Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio alla luce delle prime pronunce di merito

29 Novembre 2022

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio rappresenta una significativa novità nel nostro ordinamento concorsuale. Si tratta di uno strumento attuabile esclusivamente all'esito della composizione negoziata e solo nel caso in cui l'esperto nella relazione finale dichiari che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni di cui all'art. 23, commi 1 e 2, lt. b) CCII non sono praticabili. Vengono qui esaminate le prime pronunce di merito le quali hanno affrontato tematiche di centrale rilevanza con importanti ripercussioni pratiche
Brevi considerazioni i iniziali

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, introdotto inizialmente dal D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito con modificazioni dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147 e oggi disciplinato dagli artt. 25-sexies e 25- septies del Codice della crisi, rappresenta una significativa novità nel nostro ordinamento concorsuale.

Si tratta di uno strumento attuabile esclusivamente all'esito della composizione negoziata e solo nel caso in cui l'esperto nella relazione finale dichiari che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni di cui all'art. 23, commi 1 e 2, lett. b) CCII non sono praticabili.

Da un lato, il concordato semplificato costituisce un potenziale esito finale del percorso avviato con la composizione negoziata e, dall'altro lato, ne rappresenta un elemento costitutivo fondamentale poiché può rappresentare un deterrente che deve indurre le parti interessate (creditori in primis) a compiere ogni sforzo per addivenire ad una soluzione ragionevole. Infatti, il concordato semplificato dovrebbe avere auspicabilmente anche l'effetto indiretto di incentivare i creditori ad accettare la proposta del debitore qualora quest'ultima fosse impernata su un piano che preveda la cessione dell'azienda per un determinato prezzo ad un soggetto già individuato, stante la consapevolezza da parte dei creditori che il debitore possa ricorrere a tale nuovo istituto per ottenere il medesimo effetto traslativo e, presumibilmente, un soddisfacimento a loro riservato ulteriormente ridotto, a causa delle spese legate all'apertura e svolgimento della procedura concorsuale (M. Vitiello, Il concordato semplificato: tra liquidazione del patrimonio e continuità indiretta, il questo portale, 26 aprile 2022).

Il concordato semplificato (per una disamina dei pregi e difetti del concordato semplificato si rinvia a F. LAMANNA, Il concordato semplificato: incentivo per la composizione negoziata o arma ‘sleale' e ‘letale'?, in Il Fallimentarista, 27 aprile 2022) rappresenta uno strumento potenzialmente penalizzante per i creditori, poiché non è prevista alcuna votazione e richiede unicamente il requisito minimale dell'assenza di pregiudizio rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale.

Tale strumento si connota, quindi, per condizioni assai distanti rispetto a quelle imposte dal legislatore del Codice della crisi per il concordato liquidatorio “ordinario”, di cui agli artt. 84 ss. CCII. Tale diversità di disciplina presumibilmente trova giustificazione nel fatto che il concordato semplificato costituisce l'extrema ratio del percorso di composizione negoziata, come anche evidenziato dalle prime pronunce: ciò potrebbe spiegare il ruolo assai rigido e rigoroso assunto dai giudici di merito nei primi provvedimenti sul tema.

Caratteristiche generali del concordato semplificato

Il Capo II del (nuovo) Titolo II del Codice della crisi è intitolato al «Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all'esito della composizione negoziata».

L'art. 25 sexies CCII introduce, quale possibile esito della composizione negoziata, la procedura di concordato semplificato avente finalità liquidatorie, alternativa rispetto agli altri strumenti e procedure disciplinate nel Codice della crisi.

In particolare, il primo comma della norma in esame dispone che «Quando l'esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell'articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili, l'imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all'articolo 17, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell'articolo 39. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi».

Come si evince da tale disposizione, il concordato semplificato rappresenta uno strumento liquidatorio cui è possibile accedere unicamente all'esito della composizione negoziata e a condizione che l'esperto dichiari che, nonostante le trattative si siano svolte secondo correttezza e buona fede, non è stato possibile individuare una soluzione negoziata con le parti interessate.

