Il nuovo intervento normativo, invero, assume un particolare rilievo per gli atti di impugnazione che non possono più essere presentati a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento o con telegramma a causa dell'abrogazione dell'art. 583 c.p.p. dal 30 dicembre 2022, essendo entrato in vigore il d.lgs. n. 150 del 2022, e neppure nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano i difensori e le parti, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento a seguito dell'abrogazione dell'art. 582, comma 2, c.p.p. (tali abrogazioni sono state disposte dall'art. 98 del d.lgs. n. 150 del 2022).
In attesa della possibilità di deposito telematico nelle forme di cui all'art. 111-bis c.p.p. secondo quanto previsto dal nuovo testo dell'art. 582 c.p.p., che interverrà solo quando sarà istituzionalizzato il processo penale telematico, pertanto, è apparso indispensabile prorogare la possibilità di invio a mezzo PEC dell'impugnazione.
Riscrivendo le disposizioni in tema di proposizione dell'impugnazione a mezzo PEC, in particolare, è stata riproposta la norma secondo cui “quando il deposito di cui al comma 1 – cioè, il deposito a mezzo PEC - ha ad oggetto un'impugnazione, l'atto in forma di documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati di cui al comma 1 e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per immagine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all'originale” (art. 87-bis, comma 3, d.lgs. n. 150 del 2022, introdotto dalla legge di conversione del d.l. n. 162 del 2022). Il difensore, dunque, deve sottoscrivere digitalmente anche la copia informatica degli allegati “per conformità all'originale”.
L'omissione di tale adempimento, tuttavia, non determina più l'inammissibilità dell'impugnazione, non essendo stata ricompresa tale causa di inammissibilità tra quelle elencate nell'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022.
Non è stata riproposta, difatti, la causa di inammissibilità prevista dall'art. 24, comma 6-sexies, lett. b), del d.l. n. 137 del 2020, conv. in legge n. 176 del 2020.
Neppure è stata riproposta la causa di inammissibilità che era prevista dall'art. 24, comma 6-sexies, lett. d), del d.l. n. 137 del 2020, conv. in legge n. 176 del 2020 che ricorreva “quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intestato al difensore”.
L'inammissibilità dell'impugnazione, che va dichiarata anche d'ufficio dal giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, secondo l'art. 87-bis, comma 7, d.lgs. n. 150 del 2022, ricorre:
a) quando l'atto di impugnazione non è sottoscritto digitalmente dal difensore;
b) quando l'atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44;
c) quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari, personali o reali, a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, all'ufficio competente a decidere il riesame o l'appello.
Secondo il nuovo art. 87-bis, comma 6, del d.lgs. n. 150 del 2022, più specificamente, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari, personali o reali, l'atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 3, è trasmesso all'indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all'articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale.
Questa norma ricalca fedelmente il contenuto dell'art. 24, comma 6-quinquies, d.l. n. 137 del 2020, conv. in legge n. 176 del 2020. Essa fa riferimento alla spedizione in via telematica di una richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari non solo personali, ma anche reali. È tuttavia indicato come ufficio giudiziario destinatario il solo tribunale di cui all'art. 309, comma 7, c.p.p. (cioè, come è noto, il tribunale del luogo nel quale ha sede la Corte di appello o la sezione distaccata della Corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza) e non quello di cui all'art. 324, comma 5, c.p.p. o all'art. 322-bis, comma 1-bis, c.p.p. (il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento), competente in tema di impugnazione di misure cautelari reali.
Tra le soluzioni interpretative ipotizzate per porre rimedio a quella che era sembrata una disattenzione del legislatore, vi era quella di ritenere che, in tema di impugnazione di provvedimenti cautelari reali, non potesse trovare applicazione l'art. 24, comma 6-quinquies, d.l. n. 137 del 2020, perché non avrebbe avuto senso far trasmettere ad un Tribunale incompetente tali impugnazioni, quanto meno nei casi in cui il tribunale di cui all'art. 309, comma 7, c.p.p. non coincidesse con quello previsto dall'art. 324, comma 5, c.p.p., competente in tema di impugnazione avverso i provvedimenti cautelari reali.
In occasione della riscrittura delle cause di inammissibilità dell'impugnazione presentata a mezzo PEC è stato stabilito dall'art. 87-bis, comma 7, lett. c), del d.lgs. n. 150 del 2022, introdotto dalla legge di conversione del d.l. n. 162 del 2022, che l'atto deve essere dichiarato inammissibile anche quando la richiesta di riesame o di appello contro provvedimenti resi in materia di misure cautelari reali è stato trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal provvedimento del Direttore generale per i sistemi informativi automatizzati, all'ufficio competente a decidere il riesame o l'appello. Il riferimento “all'ufficio competente a decidere” induce a ritenere che l'atto di impugnazione di una misura cautelare reale vada proposto a mezzo PEC all'indirizzo del tribunale del capoluogo della provincia, cioè all'ufficio competente a decidere l'impugnazione ex artt. 322-bis, comma 1-bis e 324, comma 5, c.p.p.