L'automatica revoca della patente per circolazione abusiva con veicolo sequestrato difetta di necessaria proporzionalità
13 Dicembre 2022
I casi. Il G.d.P. Sondrio, chiamato a pronunciarsi sull'impugnazione proposta dal ricorrente - sanzionato per aver circolato con un veicolo oggetto di sequestro per violazione dell'art. 193 comma 2 c.d.s. (circolazione senza copertura assicurativa) - ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 213 comma 8 c.d.s., «nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente».
Il Tribunale di Padova, dovendo decidere sull'appello avverso la sentenza del G.d.P. che aveva rigettato l'opposizione promossa nei confronti del verbale di accertamento della violazione dell'art. 213 comma 8 c.d.s., ha sollevato, in riferimento all'art. 3 Cost., analoga questione di legittimità costituzionale dell'art. 213 comma 8 c.d.s., nella parte in cui prevede la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente a carico del custode di un veicolo sequestrato che circoli abusivamente con il medesimo o, comunque, consenta che altri vi circolino abusivamente.
In entrambi i giudizi l'Avvocatura generale dello Stato ha eccepito l'inammissibilità della questione, per difetto di adeguata motivazione in punto di non manifesta infondatezza, o, nel merito, la sua infondatezza.
La sentenza della Consulta. Disposta la riunione dei giudizi, la Consulta, ritenute le questioni ammissibili, ha proposto una preliminare ricognizione dell'evoluzione normativa dell'art. 213 c.d.s.
Nella prima formulazione, l'art. 213 comma 4 c.d.s. prevedeva come reato il fatto di chiunque durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto al sequestro, circola abusivamente con il veicolo stesso, stabilendo la pena dell'arresto da 1 a 8 mesi e l'ammenda da 200.000 a 800.000 lire, oltre che la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente da 1 a 3 mesi.
L'art. 19 d.lgs. 30 dicembre 1999 n. 507 ha depenalizzato tale condotta, trasformandola in illecito amministrativo, punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 3 milioni a 12 milioni di lire, lasciando inalterata l'applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente.
Secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, la condotta consistente nella circolazione abusiva di un veicolo sottoposto a sequestro era inquadrata nelle fattispecie incriminatrici previste dagli artt. 334 e 335 c.p.; successivamente, in sede di composizione del contrasto di giurisprudenza, ritenuto che la norma sanzionatoria amministrativa risulta speciale rispetto a quella penale, si è concluso che la condotta di chi circola abusivamente con il veicolo sottoposto a sequestro amministrativo, ai sensi dell'art. 213 c.d.s., integra esclusivamente l'illecito amministrativo (Cass. pen., Sez. Un., 28 ottobre 2010, n. 1963).
L'art. 23-bis d.l. 4 ottobre 2018 n. 113, introdotto, in sede di conversione, dalla l. 1/12/2018 n. 132, ha completamente riscritto la disciplina dell'art. 213 c.d.s. La vecchia previsione recata dal comma 4 confluisce nel comma 8, che introduce un “illecito proprio” secondo il quale della violazione risponde solo «il soggetto che ha assunto la custodia», il quale, durante il periodo in cui il veicolo è sottoposto alla misura cautelare, «circola abusivamente con il veicolo stesso o consente che altri vi circolino abusivamente»; inoltre, in sostituzione della sospensione del titolo abilitativo alla guida, è contemplata l'applicazione automatica della sanzione accessoria della revoca della patente, secondo la procedura di cui all'art. 219 c.d.s. - con inibizione, per 2 anni, dalla possibilità di conseguire una nuova patente.
A livello di giurisprudenza costituzionale, la Corte ribadisce che il principio di necessaria proporzionalità della sanzione alla condotta illecita trova applicazione anche al trattamento sanzionatorio di natura amministrativa; in particolare, richiama i numerosi scrutini in merito alle disposizioni legislative che prevedono la revoca, in via automatica, del titolo abilitativo alla guida, sia quale sanzione accessoria disposta dal giudice penale con la sentenza di condanna, sia quale sanzione amministrativa applicata dal prefetto (sentenze n. 22/2018; n. 88/2019; n. 24/2020; n. 99/2020).
Sulla base di tale contesto, la Consulta ritiene censurabile la scelta del legislatore di applicare, sempre e comunque, la sanzione accessoria, stante che la previsione di un indifferenziato automatismo della revoca della patente indipendentemente dalla gravità del fatto, dà luogo a un trattamento sanzionatorio uniforme per qualsivoglia condotta di messa in circolazione di un veicolo assoggettato al vincolo del sequestro, in ragione di una precedente violazione.
Infatti, a fronte del bene giuridico protetto dalla norma, consistente nell'effettività della custodia del veicolo in sequestro, rimane in ombra l'esigenza di sicurezza della circolazione stradale, tanto che non rileva né quale sia stata la pregressa trasgressione che ha dato luogo al sequestro, né chi l'abbia commessa, non essendoci necessariamente coincidenza tra trasgressore e custode - considerato che il comma 2 dell'art. 213 c.d.s. prevede che possano essere nominati custodi, alternativamente, il proprietario, il conducente o altro soggetto obbligato in solido - né l'idoneità, o meno, del veicolo alla circolazione.
Ne deriva che la previsione rigida e automatica della revoca della patente, che preclude al prefetto e al giudice di graduare la sanzione alla gravità del fatto, si appalesa carente sotto il profilo della necessaria proporzionalità della sanzione all'illecito commesso.
La reductio ad legitimitatem, come soluzione costituzionalmente adeguata, viene quindi individuata nell'eliminazione dell'automatismo, sì che la revoca della patente “può”, e non già necessariamente “deve”, essere applicata come sanzione accessoria in aggiunta a quella principale.
*Fonte: DirittoeGiustizia |