Sulla perentorietà e il decorso del termine di cui al comma 1, dell'art. 80, c.p.a.

Redazione Scientifica
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09 Gennaio 2023

Affermata la necessità di una conoscenza certa e legale del venir meno della causa di sospensione, sempre nel rispetto della ragionevole durata del processo, il collegio ritiene che, nelle ipotesi di sospensione per pendenza di causa su questione pregiudiziale innanzi ad altro giudice, possa farsi riferimento alla data di pubblicazione della sentenza che decida su quest'ultima, senza che sia necessaria una comunicazione individuale.

Il Collegio dà continuità all'orientamento giurisprudenziale che, pur in mancanza di un espressa previsione in tal senso, considera perentorio il termine di novanta giorni fissato per la prosecuzione del giudizio sospeso (art 80, comma 1, c.p.a.).

Non avrebbe ragion d'essere una distinzione rispetto alla disciplina dell'interruzione, per la quale il successivo comma 3 esplicitamente definisce lo stesso termine come perentorio, né sarebbe sufficiente a garantire l'effettività del principio di ragionevole durata del processo l'istituto della perenzione ordinaria che opera nel giudizio amministrativo.

Si avverte, infatti, l'esigenza di evitare una quiescenza sine die del giudizio in forza di una sospensione la quale, a prescindere dalla causa che l'abbia determinata, rappresenta una circostanza del tutto eccezionale ed impone perciò di riattivare il processo entro un limitato arco temporale dalla sua cessazione.

Sul dies a quo, affermata la necessità di una conoscenza certa e legale del venir meno della causa di sospensione, sempre nel rispetto della ragionevole durata del processo, si ritiene che, nelle ipotesi di sospensione per pendenza di causa su questione pregiudiziale innanzi ad altro giudice, possa farsi riferimento alla data di pubblicazione della sentenza che decida su quest'ultima, senza che sia necessaria una comunicazione individuale.