quali il pubblico ministero non ha, nei termini previsti, disposto la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, non ha esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione o assunto nei termini le determinazioni sull'azione penale.

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