Valore in dogana delle merci importate

Aurelio Cappabianca
Aurelio Cappabianca
29 Novembre 2022

La Corte di Giustizia precisa la nozione di “legame” tra i contraenti, che osta alla determinazione del “valore in dogana” delle merci importate in territorio doganale U.e. in funzione dei valori di transazione delle merci da valutare, e fornisce puntualizzazioni in merito alle modalità di determinazione di detto valore in base ai criteri sussidiari del valore di transazione di merci “identiche” ed a quello di merci “similari” nonché in base al criterio sussidiario residuale.
Premessa

Quando sorge un'obbligazione doganale, i dazi dovuti - se (come di regola e salve rare eccezioni) espressi in percentuale - si determinano applicando l'aliquota prevista dalla Tariffa doganale al “valore in dogana” delle merci importate, che ne viene a costituire la base imponibile.

Al fine della determinazione del “valore in dogana”, la normativa doganale europea (comunitaria (1), prima, e unitaria (2), poi) individua un criterio prioritario ed una serie, gradata, di criteri secondari.

Le decisioni in rassegna - coeve, ma di sezioni diverse della Corte di giustizia – Intervengono, in varia prospettiva, sull'indicata normativa, delineando canoni interpretativi principalmente incidenti sulla determinazione del “valore in dogana” delle merci importate in base ai criteri alternativi.

Ancorché ratione temporis affermati in riferimento alle norme del codice doganale comunitario (3) e delle relative disposizioni di applicazione, la valenza degli indicati canoni ermeneutici trascende, tuttavia, la normativa di specifico riferimento temporale e si proietta sulla disciplina del successivo codice doganale dell'Unione. Come reso, del resto, evidente dal raffronto dei rispettivi articolati (4), quest'ultima ha, infatti, mantenuto sostanzialmente inalterato, sul punto, l'impianto della disciplina precedente, limitandosi a chiarificarla ed a puntualizzarla più articolatamente.

Corte di giustizia U.e. 9 giugno 2022 in causa C-187/21, Fawkes Kft

Nel 2012, la società ungherese Fawkes importò reiteratamente nell'Unione prodotti tessili cinesi. Ritenuto che i valori di transazione dichiarati ai sensi e per gli effetti dell'art. 29 del codice doganale comunitario (all'epoca vigente) fossero anormalmente bassi, l'autorità doganale ungherese ne determinò, infine, il “valore in dogana” alla stregua del successivo art. 30, paragrafo 2 lett. b, con riferimento al “valore di transazione di merci similari”, utilizzando solo elementi risultanti da una banca dati nazionale e relativi a un periodo di novanta giorni (di cui quarantacinque precedenti e quarantacinque successivi allo sdoganamento) e senza tener conto dei valori di transazione non contestati in relazione ad altre operazioni di sdoganamento della stessa società importatrice.

La rettifica fu impugnata dalla società importatrice sull'assunto che, ai sensi dell'art. 30, paragrafo 2 lett. a e b, del codice doganale, la determinazione del valore in dogana: a) avrebbe dovuto comportare anche la consultazione delle banche dati dell'Unione (quali quelle della Direzione generale fiscalità e unione doganale della Commissione europea, “Taxud”, dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode, “Olaf”, e dell'ufficio statistico dell'Unione europea, “Eurostat”); b) non avrebbe dovuto escludere i valori di transazione relativi ad altre analoghe importazioni da essa ricorrente effettuate in Ungheria e in altri Stati membri senza che le autorità competenti li avessero contestati; c) avrebbe dovuto prendere in considerazione un periodo di tempo superiore ai novanta giorni contemplati.