In sintesi, ai fini dell'accesso al concordato semplificato, il legislatore richiede che la relazione finale dell'esperto attesti che:

  • le trattative non hanno avuto esito positivo;
  • le soluzioni individuate ai sensi dell'art. 23, commi 1 e 2, lett. b) CCII non sono praticabili;
  • le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede (sul tema della correttezza e buona fede, autorevoli approfondimenti sono sviluppati da G. D'Attore, I principi generali del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in Studi sull'avvio del Codice della crisi, a cura di DC, settembre 2022, 6 e ss; nella stessa pubblicazione, v. L. Panzani, I doveri delle parti, 20 e ss.).

Come osservato in dottrina, il concordato semplificato non è una sottospecie del concordato preventivo ordinario, ma una figura giuridica a sé, retta da una propria e autonoma disciplina, che contiene disposizioni proprie e specifici richiami di norme dettate per l'ordinario concordato preventivo, ma non un rinvio generalizzato alle stesse (G. BOZZA, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, in DC, 9 novembre 2021, 4).

Le principali caratteristiche generali del nuovo istituto sono, in estrema sintesi:

  • assenza di una preventiva fase di ammissibilità (l'imprenditore presenta ricorso direttamente per l'omologazione del concordato semplificato);
  • mancanza della figura dell'attestatore;
  • mancanza del commissario giudiziale, la cui figura non può ritenersi equiparabile all'ausiliario;
  • assenza di qualsivoglia percentuale minima di soddisfacimento dei creditori;
  • mancanza di voto da parte dei creditori, ai quali è unicamente attribuito il potere di opposizione all'omologa.

Quanto ai presupposti soggettivi, posto che al concordato semplificato possono fare ricorso solo e tutti coloro che possono chiedere la nomina dell'esperto per la composizione negoziata, si può concludere che i requisiti soggettivi sono quelli individuati all'art. 12 CCII per l'accesso alla composizione negoziata.

Ne discende che al nuovo strumento può far ricorso qualsiasi imprenditore (riconducibile alla figura generale delineata dall'art. 2082 c.c.) commerciale o agricolo senza alcun limite dimensionale né verso l'alto né verso il basso. Altro requisito soggettivo è rappresentato dall'iscrizione al registro delle imprese, senza il quale non è possibile accedere alla piattaforma telematica nazionale. Infine, l'accesso alla composizione negoziata – e conseguentemente il ricorso per l'omologazione del concordato semplificato – non è consentito nel caso in cui l'imprenditore abbia già presentato ricorso per l'ammissione al concordato preventivo, anche con riserva, o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, la pendenza delle quali è infatti ostativa alla presentazione della domanda di nomina dell'esperto.

Per quanto concerne il requisito oggettivo, il riferimento all'art. 12 CCII è certamente valido, pur aprendo un ampio dibattito circa il concetto di probabilità di crisi e di insolvenza e, in particolare, la possibilità per le imprese insolventi di accedere alla composizione negoziata (tra le ultime pronunce, si sofferma ampiamente sul tema Trib. Siracusa 14 settembre 2022). Altro presupposto oggettivo è rappresentato dall'elemento temporale: il ricorso per l'omologazione del concordato semplificato deve essere depositato presso la cancelleria del Tribunale competente entro sessanta giorni dalla comunicazione (e non dal deposito nella piattaforma telematica) all'imprenditore della relazione finale dell'esperto (art. 17, comma 8, CCII).

Sul punto, si apre la questione circa la legittimazione a presentare domanda di concordato semplificato anche quando la composizione negoziata si sia conclusa con l'archiviazione della stessa, per la quale si rimanda ad autorevole dottrina (G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal d.l. n. 118 del 2021 cit., 8; G. D'Attore, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, il Il Fallimento 2021, 1061).

Quanto al contenuto della proposta di concordato semplificato, stante la massima flessibilità cui è improntato il nuovo istituto, gli unici criteri da seguire sembrano essere quelli che individuano l'oggetto del giudizio di omologazione: il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione, il superamento del vaglio di fattibilità giuridica ed economica del piano in forza del quale ai creditori venga proposta una soddisfazione non inferiore rispetto a quanto potrebbero ottenere in caso di apertura della liquidazione giudiziale e la previsione di utilità, non necessariamente in denaro, per ciascun creditore. Su tali aspetti, i primi provvedimenti di merito forniscono già utili spunti di approfondimento.

