Espropriazione di pubblica utilità: spetta al giudice ordinario la controversia sulla parziale esecuzione di un accordo di permuta privatistico

30 Novembre 2022

La pronuncia chiarisce che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di espropriazione per pubblica utilità presuppone una lettura in chiave “causale” della relazione di “riconducibilità” al pubblico potere del comportamento materiale.
Massima

In tema di espropriazione per pubblica utilità, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario allorquando il comportamento materiale della P.A., cui si ascrive la lesione, non sia stato posto in essere nell'ambito di quelle attività indispensabili ai fini della procedura espropriativa e sulle unità immobiliari espressamente rese oggetto di questa, ma in esecuzione parziale di un complessivo accordo di permuta privatistico sostitutivo dell'indennità di espropriazione, concluso a seguito ed "a latere" dell'avvio di una procedura espropriativa, all'uopo sospesa e successivamente divenuta inefficace per scadenza del termine di legge della dichiarazione di pubblica utilità.

Il caso

La Società attrice aveva convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, Roma Capitale e Roma Metropolitane s.r.l., chiedendo, previo accertamento della violazione della normativa inderogabile in materia di distanze minime legali nella costruzione di un fabbricatoe delle relative pertinenze, nonché allegando la violazione di un accordo preliminare di permuta sostitutivo dell'indennità di espropriazione, la condanna delle convenute alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni conseguenti alle gravi limitazioni al godimento delle proprietà.

Il Tribunale di Roma dichiarava il proprio difetto di giurisdizioneper essere la controversia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 133 lett. g) c.p.a., siccome implicante accertamento della liceità di una condotta amministrativa riconducibile, in parte direttamente ed in parte mediatamente, ad una procedura espropriativa.

Riassunta la causa dinnanzi al TAR Lazio, il Giudice amministrativo sollevava d'ufficio, ai sensi dell'art. 59, comma 3, l. n. 69 del 2009 e dell'art. 11, comma 3, c.p.a, conflitto negativo di giurisdizione dinnanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, rilevando che, nella specie, vi era stata una procedura espropriativa sui generis e che la vicenda in esame non era neppure mediatamente riconducibile ad una procedura espropriativa propriamente intesa, essendo derivata da "un prefigurato accordo di permuta, il quale doveva sostituire, secondo le intenzioni delle parti, pubblica e privata, la sola indennità di espropriazione...con le conseguenti ricadute in termini di giurisdizione, ex art. 133 c.p.a., comma 1, lett. g)".

Le Sezioni Unite hanno risolto il conflitto dichiarando la giurisdizione del giudice ordinario, attribuendo portata decisiva al petitum sostanziale concernente una domanda risarcitoria correlata all'inadempimento dell'accordo di permuta, oltre che una domanda di rispetto della distanza minima di legge tra fabbricati, rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario.

La questione

La decisione in commento è chiamata a chiarire se sussista o meno la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in una fattispecie in cui la pretesa azionata dall'attrice, pur innervandosi in una procedura di esproprio, si fondava sull'asserito inadempimento ad un contratto di permuta privatistico occasionato dalla pendenza della procedura espropriativa.

Le soluzioni giuridiche

La decisione richiama anzitutto la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte che riconosce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, lett. g) c.p.a. alle controversie, in materia di espropriazioni per pubblica utilità, relative a comportamenti "mediatamente" riconducibili all'esercizio di un pubblico potere. Tale mediata riconducibilità può essere ravvisata non solo quando la pubblica amministrazione eserciti un pubblico potere "avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici", ma anche laddove tenga comportamenti materiali riconducibili all'esercizio del potere (cfr. Cass., Sez. Un., n. 1092/2017; Cass., Sez. Un., n. 10879/2015).

Le Sezioni Unite rammentano, tuttavia, che questa relazione con l'esercizio del potere non può essere intesa in termini di mera occasionalità, “giacché ciò che è occasionale è certamente spiegabile sul piano deterministico come giustificato da qualcosa d'altro, ma per ciò solo, almeno secondo un lessico normativo, non può dirsi riconducibile ad esso. Se il legislatore avesse voluto alludere semplicemente all'essere stato il comportamento occasionato dall'esercizio del potere avrebbe fatto riferimento al comportamento tenuto nell'esercizio del potere”.