A seguito del rinvio pregiudiziale operato dalla Corte suprema ungherese nell'ambito del giudizio scaturitone, la Corte di giustizia ha, in primo luogo, affermato che, in sede di determinazione del valore in dogana ai sensi dell'art. 30, paragrafo. 2 lett. a e b, del codice doganale, l'autorità doganale di uno Stato membro può limitarsi a utilizzare gli elementi contenuti nella banca dati nazionale che alimenta e gestisce, senza essere tenuta, qualora detti elementi siano sufficienti, ad accedere alle informazioni in possesso delle autorità doganali di altri Stati membri o delle istituzioni e dei servizi dell'Unione, fatta tuttavia salva, in caso contrario, la possibilità, per detta autorità doganale, di rivolgere una richiesta a tali autorità o a tali istituzioni e servizi per ottenere dati supplementari ai fini della determinazione.

A tale conclusione, la decisione è pervenuta, essenzialmente, sul presupposto che, per la disciplina di relativa alimentazione, le banche dati nazionali, oltre ad essere quelle di più immediato accesso alle autorità doganali degli Stati membri di appartenenza, sono quelle che offrono le informazioni maggiormente pertinenti; mentre, in ogni caso, a garantire il controllo della conferenza ed attendibilità dei dati utilizzati concorre l'obbligo di motivazione gravante sull'autorità doganale.

In secondo luogo, la Corte di giustizia ha affermato che, in sede di determinazione del valore in dogana ai sensi dell'art. 30, paragrafo 2 lett. a e b, del codice doganale, l'autorità doganale di uno Stato membro può escludere i valori di transazione relativi ad altre operazioni d'importazione del richiedente lo sdoganamento, pur non contrastati dall'autorità doganale dello Stato membro coinvolto nell'operazione o di altri Stati membri, ove l'autorità doganale dello Stato membro interessato allo sdoganamento, per quanto riguarda i valori di transazione relativi alle importazioni effettuate nel suo territorio, li contesti preventivamente ai sensi dell'art. 78, paragrafo 1 e 2, del codice doganale, entro i termini imposti dal successivo art. 221 e seguendo la procedura di cui all'art. 181 bis del regolamento di applicazione, e, nel caso dei valori di transazione relativi alle importazioni effettuate in altri Stati membri, motivi l'esclusione, conformemente all'art. 6, paragrafo 3, del codice doganale, con riferimento a elementi che incidono sulla loro plausibilità.

Al riguardo - posto che per valore di transazione di merci, rispettivamente “identiche” o “similari”, si intende il valore di transazione di altre merci, identiche o similari alle merci da valutare, già precedentemente determinato, quale valore in dogana, in base al “prezzo effettivamente pagato o da pagare” - la Corte di giustizia rileva, sostanzialmente, che il criterio deve essere, tuttavia, coordinato con la disciplina del controllo della dichiarazione successivamente allo svincolo della merce.

Infine, la decisione ha precisato che, in sede di determinazione del valore in dogana ai sensi dell'art. 30, paragrafo 2 lett. a e b, del codice doganale, l'autorità doganale dello Stato membro coinvolto nell'operazione, può limitarsi a utilizzare dati sui valori di transazione relativi a un periodo di novanta giorni (5), di cui quarantacinque giorni precedenti e quarantacinque successivi allo sdoganamento delle merci da valutare, a condizione che le operazioni di esportazione, a destinazione dell'Unione europea, di merci identiche o similari alle merci da valutare effettuate durante tale periodo siano tali da consentire di determinarne il valore in dogana conformemente a detta disposizione.

Corte di giustizia U.e. 9 giugno 2022 in causa C-599/20, Baltic Master

Tra il 2009 e il 2012, Baltic Master importò in Lituania merci di origine malese, acquistate dalla società Gus Group, qualificate “parti di macchine e apparecchi per il condizionamento dell'aria”. Le dichiarazioni doganali riportavano, unitamente al peso totale delle merci in chilogrammi, la sola indicazione di un'unico codice Taric ed indicavano, quale valore in dogana ai sensi dell'art. 29 del vigente codice doganale comunitario, il valore di transazione delle merci ossia il prezzo riportato nelle relative fatture di acquisto.

