Riproponibilità del giudizio di ottemperanza dichiarato inammissibile in caso di mutamento normativo: la questione rimessa all'Adunanza plenaria

Redazione Scientifica
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21 Dicembre 2022

La quarta sezione del Consiglio di Stato ha rimesso all'adunanza plenaria la questione relativa alla riproponibilità del ricorso per ottemperanza dichiarato inammissibile, dopo le modifiche della disciplina legislativa.

L'ordinanza del Consiglio di Stato di rimessione all'Adunanza Plenaria, in commento, concerne una complessa e risalente vicenda relativa a ricorsi, accolti, presentati dai vincitori di un concorso per Consiglieri di Stato svolto nella seconda metà degli anni novanta per la richiesta del maggior trattamento economico, ai sensi della disciplina vigente all'epoca, disciplinata dalla legge n. 425 del 1984. A seguito della parziale esecuzione da parte dell'amministrazione, sono stati proposti i ricorsi di ottemperanza, che il Consiglio di Stato ha accolto, a motivo della natura giurisdizionale del parere del Consiglio di Stato nel ricorso straordinario, che si riflette nel decreto decisorio per acquisire forza di giudicato. Le amministrazioni hanno impugnato le citate pronunce avanti la Corte di cassazione che ha annullato senza rinvio, per difetto di giurisdizione, sulla base della ritenuta inammissibilità, stante la natura amministrativa del decreto decisorio, insuscettibile, come tale, di essere eseguito con il rimedio giurisdizionale dell'ottemperanza.

Tuttavia, nella pendenza del termine assegnato all'Amministrazione per l'esecuzione dei decreti decisori, che avevano definito la lite in senso favorevole ai ricorrenti e nel permanente rifiuto dell'amministrazione di conformarvisi, è intervenuta una riforma legislativa con la legge n. 69 del 2009, che ha modificato in modo sostanziale l'istituto del ricorso straordinario, che per consolidata giurisprudenza è stato ritenuto un rimedio sostanzialmente giurisdizionale.

Pertanto, è stata formulata una nuova istanza di esecuzione, che l'amministrazione ha respinto con nota impugnata avanti il T.a.r. L'adito Tribunale ha sollevato questione di legittimità costituzionale, poiché la successiva disciplina, sia pur di interpretazione autentica, ne escluderebbe l'applicabilità alla vicenda, stante la pregressa formazione di un giudicato con l'originaria decisione del Consiglio di Stato di accoglimento dei ricorsi straordinari, la cui natura amministrativa non sembra più predicabile in base alla modifica legislativa.

La Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione sollevata dal T.a.r.: sebbene la riforma del 2009 ha introdotto una norma di interpretazione autentica, il decreto decisorio del ricorso straordinario adottato, per la sua natura amministrativa, non è dotato della forza di giudicato, per cui non può fungere da limite all'esplicazione, con efficacia retroattiva, del potere interpretativo del legislatore con la citata riforma.

Riassunto il giudizio, il T.a.r., ha respinto i ricorsi, atteso che la riforma n. 69 del 2009 non può interessare le fattispecie già definite in base all'assetto normativo anteriore.

I ricorrenti hanno proposto appello nel corso del quale il Consiglio di Stato ha rimesso all'adunanza plenaria la questione se anche i decreti decisori di ricorsi straordinari resi allorché il parere obbligatorio del Consiglio di Stato non era ex lege vincolante, siano eseguibili con l'ottemperanza ed integrino giudicato sin dalla loro emissione, oppure se tale qualità sia da riconoscere solo in epoca successiva alla entrata in vigore della legge n. 69 del 2009.

L'Adunanza plenaria, ha escluso che le decisioni su ricorsi straordinari ante riforma del 2009 abbiano carattere giurisdizionale; detta riforma non rappresenta una revisione interpretativa retroattiva, ma è una riforma sostanziale inidonea a modificare la natura giuridica dei decreti presidenziali adottati in un contesto normativo in cui la decisione giustiziale non era considerata espressione di funzione giurisdizionale. Inoltre, l'adunanza plenaria ha sollevato dubbi di costituzionalità non esaminati dalla Corte costituzionale nella precedente sentenza.

Quindi, il Consiglio di Stato, sulla scorta di quanto affermato dall'adunanza plenaria, ha negato la natura di giudicato ai decreti decisori ante 2009 e ha affermato il carattere sostanziale ed innovativo e non retroattivo della novella di cui alla l. n. 69 del 2009; ha sollevato la questione di legittimità costituzionale con riferimento ad alcuni dei parametri non indicati dall'adunanza plenaria, giacché la riforma del 2009, avrebbe stabilito l'abrogazione retroattiva della precedente disciplina e travolto posizioni individuali riconosciute dalle pronunce definitive di accoglimento dei ricorsi straordinari, incidendo sulle liti pendenti,azionate in ottemperanza, con la conseguente lesione del diritto di difesa e del principio di parità delle parti, mediante l'introduzione di una disposizione di tenore coincidente con la tesi delle amministrazioni resistenti.