Cenni sul ruolo del Tribunale

Poiché l'accesso al concordato semplificato consente al debitore di usufruire di benefici eccezionali, il legislatore ha previsto un controllo penetrante del Tribunale, soprattutto nella fase di omologa.

Infatti, a fronte della mancanza della fase iniziale di ammissione della domanda, essendo il ricorso direttamente volto ad ottenere l'omologa del concordato, il Tribunale è chiamato a valutare «la ritualità della proposta», ai sensi dell'art. 25 sexies, comma 3, CCII.

In tale fase, si ritiene che il controllo del Tribunale non si limiti ad accertare la sussistenza, in capo alla ricorrente, dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dalla legge, ma debba estendersi anche alla completezza della proposta formulata dal debitore, compresa la presenza di un piano di liquidazione chiaro ed intellegibile.

Tra i requisiti rientra indubbiamente anche la sussistenza della correttezza e buona fede nella conduzione delle trattative, come risultante nella relazione finale dell'esperto. Sul punto, è stato autorevolmente evidenziato come la relazione finale dell'esperto non assurge a “prova legale” indiscutibile, ma potrà essere vagliata e messa in discussione dal Tribunale, nella misura in cui la stessa non ricostruisca l'andamento delle trattative e la condotta dell'imprenditore in modo dettagliato, approfondito e coerente (A. Rossi, L'apertura del concordato semplificato, in DC, 18 marzo 2022, 17).

Non solo, come vedremo in seguito, nelle prime pronunce di merito il Tribunale in questa fase, al fine di esprimere il successivo giudizio di omologa, si è spinto ad invitare il proponente a chiarire se sussistano i presupposti per l'esperimento di azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie nell'alternativa della liquidazione giudiziale.

Verificata quindi la correttezza del processo relativo alla presentazione della domanda di concordato semplificato, il Tribunale, acquisita la relazione finale dell'esperto ed il suo parere sui presumibili risultati della liquidazione e sulle garanzie offerte, procede alla nomina dell'ausiliario ex art. 68 c.p.c., attribuendo allo stesso un termine per il deposito del parere, e fissa la data dell'udienza di omologa. In questa sede, i poteri del Tribunale raggiungono la loro massima espressione: ai sensi del quinto comma dell'art. 25 sexies CCII, «Il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale e comunque assicura un'utilità a ciascun creditore».

Rimandando ai successivi commenti sui primi provvedimenti di merito, il Tribunale è chiamato ad esprimersi:

  • sulla correttezza formale e sostanziale di ogni fase del procedimento e, quindi, sulla sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per l'ammissione al concordato semplificato, ivi inclusa la correttezza e buona fede nella conduzione delle trattative;
  • sul rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione;
  • sulla corretta formazione delle classi, nelle quali i creditori sono eventualmente suddivisi;
  • sulla fattibilità del piano di liquidazione, in termini di controllo sulla concreta attitudine della proposta a realizzare quanto proposto dal debitore in termini di probabilità;
  • sull'assenza di un pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale, intesa nel senso che i creditori ricevano un trattamento economico almeno pari a quello che ricaverebbero in caso di apertura della liquidazione giudiziale;
  • sull'utilità assicurata dalla proposta del debitore a ciascun creditore.

La verifica circa l'assenza di pregiudizio ai creditori deve incentrarsi solo ed esclusivamente sul raffronto tra il presumibile ricavo realizzabile nel concordato semplificato in attuazione del piano di liquidazione con quello conseguibile in caso di apertura della liquidazione giudiziale: ciò apre la questione circa la completa disclosure sull'esperibilità di azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie, affrontata nel provvedimento del Trib. Ivrea 27 maggio 2022.

La prima pronuncia sul concordato semplificato: Tribunale Ivrea 27 maggio 2022

La prima pronuncia del Tribunale Ivrea 27 maggio 2022sul concordato semplificato pone l'accento sulla necessaria discolsure circa le azioni di massa nella proposta del debitore.