Ritenuto che Baltic Master e Gus Group, a causa della natura dei rapporti commerciali tra di loro intercorrenti, configuravano soggetti “legati” ai sensi dell'art. 29, paragrafo 1 lett. d), e che, quindi, fosse preclusa la determinazione del valore in dogana delle merci importate sulla base degli art. 29 del codice citato, l'autorità doganale lituana, non ricorrendo nemmeno le condizioni per la determinazione del valore in dogana ai sensi del successivo art. 30, provvide alla rettifica delle dichiarazioni in conformità al successivo all'art. 31, facendo riferimento ai dati contenuti nel sistema informativo sullo sdoganamento delle merci delle autorità doganali nazionali.

A seguito dell'esito sfavorevole dei ricorsi proposti in via amministrativa, Baltic Master agì in via giurisdizionale e, in questo ambito, la Corte amministrativa suprema della Lituania propose questione pregiudiziale relativa all'interpretazione degli art. 29, 30 e 31 del codice doganale “comunitario”, nonché dell'art. 143 del regolamento di esecuzione, con specifico riguardo alla qualificazione del “legame” tra i contraenti, che osta alla determinazione del valore della merce in dogana in funzione dei dichiarati valori di transazione e alla rilevanza, ai fini della valutazione ai sensi dell'art. 31, paragrafo 1, del codice doganale dell'inquadramento in un medesimo codice Taric, pur in assenza di similarità.

La prima questione è stata risolta dalla decisione in rassegna nel senso che non si può ritenere che il compratore e il venditore abbiano la veste giuridica di associati oppure siano legati da un rapporto di controllo di diritto, diretto o indiretto, in una situazione nella quale non esista alcun documento che consenta di accertare siffatto legame; che si può, viceversa, ritenere che il compratore e il venditore siano legati da un rapporto di controllo di fatto, diretto o indiretto, in una situazione nella quale le circostanze relative alla conclusione delle vendite per l'esportazione verso il territorio doganale europeo, dimostrate da elementi oggettivi, possano essere considerate indicative non solo dell'esistenza di uno stretto legame fiduciario tra il compratore e il venditore, ma anche del fatto che uno di essi è in grado di esercitare un potere di costrizione o di orientamento sull'altro oppure che una terza persona è in grado di esercitare un siffatto potere su di essi.

In proposito, la Corte di giustizia - atteso che il “legame” rilevante ai fini della disapplicazione del criterio prioritario di determinazione del “valore in dogana”, in base al “prezzo effettivamente pagato o da pagare” ricorre, normativamente, in presenza di una situazione che mette un soggetto in condizione di esercitare su di un altro, di diritto o di fatto, un potere di costrizione o di orientamento - considera che il richiesto “controllo di diritto” non può configurarsi in assenza di un benché minimo riscontro documentale; mentre il “controllo di fatto” non è ravvisabile in presenza di elementi che, pur oggettivamente attestanti uno stretto rapporto fiduciario tra i contraenti, non comprovano il potere di costrizione o di orientamento dell'uno sull'altro o di una terza persona su di essi (6).

La seconda questione è stata risolta dalla decisione nel senso che l'art. 31, paragrafo. 1, del codice doganale comunitario non osta a che il “valore in dogana” di una merce importata - qualora non abbia potuto essere determinato in conformità agli art. 29 e 30 di detto codice - lo sia in base a informazioni contenute in una banca dati nazionale relative al valore in dogana delle merci che hanno la stessa origine e che, pur non essendo “similari”, ai sensi dell'art. 142, paragrafo 1 lett. d, del regolamento di esecuzione, rientrano nell'ambito del medesimo codice Taric.

L'assunto è fondato sul rilievo che - laddove non ricorrano le condizioni per avvalersi di prioritari criteri di determinazione del “valore in dogana” ed il soggetto interessato non fornisca in proposito informazioni sufficientemente precise o affidabili - detto valore è legittimamente determinato in base a informazioni contenute in una banca dati nazionale relative al “valore in dogana” delle sole merci che hanno la stessa origine e che, pur non essendo “similari” rientrano nell'ambito del medesimo codice Taric.