La Corte costituzionale nell'esaminare le rimessioni proposte; a) ha ritenuto infondate le questioni di legittimità sollevate dall'adunanza plenaria, ribadendo la natura amministrativa dei decreti decisori ante 2009, che non costituiscono giudicato, e la efficacia ex nunc della riforma recata dalla l. n. 69 del 2009; b) ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato giacché mera riedizione di azione in ottemperanza già annullata e definita dalla Corte di cassazione, preclusa dal giudicato, rilevabile d'ufficio.

Ciò premesso, con l'ordinanza di rimessione in esame, il Consiglio di Stato con il primo quesito chiede se sia vincolante per il giudice amministrativo, la declaratoria di irrilevanza della Corte costituzionale per inammissibilità del giudizio a quo sulla scorta di profili non esaminati nell'ordinanza.

Al riguardo, osserva il Collegio che, consentire alla Corte costituzionale di rilevare autonomamente profili di inammissibilità del giudizio a quo, potrebbe suscitare frizioni con il principio del giudice naturale precostituito per legge, perché l'ammissibilità del processo pendente avanti al giudice a quo sarebbe delibata dalla Corte costituzionale, un diverso giudice, e con il diritto di difesa delle parti, atteso che il giudizio di legittimità costituzionale è volto alla verifica della conformità alla Costituzione di una disposizione legislativa e non alla tutela di una situazione soggettiva.

La seconda questione rimessa all'attenzione dell'adunanza plenaria concerne la possibilità di riproporre un ricorso per ottemperanza di un decreto decisorio, dopo la pronuncia di inammissibilità della Corte di cassazione e alla luce della modifica legislativa dei caratteri del ricorso straordinario, nonché del consolidato orientamento pretorio che ammette l'ottemperanza di decreti decisori emessi prima della novella del 2009.

Ad avviso del collegio, si tratta di valutare in chiave processuale, se un giudicato in rito, ostativo alla proposizione hic et nunc di un'azione, possa avere un efficacia ultra-attiva insensibile alle successive modifiche legislative, oppure se sia condizionato alla vigenza del quadro normativo applicato all'epoca; mentre, in chiave sostanziale, se la modifica legislativa con effetti ampliativi delle facoltà defensionali ridonda a beneficio delle istanze degli interessati già azionate in epoca anteriore alla novella legislativa e a quella epoca dichiarate inammissibili. Il fatto che la precedente azione di ottemperanza non sia stata respinta nel merito, ma dichiarata inammissibile per ragioni di rito, potrebbe legittimare la presentazione di una nuova istanza di ottemperanza, non ostandovi più la pronuncia di inammissibilità della Corte di cassazione, a suo tempo emessa sulla scorta di un quadro normativo non più vigente, con valenza ex nunc.

L'ultima questione riguarda se dopo la riforma del ricorso straordinario, possa essere riproposta l'azione in ottemperanzadopo la rinuncia della parte interessata, sia pure con l'espressa clausola di salvezza di “ogni eventuale sopravvenienza normativa o giurisdizionale di favore”.

Osserva il collegio che l'estinzione del giudizio non estingue l'azione, né, tanto meno, il sottostante diritto. D'altra parte in senso contrario, e in chiave dubitativa nella manifestazione di un intento abdicativo dopo l'ottenimento di una sentenza di merito favorevole, non si può escludere la sussistenza di un'implicita volontà di tipo oggettivamente sostanziale, anziché meramente processuale del rinunziante, purché ciò sia avvenuto dopo la definizione, in senso favorevole all'interessato, del giudizio, ossia dopo l'ottenimento, per via processuale, del bene della vita anelato.

Vengono rimesse all'adunanza plenaria le seguenti quesiti di diritto:

a) se sia vincolante per il giudice amministrativo che abbia sollevato una questione di legittimità costituzionale la pronuncia della Corte costituzionale che assuma un difetto di rilevanza della questione, conseguente all'assunta inammissibilità del giudizio a quo sulla scorta di profili tuttavia non enucleati nell'ordinanza di rimessione;

b) se, dopo che la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione un ricorso per ottemperanza di un decreto decisorio di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, la parte interessata possa radicare un nuovo giudizio di ottemperanza, adducendo a fondamento dell'ammissibilità dell'ulteriore azione tanto la sopravvenuta e incisiva modificazione legislativa – sempre da intendersi in termini compatibili con i principi rinvenienti dal secondo comma dell'art. 102 Cost. e dalla relativa VI disposizione transitoria – dei caratteri del ricorso straordinario, quanto il consolidato orientamento pretorio che ammette l'ottemperanza di decreti decisori di ricorsi straordinari anche ove emessi prima della novella del 2009;

c) se, all'indomani della cennata riforma del ricorso straordinario, possa essere riproposta l'actio iudicati dopo che, a suo tempo, la parte interessata aveva sua sponte dichiarato di rinunciare – sia pure con l'espressa clausola di salvezza di “ogni eventuale sopravvenienza normativa o giurisdizionale di favore” – agli effetti favorevoli di una precedente sentenza di ottemperanza del Consiglio di Stato che, nell'ambito di un giudizio articolato su un unico grado radicato in epoca anteriore alla riforma legislativa dell'istituto del ricorso straordinario, ne aveva integralmente accolto le richieste.