In particolare, nella valutazione della ritualità della proposta di concordato liquidatorio semplificato, sotto il profilo della sussistenza della buona fede nelle trattative, il Tribunale può invitare l'imprenditore a chiarire l'esistenza di presupposti per l'esperimento di azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie nell'alternativa fallimentare, prescrivendo all'esperto di pronunciarsi in proposito. Con uno dei primi provvedimenti sul nuovo istituto concorsuale, si è così espresso il Tribunale di Ivrea con decreto del 27 maggio 2022 (per un primo commento v. F. Cesare, Piena disclosure nel concordato, Il Sole 24 Ore, 1° luglio 2022).

Nel caso di specie, l'imprenditore ha presentato una proposta di concordato semplificato, basata sull'alienazione di un ramo d'azienda ad altra impresa, già previamente individuata nell'attuale affittuaria che ha altresì presentato un impegno irrevocabile all'acquisto dello stesso, l'alienazione degli altri assets aziendali, l'incasso dei crediti e l'apporto di finanza esterna. Quest'ultima somma è volta al soddisfacimento dei creditori chirografari nella misura (definita “modesta” dal Tribunale) del 1,60%.

I Giudici ritengono che al fine di verificare la sussistenza della correttezza e buona fede nelle trattative con i creditori durante il percorso della composizione negoziata, occorre accertarsi che questi siano stati effettivamente posti nelle condizioni di valutare la convenienza della proposta rispetto all'alternativa fallimentare. In quest'ultima una parte consistente, ancorché aleatoria e ipotetica, dell'attivo è costituita da eventuali azioni teoricamente esperibili nella procedura fallimentare, nei confronti, a titolo esemplificativo, dell'imprenditore, dei terzi o dei creditori stessi.

Nel caso in esame, si legge nella pronuncia, l'imprenditore non ha fornito una disclosure sulla fattibilità di tali azioni adeguata secondo “buona fede e correttezza”.

Pertanto, il Tribunale ha invitato l'imprenditore a chiarire se sussistano i presupposti per l'esperimento di azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie nell'alternativa fallimentare. Su tale aspetto, da un lato, i Giudici hanno prescritto che l'esperto, nel valutare con proprio parere i presumibili risultati della liquidazione, si pronunci sull'esperibilità di tali azioni e, dall'altro, hanno nominato l'ausiliario per vagliare e verificare i risultati della liquidazione stessa.

Dalla prima pronuncia di merito, si rinvengono alcune rilevanti ripercussioni pratiche:

  • durante le trattative nella composizione negoziata, i creditori devono essere effettivamente posti nelle condizioni di valutare la convenienza della proposta rispetto all'alternativa fallimentare e, quindi, anche sull'esperibilità di eventuali azioni di responsabilità e revocatorie, affinché ricorra il requisito della correttezza e buona fede;
  • il concetto di «ritualità della proposta», di cui all'art. 25 sexies, comma 3 CCII, si estende anche alla richiesta di chiarimento circa i presupposti per l'esperimento di azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie nell'alternativa della liquidazione fallimentare;
  • la mancata indicazione delle possibili iniziative fallimentari nel parere dell'esperto o nella proposta del debitore non esclude a priori l'omologa poiché il Tribunale, nel caso di specie, non ha rigettato il ricorso e omesso la fissazione dell'udienza, bensì ha assegnato un termine all'esperto e al debitore per esprimersi sul punto;
  • i creditori potrebbero opporsi all'omologa eccependo la mancanza di correttezza e buona fede, rinvenibile nella mancata disclosure circa l'attivo realizzabile da eventuali azioni teoricamente esperibili nella procedura fallimentare.
Tribunale di Firenze 31 agosto 2022

Con provvedimento del 31 agosto 2022 il Tribunale di Firenze prende posizione su un tema centrale nell'ambito della composizione negoziata della crisi, ossia il contenuto dell'obbligo da parte del debitore di comportarsi secondo correttezza e buona fede nelle trattative.

Nel caso sottoposto all'attenzione del Tribunale di Firenze, l'esperto ha proposto due possibili dichiarazioni in merito alla sussistenza di tale requisito, l'una positiva e l'altra negativa, a seconda dell'opzione interpretativa scelta circa il significato del requisito e cioè di cosa debba intendersi per svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede.