Secondo la Corte, operando nel modo indicato, si rispettano infatti, considerata anche l'”elasticità” con cui devono essere applicati i metodi di determinazione del “valore in dogana”, i requisiti, prescritti dall'art. 31, paragrafo 1, del codice doganale, del riferimento a “dato disponibile nell'Unione” e del ricorso a mezzo “ragionevole” e “compatibile” con i principî e le norme cui la disposizione fa riferimento (7).

Disciplina normativa e integrazioni ermeneutiche

Nel regolare la determinazione del “valore in dogana” delle merci importate, il legislatore europeo persegue la finalità di scongiurare - attraverso l'adozione di criteri standard ”armonizzati”- l'impiego di valori arbitrari o fittizi ed il rischio di effetti distorsivi sul mercato quale riflesso dell'applicazione di parametri difformi o contrastanti da parte delle autorità doganali dei singoli Stati membri (8).

In tale prospettiva, è, in primo luogo, stabilito (9) che criterio “prioritario” per la determinazione del “valore in dogana” delle merci vendute per l'esportazione verso il territorio doganale europeo è quello del valore di transazione delle merci da valutare (10), inteso quale prezzo effettivamente per esse pagato o da pagare, che ne rifletta il valore economico reale e tenga conto di tutti i relativi elementi che presentino un valore economico (11).

Al prezzo risultante dalla fattura presentata a riferimento del “valore in dogana” delle merci importate vengono, quindi, eventualmente (12) sommati (13) e/o sottratt (14) i valori accessori indicati rispettivamente dagli 32 e 33 del codice doganale comunitario e 71 e 72 del codice doganale dell'Unione.

Tra questi, in particolare, i corrispettivi ed i diritti di licenza inerenti alla merce da valutare o a parte di essa, anche se determinabili, nell'importo, successivamente all'insorgenza dell'obbligazione doganale ed anche se pertinenti a persona che eserciti un controllo sul venditore o sull'acquirente tale da poter garantire che l'importazione delle merci assoggettate al suo diritto di licenza sia subordinata al versamento, a suo favore, del relativo corrispettivo (15).

Il criterio del “valore di transazione” non è inderogabile in termini assoluti.

Sono infatti previsti specifici criteri “secondari” (16), per il caso che non ricorrano le condizioni di cui all'art. 29, paragrafo 1, prima parte, e paragrafi successivi, del codice doganale comunitario e all' art. 70, paragrafo 3, del codice doganale dell'Unione - come, ad esempio, l'assenza di un “legame” tra compratore e venditore tale da influenzare il prezzo - o che il criterio “prioritario” non sia utilizzabile o ancora che, portando a conclusioni non convincenti, sia inattendibile (17).

A tale ultimo riguardo, deve rilevarsi che, in presenza di seri dubbi circa il fatto che il valore dichiarato rappresenti l'importo totale pagato o da pagare - dubbi che, pur in assenza contestazioni in merito all'autenticità della fattura o del documento probatorio del trasferimento presentati dall'interessato, sono giustificati dalla rilevante differenza tra il prezzo dichiarato e quello medio statistico (18) - l'autorità doganale può discostarsi, nella definizione del “valore in dogana”, dalla regola principe del valore di transazione delle merci da valutare, solo dopo aver richiesto informazioni complementari e sollecitato il contraddittorio con l'interessato, fornendogli una ragionevole possibilità di far valere il proprio punto di vista riguardo a detti dubbi (19).

Tra i criteri “secondari” di determinazione del “valore in dogana”, ruolo preminenti assumono quelli, previsti dall'art. 30 del codice doganale comunitario e 74, paragrafi 1 e 2 del codice doganale dell'Unione, del valore di transazione di merci “identiche” e, in subordine, del valore di transazione di merci “similari”, vendute per l'esportazione verso il territorio doganale europeo nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare.

Al riguardo, ai fini della identificazione delle “merci similari”, occorre, prendere in considerazione qualunque elemento che possa incidere sul relativo valore economico reale e, dunque, non solo la loro composizione, la loro sostituibilità quanto agli effetti e la loro intercambiabilità sul piano commerciale, ma, anche, l'entità della domanda della merce importata e la notorietà del produttore; non vanno, invece, presi in considerazione gli sconti praticati sul prezzo di vendita (20).

