La tassatività dei casi di proposizione del ricorso per revocazione

Redazione Scientifica
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13 Dicembre 2022

Rispetto al parere reso dal C.g.a., la mancata autonoma valutazione del caso del Presidente della Regione Siciliana, che decide sul ricorso straordinario, non può essere motivo di censura, perché riconducibile a nessuno dei motivi tassativamente indicati nell'art. 395 c.p.c., per la revocazione del decreto decisorio, a cui espressamente rinvia l'art. 15 del d.P.R. n. 1199 del 1971.

Il parere emesso dalle sezioni riunite del Consiglio della giustizia amministrativa ha delineato i limiti e le coordinate giuridiche e giurisprudenziali in materia di ricorso per revocazione.

In conformità con la consolidata giurisprudenza di legittimità e amministrativa, e in applicazione del principio di tassatività dei casi di proposizione del ricorso per revocazione, le sezioni riunite hanno ritenuto inammissibile la domanda di revocazione di un decreto decisorio del Presidente della Regione siciliana di rigetto di un precedente ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in quanto proposto al di fuori dei casi di revocazione tassativamente stabiliti dall'ordinamento.

Al riguardo è stato richiamato il costante orientamento della giurisprudenza civile e amministrativa, che ha affermato che la revocazione in quanto strumento di impugnazione straordinario, è previsto per i soli casi tassativamente elencati dall'art. 395 c.p.c., i quali, stante la loro eccezionalità, sono di stretta interpretazione. Infatti, la revocazione è definita un rimedio “a critica vincolata”, perché i motivi per cui può essere proposta costituiscono un numerus clausus,, di modo che la decisione impugnata si assume errata, per ragioni che sono predeterminate dalla legge, ed investe la giustizia e non la legalità del provvedimento impugnato.

In particolare l'errore di fatto, che integra il vizio revocatorio, consegue ad un errore nella percezione dell'esistenza o del contenuto materiale dell'atto processuale, ossia in una “svista”, e non attiene ad un punto controverso e che, abbia formato oggetto di decisione nella sentenza impugnata, o meglio sia il frutto dell'apprezzamento, della valutazione e dell'interpretazione delle risultanze processuali da parte del giudice. Quindi, l'errore di fatto revocatorio, non deve riguardare la violazione o falsa applicazione di norme giuridiche, altrimenti integrerebbe gli estremi dell'error iuris, restando escluso dall'elencazione tassativa tutti gli errori costituenti motivo di diritto.

Tale impostazione orientativa trova fondamento nella necessità di evitare che l'impugnazione revocatoria diventi in una forma di impugnazione, reiterabile più volte, idonea a condizionare sine die la definitività di una pronuncia giustiziale. La revocazione, per la sua natura straordinaria, non può convertirsi in un ulteriore grado di giudizio: l'errore di fatto, nella specie, è idoneo a fondare la domanda di revocazione se deriva da una errata percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio che abbia indotto il giudice a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto e se attiene ad una questione non controversa sulla quale la decisione non abbia espressamente motivato, oltre ad essere decisivo ai fini della pronuncia.

In altri termini è inammissibile, il ricorso per revocazione tutte le volte che tenda ad una nuova valutazione dei medesimi fatti già oggetto di apprezzamento e di valutazione del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento, perché opinando in tal modo si verrebbe ad introdurre un ulteriore grado di giudizio non previsto dall'ordinamento.

Con riguardo al caso di specie le Sezioni riunite Consiglio della Giustizia amministrativa hanno affermato che l'eventuale difetto del contraddittorio, durante le operazioni di verificazione, in quanto si traduce nella inosservanza di un ordine istruttorio, non configura un errore revocatorio; la violazione del principio del contraddittorio, lamentata dal ricorrente potrebbe semmai integrare gli estremi dell'error iuris e non una errata valutazione o interpretazione delle risultanze processuali.

La verificazione è mezzo di prova che consente al giudice di richiedere gli opportuni chiarimenti, per cui l'onere istruttorio è diretto all'Amministrazione in quanto autorità pubblica che, in quanto tale, deve collaborare con il giudice per accertare la verità dei fatti, senza implicare la violazione del principio di terzietà, del diritto di difesa e del contraddittorio. Nel caso in esame la verificazione effettuata è stata già oggetto di apprezzamento con un giudizio di fatto sull'efficacia probatoria e sulla sua decisività da parte del Collegio, che non ne ha ritenuto compromessa l'attendibilità per il mancato rispetto delle modalità previste, né tantomeno per la sua mancata comunicazione, Il ricorso per revocazione determinerebbe una nuova valutazione dei medesimi fatti già oggetto di apprezzamento e di valutazione del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento, e si verrebbe ad introdurre un ulteriore grado di giudizio non previsto dall'ordinamento.

Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso col quale il ricorrente lamenta la mancata autonoma valutazione del Presidente della Regione, a cui spetta la decisione sul ricorso straordinario, perché non riconducibile a nessuno dei motivi tassativamente previsti dall'ordinamento. Laddove il Presidente della Regione non intenda decidere il ricorso in maniera conforme al parere del Consiglio di giustizia amministrativa, può sottoporre la questione, con motivata richiesta, alla Giunta regionale. Tuttavia, in presenza di una verificazione e, dunque di un accertamento oggettivo, già valutato dal Collegio, la decisione difforme del Presidente della Regione dal parere del Consiglio di giustizia amministrativa, deve trovare argomenti tali da supportare un'adeguata motivazione delle ragioni del dissenso, con un obbligo di motivazione, necessariamente molto più intenso per non incorrere perfino un atto illegittimo.