Nel primo, affinché sia soddisfatto l'obbligo di condurre le trattative secondo buona fede si ritiene sufficiente che il debitore abbia assolto ai minimi doveri codificati: (i) di rappresentare la propria situazione all'esperto, ai creditori e agli altri soggetti interessati e partecipanti alle trattative in modo completo e trasparente; (ii) di gestire il patrimonio e l'impresa senza pregiudicare ingiustamente gli interessi dei creditori; (iii) di gestire correttamente l'impresa in pendenza delle trattative.

Nel secondo, invece, in considerazione dell'assenza di qualsivoglia sistema di votazione per i creditori, oltre alla soddisfazione degli obblighi informativi, l'esperto potrebbe ritenere necessario degli elementi aggiuntivi, quali (i) che (tutti) i creditori abbiano potuto esprimersi effettivamente su una proposta di soddisfacimento dei loro crediti contenuta in un piano di risanamento presentato dall'imprenditore nel corso delle trattative stesse; (ii) che durante le trattative siano state individuate e discusse con (tutti) i creditori soluzioni effettivamente percorribili, in grado di offrire agli stessi un soddisfacimento almeno equivalente a quello ipotizzabile in una eventuale liquidazione giudiziale.

Al fine di esprimersi sulla sussistenza del requisito di buona fede, il Tribunale chiarisce che “l'esigenza di regolarità e correttezza delle trattative è correlata all'assenza nella procedura di concordato semplificato della fase della votazione dei creditori: il legislatore ha ritenuto giustificata tale semplificazione procedurale in considerazione della precedente partecipazione dei medesimi creditori alle trattative condotte secondo correttezza e buona fede durante la composizione negoziata”. Pertanto, affinché possa dirsi soddisfatto l'obbligo di correttezza e buona fede occorre che vi sia “stata una effettiva e completa interlocuzione con i creditori interessati dal piano di risanamento (non tutti necessariamente, fermo restando che quelli non coinvolti devono ricevere regolare soddisfazione) e, quindi, che i creditori abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'imprenditore, nonché sulle misure per il risanamento proposte, e che abbiano potuto esprimersi su di esse”.

Non solo occorre una completa interlocuzione con le parti interessate, ma è altresì necessario che le trattative si siano svolte con la sottoposizione ai creditori di una (o più) proposte con le forme delle soluzioni di cui all'art. 23, commi 1 e 2, lett. b) CCII (contratto, convenzione di moratoria, accordo con gli effetti del piano attestato, accordo di ristrutturazione dei debiti), ipotesi cui soltanto il primo comma dell'art. 23 ricollega la conclusione delle trattative con l'esito (positivo) del superamento della situazione di squilibrio che ha reso necessaria la nomina dell'esperto.

Infine, precisa il Tribunale che per consentire ai creditori una partecipazione informata è altresì necessario fornire agli stessi una comparazione del soddisfacimento loro assicurato dalle predette soluzioni con quello che potrebbero ottenere nello scenario alternativo della liquidazione giudiziale.

Nel caso in esame, il Tribunale ha dichiarato non sussistenti i presupposti per la presentazione della domanda di concordato semplificato per “incompletezza delle trattative” e, in particolare: (i) coinvolgimento soltanto del ceto bancario, sebbene il piano di risanamento incidesse sul soddisfacimento di altri creditori; (ii) mancata sottoposizione ai creditori di una specifica soluzione; (iii) mancata sottoposizione ai creditori di una soluzione di cui all'art. 23, commi 1 e 2, lett. b) CCII; (iv) mancata esplicitazione dell'ipotesi di soddisfacimento in caso di apertura della liquidazione giudiziale.