Se il “valore in dogana” non può essere determinato in funzione dei criteri precedentemente richiamati o con gli altri criteri previsti dalle norme correlativamente indicate, il “valore in dogana” viene definito, ai sensi dell'art. 31 del codice doganale comunitario e dell'art. 74, paragrafo3 del codice doganale dell'Unione, con criterio residuale, sulla base dei dati disponibili nel territorio doganale, mediante mezzi ragionevoli compatibili con i principi e le disposizioni generali degli accordi internazionali e la complessiva disciplina del capo del testo normativo in cui gli articoli medesimi sono inseriti.

Tali criteri sono fissati in rigida ed inderogabile sequenza, nel senso che devono essere applicati rispettando rigorosamente il nesso di sussidiarietà che li lega: soltanto quando il “valore in dogana” non possa essere determinato applicando la disposizione precedente si può far riferimento a quella immediatamente successiva secondo l'ordine stabilito (21).

Anche nel caso in cui il “valore in dogana” delle merci importate sia stato determinato, non in base al prezzo di transazione delle merci, ma ai sensi del criterio sussidiario residuale previsto 31 del codice doganale comunitario e dell'art. 74, paragrafo 3 del codice doganale dell'Unione, può procedersi alla rettifica di cui agli artt. 32, paragrafo 1 lett. c del codice doganale comunitario e 7, paragrafo 1, codice doganale dell'Unione (22).

Integrando interpretativamente la delineata normativa (alla quale la giurisprudenza di legittimità nazionale appare perfettamente allineata) (23), le decisioni in rassegna ne forniscono puntualizzazione in termini che possono sintetizzarsi come di seguito indicato.

Il “legame” di associazione o di controllo di diritto, diretto o indiretto, tra i contraenti, che osta alla determinazione del “valore in dogana” in base dei valori di transazione della merce da valutare e impone di accedere ai criteri secondari, non è ravvisabile in assenza di relativo riscontro documentale; mentre Il “legame” di controllo di fatto, diretto o indiretto, tra i contraenti, rilevante allo stesso fine, non è, di per sé, determinato dalla ricorrenza di uno stretto rapporto fiduciario tra compratore e venditore, richiedendo indefettibilmente la prova oggettiva dell'esistenza, tra i contraenti, di un rapporto, per cui uno di essi è in grado di esercitare un potere di costrizione o di orientamento sull'altro oppure che una terza persona è in grado di esercitare un siffatto potere su di essi.

Ai fini della definizione del “valore in dogana” dei beni importati in base al criterio del valore di transazione di merci “identiche” o a quello del valore di transazione di merci “similari”:

a) è sufficiente, ove se ne traggano adeguati elementi di valutazione, l'utilizzazione dei contenuti di banca dati nazionale alimentata e gestita dall'autorità doganale dello Stato membro interessato, senza necessità di ricorrere ad informazioni in possesso di autorità doganali di altri Stati membri o delle istituzioni e dei servizi dell'Unione;

b) i valori di transazione relativi ad altre operazioni d'importazione del richiedente lo sdoganamento non contrastati dall'autorità doganale dello Stato membro coinvolto nell'operazione o da quella di altri Stati membri, possono essere esclusi dalla valutazione, ove l'autorità doganale dello Stato membro interessato allo sdoganamento, per quanto riguarda i valori di transazione relativi alle importazioni effettuate nel suo territorio, li contesti in contraddittorio con l'interessato, ai sensi della disciplina sulla revisione della dichiarazione doganale e nel rispetto dei relativi termini, e, per quanto riguarda i valori di transazione relativi alle importazioni effettuate in altri Stati membri, motivi l'esclusione con riferimento a elementi che incidono sulla loro plausibilità.

c) la nozione di merci esportate “nello stesso momento o pressappoco nello stesso momento delle merci da valutare” è sufficiente l'utilizzazione, se di consistenza adeguata allo scopo, dei dati dei valori di transazione relativi a un periodo di novanta giorni, di cui quarantacinque giorni precedenti e quarantacinque successivi allo sdoganamento delle merci da valutare.

