Alla CGUE la questione relativa alla possibilità di incidere unilateralmente sulle concessioni di gioco in regime di proroga tecnica

Giorgio Capra
05 Dicembre 2022

Il Consiglio di Stato rinvia alla Corte di Giustizia la risoluzione della questione circa la compatibilità eurounitaria della normativa italiana che ha influito unilateralmente sulle concessioni di gioco in regime di proroga tecnica.

Il caso. Un operatore gestore di una sala bingo impugnava il provvedimento dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli che, in attesa della riattribuzione delle concessioni in scadenza negli anni 2013-2018, aveva aumentato le somme mensili dovute dai concessionari in regime di c.d. ‘proroga tecnica'.

In particolare, il ricorrente lamentava che il regime di proroga tecnica, disposto per la prima volta nel 2013 e poi sempre rinnovato, fosse divenuto – anche a fronte dell'originaria gratuità del titolo – sempre più gravoso per gli operatori del settore, con la fissazione di un canone concessorio sempre più alto, con il divieto di trasferimento dei locali e con la preclusione alla partecipazione alla nuova futura gara in caso di rifiuto di adesione alla proroga tecnica.

Tale situazione avrebbe gravemente alterato la natura stessa delle concessioni rispetto a quelle inizialmente concluse, ponendosi in contrasto con gli artt. 3 e 43 della direttiva 2014/23/UE nonché con i principi di ragionevolezza parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, legittimo affidamento, libertà di stabilimento e libertà di prestazione dei servizi.

Il ragionamento del giudice. La Sezione dubita della compatibilità con la c.d. Direttiva concessioni n. 2014/23/UE e con la libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi di cui agli artt. 49 e 56 del TFUE, delle previsioni legislative nazionali che hanno, in attesa dell'indizione di gare mai svoltesi, disposto la proroga tecnica delle concessioni scadute e subordinato tale proroga a un meccanismo rigido di pagamento di un ‘canone mensile di proroga tecnica', stabilito in misura fissa dal Legislatore senza alcuna valutazione concreta in ordine alla situazione economica della singola concessione.

Sotto il primo profilo, se è vero che è la stessa nozione di “concessione” a presupporre l'esistenza di un rischio operativo, la Sezione rileva che nel caso del Bingo è stato lo stesso Legislatore a modificare nel tempo e in modo significativo la struttura dei costi di impresa, introducendo l'oneroso meccanismo del “canone di proroga tecnica”. Sicché la modifica delle condizioni di equilibrio nella gestione delle concessioni non è avvenuta sulla base di un rischio operativo di gestione ma sulla base di scelte dello Stato-legislatore.

Sotto il secondo profilo, la Sezione ritiene che misure legislative tali da privare l'Amministrazione del potere discrezionale di valutare la revisione delle concessioni o da consentirle di condizionare la partecipazione del concessionario uscente alla procedura per la riattribuzione della concessione, alla sua adesione al regime di proroga tecnica, potrebbero configurarsi quali restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione.

La Sezione dubita, infine, della compatibilità con il principio di tutela dell'affidamento della disciplina nazionale che prevede a carico dei gestori delle sale Bingo il pagamento di un oneroso canone mensile di proroga tecnica, non originariamente previsto e determinato in misura fissa, senza alcuna relazione con le caratteristiche e l'andamento del singolo rapporto concessorio.

Il quesito oggetto del rinvio pregiudiziale. In conclusione, viene rimessa alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea la risoluzione della seguente questione pregiudiziale: “Se la direttiva 2014/23/UE, ove ritenuta applicabile e, in ogni caso, i principi generali desumibili dagli artt. 26, 49, 56 e 63 del TFUE come interpretati e applicati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, con particolare riguardo al divieto di discriminazioni, al canone di proporzionalità ed alla tutela della concorrenza e della libera circolazione dei servizi e dei capitali, ostino all'applicazione di norme nazionali per cui il legislatore nazionale o l'amministrazione pubblica possano, durante la cd «proroga tecnica» più volte rinnovata nell'ultimo decennio nel settore delle concessioni di gioco, incidere unilateralmente sui rapporti in corso, introducendo l'obbligo di pagamento di canoni concessori, originariamente non dovuti, ed aumentando, successivamente a più riprese i medesimi canoni, sempre determinati in misura fissa per tutti i concessionari a prescindere dal fatturato, apponendo anche ulteriori vincoli all'attività dei concessionari come il divieto di trasferimento dei locali e subordinando la partecipazione alla futura procedura per la riattribuzione delle concessioni all'adesione degli operatori alla proroga medesima”.