Dal provvedimento in esame, si può concludere che il Tribunale dichiari insussistenti i presupposti per la presentazione della domanda di concordato semplificato senza quindi procedere alla nomina dell'ausiliario e agli adempimenti disposti dall'art. 25 sexies, commi 3 e 4, CCII qualora:

  • non vi sia stata una effettiva e completa interlocuzione con i creditori interessati dal piano di risanamento, i quali non hanno ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'imprenditore;
  • il debitore non abbia sottoposto ai creditori interessati una (o più) proposte con le forme delle soluzioni di cui all'art. 23, commi 1 e 2, lett. b) CCII (contratto, convenzione di moratoria, accordo con gli effetti del piano attestato, accordo di ristrutturazione dei debiti), sulle quali possano esprimersi;
  • il debitore non abbia fornito ai creditori una comparazione del soddisfacimento loro assicurato dalle predette soluzioni con quello che potrebbero ottenere nel diverso scenario della liquidazione giudiziale.
Tribunale di Siena 9 settembre 2022

Il Tribunale di Siena, con provvedimento del 9 settembre 2022, è stato chiamato ad esprimersi su una questione assai peculiare, ossia la possibilità per il debitore di formulare una proposta di continuità diretta funzionale alla buona riuscita del piano di concordato semplificato.

Nel caso di specie, la proposta di concordato semplificato si basa sulla cessione in forma frazionata dei beni costituenti l'intero patrimonio aziendale e la gestione temporanea ed in continuità diretta dell'attività agricola, al fine di massimizzare i flussi disponibili per la soddisfazione del ceto creditorio e quindi in funzione della predetta dismissione.

A tal fine, il Tribunale ha ritenuto opportuno che l'esperto chiarisca la compatibilità della previsione di una continuità diretta con la struttura delineata dal legislatore di un concordato per cessione dei beni, “anche in considerazione dell'incidenza dei costi di gestione e il rischio che questi ultimi vadano a detrimento dei creditori nelle more della dismissione dell'intero patrimonio aziendale”.

A tal fine, i Giudici hanno chiesto all'esperto, “valutata la veridicità dei dati aziendali”, di specificare se la prosecuzione dell'attività d'impresa non infici l'equivalenza della proposta di concordato semplificato rispetto al diverso scenario di soddisfacimento nell'alternativa liquidatoria.

I Giudici tornano anche sul tema dell'esperibilità delle azioni revocatorie, risarcitorie e restitutorie teoricamente esperibili nella liquidazione giudiziale, ribadendo come queste debbano essere approfondite ai fini della valutazione comparativa con l'alternativa liquidatoria.

Quanto al requisito dello svolgimento delle trattative secondo correttezza e buona fede, i Giudici ribadiscono la necessità di esplicitare in modo adeguato le interlocuzioni con tutti i creditori interessati dal piano di risanamento e il contenuto delle offerte transattive proposte nel corso della composizione negoziata.

La pronuncia in esame affronta per la prima volta due questioni.

La prima è rappresentata dalla competenza a decidere condizioni e contenuto della proposta, nonché i profili formali e pubblicitari della decisione e, pertanto, l'applicazione in via analogica delle disposizioni dettate dagli art. 152 e 161, l. fall., per il concordato fallimentare e concordato preventivo. I Giudici, pur in assenza di un espresso richiamo, optano per l'applicazione analogica dell'art. 152 l. fall.: “pur nell'assenza di un espresso richiamo all'art. 152 l. fall. dettato in materia di concordato fallimentare e richiamato in materia di concordato preventivo dall'art. 160 l. fall., la domanda risulta corredata dalla determinazione adottata con le modalità di cui al richiamato art. 152”.

L'altra questione concerne la disciplina applicabile a un ricorso per l'omologa del concordato semplificato presentato in data successiva o antecedente al 15 luglio 2022, a fronte della nomina dell'esperto avvenuta in applicazione del D.L. 118/2021. I Giudici statuiscono che, stante l'abrogazione delle norme sul concordato semplificato contenute nel D.L. 118/2021 e visto l'art. 390, secondo comma, CCII, “si ritiene che la disciplina dettata dal richiamato d.l. 118/2021 debba trovare applicazione nell'ambito dei ricorsi (…) per l'omologa del concordato semplificato che siano stati depositati sino al 14 luglio 2022”.