La riconducibilità della condotta del soggetto pubblico al pregresso esercizio del potere espropriativo, ai fini della conseguente attrazione nella giurisdizione esclusiva del G.A., necessita invece di un quid pluris: occorre che il comportamento cui si ascrive la lesione sia la conseguenza d'un assetto d'interessi conformato da un originario provvedimento ablativo, legittimo o illegittimo ma comunque espressione d'un potere amministrativo (in concreto) esistente, che abbia reso possibile la condotta successiva.

In altri termini la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo presuppone che il comportamento della P.A. non sia semplicemente "occasionato" dall'esercizio del potere, ma si traduca, in virtù della norma attributiva, in una sua manifestazione diretta e ciò risulti necessario in relazione all'oggetto del potere e al risultato da perseguire (Cass., Sez. Un., 5790/2018; Cass., Sez. Un., n. 17110/2017; Cass., Sez. Un., n. 9334/2018).

Poste tali premesse, secondo la Suprema Corte la riferita relazione di “riconducibilità” al potere non sarebbe ravvisabile nella specie, in quanto la contestata attività di demolizione/costruzione da parte del soggetto pubblico non risultava posta in essere nell'ambito di quelle attività indispensabili ai fini della procedura espropriativa e sulle unità immobiliari espressamente rese oggetto di questa, bensì in esecuzione parziale di un complessivo accordo di permuta, che doveva sostituire, secondo le intenzioni delle parti, l'indennità di espropriazione.

Pertanto, una simile controversia, chiariscono le Sezioni Unite, non attiene tanto alla formazione dell'accordo sostitutivo dell'indennità di espropriazione in sé quanto all'illiceità della condotta di demolizione/ricostruzione posta in essere dalla P.A. in parziale esecuzione del citato accordo di permuta privatistico, concluso a seguito ed "a latere" dell'avvio della procedura espropriativa, all'uopo sospesa e successivamente divenuta inefficace per scadenza del termine di legge della dichiarazione di pubblica utilità.

Ne consegue la spettanza della giurisdizione in capo al Giudice ordinario.

Osservazioni

Come è noto, l'art. 133, lett. g), c.p.a. dispone che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge, le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, "ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa".

Ove quindi gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti della pubblica amministrazione in materia di espropriazione siano riconducibili al potere ablativo della P.A., anche solo in via mediata, il criterio discretivo derivante dalla natura della posizione soggettiva lesa cede rispetto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Anche un comportamento materiale – e non solo un atto privatistico – è in astratto riconducibile all'esercizio di un potere ablativo. Tuttavia, secondo una giurisprudenza di legittimità che va ormai consolidandosi, ed a cui si adegua la pronuncia in esame, si impone una interpretazione restrittiva della riferita nozione di “riconducibilità”. In particolare, non è a tal fine sufficiente un mero nesso di “occasionalità” tra comportamento materiale e potere pubblico, dovendosi il comportamento della P.A. ricollegare in senso propriamente “causale” ad un originario provvedimento ablativo. La pronuncia ribadisce il principio secondo cui la domanda di risarcimento danni può essere conosciuta dal giudice amministrativo a condizione che il comportamento materiale che abbia generato la lesione sia causalmente legato all'esercizio del pubblico potere da parte dell'Amministrazione. Pertanto, se tra il pregresso esercizio del potere e la condotta materiale intercorre un ulteriore assorbente fattore, non risulta integrato il presupposto della relazione “mediata” con l'esercizio del potere, sicché non può sussistere la giurisdizione esclusiva del G.A.

Nella specie, ad assumere rilievo assorbente è l'esistenza del contratto di permuta che si asserisce inadempiuto, soltanto occasionato dalla pendenza di una procedura espropriativa, ma comunque idoneo ad interrompere il nesso di “riconducibilità” del comportamento all'esercizio del potere.