Il “valore in dogana” di merce importata - qualora, in assenza di altri elementi di valutazione, vada determinato in base al criterio sussidiario residuale di cui agli artt. 31 del codice doganale comunitario e 74, paragrafo 3, codice doganale dell'Unione - può essere definito in base ad informazioni contenute in banca dati nazionale e relative al “valore in dogana” di merci della stessa origine, che, pur non essendo “similari” secondo i parametri normativi, rientrano nell'ambito del medesimo codice Taric.

Note

(*) Pres. Aurelio Cappabianca.

(1) Reg. CEE 12 ottobre 1992, n. 2913; Reg. CEE 2 luglio 1993, n. 2454.

(2) Reg.UE 9 ottobre 2013, n. 952; Reg.UE28 luglio 2015, n. 2446; Reg. UE 24 novembre 2015, n. 2447.

(3) Abrogato e sostituito dal Reg. UE 952/2013 (istitutivo del codice doganale dell'Unione) e, in forza del combinato disposto dai relativi artt. 286, paragrafo 2, e 288, paragrafo 2, restato applicabile fino al 30 aprile 2016.

(4) Gli artt. da 28 a 33 del codice doganale comunitario e gli artt. da 69 a 74 del codice doganale dell'Unione.

(5) Che, per

Corte di giustizia 20 giugno 2019

in C - 1/18, Oribalt Rīga, è periodo tassativamente definito.

(6) Corte di giustizia 9 luglio 2020 in C - 76/19, Curtis Balkan.

(7) Cfr.: Corte di giustizia9 marzo 2017 in causa C - 173/15, GE Healthcare, punto 81.

(8) Cfr.: Corte di giustizia 15 luglio 2010 in causa C-354/09, Gaston Schul BV; 19 marzo 2009 in causa C‑256/07, Mitsui; 28 febbraio 2008 in causa C-263/06, Carboni e derivati s.r.l., punto 60; 25 luglio 1991 in causa C-299/90, Hepp, punto 13.

(9) V. gli artt. 29 del codice doganale comunitario e 70 del codice doganale dell'Unione.

(10) Cfr. Corte di giustizia 16 novembre 2006 in causa C‑306/04, Compaq Computer International Corporation.

(11) Cfr.: Corte di giustizia12 dicembre 2013 in causa C- 116/12, Christodoulou; 16 novembre 2006 in causa C‑306/04, Compaq Computer International Corporation.

(12) Nella misura in cui non contemplati nel prezzo effettivamente pagato o da pagare.

(13) Ad esempio: mediazioni; imballaggi; elementi incorporati; materie consumate durante la produzione delle merci importate; etc..

(14) In genere: costi successivi all'ingresso delle merci nel territorio doganale.

(15) Corte di giustizia 9 marzo 2017 in causa C - 173/15, cit..

(16) V. gli artt. 30 e 31 del codice doganale comunitario e 74 del codice doganale dell'Unione.

(17) Cfr. Corte di giustizia 16 giugno 2016 in causa C- 291/15, EURO 2004.

(18) Ibidem, punto 39.

(19) V. l'art. 180 bis Reg. CEE 2 luglio 1993, n. 2454 e l'art. 140 Reg. UE 2447/15, quest'ultimo in combinato con l'art. 22, comma 6, del codice doganale dell'Unione. Cfr., altresì Corte di giustizia 16 giugno 2016 in causa C- 291/15, cit., punto 42.

(20) Corte di giustizia 20 giugno 2019 in C - 1/18, cit..

(21) Cfr. Corte di giustizia20 dicembre 2017in causa C-529/16, Hamamatsu Photonics Deutschland GmbH; 12 dicembre 2013 in causa C- 116/12, cit., punti 42 e 43;

(22) Cfr. Corte di giustizia 9 marzo 2017 in causa C - 173/15, cit..

(23) Cfr., da ultimo: Cass. 10685/20, 31464/19, 30776/19, 30761/19, 2214/19, 1787/19, 23246/18.