In conclusione, quanto alla compatibilità della previsione di una continuità diretta con la struttura delineata dal legislatore di un concordato liquidatorio, pare ipotizzabile l'ammissibilità di una continuazione anche diretta dell'azienda, purché:

  • sia funzionale rispetto al piano di dismissione;
  • siano debitamente considerati i costi di gestione legati alla continuità temporanea dell'attività d'impresa;
  • l'esperto valuti la veridicità dei dati aziendali;
  • l'esperto specifichi se la prosecuzione dell'attività d'impresa non arrechi un pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa apertura della liquidazione giudiziale, ossia se rimane inalterato il principio di equivalenza del soddisfacimento dei creditori nella proposta di concordato semplificato rispetto a quello conseguibile nell'alternativa liquidatoria in sede giudiziale.

Quanto, invece, alla questione attinente le azioni revocatorie, risarcitorie e restitutorie teoricamente esperibili nella liquidazione giudiziale e il requisito della correttezza e buona fede nelle trattative, la pronuncia in esame ribadisce sostanzialmente quanto già indicato nei precedenti provvedimenti sopra discussi.

La pronuncia precisa, invece, la competenza a decidere condizioni e contenuto della proposta, i profili formali e pubblicitari della decisione, optando per l'applicazione analogica delle disposizioni dettate in materia di concordato preventivo.

Tribunale di Milano 13 settembre 2022

Con sentenza del 13 settembre 2022, il Tribunale di Milano affronta la questione dell'applicabilità della disciplina generale delle misure protettive e cautelari, di cui agli artt. 54 e 55 CCII, al concordato semplificato.

La questione origina anche dal fatto che il previgente art. 18, comma 2, D.L. 118/2021 richiamava espressamente l'art. 168 l. fall., mentre l'attuale art. 25 sexies CCII non richiama l'art. 54 CCII.

Da un lato, precisa il Giudice, il richiamo dell'art. 18 D.L. 118/2021 all'art. 168 l. fall. era necessario in quanto quest'ultima rappresenta(va) una norma dettata per il concordato preventivo e si caratterizzava per avere un effetto protettivo omnicomprensivo, svincolato dalla proposizione di una domanda, come invece ora prevede l'art. 54 CCII.

Dall'altro lato, non si ravvisa l'esigenza del richiamo, ad opera dell'art. 25 sexies CCII, all'art. 54 CCII, in quanto quest'ultimo è applicabile in via generale al procedimento per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza.

Tra questi, precisa il Giudice, rientra anche il concordato semplificato, in forza della definizione di cui all'art. 2, comma 1, lett. m bis CCII e dell'art. 40 CCII, il quale stabilisce che il procedimento per l'accesso a tali strumenti si svolge con le modalità previste nella disciplina del c.d. procedimento unitario.

L'applicazione degli art. 54 e 55 CCII, pur in assenza di un espresso richiamo ad opera dell'art. 25 sexies CCII, si giustifica anche dal fatto che il legislatore, nello stabilire la durata massima delle misure protettive, impone di far salva la possibilità di chiedere ulteriori misure protettive ai sensi dell'art. 54 nel caso di accesso ad una procedura concorsuale aperta dopo le trattative.

Tra le procedure concorsuali rientra senza dubbio il concordato semplificato, “in quanto caratterizzato da specifica regolamentazione della distribuzione delle risorse ai creditori”.

La sentenza in commento si occupa, giungendo alla medesima conclusione del provvedimento del Tribunale di Siena, anche della disciplina applicabile a un ricorso per l'omologa di un concordato semplificato presentato in data successiva al 15 luglio 2022, quando questo segue a un percorso di composizione negoziata avviato in applicazione del D.L. 118/2021.

Poiché la composizione negoziata non può essere considerata “procedura” pendente alla data di entrata in vigore del Codice della crisi ex art. 390 ed essendo l'art. 18 D.L. 118/2021 abrogato dall'art. 46 d.lgs. n. 83/2022, il Tribunale statuisce che al ricorso per l'omologa del concordato semplificato trovi applicazione la disciplina dettata dal Codice della crisi.

In conclusione, l'aspetto innovativo della pronuncia in esame è rappresentato dall'applicabilità della disciplina generale delle misure protettive, di cui agli artt. 54 e 55 CCII, al concordato semplificato.

