Il caso. La vicenda trae origine da una sentenza emanata in primo grado – poi appellata - con cui si accoglieva il ricorso presentato dalla terza in graduatoria della gara d'appalto e, conseguentemente, si annullava l'ammissione alla gara delle prime due classificate e l'aggiudicazione dell'appalto all'ATI vincitrice. La sentenza del TAR statuiva quanto sopraesposto sulla base di svariati inadempimenti accertati in capo alle prime due ATI in graduatoria. In particolare, i giudici rilevavano l'omissione, ad opera dell'aggiudicataria, della dichiarazione dell'assenza di cause di esclusione ai sensi dell'art. 80 D.lgs. 50/2016 da parte del socio unico persona giuridica della S.p.A mandataria, munito di poteri di controllo. Inoltre, la sentenza in primo grado riteneva illegittima la dichiarazione resa dal RTI aggiudicatario nella parte in cui non indicava una quota di esecuzione delle prestazioni oggetto di appalto in misura maggioritaria in capo alla mandataria – in conformità a quanto previsto dall'art. 83 comma 8 D.lgs. 50/2016.
Il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza impugnata dall'ATI soccombente in primo grado, aggiudicataria dell'appalto. Il ragionamento posto alla base della decisione del Collegio parte dal presupposto secondo cui, nonostante gli obblighi dichiarativi del socio unico persona fisica non possano estendersi agli obblighi del socio unico persona giuridica (cfr. ex multis Cons. Stato, V, 7 settembre 2020, n. 5370; 2 ottobre 2020, n. 5782), quest'ultimo non sia esentato dal dichiarare l'assenza di cause ostative ex art. 80, commi 1 e 2 del D.lgs. 50/2016, in qualità di soggetto munito di potere di controllo e, quindi, a ciò obbligato ai sensi del comma 3 della stessa disposizione. Conformandosi sul punto a quanto enunciato dal TAR adìto, il Consiglio di Stato, però, non ha convenuto con la sentenza di primo grado circa l'esclusione dalla gara del RTI vincitore, come conseguenza dell'omissione sopracitata. Ai sensi dell'art. 83 comma 9, infatti, le carenze riscontrate sarebbero potute essere sanate attraverso la procedura del soccorso istruttorio.
Il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso e riformando la sentenza appellata, si è anche espresso sul dovere della mandataria di eseguire le prestazioni oggetto dell'appalto in misura maggioritaria, a pena di esclusione della partecipante, sulla base dell'art. 83 comma 8 del D.lgs. 50/2016. Pronunciandosi definitivamente sul punto, il Collegio ha citato la sentenza della Corte di Giustizia del 28 aprile 2022 in causa C-642/2020, in cui è stata rilevata la non conformità dell'obbligo in capo alla mandataria, rispetto alla normativa europea ed, in particolare, all'art. 63 della Direttiva sugli appalti pubblici n. 2014/24/UE. La necessità di assicurare l'esecuzione della prestazione in misura maggioritaria da parte della mandataria, infatti, fissa una condizione più rigorosa rispetto a quella prevista dalla Direttiva con la quale, quindi, è incompatibile.
In conclusione. Il Consiglio di Stato ha statuito che, nonostante il legislatore non abbia espressamente previsto obblighi dichiarativi in capo al socio unico persona giuridica, la disposizione di cui all'art. 80 comma 3 d.lgs. 50/2016 si applica comunque a chi detiene il controllo societario. Il legislatore, infatti, non ha affatto esentato da tale adempimento le persone giuridiche titolari di posizioni di controllo. Tuttavia, dall'omissione in questione non deve derivare l'estromissione dalla gara, ove si possa ricorrere al soccorso istruttorio.
Inoltre, il Consiglio di Stato ha rilevato le dirette conseguenze della sentenza della Corte di Giustizia dell'UE sulla vicenda sottoposta alla sua giurisdizione, stabilendo che l'esclusione dell'ATI aggiudicataria disposta sulla base dell'art. 83 comma 8 del D.lgs. 50/2016 non può ritenersi compatibile con l'ordinamento sovranazionale.