Il mantra del preminente interesse erariale. Riscossione impermeabile alla scissione parziale

11 Gennaio 2023

La Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi in merito alle modalità di riscossione dei debiti erariali accumulati da una società parzialmente scissa e lo ha fatto con la sentenza n. 33436 dell'11 novembre scorso.
Premessa

La controversia discussa dinnanzi ai giudici di legittimità ha sostanzialmente ad oggetto l'applicabilità o meno del limite del patrimonio netto, già previsto per le obbligazioni civili, in relazione ad obbligazioni erariali per ciascuna delle società beneficiarie di una scissione di tipo parziale.

Tale pronuncia chiarifica ulteriormente l'orientamento prevalente – ed ormai consolidato – della Corte di Cassazione valorizzando in toto l'esigenza di un'attività di riscossione quanto più agevole per il fisco, nel rispetto dei principi di pareggio del bilancio e dei criteri generali di adeguatezza e proporzionalità.

Per meglio comprendere la rilevanza di un simile orientamento si analizzeranno, come segue, i fatti in causa della controversia ed i principi di diritto enunciati dalla Corte mediante la propria decisione.

Scissione parziale: responsabilità per debiti fiscali e obbligazioni civili

La vicenda posta all'attenzione della Suprema Corte origina dall'impugnazione proposta dalla società beneficiaria di una scissione parziale di una cartella di pagamento relativa ad imposte e sanzione iscritte a ruolo nei confronti della società scissa in quanto derivanti da avvisi di accertamento relativi a periodi d'imposta ante scissione.

Il decisum di primo grado che, in parziale accoglimento del ricorso, aveva ordinato la rideterminazione delle somme iscritte a ruolo in misura corrispondente al patrimonio netto assegnato alla beneficiaria della scissione era stato confermato dai giudici del gravame che avevamo, altresì, riconosciuto la legittimità della procedura di notifica sebbene il debito erariale risultasse iscritto a ruolo nei confronti della società scissa.

L'agente della riscossione, conseguentemente, aveva impugnato la pronuncia dinanzi alla Corte di Cassazione nella parte in cui il giudice di seconde cure aveva illegittimamente ritenuto applicabili anche ai debiti fiscali i limiti previsti per le obbligazioni civilistiche, di cui agli artt. 2506-bis c.c., comma 2, e 2506-quater c.c., comma 3. Ai sensi delle norme appena citate, sono solidalmente coobbligate per i debiti civili della scissa anche le società partecipanti alla scissione, nella misura della quota di patrimonio netto a ciascuna assegnata attraverso l'operazione straordinaria.

Tesi, quest'ultima, integralmente accolta dalla sentenza n. 33436 dello scorso 11 novembre 2022 con la quale la Corte di Cassazione, sovvertendo le conclusioni rassegnate dai giudici di merito, ha chiarito che: “quando sia realizzata un'operazione di scissione parziale, la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni di imposta ad essa antecedenti, prevista dall'art. 173, comma 13, d.P.R. n. 917/1986, e confermata, quanto alle somme dovute per violazioni tributarie, dall'art. 15, comma 2, d.lgs. n. 472/1997, diverge da quella riguardante le obbligazioni civili […], in quanto si estende non solo solidalmente ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all'operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con detta operazione, senza che tale differente trattamento sia costituzionalmente illegittimo”.

Ponendosi nello stesso solco interpretativo tracciato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 90 del 26 aprile 2018, dunque, anche i giudici di legittimità hanno giustificato tale interpretazione in virtù della preminente esigenza di agevolare l'attività di riscossione dell'Amministrazione finanziaria, disincentivando la realizzazione di operazioni realizzate al solo fine di renderla più difficile.

Tali principi, inoltre, risulterebbero integralmente mutuabili anche in materia di Iva.

Responsabilità solidale ed illimitata

A dispetto della esclusiva riferibilità alla scissione totale della disciplina recata dal comma 12 dell'art. 16 della legge n. 537/93, infatti, la Corte conclude nel senso di un'indistinta applicazione del principio di cui sopra nei confronti di ciascuna delle società beneficiarie della scissione.

In caso contrario – prosegue la Corte – al fisco verrebbe riconosciuta una tutela meno rafforzata in materia di riscossione di un tributo armonizzato, quale l'IVA, in contrasto con gli stessi principi dell'Unione che favoriscono naturaliter il recupero delle somme dovute, nonché l'applicazione delle relative sanzioni in presenza di violazioni del contribuente.

In conclusione, benché i giudici di merito abbiano ritenuto applicabili anche alla controversia qui in esame i limiti imposti dal Legislatore alle obbligazioni civili, la Cassazione, uniformandosi all'orientamento della Consulta e del diritto unionale, ha cassato la sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte di giustizia tributaria di secondo grado competente.

In conclusione

Per quanto edulcorato da una pregevole disamina giuridica incentrata sulle ragioni dell'inapplicabilità alla materia fiscale dei limiti previsti per le obbligazioni civili dagli artt. 2506-bis c.c., comma 2, e 2506-quater c.c., comma 3, il principio, più che sul diritto, sembra trovare fondamento nella preminente esigenza di tutelare ad ogni costo l'interesse erariale.

Più che dall'esercizio della funzione nomofilattica, tuttavia, la definitiva consacrazione in seno alla giurisprudenza costituzionale e di legittimità del principio della responsabilità solidale ed illimitata di tutte le società beneficiarie della scissione (sia essa totale o parziale), come troppo spesso accade, appare neanche troppo velatamente imposto nel nome dell'abusato “mantra della tutela delle ragioni erariali”, di fronte al quale qualsiasi questione di diritto sembra dover cedere il passo.

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