Corte di giustizia UE e contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva

La Redazione
13 Dicembre 2022

Contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva: l'obbligo imposto all'avvocato di informare gli altri intermediari coinvolti non è necessario e viola il diritto al rispetto delle comunicazioni con il suo cliente.Tutti gli altri intermediari coinvolti in una tale pianificazione, nonché il contribuente stesso, sono soggetti all'obbligo di comunicazione in parola, il che consente di assicurare che l'amministrazione fiscale siainformata.

Una direttiva dell'Unione (1) prevede che tutti gli intermediari coinvolti in pianificazioni fiscali transfrontaliere potenzialmente aggressive (meccanismi che possono portare all'elusione e all'evasione fiscali) sono tenuti a comunicarle alle autorità fiscali competenti. Detto obbligo riguarda tutti coloro che sono coinvolti nell'elaborazione, commercializzazione, organizzazione e gestione dell'attuazione di tali pianificazioni. Ciò concerne del pari tutti coloro che al riguardo forniscono assistenza o consulenza e, in mancanza, il contribuente stesso. Tuttavia, ciascuno Stato membro può concedere agli avvocati un'esenzione dall'obbligo di cui trattasi quando esso violerebbe il segreto professionale tutelato in forza del diritto nazionale. In un caso del genere, gli avvocati intermediari sono tuttavia tenuti a notificare senza indugio i rispettivi obblighi di comunicazione nei confronti delle autorità competenti a qualunque altro intermediario.

Il decreto fiammingo che traspone la direttiva in parola prevede quindi che, quando un avvocato coinvolto in una pianificazione fiscale transfrontaliera è tenuto al segreto professionale, questi deve informare gli altri intermediari di non poter provvedere egli stesso a tale comunicazione.

Due organizzazioni professionali di avvocati hanno adito la Corte costituzionale belga. A loro avviso è impossibile rispettare l'obbligo di informare gli altri intermediari senza violare il segreto professionale cui sono tenuti gli avvocati. La Corte costituzionale belga interroga la Corte al riguardo.

Nella sua sentenza in data odierna, la Corte ricorda innanzitutto che l'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea tutela la riservatezza di ogni scambio di corrispondenza tra individui e concede una tutela rafforzata alle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti. Detta tutela specifica del segreto professionale degli avvocati è giustificata dal fatto che agli avvocati è affidata una missione fondamentale in una società democratica, ossia la difesa dei singoli. Tale missione impone che chiunque debba avere la possibilità di rivolgersi con piena libertà al proprio avvocato, ciò che è riconosciuto in tutti gli Stati membri. Il segreto professionale copre del pari la consulenza legale, e ciò tanto riguardo al suo contenuto quanto alla sua esistenza. A parte situazioni eccezionali, i clienti devono poter legittimamente confidare nel fatto che, senza il loro consenso, il loro avvocato non renderà noto a nessuno che esse lo consultano.

Orbene, l'obbligo previsto dalla direttiva in esame (3) per l'avvocato intermediario soggetto al segreto professionale di notificare senza indugio agli altri intermediari i rispettivi obblighi di comunicazione, comporta che tali altri intermediari vengono a conoscenza dell'identità dell'avvocato intermediario. Essi vengono parimenti a conoscenza della sua analisi secondo cui il meccanismo fiscale in parola deve essere oggetto di una notifica così come del fatto che questi è stato consultato in proposito. Tale obbligo di notifica comporta un'ingerenza nel diritto al rispetto delle comunicazioni tra gli avvocati e i loro clienti, garantito all'articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali. Dato che gli altri intermediari sono tenuti ad informare le autorità fiscali competenti dell'identità e della consultazione dell'avvocato, l'obbligo di cui trattasi comporta anche indirettamente una seconda ingerenza nel diritto al segreto professionale.

La Corte verifica poi se tali ingerenze possano essere giustificate, in particolare se esse rispondano a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione e se siano necessarie al perseguimento di dette finalità.

Essa ricorda che la modifica apportata nel 2018 alla direttiva rientra nell'ambito di una cooperazione fiscale internazionale che ha l'obiettivo di contribuire alla prevenzione del rischio di elusione ed evasione fiscali, la quale rappresenta una finalità di interesse generale riconosciuta dall'Unione.

La Corte considera tuttavia che l'obbligo di notifica spettante all'avvocato intermediario soggetto al segreto professionale non è necessario per realizzare tale obiettivo. Tutti gli intermediari, infatti, sono tenuti a trasmettere le informazioni suddette alle autorità fiscali competenti. Nessun intermediario può sostenere che ignorava gli obblighi di comunicazione, chiaramente enunciati nella direttiva, cui è direttamente e individualmente soggetto.

In effetti, la direttiva fa dell'avvocato intermediario una persona da cui gli altri intermediari non possono, a priori, attendere alcuna iniziativa idonea a dispensarli dai loro propri obblighi di comunicazione.

La divulgazione all'amministrazione fiscale, da parte dei terzi intermediari che hanno ricevuto la notifica, dell'identità e della consultazione dell'avvocato intermediario non appare nemmeno necessaria al perseguimento degli obiettivi della direttiva. L'obbligo di comunicazione che spetta agli altri intermediari non soggetti al segreto professionale e, in mancanza degli intermediari in parola, quello che spetta al contribuente pertinente, garantiscono, in linea di principio, che l'amministrazione fiscale sia informata. Dopo aver ricevuto siffatta informazione, l'amministrazione fiscale può chiedere informazioni supplementari direttamente al contribuente pertinente, il quale potrà allora rivolgersi al suo avvocato affinché lo assista.

L'amministrazione fiscale potrà altresì effettuare un controllo della situazione fiscale di detto contribuente.

La Corte dichiara pertanto che l'obbligo di notifica previsto dalla direttiva non è necessario e viola pertanto il diritto al rispetto delle comunicazioni tra l'avvocato e il suo cliente.

IMPORTANTE:Il rinvio pregiudiziale consente ai giudici degli Stati membri, nell'ambito di una controversia della quale sono investiti, di interpellare la Corte in merito all'interpretazione del diritto dell'Unione o alla validità di un atto dell'Unione. La Corte non risolve la controversia nazionale. Spetta al giudice nazionale risolvere la causa conformemente alla decisione della Corte. Tale decisione vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile.

(1) Direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU 2011, L 64, pag. 1), come modificata dalla direttiva (UE) 2018/822 del Consiglio, del 25 maggio 2018 (GU 2018, L 139, pag. 1).

(2) Articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16.

(3) Articolo 8 bis ter, paragrafo 5, della direttiva 2011/16.