Violazione dei provvedimenti concernenti le modalità di affidamento: quali strumenti di tutela?

05 Gennaio 2023

Il padre non collocatario ostacola il rientro del minore presso la madre dopo le vacanze estive, come può agire quest'ultima? Il legislatore ha previsto una serie di tutele sia in ambito civile che penale per fronteggiare le situazioni in esame.

Dopo la separazione consensuale, la madre, autorizzata dal Tribunale, si trasferisce con il minore, in altra regione. Tizio deposita ricorso per la modifica delle condizioni di separazione al fine di ottenere il collocamento del figlio minore. Il Tribunale rigetta la richiesta avanzata da Tizio. Tizio però, dopo aver trascorso con il minore le vacanze estive, non lo ha più riaccompagnato presso la residenza materna continuando arbitrariamente a tenere il minore presso di sé e asserendo che questa sia la volontà del figlio minore.

È corretto procedere con istanza ex art. 709-ter c.p.c. con la richiesta di nominare un terapeuta per il figlio minore che lo segua al fine di disporre incontri online, considerata la distanza tra le due case genitoriali, nonché di creare uno spazio neutro di ascolto tra terapeuta e il minore? Il ricorso ex art. 709 ter c.p.c. va proposto avanti al Tribunale per i minorenni del luogo di attuale residenza del minore avanzando anche in atto contestuale richiesta ex art. 614-bis c.p.c. anche alla luce della riforma Cartabia? Quanto alla tutela penale, si pensava a denuncia ex art. 388 c.p. e non a sottrazione di minore considerato che il padre fa vedere il figlio alla madre nei fine settimana in cui quest'ultima si reca presso la residenza paterna.

Occorre preliminarmente chiarire che il legislatore ha previsto una serie di tutele sia in ambito civile che penale nel momento in cui dovessero verificarsi situazioni analoghe al caso in esame.

Più specificatamente, in ambito civilistico, l'art. 709-ter rappresenta uno strumento di risoluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all' esercizio della responsabilità genitoriale o relative alla modalità di affidamento.

L'art. 709-ter c.p.c., infatti, può essere azionato a fronte di problematiche interpretative o esecutive, purché in presenza di un titolo giudiziale provvisorio che disciplini la gestione della genitorialità della coppia. In caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore oppure, come nel caso in esame, di comportamenti che ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, è previsto espressamente che il Giudice possa modificare i provvedimenti in vigore ovvero assumere provvedimenti di natura sanzionatoria e risarcitoria in favore o dell'altro genitore o del figlio minore.

Con la l. 206/2021, è stato novellato il n. 3 dell'art. 709-ter c.p.c. che attribuisce al giudice il potere di “disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell'altro anche individuando la somma giornaliera dovuta per ciascun giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti dal giudice. Il provvedimento del giudice costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza ai sensi dell'articolo 614-bis”. Sono state, dunque, definitivamente superate le diverse problematiche sollevate dalla Suprema Corte considerato che è stata ormai formulata la piena compatibilità tra le misure, rispettivamente previste negli artt. 709-ter e 614-bis c.p.c.

Quanto alla competenza, la riforma del 2021, nel novellato art. 38 disp. att. c.c. ha espressamente riconosciuto la competenza ad emettere provvedimenti ex art. 709-ter c.p.c. (e dunque anche ex art. 614-bis c.p.c.) al Tribunale per i Minorenni del luogo di residenza abituale del minore.

Con riferimento alle visite, spetterà poi al Giudice valutare la modalità più idonee (ad es. visite protette, monitoraggio ecc.) altresì alla luce delle gravi circostanze verificatesi. Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che, in caso di diversa residenza dei genitori, è possibile l'utilizzo di diversi canali comunicativi (es. Skype o Facetime) al fine di evitare ai figli di andare incontro a eccessivi o frequenti spostamenti sottolineando però che tali strumenti non sono comunque idonei a sostituire la frequentazione padre-figlio ma che sono da intendersi come strumenti integrativi in vista della necessità di annullare la distanza geografica tra genitori e figli (cfr. Trib. Nicosia 22 aprile 2008 e Trib. min. Campobasso 25 febbraio 2010).

Sul punto, infatti, è intervenuta altresì la Suprema Corte e ha chiarito che la vicinanza fisica di entrambi i genitori resta sempre essenziale per la crescita equilibrata dei figli. Ciò detto attraverso l'utilizzo di questi nuovi canali comunicativi i contatti tra genitore non collocatario e figli subirebbero una “significativa compromissione” che lederebbe il superiore interesse dei minori ad avere una paritetica frequentazione con entrambi i genitori e quindi, tali strumenti, non sono da intendersi come sostitutivi del diritto di visita ma meramente integrativi (cfr. Cass. 18 settembre 2014 n. 19694).

Dal punto di vista penale, il mancato rispetto delle condizioni stabilite dal Giudice in punto di affidamento, qualora si traducano nella sottrazione agli obblighi contenuti in un provvedimento giudiziale, integra la fattispecie di reato prevista dall'art. 388 c.p.

In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che integra la fattispecie di reato ex art. 388 c.p. il comportamento del genitore separato che” non si attiva” e che non permetta ai figli minori di vedere l'altro genitore secondo le modalità stabilite dal provvedimento giudiziale. La Suprema Corte ha, infatti, interpretato estensivamente tale articolo facendovi rientrare altresì tutti i casi in cui la condotta posta in essere dall'altro genitore si traduca negativamente sulla psicologia del minore (come pare stia avvenendo nel caso in esame considerato che, dalle informazione fornite, sembrerebbe che il padre motivi la sua condotta contra legem adducendo come giustificazione “la volontà del minore”) fino al punto di provocare nel figlio un progressivo sentimento di repulsione nei confronti del genitore collocatario (cfr. Cass. pen. 29 settembre 2011, n. 35513).

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