Il Consiglio di Stato, nell'affrontare la peculiare situazione descritta, ha ritenuto che la sentenza erroneamente pubblicata in virtù di un'anomalia del sistema informatico e caratterizzata, pertanto, sia dalla mancanza del necessario impulso di volontà dei membri del Collegio, sia dalla difformità del proprio contenuto rispetto a quello del corrispondente file presente in archivio nella scrivania del Magistrato, debba definirsi “sentenza apparente” e, in quanto tale, insuscettibile di produrre effetti giuridici.
Per tale ragione, la conseguenza non può che essere la rimozione di tale pronuncia dal fascicolo informatico del giudizio, residuando in capo al Collegio il dovere di proseguire l'attività interlocutoria precedentemente avviata e, all'esito della stessa, di adottare il provvedimento decisorio effettivo.
L'elemento volontaristico rappresenta, infatti, uno degli elementi imprescindibili previsti dalla legge per l'esistenza del provvedimento, sicché, in sua assenza, questo si configura come meramente “apparente”.
Al contempo, avendo la pubblicazione della sentenza “apparente” ingenerato, seppur per breve tempo, un legittimo affidamento in capo alle parti, il Supremo Consesso si è preoccupato di attivare immediatamente il contraddittorio, fissando una camera di consiglio urgente e invitando le stesse a formulare le proprie osservazioni sul punto; per l'effetto, ha accolto la richiesta di disporre ulteriori approfonditi accertamenti istruttori, mediante le competenti strutture informatiche di cui si avvale l'Amministrazione della Giustizia, consentendo alle parti di avvalersi eventualmente di un proprio consulente informatico.