La Corte di giustizia UE si esprime su motori di ricerca e "diritto all'oblio"

La Redazione
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12 Dicembre 2022

Diritto alla cancellazione («diritto all'oblio»): il gestore di un motore di ricerca deve deindicizzare le informazioni incluse nel contenuto indicizzato quando il richiedente dimostri che sono manifestamente inesatte. Tale prova tuttavia non deve necessariamente risultare da una decisione giudiziaria ottenuta nei confronti dell'editore del sito Internet.

Due dirigenti di un gruppo di società di investimenti hanno chiesto a Google di deindicizzare i risultati, in esito ad una ricerca effettuata a partire dai loro nomi, contenenti link verso alcuni articoli che presentano in modo critico il modello di investimento di tale gruppo. Essi sostengono che detti articoli contengono affermazioni inesatte.

Essi chiedono inoltre a Google che le loro fotografie, visualizzate sotto forma di miniature (“thumbnails”), siano eliminate dall'elenco dei risultati di una ricerca di immagini effettuata a partire dal loro nomi. Tale elenco visualizzava unicamente le miniature in quanto tali, senza riportare gli elementi del contesto della pubblicazione delle foto nella pagina Internet indicizzata. In altri termini, il contesto iniziale della pubblicazione delle immagini non era né indicato né in altro modo visibile al momento della visualizzazione delle miniature.

Google si è rifiutata di accogliere tali domande, rinviando al contesto professionale nel quale si inserivano tali articoli e foto e argomentando che essa ignorava se le informazioni contenute in tali articoli fossero esatte o meno.

La Corte federale di giustizia tedesca, investita della controversia, ha chiesto alla Corte di giustizia di interpretare il regolamento generale sulla protezione dei dati, che disciplina in particolare il diritto alla cancellazione («diritto all'oblio»), nonché la direttiva relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, letti alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Nella sua sentenza in data odierna, la Corte ricorda che il diritto alla protezione dei dati personali non è un diritto assoluto, ma deve essere considerato in relazione alla sua funzione sociale ed essere bilanciato con altri diritti fondamentali, conformemente al principio di proporzionalità. Il regolamento generale sulla protezione dei dati prevede espressamente, infatti, che è escluso il diritto alla cancellazione allorché il trattamento è necessario all'esercizio del diritto relativo, in particolare, alla libertà di informazione.

I diritti dell'interessato alla protezione della vita privata e alla protezione dei dati personali prevalgono, di regola, sul legittimo interesse degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso all'informazione in questione. Tale equilibrio può nondimeno dipendere dalle circostanze rilevanti di ciascun caso, in particolare dalla natura dell'informazione di cui trattasi e dal suo carattere sensibile per la vita privata dell'interessato, nonché dall'interesse del pubblico a disporre di tale informazione, il quale può variare, in particolare, a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica.

Tuttavia il diritto alla libertà d'espressione e di informazione non può essere preso in considerazione allorché si rivela inesatta, quantomeno, una parte delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato che non presenta un'importanza minore.

Per quanto riguarda, gli obblighi incombenti alla persona che richiede la deindicizzazione per l'inesattezza di un contenuto indicizzato, la Corte sottolinea che spetta a tale persona dimostrare l'inesattezza manifesta delle informazioni o, quanto meno, di una parte di esse che non abbia un'importanza minore. Tuttavia, al fine di evitare di far gravare su tale persona un onere eccessivo idoneo a minare l'effetto utile del diritto alla deindicizzazione, essa è tenuta unicamente a fornire gli elementi di prova che si può ragionevolmente richiedere a quest'ultima di ricercare. Essa non è pertanto tenuta, in linea di principio, a produrre, fin dalla fase precontenziosa, una decisione giurisdizionale ottenuta contro l'editore del sito Internet in questione, fosse pure in forma di decisione adottata in sede di procedimento sommario.

Per quanto riguarda, d'altro lato, gli obblighi e le responsabilità incombenti al gestore del motore di ricerca, la Corte considera che quest'ultimo, al fine di verificare, a seguito di una richiesta di deindicizzazione, se un contenuto possa continuare ad essere incluso nell'elenco dei risultati delle ricerche effettuate mediante il suo motore di ricerca, deve fondarsi sull'insieme dei diritti e degli interessi in gioco nonché su tutte le circostanze del caso di specie. Detto gestore non può, tuttavia, essere tenuto a svolgere un ruolo attivo nella ricerca di elementi di fatto che non sono suffragati dalla richiesta di deindicizzazione, per determinarne la fondatezza.

Pertanto, nel caso in cui la persona che richiede la deindicizzazione presenti elementi di prova pertinenti e sufficienti, idonei a corroborare la sua richiesta e atti a dimostrare il carattere manifestamente inesatto delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato, il gestore del motore di ricerca è tenuto ad accogliere tale domanda. Ciò vale a maggior ragione qualora l'interessato presenti una decisione giudiziaria che accerta tale inesattezza. Per contro, nel caso in cui l'inesattezza delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato non appaia in modo manifesto alla luce degli elementi di prova forniti dalla persona che ha presentato la richiesta, il gestore del motore di ricerca, in mancanza di una decisione giudiziaria del genere, non è tenuto ad accoglierla. In un caso del genere, tuttavia, il richiedente deve poter adire l'autorità di controllo o l'autorità giudiziaria affinché queste effettuino le verifiche necessarie e ingiungano a tale gestore di adottare le misure che ne conseguono. La Corte richiede, inoltre, che il gestore del motore di ricerca avverta gli utenti di Internet dell'esistenza di un procedimento amministrativo o giurisdizionale vertente sull'asserito carattere inesatto di un contenuto, sempre che esso sia stato informato di tale procedimento.

Per quanto riguarda la visualizzazione delle foto in forma di miniature («thumbnails»), la Corte sottolinea che la visualizzazione sotto forma di miniature, a seguito di una ricerca per nome, di foto della persona interessata, è atta a costituire un'ingerenza particolarmente significativa nei diritti alla tutela della vita privata e dei dati personali di tale persona.

La Corte rileva che il gestore di un motore di ricerca, quando riceve una richiesta di deindicizzazione riguardante foto visualizzate sotto forma di miniature, deve verificare se la visualizzazione delle fotografie in questione sia necessaria per l'esercizio del diritto alla libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tali foto. A tal riguardo il contributo a un dibattito di interesse generale costituisce un elemento fondamentale da prendere in considerazione nel bilanciamento dei diritti fondamentali concorrenti.

La Corte precisa che si impone un bilanciamento distinto dei diritti e degli interessi concorrenti. Da un lato, quando sono in discussione articoli corredati di fotografie che, inserite nel loro contesto originale, illustrano le informazioni fornite in tali articoli e le opinioni ivi espresse e, d'altro lato, quando si tratta di foto visualizzate in forma di miniature nell'elenco di risultati di un motore di ricerca, al di fuori del contesto nel quale esse sono state pubblicate nella pagina Internet originaria. Nell'ambito del bilanciamento relativo a foto visualizzate sotto forma di miniature, la Corte conclude che occorre tener conto del loro valore informativo senza prendere in considerazione il contesto della loro pubblicazione nella pagina Internet dalla quale sono estratte. Nondimeno deve essere preso in considerazione qualsiasi elemento testuale che accompagna direttamente la visualizzazione delle foto nei risultati della ricerca e che può apportare chiarimenti riguardo al valore informativo di quest'ultime.

IMPORTANTE:Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione o alla validità di un atto dell'Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.