Tribunale Bergamo 23 settembre 2022

Con decreto del Tribunale Bergamo del 23 settembre 2022, viene affrontato il tema delicato della impraticabilità della soluzione di cui all'art. 23, comma 2, lett. b) CCII (accordo di ristrutturazione) ai fini dell'accesso al concordato semplificato.

Nel caso di specie, caratterizzato da un indebitamento pressoché integralmente erariale, la relazione finale dell'esperto si è conclusa affermando la correttezza e buona fede nelle trattative e precisando che le soluzioni individuate idonee al superamento della crisi “di cui all'art. 11, commi 1 e 2 D.L. [118/2021] (ora art. 23, commi 1 e 2, lett. b, CCII) non sono praticabili, ritenendo invece praticabile la transazione fiscale e previdenziale ex art. 182 ter L.F. o, in alternativa, la presentazione di una proposta di concordato semplificato ex art. 18 D.L. n. 118/2021”.

Il Tribunale riassume come di seguito i requisiti affinché il debitore possa accedere al concordato semplificato:

  • correttezza e buona fede nelle trattative;
  • mancata individuazione di una soluzione idonea al superamento della crisi per mezzo dei possibili sbocchi del procedimento (contratto, convenzione di moratoria, accordo che produce gli effetti di un piano attestato);
  • nonostante l'impegno delle parti a concludere proficuamente il percorso dinanzi all'esperto, neppure può essere “prospettata dal debitore una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione (essendo già palese il mancato assenso dei creditori)”.

Tenuto conto dei plurimi incontri con i rappresentanti dell'Agenzia delle entrate e degli Enti previdenziali e della natura dell'indebitamento della ricorrente (pressoché integralmente erariale) tale da impedire alle parti di accedere ad una soluzione negoziale nell'ambito della composizione negoziata (art. 23, comma 1, CCII), era evidente a tutte le parti che l'unica strada percorribile era rappresentata dalla transazione fiscale e previdenziale, attuabile unicamente nell'ambito degli accordi di ristrutturazione o di un concordato preventivo. Essendo tali strumenti praticabili all'esito della composizione, il Tribunale ha dichiarato inammissibile la proposta di concordato semplificato.

Quest'ultimo, infatti, è “concepito dal legislatore alla stregua di extrema ratio, cui affidarsi in ipotesi in cui non sussista altro bivio operativo possibile e l'intera gamma degli strumenti di regolazione della crisi – tanto contrattuali, quanto concorsuali (differenti dal concordato) annoverati dall'art. 23 come esiti fisiologici della composizione negoziata, siano indicati dall'esperto come impraticabili”.

In conclusione, il provvedimento in esame si caratterizza per aver statuito l'inammissibilità del ricorso al concordato semplificato qualora in esito al percorso della composizione negoziata si palesi praticabile il ricorso all'accordo di ristrutturazione dei debiti, anche con transazione fiscale, essendo l'istituto utilizzabile solo in via residuale ove risulti impraticabile (anche) la soluzione di cui all'art. 23, comma 2 lett. b), CCII.

Considerazioni conclusive

Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio rappresenta una significativa novità nel nostro ordinamento concorsuale e i primi provvedimenti di merito sono tutti caratterizzati da rilevanti ripercussioni pratiche che riguardano questioni quali la necessaria disclosure circa l'esistenza di presupposti per l'esperimento di azioni revocatorie, risarcitorie o restitutorie nell'alternativa della liquidazione giudiziale, funzionale a consentire ai creditori di valutare la convenienza della proposta rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale, il contenuto dell'obbligo da parte del debitore di comportarsi secondo correttezza e buona fede nell'ambito delle trattative, la possibilità per il debitore di formulare una proposta di continuità diretta funzionale alla buona riuscita del piano di concordato semplificato, la competenza a decidere condizioni e contenuto della proposta, i profili formali e pubblicitari della decisione, l'applicabilità della disciplina generale delle misure protettive e cautelari, di cui agli artt. 54 e 55 CCII e, infine, l'impraticabilità della soluzione di cui all'art. 23, comma 2, lett. b) CCII (accordo di ristrutturazione) ai fini dell'accesso al nuovo istituto.